895 resultados para PCM, accumulo latente, fluidi a cambiamento di fase, acido laurico


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La diffusione di smartphone con GPS si è rilevata utile per lo studio di modelli di scelta del percorso da parte di utenti che si muovono in bicicletta. Nel 2012 è stata ideata la ‘European Cyclinq Challenge’ (ECC), che consiste in una “gara” europea tra città: vince quella nella quale i rispettivi abitanti registrano il maggior numero di chilometri effettuati in bicicletta. In questo modo è possibile conoscere in forma anonima i percorsi realmente seguiti dai partecipanti alla gara: nel caso in esame, sono state fornite le tracce GPS registrate a Bologna sotto forma di punti catalogati ogni 10-15 secondi, a cui sono associate informazioni di coordinate, codice identificativo e istante di registrazione. Una fase di map-matching associa tali punti alla rete stradale di Bologna, descritta nel caso in esame dalla rete di Open Street Maps (OSM). Un elemento che garantisce al meglio la comprensione relativa alle scelte dei ciclisti, è quello di confrontarle con l’alternativa più breve, per capire quanto un utente sia disposto a discostarsi da essa per privilegiare ad esempio la sicurezza personale, il fatto di evitare pendenze elevate o incroci pericolosi. A partire dai punti GPS, che rappresentano l’origine e la destinazione di ogni viaggio, è possibile individuare sulla rete il percorso più corto che li congiunge, eseguendo sulla stessa rete tramite l’algoritmo di Dijkstra, considerando come unico attributo di costo la lunghezza. È stato possibile, mediante questi dati, effettuare un confronto nei tre anni di studio, relativamente alla distribuzione statistica delle lunghezze dei viaggi percorsi dagli utenti, a quanto questi si discostino dal percorso più breve ed infine come varia la percentuale dei viaggi effettuati nelle diverse tipologie stradali. Un’ultima analisi evidenzia la possibile tendenza degli utenti che si spostano in bicicletta nella città di Bologna, a utilizzare percorsi caratterizzati dalla presenza di numerosi incroci semaforizzati.

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L'oggetto di questa tesi di Laurea è lo studio di una porzione dell'aggregato dell'ex Convento di San Francesco, situato nel centro storico di Bologna. Lo studio è stato condotto a partire da una analisi storica dell'intero aggregato, per comprenderne le dinamiche costruttive e le evoluzioni nel tempo, e si è successivamente incentrato sulla porzione prospiciente la via S. Isaia, attuale sede degli uffici dell'Agenzia delle Entrate di Bologna, ex Agenzia del Territorio. Grazie al reperimento di documenti risalenti all'epoca della costruzione dell'edificio, è stato possibile svilupparne un'analisi tipologico - costruttiva, individuando i materiali utilizzati e le tecniche costruttive dell'epoca, verificando inoltre il rispetto delle Norme Tecniche Costruttive del 1936. Si è svolta quindi una analisi sismica preliminare attraverso il modello LV1, per verificare il livello di vulnerabilità globale dell'edificio. In seguito, sono state individuate le vulnerabilità dell'edificio e i cinematismi di collasso che potrebbero attivarsi, e si sono studiate possibili soluzioni per prevenirli. In fase progettuale, si sono svolte tre differenti ipotesi di intervento: due più conservative, che prevedono il consolidamento della copertura esistente, considerando le ipotesi di presenza o assenza del cordolo, e una più invasiva, comportante il rifacimento dell'intera copertura dell'edificio. Contestualmente all'ultima ipotesi, è stato realizzato un progetto architettonico di rifunzionalizzazione relativo al terzo piano dell'edificio, tenendo conto delle esigenze di nuovi spazi da adibire ad uso ufficio e di luoghi di riunione. Si è dunque studiata la possibilità di intervento anche dal punto di vista della prevenzione incendi.

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Le alte pressioni di omogeneizzazione sono considerate una tecnologia non termica basata sull’applicazione di pressioni comprese tra 60 e 400 MPa ad alimenti fluidi o fluidificabili, con un tempo di trattamento di pochi millisecondi. Questa tecnologia permette di ottenere una serie di effetti sull’alimento che variano in rapporto all’entità del trattamento applicato e alla matrice fluida considerata. Pertanto, le alte pressioni di omogeneizzazione rappresentano una delle tecnologie maggiormente studiate in ragione delle loro buone opportunità applicative a livello industriale. Tale tecnologia viene comunemente applicata per modificare le proprietà funzionali di alcune macromolecole caratteristiche degli alimenti ed ha permesso l’ottenimento di prodotti di origine lattiero-casearia ed anche succhi di frutta caratterizzati da migliore texture, gusto, flavour e aumentata shelf-life. L’omogeneizzazione ad alta pressione, considerata come trattamento di sanitizzazione a freddo, è in grado di disattivare sia microrganismi patogeni che degradativi presenti in un determinato sistema, contribuendo a ridurre o contenere quindi lo sviluppo microbico nei prodotti alimentari. L’effetto di tale tecnologia, quando applicata a livelli compresi tra 60-200 MPa bar è stato valutato nei confronti di diversi patogeni quali Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, Staphylococcus aureus, Salmonella typhimurium microrganismi degradativi, come Bacillus subtilis e lieviti, deliberatamente inoculati in prodotti diversi.

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L'energia idroelettrica è una fonte di energia alternativa e rinnovabile che sfrutta il moto dell'acqua, generato grazie all'energia potenziale presente tra due bacini posti a quote diverse per convertire l'energia meccanica in elettrica attraverso un alternatore collegato a turbina. Gli impianti si classificano in: impianti ad acqua fluente, a deflusso regolato, ad accumulo tramite pompaggio. Le turbine idrauliche sono quei dispositivi meccanici in grado di convertire l'energia cinetica in energia meccanica. Fra tutte studieremo la Pelton, la Francis e la Kaplan e i loro criteri di scelta. I grandi impianti hanno un notevole impatto ambientale, ecco perché la nuova tecnologia si basa sul mini idroelettrico; quest'ultimo dal punto di vista economico è competitivo rispetto alle altre fonti rinnovabili ed ai combustibili fossili.

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In questa tesi si discutono inizialmente i concetti chiave di agente e sistema multi-agente e si descrivono in ogni dettaglio il linguaggio di programmazione AgentSpeak(L) e la piattaforma Jason, fornendo le basi per poter programmare con il paradigma AOP. Lo scopo centrale di questa tesi è quello di estendere il modello di pianificazione dell’interprete di AgentSpeak(L), considerato come caso specifico, con un approccio che può essere integrato in qualsiasi linguaggio di programmazione ad agenti. Si espone un’evoluzione di AgentSpeak(L) in AgentSpeak(PL), ossia la creazione ed esecuzione di piani automatici in caso di fallimento attraverso l'uso di un algoritmo di planning state-space. L'approccio integrativo modifica il Ciclo di Reasoning di Jason proponendo in fase di pianificazione automatica un riuso di piani già esistenti, atto a favorire la riduzione di tempi e costi nel long-term in un sistema multi-agente. Nel primo capitolo si discute della nozione di agente e delle sue caratteristiche principali mentre nel secondo capitolo come avviene la vera e propria programmazione con AgentSpeak(L). Avendo approfondito questi argomenti base, il terzo capitolo è incentrato sull’interprete Jason e il quarto su una migliore estensione dell'interprete, in grado di superare i limiti migliorando le performance nel tempo. Si delineano infine alcune considerazioni e ringraziamenti nel quinto e ultimo capitolo. Viene proposta con scrittura di carattere divulgativo e non ambiguo.

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Questo lavoro di tesi è stato svolto sull’ impianto di produzione di polioli presso lo stabilimento Cargill di Castelmassa (RO) con lo scopo di ottimizzare la gestione dello ione Ni2+, derivante dal nichel metallico utilizzato come catalizzatore (nichel Raney) nella reazione di idrogenazione del glucosio condotta a 42 bar. Il nichel, infatti, a seguito di fluttuazioni di pH che avvengono durante il corso della reazione aumenta la sua solubilità passando in fase liquida sotto forma di ione bivalente. Nel successivo step di raffinazione e demineralizzazione del prodotto mediante una serie di resine a scambio ionico, il Ni2+ è trattenuto assieme ad altri ioni e separato dal prodotto stesso. Infine quando si va a rigenerare la resina, a seguito della sua saturazione, si producono dei reflui contenenti nichel, che, seppur presente in quantità modeste, non potranno essere inviati al depuratore comunale in quanto il metallo avvelenerebbe i microorganismi deputati al trattamento delle acque reflue, quindi dovranno essere smaltiti come rifiuti speciali. L’azienda è già dotata di un impianto di nichel recovery che utilizza una batteria di resine chelanti, in grado di catturare selettivamente metalli pesanti, in modo tale da avere un refluo con la concentrazione di Ni2+ più alta possibile per ridurre al minimo i costi, non esigui, di smaltimento. L’obbiettivo del mio lavoro di tesi è quello di trovare soluzioni alternative per la concentrazione del nichel e verificare mediante semplici bilanci economici se queste soluzioni proposte siano sostenibili dal punto di vista industriale, ed eventualmente possano essere concorrenti alla soluzione impiantistica già adottata.

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Lo scopo della tesi è collaudare un inverter trifase per trazione elettrica stradale al fine di determinarne le specifiche nominali e di massima. Il lavoro è stato organizzato procedendo inizialmente con l’individuazione delle parti principali che concorrono alla formazione del convertitore, studiandone il principio di funzionamento e i diversi valori di tensione e di corrente che ne caratterizzano le prestazioni. Successivamente si è passati al collaudo della parte di potenza del convertitore con l’obiettivo di determinarne le prestazioni in relazione alla massima temperatura consentita di funzionamento. Questo tipo di prova ha richiesto l’individuazione di una sorgente di alimentazione dell’inverter in grado di fornire i picchi di potenza necessari durante la fase di sovraccarico (si tratta di diversi kW per alcune decine di secondi) e contemporaneamente di un carico trifase in grado di assorbire queste potenze senza danneggiarsi. E’ molto importante tenere presente che la prova per la determinazione delle prestazioni nominali dell’inverter, richiede una durata di diverse decine di minuti cioè fin tanto che l’inverter non ha raggiunto l’equilibrio termico e quindi la temperatura non varia apprezzabilmente nel tempo. Allo scopo si è impiegata come sorgente di alimentazione un pacco di batterie Litio-Ioni costituito da 32 celle da 160Ah collegate in serie per una tensione nominale di 105V, mentre come carico si è utilizzato un motore asincrono trifase collegato direttamente in uscita dell’inverter.

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Il presente elaborato si focalizza sulla tribologia delle leghe di alluminio nell’ambito dei processi di laminazione a freddo. Si analizzano in primo luogo la meccanica sollecitativa, i campi deformativi e le velocità del processo produttivo. Viene descritto dunque il fenomeno dell’attrito e i relativi meccanismi, per poi procedere con la contestualizzazione di tali concetti nell’ambito della tribologia della laminazione. Contestualmente si identificano le caratteristiche e i requisiti dei lubrificanti impiegati in questo settore industriale. Si procede infine con indagini tribologiche di tipo pin-on-disk su diverse tipologie di lubrificanti e in differenti regimi di temperatura. È possibile in questo modo valutare l’effetto dei fluidi lubrificanti sul coefficiente d’attrito e sull’addensamento dei detriti di usura.

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Questa tesi tratta nello specifico lo studio di un impianto micro-ORC, capace di sfruttare acqua alla temperatura di circa 70-90°C come sorgente termica. Questo sistema presenta una potenza dichiarata dal costruttore pari a 3kW e un rendimento del 9%. In primo luogo, si descrivono le caratteristiche principali dei fluidi organici, in particolare quelle del freon R134a, impiegato nel banco prova. Vengono illustrati dettagliatamente l’impianto e la sensoristica utilizzata per le misurazioni delle varie grandezze fisiche. Tramite esse, con l’utilizzo di un programma di acquisizione dati appositamente relizzato in ambiente LabVIEW, è stato possibile calcolare in tempo reale tutti i parametri di funzionamento, necessari per la caratterizzazione del sistema. Per una veloce ed efficiente elaborazione dei dati registrati durante le prove in laboratorio, è stato realizzato un programma in linguaggio VBA. L’utilizzo di questo codice ha permesso, in primo luogo, di individuare e correggere eventuali errori di calcolo e acquisizione presenti in ambiente LabVIEW e, in secondo luogo, si è reso indispensabile per comprendere il funzionamento dell’impianto nelle varie fasi, come accensione, spegnimento e produzione di potenza. Sono state inoltre identificate le modalità di risposta del sistema al variare dei comandi impostabili dall’utente, quali il numero di giri della pompa e la variazione della temperatura della sorgente calda. Si sono poi osservate le risposte del sistema al variare delle condizioni esterne, come ad esempio la temperatura dell’acqua di condensazione. Una specifica prova è stata analizzata in questo elaborato. Durante tale prova il sistema ha lavorato in forte off-design, erogando una potenza elettrica pari a 255 W, raggiungendo un basso valore del rendimento (pari a 1.8%). L’analisi dei dati ha portato ad identificare nuovi limiti di funzionamento, legati ad esempio alla quantità di fluido interna al sistema.

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In questo lavoro viene effettuata un’analisi di membrane per la separazione di CO2 basate sul meccanismo di trasporto facilitato. Queste membrane sono caratterizzate da un supporto poroso impregnato di una fase liquida le cui proprietà chimico-fisiche vengono presentate in relazione alle performance di separazione fornite: si tratta di liquidi ionici che presentano gruppi funzionali in grado di reagire con la CO2 consentendo il trasporto facilitato del gas acido attraverso la membrana. Le prestazioni in termini di separazione di CO2 da miscele gas fornite da questa tecnologia vengono analizzate e confrontate con quelle offerte da altre tipologie di membrane: alcune basate sul meccanismo di solution-diffusion (membrane polimeriche e membrane impregnate di liquidi ionici room-temperature) ed altre caratterizzate da permeazione di CO2 con presenza di reazione chimica ottenuta mediante facilitatori (mobili o legati allo scheletro carbonioso del polimero costituente la membrana). I risultati ottenuti sono analizzati in merito alla possibile implementazione di tale sistema di separazione a membrana in processi di cattura di CO2 nell'ambito della tecnologia di Carbon Capture and Storage.

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Il mio elaborato tratta le tecniche e le problematiche affrontate nella chirurgia mini invasiva in presenza di malattie vascolari; si parla di mini-invasiva in quanto la procedura d'intervento,come dice la parola stessa, non consiste in un vero e proprio intervento chirurgico ma bensi', nella maggior parte dei casi , si svolge in day- hospital. Dopo aver descritto cosa si intende per malattie vascolari e i fattori che portano alla loro comparsa all'interno del nostro organismo, mi focalizzo sulle tecniche utilizzate in fase di diagnosi da parte del cardiologo emodinamista per stabilire quale tipo di patologia è stata riscontrata sul paziente e la sua gravità e,successivamente, sulle tecniche d'intervento. Proprio per quel che riguarda le tecniche procedurali, descrivo quelle principalmente utilizzate nel campo della chirurgia mini-invasiva mettendo a confronto la classica tecnica dell'angioplastica, ormai utilizzata da anni, con quella dell'aterectomia che, in base al sistema di funzionamento e al tipo d'intervento da eseguire, si divide in due grosse branche: aterectomia direzionale e aterectomia rotazionale. Dopo aver illustrato il principio tecnologico e di funzionamento di ogni tecnica, in riferimento a studi eseguiti da parte di svariate equipe su un ampio range di pazienti, ho messo a confronto l'angioplastica con l'aterectomia per cercare di stabilire quale tra le due tecniche porta a risultati migliori, soprattutto a lungo termine, in modo tale da ridurre il rischio di restenosi nel paziente(ovvero un ulteriore restringimento nella zona del vaso dove si è intervenuti )

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Il Selective Laser Melting è un processo di additive manufacturing che consiste nella realizzazione di componenti metallici tridimensionali, sovrapponendo strati di polvere, che viene via via fusa mediante una sorgente controllata di energia (laser). È una tecnica produttiva che viene utilizzata da più di 20 anni ma solo ora sta assumendo un ruolo rilevante nell’industria. È un processo versatile ma complesso che ad oggi permette di processare solo un numero limitato di leghe. Il presente lavoro di tesi riguarda in particolare lo studio, dal punto di vista microstrutturale, di componenti in acciaio inossidabile austenitico AISI-316L processato mediante Selective Laser Melting, attività svolta in collaborazione con il Gruppo di Tecnologia – Laser del Dipartimento di Ingegneria Industriale. Alla base dell’attività sperimentale è stata svolta anche un’ampia ricerca bibliografica per chiarire lo stato dell’arte sul processo e sulla lega in questione, la microstruttura, i difetti, le proprietà meccaniche e l’effetto dei parametri di processo sul componente finito. Le attività sperimentali hanno previsto una prima fase di caratterizzazione delle polveri di 316L, successivamente la caratterizzazione dei campioni prodotti tramite selective laser melting, in termini di microstruttura e difetti correlati al processo. Le analisi hanno rivelato la presenza di una microstruttura “gerarchica” costituita da melt pool, grani e celle submicrometriche. I difetti rinvenuti sono pori, delaminazione degli strati, particelle di polvere non fuse. Infine è stata eseguita la caratterizzazione frattografica dei campioni sottoposti a prove di trazione e di fatica a flessione rotante (attività condotte dal gruppo Laser) per identificare la morfologia di frattura e i siti di innesco della cricca di fatica.

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In questo mio elaborato vengono analizzate le principali problematiche igienico sanitarie della filiera di produzione delle uova e ovoprodotti, In particolare dopo un’analisi economica del settore di produzione delle uova e ovoprodotti vengono illustrati i principali metodi di allevamento delle galline ovaiole anche alla luce delle recenti tendenze a favorire allevamenti con sistemi alternativi a quelli delle gabbie tradizionali. Sono state inoltre illustrate le diverse fasi lavorazione delle uova in guscio (dalla raccolta alla selezione e confezionamento) e degli ovoprodotti includendo la descrizione delle diverse tipologie di prodotti d’uovo disponibili sul mercato. Accanto alla descrizione dei processi produttivi si sono illustrati anche i riferimenti normativi che disciplinano tali prodotti con particolare riferimento ai regolamenti relativi in materia di igiene, produzione e commercializzazione delle uova di categoria A. In relazione al focus principale della mia tesi sono stati inoltre descritti i principali rischi sanitari per l’uomo derivanti dal consumo di uova e ovoprodotti contaminati, accanto alle principali anomalie fisiche ed alle più comuni frodi alimentari. Più in particolare sono stati illustrati i dati raccolti a livello europeo sui focolai tossinfettivi nei quali sono state coinvolte le uova e ovoprodotti facendo particolare attenzione alle infezioni da S.enteritidis, principale microrganismo contaminante questi prodotti alimentari. Infine sono stati illustrati i principali interventi di gestione del rischio sanitario per le uova e ovoprodotti, partendo dalla fase di produzione fino ad arrivare ad interventi del consumatore, con i quali limitare la diffusione delle malattie a trasmissione alimentare.

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In questo lavoro di tesi sono stati affrontati argomenti relativi ai due principali sistemi di allevamento avicolo nel territorio nazionale; l’allevamento effettuato con sistema intensivo e quello attuato con sistema alternativo. Questi due tipi di sistemi sono stati messi a confronto. Inizialmente sono state riportate informazioni sulle attuali normative comunitarie che regolano il commercio e la produzione della carne avicola; di seguito sono stati riportati dati statistici riguardanti la produzione e la commercializzazione di questo prodotto sia a livello nazionale, che a livello globale. Per ognuno dei due tipi di allevamento sono stati approfonditi aspetti riguardanti le caratteristiche qualitative della carne avicola, in particolare riferimenti sulla composizione chimica, sul valore nutritivo e sugli indici di qualità. Sono state prese in esame anche le caratteristiche proprie di ogni tipo di allevamento, come la tecnica e la gestione d’allevamento, e per ognuno di essi sono state riportate le principali differenze che caratterizzano questi due diversi sistemi di allevamento. Successivamente per ognuno dei due sistemi, sono state riportate le principali problematiche igienico-sanitarie, fra cui diverse patologie, tecnopatie, e parassitosi riscontrate sia in fase di allevamento, che in fase di macellazione e commercializzazione. Infine è stata fatta un’analisi comparativa nella quale sono stati messi a confronto i due sistemi di allevamento e nella quale sono stati riportati i metodi e i suggerimenti di riduzione del rischio microbiologico e sanitario in fase di allevamento e di macellazione.

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Negli ultimi anni, è aumentato notevolmente l'interesse per piante e prodotti vegetali, e composti da essi derivati od estratti, in alternativa ai conservanti chimici per prevenire o ritardare lo sviluppo microbico negli alimenti. Questo deriva dalla percezione negativa, ormai diffusa a livello pubblico, nei confronti di sostanze di sintesi che sono ampiamente utilizzate come conservanti nell’industria alimentare. Sono stati effettuati diversi studi sull’attività antimicrobica di questi composti negli alimenti, anche se il loro utilizzo a livello industriale è limitato. Ciò dipende dalla difficile standardizzazione di queste sostanze, dovuta alla variabilità della matrice alimentare che ne può alterarne l’attività antimicrobica. In questa sperimentazione si sono utilizzati l’olio essenziale di Sateureja montana e l’estratto di Cotinus coggygria e sono state fatte delle prove preliminari, determinandone le componenti volatili tramite gas-cromatografia abbinata a microestrazione in fase solida. Sono stati selezionati un ceppo di Listeria monocytogenes (Scott A) e uno di Saccharomyces cerevisiae (SPA), e sono stati utilizzati per realizzare curve di morte termica in sistema modello e in sistema reale. Dai risultati ottenuti si può affermare che Satureja montana e Cotinus coggygria possono essere presi in considerazione come antimicrobici naturali da impiegare per la stabilizzazione di alimenti, nonché per ridurre l’entità dei trattamenti termici atti a salvaguardare le proprietà nutrizionali ed organolettiche di alimenti, come ad esempio succhi di frutta, garantendone la sicurezza e qualità microbiologica.