782 resultados para Materiali compositi, Reticoli di Bragg, Fibre ottiche


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L’ossido di grafene è caratterizzato da una elevata quantità di gruppi funzionali contenenti ossigeno sia sulla superficie che sui bordi e grazie ad essi è altamente disperdibile in acqua. Questa peculiare caratteristica permette il suo utilizzo come catalizzatore nelle reazioni in fase liquida. I materiali grafenici possono essere impiegati come catalizzatori e come supporti in diversi campi della catalisi, tra cui la bioraffineria. Uno dei principali derivati da biomasse è il 5-idrossimetilfurfurale (HMF). In questa tesi è stata investigata la reazione di riduzione selettiva del gruppo aldeidico di HMF per ottenere 2,5-bisidrossimetilfurano (BHMF), utilizzato per la produzione di polimeri e come intermedio per la produzione di acido adipico ed esametilediammina. In questo lavoro di tesi si è cercato di sviluppare un catalizzatore in grado di operare a bassa temperatura e con basse pressioni di H2, utilizzando acqua come solvente. Lo scopo di questo lavoro è stato quindi lo studio e la caratterizzazione di catalizzatori eterogenei in pellet a base di Pt/ossido di grafene/ossidi ceramici (TiO2, Al2O3) e la loro applicazione nella reazione di riduzione del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) a 2,5-bisidrossimetilfurano (BHMF) in fase liquida. Per lo sviluppo del catalizzatore sono state indagate diverse vie di sintesi e diversi precursori di Pt. Per conoscere le condizioni ottimali di reazione, selezionare il supporto ottimale e studiare l’influenza dell’area superficiale sono stati preparati catalizzatori tradizionali di riferimento in polvere. Le prestazioni dei catalizzatori in polvere sono state inoltre confrontate con i catalizzatori analoghi in pellet per verificare l’influenza del trasferimento di materia. Infine, si è studiata l’influenza del GO nell’attività catalitica utilizzando due forme cristalline di titania. I dati catalitici ottenuti sono stati confrontati con dei catalizzatori convenzionali in polvere di Pt supportato su carbone (grafene e carbone attivo). Le proprietà dei catalizzatori preparati sono state messe in relazione con la loro attività catalitica.

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Del granulato di ossido di stronzio (anche nella formula carbonato) è stato testato come nuovo possibile materiale di utilizzo per la cattura ad alta temperatura di diossido di carbonio da effluenti gassosi di scarto. Sono stati condotti diversi esperimenti con strumentazioni già preposte, quali test termogravimetrici, microscopia elettronica (SEM) e Xray (XRD). Mentre per la sperimentazione in quantità più rilevanti di materiale è stato costruito un impianto a letto fisso ex novo. Le prove TG hanno evidenziato una capacità media di sorbente parti a circa il 5% in massa di ossido, a temperature tra i 1100°C e i 1200°C, in situazione di regime (dopo numerosi cicli di carb/calc), con una buona conservazione nel tempo delle proprietà adsorbitive, mentre per le prove a letto fisso, si è registrato un calo di valori variabile tra il 3 e il 4%, con un netto miglioramento nel caso di calcinazione in vapore surriscaldato fino al 5%. Il trattamento in vapore ha sortito l’importante effetto di calcinazione del diossido di carbonio dal sorbente, quindi facilmente separabile dal flusso in uscita, misurato tramite cattura in una soluzione di idrossido di bario. Importanti fenomeni di sintering e densificazione hanno portato ad occludere completamente la camera di reazione sviluppando notevoli sovrappressioni interne. Tali fenomeni sono stati approfonditi tramite analisi SEM e XRD. Si è constatato un aumento notevole della grandezza dei granuli in caso di trattamento in vapore con la formazione di legami stabili e con conservazione della porosità. Nel caso di trattamento senza vapore surriscaldato i granuli hanno sinterizzato tramite formazione di legami, ma sempre con conservazione della macroporosità. Il lavoro di tesi è stato inquadrato nel contesto tecnologico al riguardo le tecniche CCS esistenti ed in progetto, con un attento studio bibliografico riguardo lo stato dell’arte, impianti esistenti, costi, metodi di cattura usati, metodologie di trasporto dei gas, metodologie di stoccaggio esistenti e in progetto. Si sono considerati alcuni aspetti economici per sviluppare un modello previsionale di spesa per una possibile applicazione di cattura per un impianto di produzione energetica. Con la progettazione e dimensionamento di un sistema integrato di adsorbimento tramite l’accoppiamento di 2 reattori dedicati ai cicli di carbonatazione e calcinazione del materiale sorbente. Infine si sono considerati gli aspetti salienti dello stoccaggio del diossido di carbonio in reservoir tramite le tecniche di EOR e EGR (Enhanced Oil/Gas Recovery) utilizzando la stessa CO2 come fluido spiazzante degli idrocarburi in posto. Concludendo il lavoro di tesi e di sperimentazione ha contribuito in modo tangibile allo scopo prefissato, andando a caratterizzare un nuovo materiale per la cattura di diossido di carbonio da effluenti gassosi ad alta temperatura, ed andando a verificare un’importante fenomeno rigenerativo non previsto delle capacità sorbitive dei materiali sottoposti a test.

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Le materie plastiche sono materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi (IUPAC). Accanto agli innumerevoli vantaggi apportati dall’utilizzo della plastica, negli anni sono emersi aspetti negativi relativi all’inquinamento ambientale causato dalla dispersione del materiale plastico nei rifiuti urbani e conseguentemente nelle discariche. La diffusione e l’utilizzo della bioplastica si pone come obiettivo minimizzare la dipendenza dal petrolio in previsione della diminuzione del numero di giacimenti e quindi della sua disponibilità. Lo scopo del presente lavoro di sperimentazione è lo studio del processo di dowstream di PHA prodotti in laboratorio partendo dalla verifica dei risultati riportati in letteratura e puntando poi ad un miglioramento di un processo convenzionale attraverso la ricerca di nuove alternative.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto europeo i-FLEXIS il cui obiettivo è lo sviluppo di un sensore di raggi X innovativo, affidabile, a basso costo e basato su componenti eterogenei organici. Attualmente, i rivelatori di radiazione ionizzante a stato solido fanno uso di materiali inorganici e sono ampiamente impiegati in ambito medico, industriale e come dispositivi per la sicurezza. Le scoperte scientifiche degli ultimi anni nell'ambito dei semiconduttori organici hanno evidenziato che tali materiali sono sensibili alla radiazione ionizzante e il loro utilizzo permette di realizzare rivelatori diretti di raggi-X, convertendo fotoni in segnale elettrico. Questi dispositivi sono caratterizzati da flessibilità, possibilità di lavorare a temperatura ambiente, basso costo di produzione, poca energia di alimentazione, alta sostenibilità ambientale e dalla possibilità di coprire grandi aree. Tutte queste proprietà concorrono ad incrementare sempre più l’attenzione e l’interesse dei ricercatori in questo relativamente nuovo mondo: i semiconduttori organici. In questa tesi sono stati esaminati cinque diversi campioni di TIPS-pentacene con la finalità di evidenziare quali si prestino meglio come rivelatori di raggi-X. I campioni sono tutti in diverse forme e spaziano dal cristallo singolo ai film sottili, con particolare attenzione al comportamento dei cristalli singoli cresciuti mediante processi di stampa direttamente sul substrato. Per quanto riguarda i semiconduttori organici, la frazione di raggi-X assorbita dai materiali è molto piccola e non è in grado di giustificare il segnale misurato. Si è effettuato inoltre un confronto tra la risposta dei campioni alla luce visibile e alla radiazione ionizzante per comprendere il meccanismo di generazione e rivelazione delle cariche in seguito all’assorbimento di raggi-X.

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Questo elaborato finale nasce dalla curiosità di saperne di più sulle microsabbiatrici per dentisti e odontotecnici a seguito del tirocinio curriculare. Scopo di questo glossario trilingue di base è quello di aiutare i futuri tirocinanti curriculari innanzitutto a conoscere questo macchinario di nicchia, utilizzato nei laboratori odontotecnici, e in secondo luogo di fornire loro la relativa traduzione in inglese e tedesco. Il lavoro si è svolto quanto segue: sono partita dalla consultazione di materiale terminologico online e sulle microsabbiatrici. Dopo aver letto attentamente tutti i testi raccolti, ho diviso il materiale della parte introduttivo-teorica dal materiale per la creazione dei corpora. Ho creato il corpus nelle diverse lingue, dal quale ho estratto i lessemi e le traduzioni che mi sono stati utili durante l’esperienza del tirocinio. Infine ho redatto trentadue schede terminologiche così divise: il macchinario e i suoi accessori, i materiali abrasivi e le tecniche di lavorazione.

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Il presente lavoro è stato incentrato sulla sintesi e la caratterizzazione di un polimero elettroconduttore solubile in acqua al fine di valutare se, tramite questo approccio, si potesse aumentare l’efficienza delle celle fotovoltaiche preparate con architettura BHJ. Il polimero ottenuto è stato caratterizzato mediante tecniche spettroscopiche (NMR, FT-IR) e le sue caratteristiche ottiche (tramite spettroscopia UV-Vis). Sono state quindi testate le celle fotovoltaiche utilizzando il prodotto sintetizzato come strato fotoattivo e ne sono state determinate le caratteristiche fotoelettriche (curve J/V).

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In questo lavoro di Tesi Magistrale si sono esaminate le problematiche relative agli impatti ambientali delle materie plastiche, tenendo in considerazione il loro ambito di applicazione. Per quanto riguarda le materie plastiche destinate al packaging alimentare si è visto che uno smaltimento tramite discarica, incenerimento o riciclo non può essere sostenibile sul lungo periodo. Una soluzione può essere lo sviluppo di un materiale che al termine del ciclo di vita possa essere biodegradato tramite compostaggio. Al fine di eliminare la dipendenza di questo materiale plastico dalle risorse fossili, esso deve poter essere ricavato da fonti rinnovabili. Il poli(butilene furanoato) è un buon candidato come materiale plastico per il packaging alimentare, ma possiede scarse caratteristiche di biodegradabilità. Si è quindi realizzato un sistema copolimerico in cui il poli(butilene furanoato) viene statisticamente copolimerizzato con il poli(butilene diglicolato), anche quest'ultimo interamente ottenibile da fonti rinnovabili. I materiali sintetizzati sono stati sottoposti a diversi tipi di analisi, al fine di determinarne le proprietà in funzione di una possibile applicazione nel packaging alimentare: analisi strutturale, caratterizzazione termica, studio delle proprietà meccaniche e di permeabilità a diversi tipi di gas e infine valutazione della compostabilità.

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La preparazione di catalizzatori attivi nella reazione di ossidazione parziale catalitica del metano a base di Rh, è stata condotta utilizzando tecniche di sintesi elettrochimiche su schiume metalliche a base di FeCrAlY. Sono stati depositati precursori a base di Rh/Al (Al2O3) e successivamente comparati ai catalizzatori a base idrotalcitica Rh/Mg/Al, precedentemente studiati. La precipitazione dei composti di Al ed idrotalciti sono stati ottenute tramite la tecnica di elettrogenerazione di basi. Sono state svolte prove di Linear Sweep Voltammetry (LSV) in soluzioni di KNO3 per determinare i potenziali ai quali si ottiene la riduzione dei nitrati, individuando il potenziale di sintesi a -1,2V. Tramite la tecnica potenziostatica (CronoAmperometria, CA) è stato possibile ottenere indicazioni sulle correnti in gioco durante la riduzione dei nitrati per tutto il tempo di reazione. Sono state eseguite successivamente cronoamperometrie in soluzione di Al(NO3)3 0,06M nelle condizioni -1,2V per tempi variabili, per poter determinare il grado di ricoprimento e l’adesione dei rivestimenti in ossoidrossido di alluminio su differenti supporti, partendo da geometrie semplici, come lamine metalliche in lega FeCrAlY, e passando mano a mano a geometrie più complesse, come fibre metalliche e schiume dello stesso materiale. La sintesi dei precursori catalitici è stata ottenuta su schiume di FeCrAlY in cronoamperometria utilizzando come specie in soluzione i nitrati dei metalli da depositare sottoforma di osso idrossidi. la sintesi viene effettuata successivamente su una cella in flusso più innovativa che da risultati migliori sia di ricoprimento che sulle percentuali di Rh depositato. Le schiume ottenute sono state successivamente caratterizzate, tramite analisi SEM-EDS, per poi essere calcinate a 900°C e provate, per determinarne l’attività nella reazione di ossidazione parziale catalitica del metano ad una temperatura di 750°C.

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La continua e crescente esigenza da parte dei gestori delle reti stradali ed autostradali di contenere i costi di gestione e manutenzione, ha da tempo impegnato l'industria delle pavimentazioni nell'individuazione di metodi innovativi, in grado di aumentare la redditività dei budget predisposti per il ripristino della sede stradale. Il presente lavoro di tesi si propone di approfondire tale argomento e in particolare di indagare l’impiego di terre decoloranti esauste all'interno di miscele bituminose drenanti per strati di usura. Il riutilizzo di queste terre porterebbe a risparmiare risorse naturali come il filler calcareo e diminuire i volumi che vengono smaltiti in discarica. È stato osservato che il filler bentonitico digestato può essere utilizzato nel confezionamento di miscele bituminose per strati di usura drenanti e fonoassorbenti con prestazioni simili o addirittura superiori alle equivalenti con filler calcareo tradizionale. Le prove condotte non hanno evidenziato nessun deterioramento delle caratteristiche meccaniche. Si ricorda che sono necessari studi circa il drenaggio del legante e il comportamento a fatica delle miscele bituminose in relazione alle fasi di esercizio dei materiali. Sulla base delle considerazioni elaborate si può affermare che nel caso in esame l'impiego del filler bentonitico digestato consente di risparmiare una risorsa naturale come il filler calcareo, a parità di inerti e legante nella miscela. Inoltre, si ha un vantaggio dal punto di vista economico, poiché meno volumi di questo materiale vengono smaltiti in discarica.

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Il presente elaborato ha lo scopo di descrivere il dimensionamento e la seguente verifica di una pavimentazione stradale per una strada montana di categoria C2, il cui progetto di massima è stato realizzato nell’ A.S: 2012/2013. La sovrastruttura stradale è costituita da un insieme di strati che, partendo dal piano di viabile, raggiungono la sommità del rilevato o il piano di posa nelle sezioni in trincea. La sua funzione principale consiste nel ripartire i carichi, applicati in superficie dai veicoli, in modo da renderli compatibili con la portanza del sottofondo. Poiché le sollecitazioni si smorzano con la profondità, i materiali degli strati devono avere caratteristiche fisico-meccaniche diverse in funzione dell’intensità e del tipo di sollecitazione prevalente. Una sovrastruttura stradale deve rispondere ad alcuni requisiti fondamentali: - Portanza: rappresenta l’attitudine a sopportare carichi senza subire deformazioni elastiche e plastiche oltre una soglia limite. È affidata principalmente agli strati profondi e condiziona la vita utile della sovrastruttura; - Aderenza: è un fattore fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza della circolazione ed è collegata alle caratteristiche compositive e alla tessitura dello strato superficiale; - Regolarità: da essa dipendono il comfort di marcia e la sicurezza del moto; - Drenabilità: anch’essa connessa alle esigenze di sicurezza e dipendente dalla composizione delle miscele utilizzate; - Visibilità: funzione del colore e delle caratteristiche di assorbimento della luce del materiale costituente il tappeto superficiale, anch’essa strettamente collegata ai requisiti di sicurezza. La piattaforma stradale (descritta all’interno del capitolo 2) è costituita da due corsie, una per ogni senso di marcia, della larghezza di 3.50 metri, una banchina laterale di 1.25 metri e un ciglio di 0.75 metri per ogni senso di marcia.

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Il crescente fabbisogno energetico mondiale, dovuto essenzialmente al rapido incremento di popolazione originatosi nel secolo scorso, unitamente alla necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, porta a ricercare continuamente nuove fonti primarie di energia nonché metodi innovativi per il recupero di quest’ultima da materiali di scarto. I Cicli Rankine a fluido Organico (Organic Rankine Cycle) rappresentano in questo senso una tecnologia emergente capace di rivoluzionare il concetto di risparmio energetico. In questa tesi viene effettuato uno studio dettagliato della tecnologia ORC, che mira ad identificarne i principali vantaggi e le maggiori problematiche, con particolare riferimento ad un caso di studio concreto, riguardante l’installazione di un impianto di recupero energetico da fumi di combustione all’interno di uno stabilimento di produzione di nero di carbonio. Il cuore della tesi è rappresentato dall’individuazione e dall’analisi dettagliata delle alternative impiantistiche con cui il recupero energetico può essere realizzato. Per ognuna di esse, dopo una breve spiegazione, viene effettuato il calcolo dell’energia elettrica prodotta annualmente con l’ausilio un simulatore di processo. Successivamente vengono esposte le proposte ricevute dai fornitori interpellati per la fase di progettazione di base dell’impianto di recupero energetico. Nell’ultima parte della tesi viene presentata la simulazione fluidodinamica del camino di una delle linee di produzione dell’impianto di Ravenna, effettuata utilizzando un codice CFD e mirata alla verifica dell’effettiva quantità di calore recuperato dai fumi e dell’eventuale presenza di condense lungo la ciminiera. I risultati ottenuti mostrano che la tecnologia ORC, utilizzata per il recupero energetico in ambito industriale, possiede delle grosse potenzialità. La massimizzazione dei vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi sistemi è tuttavia fortemente condizionata dalla capacità di gestire al meglio l’integrazione degli impianti di recupero all’interno dei processi produttivi esistenti.

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ALMA MASTER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA CAMPUS DI CESENA SCUOLA DI AGRARIA E MEDICINA VETERINARIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE ALIMENTARI Impiego di ingredienti funzionali nel rallentamento del raffermamento in prodotti da forno Relazione finale in Tecnologia dei Cereali e Derivati Relatore Dr. Giangaetano Pinnavaia Correlatrice Dr.ssa Federica Balestra Presentato da Caterina Azzarone Sessione II° Anno Accademico 2014/2015 Introduzione La focaccia è un prodotto lievitato da forno molto diffuso e consumato in tutta Italia. Essendo un prodotto fresco è soggetta al raffermamento. Lo scopo della sperimentazione è stato quello di valutare l’influenza di un amido waxy e di un enzima sulle caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali di un prodotto da forno tipo focaccia durante lo stoccaggio. Materiali e metodi Le focacce sono state realizzate addizionando alla formulazione degli ingredienti in grado di contrastare il fenomeno del raffermamento: il Panenzyme AM 100 allo 0,005% (E5)e 0,01%(E10); e il Novation TM 2700 (amido di mais waxy) al 2.5%(N2.5) e 5%(N5). I campioni sono stati posti a confronto con un campione di controllo (C) I campioni sono stati stoccati in cella termostatata a 5C° e 50% UR. Le analisi sono state effettuate rispettivamente dopo 1,2,3,7 e 10 giorni dalla preparazione. Sull’impasto è stato valutato lo sviluppo in volume ogni 30 minuti durante la lievitazione (2h) a 36C° e 86% UR. Sulle focacce sono state effettuate le seguenti determinazioni analitiche: • Analisi dei gas nello spazio di testa delle confezioni. • La determinazione dell’umidità • Texture Profile Analysis (TPA) test • Test di rilassamento (Hold until Time test) • L’analisi sensoriale effettuata sia dopo 1 giorno (T1) sia dopo 10 giorni di conservazione (T10). Conclusioni In particolare, il campione addizionato con enzima in percentuale dello 0,005% (E5) mostra le caratteristiche chimico-fisiche migliori al termine del periodo di conservazione, presentando il valore più elevato di umidità, il valore inferiore di durezza e maggiore di elasticità valutati strumentalmente. Anche a livello sensoriale il campione E5 presenta punteggi molto elevati. Sono state trovate, inoltre, interessanti correlazioni tra i dati dell’analisi sensoriale e quelli ottenuti dai test strumentali. Il campione realizzato con il 2.5% di amido di mais waxy (N2.5) nonostante abbia presentato a fine conservazione valori di umidità e di elasticità inferiori e risultasse più duro rispetto al campione di controllo (C), ha ottenuto i punteggi più elevati nel test sensoriale, mentre nei confronti del campione con una percentuale maggiore di amido di mais waxy (N5) è risultato migliore per tutti i parametri valutati. Si deduce che l’utilizzo di NOVATION 2007 al 2.5% e PANEENZYME AM100 allo 0,005% sono stati in grado di migliorare le caratteristiche strutturali e sensoriali del prodotto durante la conservazione, risultando il secondo il migliore in assoluto

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Negli ultimi anni è aumentato l’interesse dell’industria verso lo sviluppo di tecnologie alternative ai trattamenti tradizionali degli alimenti. Tra le varie tecnologie non termiche troviamo il gas plasma. Il plasma è un gas ionizzato neutro, composto da diverse particelle. I principali agenti responsabili dell’azione battericida sembrano essere le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, causando danni alle cellule microbiche. Recentemente si sta studiando l’“acqua plasmata attivata”. L’obiettivo generale di questa tesi è stato quello di verificare se trattamenti al plasma di soluzioni saline (NaCl 0.9%) possano “attivarle” dotandole di attività battericida nei confronti di un ceppo di Listeria monocytogenes (ceppo 56 Ly) e di stabilire se il materiale con cui sono costruiti gli elettrodi di un generatore di plasma del tipo DBD, possa influenzare l’efficacia delle soluzioni trattate. Si sono pertanto effettuati trattamenti al plasma di soluzioni saline utilizzando elettrodi di differenti materiali: vetro, ottone, acciaio, argento; le soluzioni così ottenute sono state analizzate in termini chimici, e se ne è valutata l’azione decontaminante nei confronti di Listeria monocytogenes 56 Ly nello stesso sistema modello e, in via preliminare, in sistema reale rappresentato da carote julienne deliberatamente contaminate con L. monocytogenes. Dai risultati ottenuti si è visto che la sensibilità di L. monocytogenes 56Ly alle soluzioni acquose trattate al plasma è influenzato sia dal tipo di materiale dell’elettrodo, sia dal tempo di esposizione. L’acciaio si è rivelato il materiale più efficace. Per quanto concerne il sistema reale, il lavaggio con acqua plasmata per 60 minuti ha determinato un livello di inattivazione di circa 1 ciclo logaritmico analogamente a quanto ottenuto con la soluzione di ipoclorito. In conclusione, i risultati ottenuti hanno evidenziato una minore efficacia dei trattamenti al plasma quando applicati ai sistemi reali, ma comunque il gas plasma ha delle buone potenzialità per la decontaminazione prodotti ortofrutticoli.

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Questo lavoro di tesi è incentrato sulla microtomografia con radiazione di sincrotrone, di cui vengono presentate le diverse modalità di acquisizione, mostrandone le potenzialità e mettendola a confronto con la microCT convenzionale. Le principali caratteristiche di un fascio di raggi X prodotto presso sorgenti di radiazione di sincrotrone sono le seguenti: la monocromaticità, che evita l’indurimento del fascio, la forte intensità, che permette una acquisizione dati rapida a risoluzione spaziale molto alta, con conseguente precisa mappatura delle strutture interne del campione, e l’alta coerenza, che porta ad ulteriori possibilità di imaging, come l’acquisizione in contrasto di fase. Grazie a queste caratteristiche la microCT con radiazione di sincrotrone rappresenta attualmente uno strumento di indagine di grande importanza in molteplici campi della ricerca, che vanno dalla scienza dei materiali, alla geologia, dal campo medico fino a quello dei Beni Culturali. In particolare, in questa sede, vengono illustrate e discusse alcune applicazioni in campo medico (mammografia) e in campo paleontologico e paleoantropologico (studio della microstruttura di denti fossili e moderni per ottenere informazioni riguardo il ciclo vitale, l’invecchiamento, la crescita, il processo di dentizione, la dieta, e così via).

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Negli ultimi decenni le campagne di incoraggiamento del consumo di almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno ha determinato un aumento da parte della popolazione del consumo di vegetali freschi. È ben noto infatti che i prodotti freschi sono un’importante risorsa di nutrienti, vitamine e fibre. Tra le varie tecniche di trattamento per diminuire la carica microbica in questi prodotti l’uso dell’ipoclorito di sodio rimane una delle soluzioni più utilizzate per la sua efficacia ed il basso costo. La domanda sempre più elevata da parte dei consumatori di prodotti di alta qualità sicuri ed economici è stato uno dei principali motivi che ha spinto l’industria verso lo sviluppo di tecniche di sanitizzazione alternative ai trattamenti tradizionali. Tra le varie tecniche messe a punto e studiate vi è l’acqua elettrolizzata che non sembra avere problemi di tossicità come altri sanitizzanti quali l’ipoclorito di sodio, la formaldeide e la glutaraldeide e tra i numerosi vantaggi presenta un ridotto tempo di pulizia, un facile utilizzo ed il basso costo. In questo lavoro si è voluto valutare se soluzioni di acqua elettrolizzata neutra (AE) possano essere impiegate come sanitizzanti per la decontaminazione di mele Golden Delicious. A tale scopo si sono effettuati lavaggi delle mele per immersione in AE a differente contenuto di cloro attivo (50, 100 e 200 ppm) verificando la riduzione della contaminazione superficiale rispetto sia alla microflora naturalmente presente, sia ad un patogeno deliberatamente inoculato sul prodotto, Listeria monocytogenes ceppo 56 Ly. A tale proposito si è voluto anche valutare l’effetto del livello di contaminazione iniziale di L. monocytogenes sull’efficacia dei lavaggi confrontandola con quella ottenuta con soluzioni di ipoclorito di sodio. Infine si è verificato se il potere antiossidante ed il contenuto in fenoli totali della buccia subiscono modificazioni a seguito dei lavaggi con AE neutra od ipoclorito di sodio alle condizioni adottate. I risultati di questa sperimentazione, sebbene preliminari, hanno evidenziato che l’acqua elettrolizzata può essere considerata una tecnica di decontaminazione promettente: infatti oltre ad avere un’azione sanitizzante simile all’ipoclorito nei confronti della microflora naturale, e di ridurre il rischio associato alla presenza di L. monocytogenes, non ha indotto modificazioni significative di un parametro qualitativo che caratterizza tale frutto quale l’attività antiossidante determinata, in larga misura, dall’elevato contenuto in fenoli.