921 resultados para Reale Accademia virgiliana di scienze, lettere ed arti.
Resumo:
La tesi mira ad analizzare e valutare le attuali relazioni esistenti tra le regioni e l’Unione europea, alla luce dei processi di riforma in atto sia sul versante interno sia su quello europeo. In particolare, essa prende spunto dalla riforma del Titolo V della Costituzione italiana e dalle leggi di attuazione della stessa, che hanno ridisegnato i contorni del regionalismo italiano. Nell’introduzione si analizza il contesto europeo delle relazioni dell’Unione con le entità sub-statali; in tal senso si è voluto preliminarmente chiarire il senso in cui si è utilizzato il termine “regione”: non tutti gli Stati europei infatti accolgono una tale nozione nel senso in cui essa è utilizzata nell’ordinamento italiano, né i poteri conferiti alle regioni sono i medesimi in tutti gli Stati che utilizzano ripartizioni territoriali simili alle regioni italiane. Prendendo come punto di riferimento per la prima parte della ricerca le entità territoriali dotate di competenze legislative, trascurando le relazioni dell’UE con i soggetti sub-statali con attribuzioni meramente amministrative. La ricerca prende dunque le mosse dal concetto di “regionalismo comunitario”. La questione regionale ha sempre costituito un problema aperto per le istituzioni comunitarie (legato alla problematica del “deficit democratico” dei processi legislativi comunitari). Le istituzioni, soprattutto agli inizi del cammino di integrazione europea, risentivano infatti delle origini internazionali delle Comunità, e consideravano quale unici interlocutori possibili i governi centrali degli Stati membri. Si è quindi voluta mettere in luce la rapida evoluzione dell’attitudine regionale dell’Unione, provocata da una nuova coscienza comunitaria legata alla prima fase di attuazione della politica dei fondi strutturali, ma soprattutto all’ingresso sulla scena europea del principio di sussidiarietà, e degli effetti che esso è stato in grado di produrre sull’intero sistema di relazioni Stati/Regioni/Unione europea: l’Unione è giunta di recente ad accogliere una nozione più ampia di Stato, comprensiva – anche se in modo limitato e solo per alcuni fini – delle entità sub-statali. Lo studio si concentra poi sull’ordinamento italiano, presentando lo stato attuale della legislazione nazionale relativa alla partecipazione delle regioni al sistema del diritto comunitario. All’inizio del capitolo si precisa la fondamentale distinzione tra fase ascendente, cioè partecipazione di rappresentanti regionali alle procedure legislative dell’Unione, e fase discendente, cioè relativa al ruolo delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario; tale distinzione appare necessaria al fine di chiarire le diverse modalità che può assumere il ruolo delle regioni nel sistema comunitario, e sarà ripresa durante tutta la ricerca. Il secondo capitolo esamina la riforma costituzionale del 2001, complessivamente orientata verso una ridefinizione del nostro sistema delle autonomie e delle loro relazioni con l’Unione europea. Nel nuovo testo costituzionale le prerogative regionali risultano ormai “costituzionalizzate”, trovano ora definitiva collocazione nell’art. 117 Cost. La riforma del 2001 comporta alcuni elementi innovativi circa la complessiva strutturazione del rapporto tra l’ordinamento nazionale e quello comunitario, in particolare prevedendo che “le regioni, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato”. Grazie a questa previsione il coinvolgimento delle regioni assume rango costituzionale e si impone al legislatore ordinario, il quale può continuare a determinarne le modalità procedurali ma non cancellarlo o pregiudicarlo in modo sostanziale. In secondo luogo l’art. 117 Cost. propone, all’interno del nostro ordinamento, una definizione complessiva del rapporto tra le fonti statali e quelle regionali, rimodulando le sfere e le modalità di “interferenza” tra lo Stato e le autonomie regionali. Con riferimento alla ripartizione di competenze, l’evoluzione è evidente: da un sistema in cui la competenza generale era statale, e veniva fornita un’elencazione di dettaglio delle materie che facevano eccezione, si è giunti oggi ad un sistema capovolto, in cui per ogni materia non contenuta nell’elencazione dell’articolo 117 la competenza può essere regionale; in tale sistema può leggersi una forma di “sussidiarietà legislativa”, come messo in luce dalla ricerca. Lo studio passa poi ad analizzare le concrete modalità di partecipazione regionale nelle disposizioni delle leggi primarie che hanno dato attuazione alla novella costituzionale, con riferimento tanto alla fase ascendete quanto a quella discendente. La fase ascendente, osservata nel secondo capitolo della tesi, può verificarsi tramite la partecipazione diretta di rappresentanti regionali alle riunioni del Consiglio, così come previsto da una disposizione della legge n. 131/2003 (“La Loggia”), i cui risultati si sono rivelati però piuttosto modesti e privi, in assenza di una radicale revisione dei Trattati, di serie prospettive di sviluppo. Ma esiste altresì un'altra tipologia di relazioni sviluppabili in fase ascendente, relazioni “indirette”, cioè svolte tramite l’intermediazione dello Stato, che si fa portavoce delle istanze regionali a Bruxelles. In tale prospettiva, la ricerca si concentra sulle disposizioni della legge n. 11/2005 (“Buttiglione”), che riformano il sistema delle conferenze, prevedono precisi obblighi informativi per il Governo nei confronti delle regioni in relazione all’adozione di atti comunitari ed introducono nel panorama legislativo italiano l’istituto della riserva d’esame, al fine di dare maggior peso alle istituzioni regionali al momento dell’adozione di atti comunitari. La tesi passa poi all’analisi della fase discendente. Le funzioni regionali in materia di attuazione del diritto comunitario risultano altresì ampliate non soltanto alla luce della nuova formulazione dell’art. 117 Cost., ma anche e soprattutto grazie ad una disposizione della legge “Buttiglione”, che introduce la possibilità di adottare “leggi comunitarie regionali”, da adottarsi sul modello di legge comunitaria nazionale vigente nel nostro ordinamento fin dal 1989. Tale disposizione ha dato il via ad una serie di processi di riforma all’interno degli ordinamenti giuridici regionali, volti a predisporre tutti gli strumenti legislativi utili all’adozione delle leggi comunitarie regionali, di gran lunga la novità più importante contenuta nella disciplina della legge “Buttiglione”. Perciò, dopo un’analisi approfondita relativa al nuovo riparto di competenze tra Stato e regioni, oggetto della prima parte del capitolo terzo, ed uno studio relativo al locus standi delle regioni nel sistema giurisdizionale europeo, svolto nella seconda parte dello stesso capitolo, l’ultima parte della tesi è rivolta ad individuare gli atti regionali di maggior interesse nella prospettiva dell’attuazione del diritto comunitario realizzata tramite leggi comunitarie regionali. In quest’ambito particolare attenzione è stata rivolta alla legislazione della regione Emilia-Romagna, che si è dimostrata una delle regioni più attente e capaci di cogliere le potenzialità presenti nel “nuovo” sistema di relazioni delle regioni con il sistema comunitario.
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La ricerca oggetto della tesi dottorale verte sulla ricostruzione della disciplina della cessazione e delle fasi liquidatore dell’attività nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, nel tentativo di individuare criteri certi ed omogenei per la sua individuazione, sia in prospettiva comunitaria che in prospettiva nazionale. In primo luogo, l’indagine si concentra sulla ricostruzione della nozione di attività economica e sui profili dinamici dell’attività in ambito comunitario, nell’intento di chiarire, sulla base della giurisprudenza, i criteri utilizzati per individuare la cessazione dell’attività rilevante ai fini dell’imposta, sfruttando in tal senso l’esperienza degli atti preparatori e l’applicabilità dell’ipotesi di applicazione dell’imposta per autoconsumo Vengono così valorizzati, accanto al profilo oggettivo costituito dalla presenza di una legame tra le operazioni della fase liquidatoria, il ruolo del soggetto passivo, quale portatore di una volontà che è in grado di influire sull’esistenza dell’attività stessa, e, conseguentemente, delle dichiarazioni formali imposte dalla Direttiva, quale manifestazione diretta di tale volontà ed elemento in grado di costituire un indice certo di cessazione. In seguito si esamina il regime impositivo nazionale ed in particolare le linee interpretative maggioritarie accolte da dottrina e giurisprudenza. Ricostruiti nozione e ruolo di attività economica, con riferimento all’esercizio d’impresa, vengono analizzati i diversi casi di cessazione contemplati dall’ordinamento –liquidazione volontaria, trasferimento dell’azienda e fallimento- analizzati sia nella prospettiva del diritto tributario che in quella del diritto commerciale. L’esame così sviluppato è volto a contestare l’interpretazione maggioritaria che vede nella sola presenza di beni residui alla liquidazione, o comunque la permanenza di un insieme di beni potenzialmente in grado di far riprendere l’esercizio, elemento sufficiente a mantenere in vita l’impresa e con essa la soggettività passiva all’imposta. Infine, vengono confrontati i risultati raggiunti nell’esame della disciplina comunitaria nazionale, ponendone in evidenza le possibilità incompatibilità ed i punti di contatto, con l’intenzione di dimostrare l’applicabilità anche a livello nazionale dei principi emersi in ambito comunitario.
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Un artificial surfing reef (di seguito ASR) è un’importante opera che ha come obiettivo principe la riproduzione di onde e correnti ideali per eseguire il surf. Com’è noto, questo spettacolare sport si basa sul processo di frangimento delle onde che si propagano a riva. Ciò nonostante gli ASR possono servire come opere di difesa dall’erosione della spiaggia essendo in grado di smorzare sulla loro cresta l’energia ondosa. In questo lavoro di tesi si andrà ad analizzare quali parametri sono necessari per rendere uno paraggio fruibile dai surfers assieme ad una disamina degli effetti che un ASR può ingenerare sull’idrodinamica della costa, oltre a definire compiutamente i criteri di progettazione di un reef artificiale, basandoci su studi pregressi di progettisti e su evidenze sperimentali condotte su modelli fisici. Applicheremo tali criteri progettuali ad un caso pratico sulle coste emiliano - romagnole, nella provincia di Rimini laddove il fiume Conca sfocia in Adriatico. Ci baseremo su una progettazione di massima dell’ASR ed infine, anche sulla base di una sommaria analisi dei costi, valuteremo quale alternativa meglio si addica allo stato della costa e del litorale della regione.
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Il tema della Logistica Urbana è un argomento complesso che coinvolge diverse discipline. Infatti, non è possibile affrontare la distribuzione delle merci da un solo punto di vista. Da un lato, infatti, manifesta l’esigenza della città e della società in generale di migliorare la qualità della vita anche attraverso azioni di contenimento del traffico, dell’inquinamento e degli sprechi energetici. A questo riguardo, è utile ricordare che il trasporto merci su gomma costituisce uno dei maggiori fattori di impatto su ambiente, sicurezza stradale e congestione della viabilità urbana. Dall’altro lato vi sono le esigenze di sviluppo economico e di crescita del territorio dalle quali non è possibile prescindere. In questa chiave, le applicazioni inerenti la logistica urbana si rivolgono alla ricerca di soluzioni bilanciate che possano arrecare benefici sociali ed economici al territorio anche attraverso progetti concertati tra i diversi attori coinvolti. Alla base di tali proposte di pratiche e progetti, si pone il concetto di esternalità inteso come l’insieme dei costi esterni sostenuti dalla società imputabili al trasporto, in particolare al trasporto merci su gomma. La valutazione di questi costi, che rappresentano spesso una misurazione qualitativa, è un argomento delicato in quanto, come è facile immaginare, non può essere frutto di misure dirette, ma deve essere dedotto attraverso meccanismi inferenziali. Tuttavia una corretta definizione delle esternalità definisce un importante punto di partenza per qualsiasi approccio al problema della Logistica Urbana. Tra gli altri fattori determinanti che sono stati esplorati con maggiore dettaglio nel testo integrale della tesi, va qui accennata l’importanza assunta dal cosiddetto Supply Chain Management nell’attuale assetto organizzativo industriale. Da esso dipendono approvvigionamenti di materie prime e consegne dei prodotti finiti, ma non solo. Il sistema stesso della distribuzione fa oggi parte di quei servizi che si integrano con la qualità del prodotto e dell’immagine della Azienda. L’importanza di questo settore è accentuata dal fatto che le evoluzioni del commercio e l’appiattimento dei differenziali tra i sistemi di produzione hanno portato agli estremi la competizione. In questa ottica, minimi vantaggi in termini di servizio e di qualità si traducono in enormi vantaggi in termini di competitività e di acquisizione di mercato. A questo si aggiunge una nuova logica di taglio dei costi che porta a ridurre le giacenze di magazzino accorciando la pipeline di produzione ai minimi termini in tutte le fasi di filiera. Naturalmente questo si traduce, al punto vendita in una quasi totale assenza di magazzino. Tecnicamente, il nuovo modello di approvvigionamento viene chiamato just-in-time. La ricerca che è stata sviluppata in questi tre anni di Dottorato, sotto la supervisione del Prof. Piero Secondini, ha portato ad un approfondimento di questi aspetti in una chiave di lettura ad ampio spettro. La ricerca si è quindi articolata in 5 fasi: 1. Ricognizione della letteratura italiana e straniera in materia di logistica e di logistica urbana; 2. Studio delle pratiche nazionali ed europee 3. Analisi delle esperienze realizzate e delle problematiche operative legate ai progetti sostenuti dalla Regione Emilia Romagna 4. Il caso di studio di Reggio Emilia e redazione di più proposte progettuali 5. Valutazione dei risultati e conclusioni Come prima cosa si è quindi studiata la letteratura in materia di Logistica Urbana a livello nazionale. Data la relativamente recente datazione dei primi approcci nazionali ed europei al problema, non erano presenti molti testi in lingua italiana. Per contro, la letteratura straniera si riferisce generalmente a sistemi urbani di dimensione e configurazione non confrontabili con le realtà nazionali. Ad esempio, una delle nazioni che hanno affrontato per prime tale tematica e sviluppato un certo numero di soluzioni è stata il Giappone. Naturalmente, città come Tokyo e Kyoto sono notevolmente diverse dalle città europee ed hanno necessità ed esigenze assai diverse. Pertanto, soluzioni tecnologiche e organizzative applicate in questi contesti sono per la maggior parte inattuabili nei contesti del vecchio continente. Le fonti che hanno costituito maggiore riferimento per lo sviluppo del costrutto teorico della tesi, quindi, sono state i saggi che la Regione Emilia Romagna ha prodotto in occasione dello sviluppo del progetto City Ports di cui la Regione stessa era coordinatore di numerosi partners nazionali ed europei. In ragione di questo progetto di ricerca internazionale, l’Emilia Romagna ha incluso il trattamento della logistica delle merci negli “Accordi di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria” con le province ed i capoluoghi. In Questo modo si è posta l’attenzione sulla sensibilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni locali verso la mobilità sostenibile anche nell’ambito di distribuzione urbana delle merci. Si noti infatti che l’impatto sulle esternalità dei veicoli leggeri per il trasporto merci, quelli cioè che si occupano del cosiddetto “ultimo miglio” sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei veicoli passeggeri. Nella seconda fase, la partecipazione a convegni di ambito regionale e nazionale ha permesso di arricchire le conoscenze delle best-practice attuate in Italia per lo sviluppo di strumenti finalizzati ad condividere i costi esterni della mobilità delle merci con gli operatori logistici. In questi contesti è stato possibile verificare la disponibilità di tre linee di azione sulle quali, all’interno del testo della tesi si farà riferimento molto spesso: - linea tecnologica; - linea amministrativa; - linea economico/finanziaria. Nel discutere di questa tematica, all’interno di questi contesti misti in cui partecipavano esponenti della cultura accademica, delle pubbliche amministrazioni e degli operatori, ci si è potuti confrontare con la complessità che il tema assume. La terza fase ha costituito la preparazione fondamentale allo studio del caso di studio. Come detto sopra, la Regione Emilia Romagna, all’interno degli Accordi di Programma con le Province, ha deliberato lo stanziamento di co-finanziamenti per lo sviluppo di progetti, integrati con le pratiche della mobilità, inerenti la distribuzione delle merci in città. Inizialmente, per tutti i capoluoghi di provincia, la misura 5.2 degli A.d.P. prevedeva la costruzione di un Centro di Distribuzione Urbana e l’individuazione di un gestore dei servizi resi dallo stesso. Successive considerazioni hanno poi portato a modifiche della misura lasciando una maggiore elasticità alle amministrazioni locali. Tramite una esperienza di ricerca parallela e compatibile con quella del Dottorato finanziata da un assegno di ricerca sostenuto dall’Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia, si è potuto partecipare a riunioni e seminari presentati dalla Regione Emilia Romagna in cui si è potuto prendere conoscenza delle proposte progettuali di tutte le province. L’esperienza di Reggio Emilia costituisce il caso di studio della tesi di Dottorato. Le molteplici problematiche che si sono affrontate si sono protratte per tempi lunghi che hanno visto anche modifiche consistenti nell’assetto della giunta e del consiglio comunali. Il fatto ha evidenziato l’ennesimo aspetto problematico legato al mantenimento del patrimonio conoscitivo acquisito, delle metodiche adottate e di mantenimento della coerenza dell’impostazione – in termini di finalità ed obiettivi – da parte dell’Amministrazione Pubblica. Essendo numerosi gli attori coinvolti, in un progetto di logistica urbana è determinante per la realizzazione e la riuscita del progetto che ogni fattore sia allineato e ben informato dell’evoluzione del progetto. In termini di programmazione economica e di pianificazione degli interventi, inoltre, la pubblica amministrazione deve essere estremamente coordinata internamente. Naturalmente, questi sono fattori determinanti per ogni progetto che riguarda le trasformazioni urbane e lo sviluppo delle città. In particolare, i diversi settori (assessorati) coinvolti su questa tematica, fanno o possno fare entrare in situazioni critiche e rischiose la solidità politica dello schieramento di maggioranza. Basti pensare che la distribuzione delle merci in città coinvolge gli assessorati della mobilità, del commercio, del centro storico, dell’ambiente, delle attività produttive. In funzione poi delle filiere che si ritiene di coinvolgere, anche la salute e la sicurezza posso partecipare al tavolo in quanto coinvolte rispettivamente nella distribuzione delle categorie merceologiche dei farmaci e nella security dei valori e della safety dei trasporti. L’esperienza di Reggio Emilia è stata una opportunità preziosissima da molteplici punti di vista. Innanzitutto ha dato modo di affrontare in termini pratici il problema, di constatare le difficoltà obiettive, ad esempio nella concertazione tra gli attori coinvolti, di verificare gli aspetti convergenti su questo tema. Non ultimo in termini di importanza, la relazione tra la sostenibilità economica del progetto in relazione alle esigenze degli operatori commerciali e produttivi che ne configurano gli spazi di azione. Le conclusioni del lavoro sono molteplici. Da quelle già accennate relative alla individuazione delle criticità e dei rischi a quelle dei punti di forza delle diverse soluzioni. Si sono affrontate, all’interno del testo, le problematiche più evidenti cercando di darne una lettura costruttiva. Si sono evidenziate anche le situazioni da evitare nel percorso di concertazione e si è proposto, in tal proposito, un assetto organizzativo efficiente. Si è presentato inoltre un modello di costruzione del progetto sulla base anche di una valutazione economica dei risultati per quanto riguarda il Business Plan del gestore in rapporto con gli investimenti della P.A.. Si sono descritti diversi modelli di ordinanza comunale per la regolamentazione della circolazione dei mezzi leggeri per la distribuzione delle merci in centro storico con una valutazione comparativa di meriti ed impatti negativi delle stesse. Sono inoltre state valutate alcune combinazioni di rapporto tra il risparmio in termini di costi esterni ed i possibili interventi economico finanziario. Infine si è analizzato il metodo City Ports evidenziando punti di forza e di debolezza emersi nelle esperienze applicative studiate.
Resumo:
L’oggetto della tesi di dottorato è costituito, nel quadro delle reciproche relazioni tra assetti territoriali e sviluppo economico, dalla dimensione giuridica del governo del territorio. Il diritto del governo del territorio, infatti, sta attraversando, con un ritmo ed una intensità crescenti, una fase di profonde e non sempre lineari trasformazioni. Questi mutamenti, lungi dal limitarsi ad aspetti specifici e particolari, incidono sui «fondamentali» stessi della «materia», arrivando a mettere in discussione le ricostruzioni teoriche più accreditate e le prassi applicative maggiormente consolidate. A dispetto della rilevanza delle innovazioni, però, la dimensione giuridica del governo del territorio seguita ad essere un campo segnato da una notevole continuità ed ambiguità di fondo, dove le innovazioni stesse procedono di pari passo con le contraddizioni. Un’ambiguità che, fatalmente, si riflette sull’azione delle pubbliche amministrazioni cui sono attribuiti compiti in materia. Queste, infatti, trovandosi spesso tra l’«incudine» (delle innovazioni) ed il «martello» (delle contraddizioni), sono costrette ad operare in un contesto fortemente disomogeneo e disarticolato già sul piano normativo. Da qui deriva, altresì, la difficoltà di restituirne una cifra complessiva che non sia la riproposizione di piatte descrizioni del processo di progressivo, ma costante incremento della «complessità» - normativa, organizzativa e funzionale - del sistema giuridico di disciplina del territorio, a cui corrisponde ciò che appare sempre di più come una forma implicita di «rinuncia» a logiche e moduli d’azione più o meno unitari nella definizione degli assetti territoriali: in questo senso, pertanto, vanno lette le ricorrenti affermazioni relative allo stato di crisi che, anche prescindendo dai difetti congeniti della disciplina per come si è venuta giuridicamente a configurare, caratterizza il sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica. Si spiega così perché, nonostante il profluvio di interventi da parte dei diversi legislatori, specialmente regionali, si sia ancora ben lontani dal fornire una risposta adeguata ai molteplici profili di criticità del sistema giuridico di disciplina del territorio: tra i quali, su tutti, va sicuramente menzionata la sempre più marcata asimmetria tra la configurazione «ontologicamente» territoriale e spaziale degli strumenti cui si tende a riconoscere la funzione di «motore immobile» dei processi di governo del territorio - i piani - e la componente temporale degli stessi in relazione alle vorticose modificazioni del contesto socio-economico di riferimento. Né, a dire il vero, gli «antidoti» alla complessità, via via introdotti in sede regionale, sembrano aver sortito - almeno fino ad ora - gli effetti sperati. L’esito di tutto ciò, però, non può che essere il progressivo venir meno di logiche unitarie e, soprattutto, «sistemiche» nella definizione degli assetti territoriali. Fenomeno, questo, che - paradossalmente - si manifesta con maggiore intensità proprio nel momento in cui, stante il legame sempre più stretto tra sviluppo socio-economico e competitività dei singoli sistemi territoriali, l’ordinamento dovrebbe muovere nella direzione opposta. Date le premesse, si è dunque strutturato il percorso di ricerca e analisi nel modo seguente. In primo luogo, si sono immaginati due capitoli nei quali sono trattati ed affrontati i temi generali dell’indagine e lo sfondo nel quale essa va collocata: le nozioni di governo del territorio e di urbanistica, nonché quella, eminentemente descrittiva, di governo degli assetti territoriali, i loro contenuti e le funzioni maggiormente rilevanti riconducibili a tali ambiti; la tematica della competitività e degli interessi, pubblici, privati e collettivi correlati allo sviluppo economico dei singoli sistemi territoriali; la presunta centralità riconosciuta, in questo quadro, al sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica in una prospettiva promozionale dello sviluppo economico; ma, soprattutto, i riflessi ed i mutamenti indotti al sistema giuridico di disciplina del territorio dall’azione delle dinamiche cosiddette glocal: questo, sia per quanto concerne le modalità organizzative e procedimentali di esercizio delle funzioni da parte dei pubblici poteri, sia per quanto attiene, più in generale, alla composizione stessa degli interessi nella definizione degli assetti territoriali. In secondo luogo, si è reputato necessario sottoporre a vaglio critico il sistema pianificatorio, cercando di evidenziare i fattori strutturali e gli ulteriori elementi che hanno determinato il suo insuccesso come strumento per realizzare le condizioni ‘ottimali’ per lo sviluppo economico delle collettività che usano il territorio. In terzo luogo, poi, si è rivolto lo sguardo al quadro delle soluzioni individuate dalla normativa e, per certi versi, offerte dalla prassi alla crisi che ha investito il sistema di pianificazione del territorio, soffermandosi, specificatamente e con approccio critico, sull’urbanistica per progetti e sull’urbanistica consensuale nelle loro innumerevoli articolazioni e partizioni. Infine, si è provato a dar conto di quelle che potrebbero essere le linee evolutive dell’ordinamento, anche in un’ottica de jure condendo. Si è tentato, cioè, di rispondere, sulla base dei risultati raggiunti, alla domanda se e a quali condizioni il sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica possa dirsi il modello preferibile per un governo degli assetti territoriali funzionale a realizzare le condizioni ottimali per lo sviluppo economico.
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Tale lavoro di ricerca ha indagato l’opera di sette scrittrici immigrate in Italia o nate da genitori immigrati che hanno composto in lingua italiana. Esse sono: Christiana de Caldas Brito, Cristina Ubax Ali Farah, Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Ornela Vorpsi, Laila Wadia, Jarmila Očkayová. La tesi consta di una premessa, un primo capitolo in cui sono riportate le interviste fatte alle scrittrici, un secondo capitolo di analisi dei loro testi, un terzo di riflessioni di teoria letteraria ed un quarto conclusivo. In appendice sono riportate integralmente le interviste.
Resumo:
Il concetto di “sostenibilità” si riferisce allo sviluppo dei sistemi umani attraverso il più piccolo impatto possibile sul sistema ambientale. Le opere che si inseriscono bene nel contesto ambientale circostante e le pratiche che rispettano le risorse in maniera tale da permettere una crescita e uno sviluppo a lungo termine senza impattare sull’ambiente sono indispensabili in una società moderna. I progressi passati, presenti e futuri che hanno reso i conglomerati bituminosi materiali sostenibili dal punto di vista ambientale sono particolarmente importanti data la grande quantità di conglomerato usato annualmente in Europa e negli Stati Uniti. I produttori di bitume e di conglomerato bituminoso stanno sviluppando tecniche innovative per ridurre l’impatto ambientale senza compromettere le prestazioni meccaniche finali. Un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” (WMA), pur sviluppando le stesse caratteristiche meccaniche, richiede un temperatura di produzione minore rispetto a quella di un tradizionale conglomerato bituminoso a caldo (HMA). L’abbassamento della temperature di produzione riduce le emissioni nocive. Questo migliora le condizioni dei lavoratori ed è orientato verso uno sviluppo sostenibile. L’obbiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di dimostrare il duplice valore sia dal punto di vista dell’eco-compatibilità sia dal punto di vista meccanico di questi conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità”. In particolare in questa tesi di laurea è stato studiato uno SMA ad “alta lavorabilità” (PGGWMA). L’uso di materiali a basso impatto ambientale è la prima fase verso un progetto ecocompatibile ma non può che essere il punto di partenza. L’approccio ecocompatibile deve essere esteso anche ai metodi di progetto e alla caratterizzazione di laboratorio dei materiali perché solo in questo modo è possibile ricavare le massime potenzialità dai materiali usati. Un’appropriata caratterizzazione del conglomerato bituminoso è fondamentale e necessaria per una realistica previsione delle performance di una pavimentazione stradale. La caratterizzazione volumetrica (Mix Design) e meccanica (Deformazioni Permanenti e Comportamento a fatica) di un conglomerato bituminoso è una fase importante. Inoltre, al fine di utilizzare correttamente i materiali, un metodo di progetto avanzato ed efficiente, come quello rappresentato da un approccio Empirico-Meccanicistico (ME), deve essere utilizzato. Una procedura di progetto Empirico-Meccanicistica consiste di un modello strutturale capace di prevedere gli stati di tensione e deformazione all’interno della pavimentazione sotto l’azione del traffico e in funzione delle condizioni atmosferiche e di modelli empirici, calibrati sul comportamento dei materiali, che collegano la risposta strutturale alle performance della pavimentazione. Nel 1996 in California, per poter effettivamente sfruttare i benefici dei continui progressi nel campo delle pavimentazioni stradali, fu iniziato un estensivo progetto di ricerca mirato allo sviluppo dei metodi di progetto Empirico - Meccanicistici per le pavimentazioni stradali. Il risultato finale fu la prima versione del software CalME che fornisce all’utente tre approcci diversi di l’analisi e progetto: un approccio Empirico, uno Empirico - Meccanicistico classico e un approccio Empirico - Meccanicistico Incrementale - Ricorsivo. Questo tesi di laurea si concentra sulla procedura Incrementale - Ricorsiva del software CalME, basata su modelli di danno per quanto riguarda la fatica e l’accumulo di deformazioni di taglio dai quali dipendono rispettivamente la fessurazione superficiale e le deformazioni permanenti nella pavimentazione. Tale procedura funziona per incrementi temporali successivi e, usando i risultati di ogni incremento temporale, ricorsivamente, come input dell’incremento temporale successivo, prevede le condizioni di una pavimentazione stradale per quanto riguarda il modulo complesso dei diversi strati, le fessurazioni superficiali dovute alla fatica, le deformazioni permanenti e la rugosità superficiale. Al fine di verificare le propreità meccaniche del PGGWMA e le reciproche relazioni in termini di danno a fatica e deformazioni permanenti tra strato superficiale e struttura della pavimentazione per fissate condizioni ambientali e di traffico, è stata usata la procedura Incrementale – Ricorsiva del software CalME. Il conglomerato bituminoso studiato (PGGWMA) è stato usato in una pavimentazione stradale come strato superficiale di 60 mm di spessore. Le performance della pavimentazione sono state confrontate a quelle della stessa pavimentazione in cui altri tipi di conglomerato bituminoso sono stati usati come strato superficiale. I tre tipi di conglomerato bituminoso usati come termini di paragone sono stati: un conglomerato bituminoso ad “alta lavorabilità” con granulometria “chiusa” non modificato (DGWMA), un conglomerato bituminoso modificato con polverino di gomma con granulometria “aperta” (GGRAC) e un conglomerato bituminoso non modificato con granulometria “chiusa” (DGAC). Nel Capitolo I è stato introdotto il problema del progetto ecocompatibile delle pavimentazioni stradali. I materiali a basso impatto ambientale come i conglomerati bituminosi ad “alta lavorabilità” e i conglomerati bituminosi modificati con polverino di gomma sono stati descritti in dettaglio. Inoltre è stata discussa l’importanza della caratterizzazione di laboratorio dei materiali e il valore di un metodo razionale di progetto delle pavimentazioni stradali. Nel Capitolo II sono stati descritti i diversi approcci progettuali utilizzabili con il CalME e in particolare è stata spiegata la procedura Incrementale – Ricorsiva. Nel Capitolo III sono state studiate le proprietà volumetriche e meccaniche del PGGWMA. Test di Fatica e di Deformazioni Permanenti, eseguiti rispettivamente con la macchina a fatica per flessione su quattro punti e il Simple Shear Test device (macchina di taglio semplice), sono stati effettuati su provini di conglomerato bituminoso e i risultati dei test sono stati riassunti. Attraverso questi dati di laboratorio, i parametri dei modelli della Master Curve, del danno a fatica e dell’accumulo di deformazioni di taglio usati nella procedura Incrementale – Ricorsiva del CalME sono stati valutati. Infine, nel Capitolo IV, sono stati presentati i risultati delle simulazioni di pavimentazioni stradali con diversi strati superficiali. Per ogni pavimentazione sono stati analizzati la fessurazione superficiale complessiva, le deformazioni permanenti complessive, il danno a fatica e la profondità delle deformazioni in ognuno degli stati legati.
Resumo:
Il mio elaborato finale si chiama “Restauro tra storia e progetto”, in cui rimetto a sistema, quanto appreso nelle materie di restauro, partendo dal laboratorio di restauro, dove la Prof. Antonella Ranaldi ci ha fatto trattare il complesso monumentale dell’ex convento di Sant’ Agostino a Cesena. Partendo da una lunga ricerca bibliografica, abbiamo individuato gli interventi da effettuare sul prospetto lungo via delle Mura di Sant’ Agostino ed effettuato il rilievo che ci ha permesso l’elaborazione del progetto. Gli interventi realizzati nel corso dei secoli costituiscono un esempio inquietante perchè se pure con esiti diversi ed in parte anche positivi, hanno però complessivamente portato alla situazione attuale, ormai compromessa per la definitiva perdita di molte interessanti tracce storiche. Data l'impossibilità di restituire al prospetto la sua immagine originaria abbiamo deciso di effettuare la sagramatura, che ha cancellato le stratificazioni che si sono succedute nei vari periodi storici. Abbiamo dato al prospetto una nuova immagine, riportando il prospetto ad un periodo storico non esattamente datato. L'illuminazione di questa preziosa facciata ha voluto essere un elemento discreto, capace di porre in risalto gli elementi architettonici e consentire, anche al calare del sole, un'intensa esperienza emotiva. In ogni caso si vuole evitare una scenografia serale eccessiva o artificiosa , e illuminare la facciata in maniera uniforme. Per fare questo si sono scelti apparecchi di illuminazione dotati di ottica asimmetrica, in modo da indirizzare il fascio di luce solo sulle superfici da illuminare e di ridurre così al minimo l'inquinamento luminoso. L'illuminazione omogenea della facciata in mattoni avviene attraverso riflettori con ottica larga, vetro allungante in verticale e schermo antiabbagliamento, posizionati su appositi pali (due pezzi per palo, paralleli alla facciata) situati dall'altra parte della strada di via delle mura. Mentre le lesene e il basamento sono illuminati da riflettori con condensatore ottico incassati nel terreno o nascosti nella parte superiore della cornice, con distribuzione della luce per un'altezza di circa 7 metri. Si è scelto di utilizzare sorgenti a luce bianca per mettere in risalto i materiali della facciata, senza alterarne i colori già di per se saturi. Abbiamo previsto nonostante lo stato di degrado, di recuperare il portone e le porte. Le parti mancanti vengono integrate con parti in legno della stessa essenza. Tutte le forature verranno poi tamponate con adeguati stucchi. Si ritiene fondamentale, in termini di restauro conservativo, mantenere ogni elemento che ancora sia in grado di svolgere la sua funzione. E' evidente in facciata il filo dell'impianto elettrico. E' stato pensato di farlo scorrere all'interno di una canalina, di dimensioni 4,5 x 7 cm, posizionata sopra il cornicione, nascosta alla vista del prospetto. Le gronde e i pluviali sono stati sostituiti durante l'ultimo intervento di rifacimento delle coperture, tuttavia non è stato studiato un posizionamento adeguato dei pluviali. Infatti, alcuni di questi, sopratutto quelli del prospetto principale sono posizionati senza alcun ordine. In alcuni casi i pluviali risultano essere scarsi con conseguente allagamento delle gronde e colate di acqua piovana sul muro. Nel nostro progetto si prevede di posizionare gli scarichi delle gronde sui lati, in maniera tale da non ostruire la facciata, inoltre vengono aumentati i pluviali per la gronda più alta. La seconda parte riguarda il restauro del borgo di Castelleale, che abbiamo trattato con il Prof. Andrea Ugolini nel laboratorio di sintesi finale. Il tema del corso ha previsto una prima fase di studio comprendente la ricerca storica e bibliografica, l’inquadramento dell’oggetto nel contesto urbano, la redazione delle piante di fase e ricostruzioni planivolumetriche nelle varie fasi storiche. Nella seconda fase abbiamo effettuato il rilievo, fatto foto esterne e interne di dettaglio per l’inquadramento del tema e delle sue caratteristiche architettoniche, studiato le principali cause di degrado e alterazione dei materiali da costruzione redigendo le tavole del degrado e dello stato di conservazione. Nella fase progettuale abbiamo deciso di effettuare un minimo intervento sul rudere, ripristinando la copertura crollata attraverso una copertura moderna sostenuta da pilastri, che vanno a costituire una struttura staccata rispetto al rudere. La terza parte riguarda l’efficienza energetica, il tema che ho affrontato sotto la guida del Prof. Kristian Fabbri in occasione dell’elaborato finale.
Resumo:
Come in un affresco nel quale sono stati sovrapposti vari strati di pittura o in un antico manoscritto di pergamena il cui testo originario è stato ricoperto da uno scritto più recente, così l’intento che ha generato il nostro percorso progettuale è stato quello di riscoprire le tracce presenti nell’area sia in ambito archeologico che paesaggistico consentendo una narrazione della storia del sito. L’intento è quello di far emergere l’aspetto relazionale del progetto di paesaggio attraverso la riscoperta degli elementi paesaggistici presenti nell’area di Claterna, strettamente legati ad un fattore identitario, di restituzione e soprattutto di percezione, intesi come lettura da parte di chi vive ed attraversa i territori. Il palinsesto si declina in questo senso come superficie attiva in grado di accogliere programmazioni temporanee e dinamiche per promuovere quella diversificazione e quella stratificazione che da sempre rappresentano il senso di urbanità ma anche il senso del paesaggio in continuo dialogo con il tempo. La messa a sistema dei vari frammenti mira a stabilire così una sequenza capace di guidare il visitatore all’interno del Parco e diviene elemento strutturante per la messa a fuoco di un disegno di mobilità sostenibile che dal centro di accoglienza dell’area archeologica conduce al Parco dei Gessi sfruttando un’antica via di penetrazione appenninica situata alla sinistra del torrente Quaderna. Il Museo della Città di Claterna e della Via Emilia, insieme al Centro ricerca per gli esperti del settore, entreranno così a far parte di una vasta rete di musei archeologici già presenti nel territorio bolognese. La ricchezza di questo sito e gli elementi che lo caratterizzano ci hanno indirizzato verso un duplice progetto che, alla grande scala, non aggiunge altri segni importanti a quelli già presenti nel territorio,cercando quindi di valorizzare i sistemi esistenti focalizzandosi sugli ambiti principali dell’area ed intensificando la consistenza segnaletica degli interventi. E’ stato previsto il mantenimento delle cavedagne esistenti per la fruizione di un Parco Agricolo Didattico legato ai temi delle coltivazioni in epoca romana ed a quelli dell’aia del ‘900, che costituirà un percorso alternativo a quello del Parco Archeologico. Il progetto articolato in un sistema di percorsi che permettono la visita del parco archeologico, vede due teste adiacenti alla Via Emilia e posizionate in modo ad essa speculare che costituiscono i poli principali del progetto: l’area di accoglienza per i visitatori che comprende un Polo Museale ed un Centro Ricerca con annessa una foresteria, punto di forza del parco dal punto di vista programmatico. Un grande museo diffuso all’aperto dunque che prevederà una sequenza museale lineare con un percorso definito, che risulterà si gerarchizzato ma al contempo reversibile. La visita del parco archeologico sarà quindi articolata in un percorso che partendo dal polo museale intercetterà l’area forense per poi sfruttare le cavedagne esistenti. L’area forense concepita come una piazza affacciata sul margine nord della via Emilia, verrà valorizzata dal progetto mediante il ripristino del basolato che affiancherà il percorso di visita installato lungo il perimetro del foro, punto di forza per l’economia dell’antica civitas romana. Il percorso piegherà poi verso la via Emilia affiancando le tracce aeree di un tempio a cameroni ciechi per poi inserirsi sulla cavedagna che costeggia la via Emilia attuale. Si proseguirà poi con la riscoperta di una porzione del basolato dell’antica via Emilia e dell’incrocio tra cardo e decumano fino ad intercettare il settore 11 con la musealizzazione della “domus diacronica” L’area archeologica divisa nettamente in due parti dalla Via Emilia attuale sarà connessa mediante attraversamenti a raso dotati di semafori a chiamata e barre di rallentamento. La scelta di questo tipo di connessione è stata dettata dall’esigenza di non voler introdurre segni forti sull’area come ponti pedonali o sottopassi che andrebbero ad intaccare il suolo archeologico. Il percorso quindi proseguirà con la visita del centro ricerca e di un muro didattico passando per un’area nella quale sono state individuate tracce aeree che verranno valorizzate mediante l’utilizzo di strutture fantasma per la rievocazione volumetrica degli abitati fino ad intercettare l’ultima tappa del percorso che sarà costituita dalla visita al settore 12, la cosiddetta “domus dei mosaici”.
Resumo:
La ricerca indaga le dinamiche socio - economiche in atto in rapporto con le trasformazioni territoriali e valuta in quale misura la pianificazione territoriale ed urbanistica sia in grado di soddisfare le attuali esigenze nella gestione del territorio, urbanizzato e non. La riflessione parte dalla necessità di capire come un territorio possa conservare vitalità nel momento in cui si ritrova all’interno di un sistema di dinamiche che non si rivolge più ad ambiti di riferimento vicini (fino ad una decina d’anni fa la competitività veniva misurata, generalmente, tra regioni contermini, al massimo con riferimento ai trend nazionali), ma che necessita di confrontarsi per lo meno con le realtà regionali europee, se non, per certi versi, con la scala mondiale, globale appunto. La generalità della tematica ha imposto, di conseguenza, l’individuazione di un case book al quale riferirsi così da approfondirla attraverso una conoscenza diretta di un preciso ambito territoriale. È stato scelto, quale esemplificazione, il territorio della regione Veneto, con particolare riferimento all’area centrale. La ragione di tale scelta è da individuarsi, oltre che in motivi meramente strumentali, nel fatto che il Veneto, tra le regioni italiane, tuttora si configura come un territorio soggetto a forti trasformazioni indotte dalle dinamiche socio - economiche. Infatti da un primo periodo veneto, legato alla costruzione dell’armatura territoriale articolata su una molteplicità di poli diffusi sul territorio, si è passati al Secondo Veneto, quello della diffusione produttiva, dei capannoni, della marmellata urbanistica, del consumo del suolo. L’epoca attuale risponde poi ad un Terzo Veneto, un periodo forse di transizione verso un nuovo assetto. Il punto di partenza è stato dunque quello della delimitazione dell’area di riferimento, attraverso il riconoscimento di quei caratteri territoriali che la contraddistinguono da altre aree all’interno della regione stessa e su scala europea. Dopo una prima descrizione in chiave descrittiva e storico - evolutiva rivolta alla comprensione dei fenomeni in atto (diffuso e frammentazione insediativa tra i principali) si è passati ad una lettura quantitativa che consentisse, da un lato, di comprendere meglio alcuni caratteri della Regione e, dall’altro, di confrontarla con la scala globale, che si è scelto essere per la realtà considerata quella dell’Unione Europea. Le problematiche, i punti di forza e di debolezza emersi hanno consentito di formulare alcune ipotesi volte al miglioramento del territorio dell’area centrale veneta attraverso un processo che individuasse, non solo gli attori interessati alla trasformazione, ma anche gli strumenti maggiormente idonei per la realizzazione degli stessi. Sono emerse così le caratteristiche che potrebbe assumere il Quarto Veneto, il Veneto che verrà. I temi trattati spaziano dall’individuazione dei metodi di governance che, tramite il processo di visioning, siano in grado di individuare le priorità, di definire l’intensità d’uso, la vocazione dei luoghi e chi siano gli operatori interessati, all’integrazione tra i valori della storia e della cultura territoriale con i nuovi modi del fare (nuove tecnologie), fino all’individuazione di strumenti di coesione economica, sociale e territoriale per scongiurare quei rischi di disgregazione insiti nella globalizzazione. La ricerca si è dunque concretizzata attraverso un approccio euristico alla problematica delle trasformazioni territoriali, in cui il tema della scala di riferimento (locale - globale), ha consentito di valutare esperienze, tecniche e progetti volti al raggiungimento di livelli di sviluppo territoriale ed urbano sostenibili.
Resumo:
Sperm cells need hexoses as a substrate for their function, for both the maintenance of membrane homeostasis and the movement of the tail. These cells have a peculiar metabolism that has not yet been fully understood, but it is clear that they obtain energy from hexoses through glycolisis and/or oxidative phosphorylation. Spermatozoa are in contact with different external environments, beginning from the testicular and epididymal fluid, passing to the seminal plasma and finally to the female genital tract fluids; in addition, with the spread of reproductive biotechnologies, sperm cells are diluted and stored in various media, containing different energetic substrates. To utilize these energetic sources, sperm cells, as other eukaryotic cells, have a well-constructed protein system, that is mainly represented by the GLUT family proteins. These transporters have a membrane-spanning α-helix structure and work as an enzymatic pump that permit a fast gradient dependent passage of sugar molecules through the lipidic bilayer of sperm membrane. Many GLUTs have been studied in man, bull and rat spermatozoa; the presence of some GLUTs has been also demonstrated in boar and dog spermatozoa. The aims of the present study were - to determine the presence of GLUTs 1, 2, 3, 4 and 5 in boar, horse, dog and donkey spermatozoa and to describe their localization; - to study eventual changes in GLUTs location after capacitation and acrosome reaction in boar, stallion and dog spermatozoa; - to determine possible changes in GLUTs localization after capacitation induced by insulin and IGF stimulation in boar spermatozoa; - to evaluate changes in GLUTs localization after flow-cytometric sex sorting in boar sperm cells. GLUTs 1, 2, 3 and 5 presence and localization have been demonstrated in boar, stallion, dog and donkey spermatozoa by western blotting and immunofluorescence analysis; a relocation in GLUTs after capacitation has been observed only in dog sperm cells, while no changes have been observed in the other species examined. As for boar, the stimulation of the capacitation with insulin and IGF didn’t cause any change in GLUTs localization, as well as for the flow cytometric sorting procedure. In conclusion, this study confirms the presence of GLUTs 1, 2 ,3 and 5 in boar, dog, stallion and donkey spermatozoa, while GLUT 4 seems to be absent, as a confirmation of other studies. Only in dog sperm cells capacitating conditions induce a change in GLUTs distribution, even if the physiological role of these changes should be deepened.
Resumo:
L’attività assicurativa svolge un ruolo cruciale nell’economia moderna: riduce le inefficienze di mercato, rendendo possibile per la c.d. economia reale il trasferimento di rischi il cui impatto potrebbe essere devastante qualora l’evento assicurato si verificasse. Questa funzione può naturalmente essere svolta anche in assenza di un canale distributivo indipendente, ma con un significativo aumento dei costi di transazione dovuti, in particolare, a un alto impatto dell’asimmetria informativa per i c.d. rischi non standardizzabili (c.d. commercial lines o business insurance). Tale funzione è tanto più importante nei c.d. cicli di hard market, in cui l’appetito per il rischio delle imprese assicuratrici diminuisce, il prezzo delle coperture aumenta e per le imprese diventa arduo trovare eque coperture sul mercato d’offerta. Lo studio evidenzia che gli intermediari indipendenti italiani non differiscono molto da quelli di altri Paesi per composizione di portafoglio, propensione all’intermediazione di rischi afferenti al segmento Aziende e capacità di selezionare con attenzione i rischi. Nel loro complesso, intermediari indipendenti e in esclusiva sembrano ancorati a modelli e logiche di sviluppo poco orientate al futuro, quali ad esempio poco significative politiche di costruzione di reti secondarie al loro interno. Questo orientamento impedisce a molti di loro di crescere. Le cause ostative alla diffusione del plurimandato sono i costi di transazione e i timori di ritorsione della mandante principale. Dato che l’acquisizione di ulteriori mandati dipende dal numero di clienti in portafoglio in termini di policy sarebbe opportuno, da un lato, riconoscere agli intermediari l’importanza degli investimenti in reti secondarie e, dall’altro, rimuovere tutte gli ostacoli (prevalentemente di natura regolamentare) che impediscono un’ulteriore riduzione dei costi di transazione.
Resumo:
Synchronization is a key issue in any communication system, but it becomes fundamental in the navigation systems, which are entirely based on the estimation of the time delay of the signals coming from the satellites. Thus, even if synchronization has been a well known topic for many years, the introduction of new modulations and new physical layer techniques in the modern standards makes the traditional synchronization strategies completely ineffective. For this reason, the design of advanced and innovative techniques for synchronization in modern communication systems, like DVB-SH, DVB-T2, DVB-RCS, WiMAX, LTE, and in the modern navigation system, like Galileo, has been the topic of the activity. Recent years have seen the consolidation of two different trends: the introduction of Orthogonal Frequency Division Multiplexing (OFDM) in the communication systems, and of the Binary Offset Carrier (BOC) modulation in the modern Global Navigation Satellite Systems (GNSS). Thus, a particular attention has been given to the investigation of the synchronization algorithms in these areas.
Resumo:
L’attività di ricerca ha riguardato lo studio di popolazioni di cellule staminali mesenchimali umane (MSC) ottenute da molteplici tessuti adulti. Sono state investigate sorgenti di MSC alternative al midollo osseo, libere da conflitti etici, dotate di vantaggi per l’applicabilità clinica che vanno dalla elevata resa nel recupero cellulare alla tessuto-specificità. Le cellule ottenute dalle diverse sorgenti sono state caratterizzate immunofenotipicamente, commissionate mediante protocolli di induzione specifici per i diversi tipi cellulari ed analizzate con opportuni saggi istologici, immunoistochimici, di espressione genica e proteica. Esperimenti di cocoltura hanno permesso la descrizione di capacità immunomodulatorie e trofiche. - La placenta a termine risulta essere una ricca sorgente di cellule staminali mesenchimali (MSC). Dalla membrana amniotica, dal corion e dalla gelatina di Wharton del cordone ombelicale sono state ottenute MSC con potenzialità differenziative verso commissionamenti mesenchimali, con capacità immunomodulatorie e trofiche. Tali tessuti sono ampiamente disponibili, garantiscono una elevata resa nel recupero cellulare e sono liberi da conflitti etici. - Due popolazioni di cellule con caratteristiche di MSC sono state individuate nella mucosa e nella sottomucosa intestinale. Queste cellule possiedono caratteristiche di tessuto-specificità, sono dotate di attività trofiche ed immunomodulatorie che potrebbero essere vantaggiose per approcci di terapia cellulare in patologie quali le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (IBD). - Popolazioni di cellule staminali con caratteristiche simili alle MSC sono state ottenute da isole pancreatiche. Tali popolazioni possiedono vantaggi di tessuto-specificità per approcci di terapia cellulare per il Diabete. - Sono stati investigati ed individuati marcatori molecolari (molecole HLA-G) correlati con il livello di attività immunomodulatoria delle MSC. La valutazione di tali marcatori potrebbere permettere di determinare l’attività immunosoppressiva a priori del trapianto, con l’obiettivo di scegliere le popolazioni di MSC più adatte per l’applicazione e di definirne il dosaggio. - E’ stato messa a punto una metodica e una strumentazione per il frazionamento di cellule staminali in Campo Flusso in assenza di marcatura (NEEGA-DF). Questa metodica permette di discriminare sottopopolazioni cellulari in base a caratteristiche biofisiche.
Resumo:
La ricerca oggetto della tesi dottorale è condotta allo scopo di verificare gli effetti concreti del procedimento di integrazione tra l’ordinamento comunitario e quello dei singoli Stati nazionali, sulla base del studio del diritto del contribuente alla restituzione delle somme pagate a titolo di imposte anticomunitarie, nel contesto dell’evoluzione interpretativa del diritto al rimborso dell’indebito tributario comunitario operata dalla Corte di Giustizia. Il lavoro si articola in due parti, volte, la prima, ad indagare le ragioni dell’originalità comunitaria del diritto al rimborso; la seconda a verificarne l’effettività, sul presupposto di principio dell’astratta astratta inderogabilità della tutela restitutoria, nella consapevolezza di tutti i rimedi nazionali esperibili al fine della sua applicazione. Il primo capitolo è dedicato alla definizione del contenuto tipico del diritto alla restituzione dell’indebito tributario comunitario. La premessa da cui si muove – sul filo rosso dell’effettività e del primato comunitari - è quella della constatazione del nesso funzionale che lega tra loro la qualificazione della posizione giuridica del singolo in termini di diritto soggettivo ed il processo di istituzionalizzazione dei rapporti tra l’ordinamento comunitario e quello nazionale. Rilevano, in questo senso, l’originalità comunitaria e l’intangibilità del diritto al rimborso dell’indebito (che è strumento di legalità comunitaria, nella misura in cui consente di ripristinare l’ordine violato attraverso il pagamento delle sole imposte dovute). L’analisi si articola, nel secondo capitolo, sulla considerazione della mancanza di un sistema normativo comunitario che disciplini l’applicazione del diritto, con il conseguente rinvio al principio dell’autonomia procedurale e procedimentale degli Stati, nei limiti dell’equivalenza e dell’effettività comunitarie. Lo scopo è quello di individuare tutti i rimedi – sia amministrativi, sia giurisdizionali – esperibili, al fine di verificare la corretta proporzione tra l’effettività comunitaria e il grado di tutela del singolo. Sull’esame degli effetti (negativi e positivi) derivati in capo al contribuente dall’applicazione del diritto è incentrato il terzo capitolo, che tratta del rapporto tra le azioni restitutorie e risarcitorie, come proposto dalla giurisprudenza comunitaria, al fine di garantire massimamente l’effettività della tutela (giurisdizionale e sostanziale) del singolo. Attraverso lo strumento della giurisprudenza comunitaria si rileva il contrasto che tra l’esistenza del diritto originariamente ed originalmente comunitario al rimborso delle imposte indebitamente pagate (che connota autonomamente la figura del contribuente europeo) e l’insufficienza degli strumenti attuativi del diritto al fine di garantire l’effetto utile del diritto comunitario. Con la constatazione di un sistema operativo sostanzialmente difforme da quello ideato dalla giurisprudenza comunitaria e l’intenzione di dimostrare gli effetti dell’influenza dei principi comunitari sul diritto processuale e procedurale nazionale.