973 resultados para protagonismo


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Il dibattito sullo sviluppo, che caratterizza da anni i principali tavoli di discussione politica a livello internazionale, ha via via richiamato l'attenzione sul “locale” come dimensione ottimale a partire dalla quale implementare politiche volte al miglioramento delle condizioni di vita di molte popolazioni del mondo. L'allargamento a livello globale del già esistente gap tra i “poveri” – vecchi e nuovi – ed i “ricchi” del mondo ha reso la lotta e l'alleviamento della povertà uno degli obiettivi più urgenti dei nostri giorni, ma anche più difficili da raggiungere a livello mondiale. Gran parte della povertà mondiale è povertà rurale, ovvero quella povertà che caratterizza i tanti agricoltori (campesinos) del mondo, che continuano a vivere ai margini della società e ad essere scalzati fuori da ogni possibilità di accesso al mercato per via della mancanza strutturale di risorse nella quale versano. La necessità di sopravvivere, unita all'esigenza di incorporare i veloci cambiamenti imposti dal mondo globalizzato, ha portato nel tempo queste popolazioni a perdere o a contaminare, talvolta irreparabilmente, l' “antico” rapporto con l'ambiente e la natura, fonte di vita e sostentamento, ed anche molti dei propri ancestrali aspetti culturali tradizionali che, paradossalmente, sono stati proprio gli unici elementi dimostratisi in grado di rinsaldare i legami già esistenti all'interno delle comunità e di tenere unite queste fragili realtà di fronte alle continue sfide imposte dal “cambiamento”. E' in questo contesto che si innesta l'esperienza di sviluppo proposta e presentata in questo lavoro; un'esperienza che nasce sulle Ande ecuadoriane, in un villaggio meticcio della Provincia di Bolívar, capoluogo parrocchiale di una più vasta comunità che raggruppa una trentina di villaggi, molti dei quali in toto o in prevalenza di etnia indigena quechua. Un'esperienza, quella di Salinas de Bolívar, che all'interno del panorama ecuadoriano si presenta come un esempio innovativo, coraggioso ed ambizioso di riconquista del protagonismo da parte della popolazione locale, divenendo “emblema” dello sviluppo e “immagine che guida”. Questo, in un paese come l'Ecuador, dove l'assenza di politiche efficaci a supporto del settore agricolo, da un lato, e di politiche sociali efficienti atte a risollevare le precarie condizioni di vita in cui versa la maggior parte della popolazione, soprattutto campesina, dall'altro, rende obbligatorio riflettere sull'importanza e sull'esigenza insieme di restituire spazio e vigore alle compagini della società civile che, come nell'esperienza raccontata, attraverso particolari forme organizzative di tipo socio-economico, come la Cooperazione, sono andate a colmare, seppur solo in parte, i vuoti lasciati dallo Stato dando vita a iniziative alternative rispetto al ventaglio di proposte offerte dai consueti meccanismi di mercato, fortemente escludenti, ma comunque vicine agli attori locali e più rappresentative delle loro istanze, giustificando ed avallando ancora di più la netta separazione oramai riconosciuta tra mera “crescita” e “sviluppo”, dove l'aspetto qualitativo, che va a misurare per l'appunto il benessere e la qualità di vita di una popolazione e del suo ambiente, non deve cioè cedere il passo a quello più strettamente quantitativo, a partire dal quale, se non vi è una equa redistribuzione delle risorse, quasi mai si potranno innescare processi di sviluppo duraturi e sostenibili nel tempo. L'accezione di “alternativo” sta quindi ad indicare, prima di ogni altra cosa, l'implementazione di processi di sviluppo che siano includenti e pertanto accessibili a tutti gli individui, indistintamente, e realmente concretizzabili partendo dalle risorse presenti in loco e nel rispetto di quell'insieme identitario – storico, sociale, culturale, politico, economico ed ambientale – che caratterizza ogni realtà ed ogni specifico contesto sociale ed economico del mondo. Di qui l'importanza di implementare alla base processi di governance che, attraverso la partecipazione di tutti gli attori del territorio si configurino come emanazione delle istanze degli stessi. Nel corso del lavoro si fornirà un breve ma incisivo identikit dell'Ecuador, come fondamentale cornice al caso di studio oggetto di indagine, supportata da una descrizione geografico-ambientale, sociale, culturale, politica ed economica della realtà nella quale esso si sviluppa, tanto a livello nazionale quanto più strettamente regionale. Questo esercizio sarà utile al fine di rendere più visibili e comprensibili i fattori che hanno determinato lo sviluppo e la continuità dell'esperienza dei Salineros nel lungo cammino, iniziato appena trent'anni fa, verso l'autodeterminazione e la riconquista di una libertà di scelta un tempo non lontano negata e successivamente ritrovata, che li ha resi di nuovo protagonisti del proprio presente e in grado di guardare ad un futuro diverso e possibile.

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[ES]A pesar del crecimiento constante y el asentamiento del e-learning como alternativa a algunas formas de educación presencial, existen aún áreas de investigación que pueden suponer avances importantes, según el informe horizon de 2015, entre ellas destacamos el BYOD y la Flipped clasroom la cual la hemos implementado a través del uso de las redes sociales y otros elementos del ecosistema digital, entre los que destacamos el protagonismo de las tecnologías móviles. En nuestro trabajo analizamos la combinación de estrategias y de metodologías activas e inductivas que permiten el desarrollo de habilidades y competencias digitales en donde las redes mediadas en entornos de ubicuidad, pueden convertirse en parte de la transformación educativa, ya que suponen un espacio colaborativo además de poder optimizar la dinámica de clase en la universidad.

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Con il presente lavoro, che ha ad oggetto l’istituto dello scioglimento anticipato delle Camere nell’ordinamento costituzionale italiano, il candidato si propone tre obiettivi. Il primo è quello della ricostruzione dogmatica dell’istituto che sconta inevitabilmente un grosso debito nei confronti della vasta letteratura giuridica che si è sviluppata nel corso dei decenni. Il secondo obiettivo è quello, ben più originale, dell’indagine sulla prassi che ha contraddistinto il ricorso allo scioglimento nella peculiare realtà italiana. In questo modo si viene colmando uno spazio di ricerca diretto a leggere gli avvenimenti e a ricondurli in un quadro costituzionale sistematico, anche al fine di ricavare utili riflessioni circa la conformità della prassi stessa al dato normativo, nonché sulle modalità di funzionamento concreto dell'istituto. Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è utilizzare le considerazioni così sviluppate per ricercare soluzioni interpretative adeguate all’evoluzione subita dall’assetto politico-istituzionale italiano negli ultimi due decenni. Quanto al metodo, la scelta del candidato è stata quella di ricorrere ad uno strumentario che pone in necessaria sequenza logica: a) i presupposti storici/comparatistici e il dibattito in Assemblea costituente, utili per l’acquisizione del patrimonio del parlamentarismo europeo del tempo e per la comprensione del substrato su cui si costruisce l’edificio costituzionale; b) il testo costituzionale, avvalendosi anche delle importanti considerazioni svolte dalla dottrina più autorevole; c) la prassi costituzionale, consistente nella fase di implementazione concreta del disposto normativo. La finalità che il candidato si pone è dimostrare la possibilità di configurare lo scioglimento secondo un modello di tipo “primoministeriale”. Per quanto riguarda la prima parte della ricerca, dalla pur sintetica descrizione dei precedenti storici (sia rispetto alle realtà europee, inglese e francese in primis, che al periodo prerepubblicano) si trae conferma che l’operatività dell’istituto è intrinsecamente influenzata dalla forma di governo. Una prima indicazione che emerge con forza è come la strutturazione del sistema partitico e il grado di legame tra Assemblea rappresentativa e Gabinetto condizionino la ratio del potere di scioglimento, la sua titolarità ed il suo effettivo rendimento. Infatti, in presenza di regimi bipartitici e di impianti istituzionali che accentuano il raccordo fiduciario, il Capo dello Stato tende all’emarginazione, e lo scioglimento acquisisce carattere di automaticità tutte le volte in cui si verificano crisi ministeriali (eventualità però piuttosto rara); più consueto è invece lo scioglimento primoministeriale libero, come arma politica vera e propria attraverso cui il Governo in carica tende a sfruttare il momento migliore per ricercare il giudizio del popolo. Al contrario, dove il sistema politico è più dinamico, e il pluralismo sociale radicalizzato, il Capo dello Stato interferisce fortemente nella vita istituzionale e, in particolare, nella formazione dell’indirizzo politico: in quest’ottica lo scioglimento viene da questi inglobato, ed il suo ricorso subordinato ad esigenze di recupero della funzionalità perduta; soprattutto, quando si verificano crisi ministeriali (invero frequenti) il ricorso alle urne non è conseguenza automatica, ma semmai gli viene preferita la via della formazione di un Gabinetto poggiante su una maggioranza alternativa. L’indagine svolta dal candidato sui lavori preparatori mostra come il Costituente abbia voluto perseguire l'obiettivo di allargare le maglie della disciplina costituzionale il più possibile, in modo da poter successivamente ammettere più soluzioni interpretative. Questa conclusione è il frutto del modo in cui si sono svolte le discussioni. Le maggiori opzioni prospettate si collocavano lungo una linea che aveva ad un estremo una tassativa preordinazione delle condizioni legittimanti, ed all’altro estremo l’esclusiva e pressoché arbitraria facoltà decisionale dello scioglimento nelle mani del Capo dello Stato; in mezzo, la via mediana (e maggiormente gradita) del potere sì presidenziale, benché circondato da tutta una serie di limiti e garanzie, nel quadro della costruzione di una figura moderatrice dei conflitti tra Esecutivo e Legislativo. Ma non bisogna tralasciare che, seppure rare, diverse voci propendevano per la delineazione di un potere governativo di scioglimento la quale impedisse che la subordinazione del Governo al Parlamento si potesse trasformare in degenerazione assemblearista. Quindi, il candidato intende sottolineare come l’adamantina prescrizione dell’art. 88 non postuli, nell’ambito dell’interpretazione teleologica che è stata data, alcuno specifico indirizzo interpretativo dominante: il che, in altri termini, è l’ammissione di una pluralità di concezioni teoricamente valide. L'analisi del dettato costituzionale non ha potuto prescindere dalla consolidata tripartizione delle teorie interpretative. Dall'analisi della letteratura emerge la preferenza per la prospettiva dualistica, anche in virtù del richiamo che la Costituzione svolge nei confronti delle competenze sia del Presidente della Repubblica (art. 88) che del Governo (art. 89), il che lo convince dell’inopportunità di imporre una visione esclusivista, come invece sovente hanno fatto i sostenitori della tesi presidenziale. Sull’altro versante ciò gli permette di riconferire una certa dignità alla tesi governativa, che a partire dal primo decennio repubblicano era stata accantonata in sede di dibattito dottrinario: in questo modo, entrambe le teoriche fondate su una titolarità esclusiva assumono una pari dignità, benchè parimenti nessuna delle due risulti persuasiva. Invece, accedere alla tesi della partecipazione complessa significa intrinsecamente riconoscere una grande flessibilità nell’esercizio del potere in questione, permettendo così una sua più adeguata idoneità a mutare le proprie sembianze in fase applicativa e a calarsi di volta in volta nelle situazioni contingenti. Questa costruzione si inserisce nella scelta costituente di rafforzare le garanzie, ed il reciproco controllo che si instaura tra Presidente e Governo rappresenta la principale forma di tutela contro potenziali abusi di potere. Ad ognuno dei due organi spettano però compiti differenti, poiché le finalità perseguite sono differenti: come l’Esecutivo agisce normalmente secondo canoni politici, in quanto principale responsabile dell’indirizzo politico, al Capo dello Stato si addice soprattutto il compito di sorvegliare il regolare svolgimento dei meccanismi istituzionali, in posizione di imparzialità. Lo schema costituzionale, secondo il candidato, sembra perciò puntare sulla leale collaborazione tra i poteri in questione, senza però predefinire uno ruolo fisso ed immutabile, ma esaltando le potenzialità di una configurazione così eclettica. Assumendo questa concezione, si ha buon gioco a conferire piena cittadinanza costituzionale all’ipotesi di scioglimento disposto su proposta del Presidente del Consiglio, che si può ricavare in via interpretativa dalla valorizzazione dell’art. 89 Cost. anche secondo il suo significato letterale. Al discorso della titolarità del potere di scioglimento, il candidato lega quello circa i presupposti legittimanti, altro nodo irrisolto. La problematica relativa alla loro definizione troverebbe un decisivo ridimensionamento nel momento in cui si ammette la compartecipazione di Governo e Presidente della Repubblica: il diverso titolo con il quale essi cooperano consentirebbe di prevenire valutazioni pretestuose circa la presenza delle condizioni legittimanti, poichè è nel reciproco controllo che entrambi gli organi individuano i confini entro cui svolgere le rispettive funzioni. Si giustificano così sia ragioni legate ad esigenze di funzionalità del sistema (le più ricorrenti in un sistema politico pluripartitico), sia quelle scaturenti dalla divaricazione tra orientamento dei rappresentati e orientamento dei rappresentanti: purchè, sottolinea il candidato, ciò non conduca il Presidente della Repubblica ad assumere un ruolo improprio di interferenza con le prerogative proprie della sfera di indirizzo politico. Il carattere aperto della disciplina costituzionale spinge inevitabilmente il candidato ad approfondire l'analisi della prassi, la cui conoscenza costituisce un fondamentale modo sia per comprendere il significato delle disposizioni positive che per apprezzare l’utilità reale ed il rendimento sistemico dell’istituto. Infatti, è proprio dall'indagine sulla pratica che affiorano in maniera prepotente le molteplici virtualità dello strumento dissolutorio, con modalità operative che, a seconda delle singole fasi individuate, trovano una strutturazione casistica variabile. In pratica: nel 1953 e nel 1958 è l'interesse del partito di maggioranza relativa ad influenzare il Governo circa la scelta di anticipare la scadenza del Senato; nel 1963 e nel 1968 invece si fa strada l'idea del consenso diffuso allo scioglimento, seppure nel primo caso l'anticipo valga ancora una volta per il solo Senato, e nel secondo ci si trovi di fronte all'unica ipotesi di fine naturale della legislatura; nel 1972, nel 1976, nel 1979, nel 1983 e nel 1987 (con una significativa variante) si manifesta con tutta la sua forza la pratica consociativa, figlia della degenerazione partitocratica che ha svuotato le istituzioni giuridiche (a partire dal Governo) e cristallizzato nei partiti politici il centro di gravità della vita pubblica; nel 1992, a chiusura della prima epoca repubblicana, caratterizzata dal dominio della proporzionale (con tutte le sue implicazioni), si presentano elementi atipici, i quali vanno a combinarsi con le consolidate tendenze, aprendo così la via all'incertezza sulle tendenze future. È con l'avvento della logica maggioritaria, prepotentemente affacciatasi per il tramite dei referendum elettorali, a sconvolgere il quadro delle relazioni fra gli organi costituzionali, anche per quanto concerne ratio e caratteristiche del potere di scioglimento delle Camere. Soprattutto, nella fase di stretta transizione che ha attraversato il quadriennio 1992-1996, il candidato mette in luce come i continui smottamenti del sistema politico abbiano condotto ad una fase di destabilizzazione anche per quanto riguarda la prassi, incrinando le vecchie regolarità e dando vita a potenzialità fino allora sconosciute, addirittura al limite della conformità a Costituzione. La Presidenza Scalfaro avvia un processo di netta appropriazione del potere di scioglimento, esercitandolo in maniera esclusiva, grazie anche alla controfirma offerta da un Governo compiacente (“tecnicco”, perciò debitore della piena fiducia quirinalizia). La piena paternità presidenziale, nel 1994, è accompagnata da un altro elemento di brusca rottura con il passato, ossia quello della ragione legittimante: infatti, per la prima volta viene addotta palesemente la motivazione del deficit di rappresentatività. Altro momento ad aver costituito da spartiacque nell’evoluzione della forma di governo è stato il mancato scioglimento a seguito della crisi del I Governo Berlusconi, in cui forti erano state le pressioni perché si adeguasse il parlamentarismo secondo i canoni del bipolarismo e del concetto di mandato di governo conferito direttamente dagli elettori ad una maggioranza (che si voleva predefinita, nonostante essa in verità non lo fosse affatto). Dopo questa parentesi, secondo il candidato la configurazione dello strumento dissolutorio si allinea su ben altri binari. Dal punto di vista della titolarità, sono i partiti politici a riprendere vigorosamente un certo protagonismo decisionale, ma con una netta differenza rispetto al passato consociativo: ora, il quadro politico pare saldamente attestato su una dinamica bipolare, per cui anche in relazione all’opzione da adottare a seguito di crisi ministeriale sono le forze della maggioranza che decidono se proseguire la legislatura (qualora trovino l’accordo tra di loro) o se sciogliere (allorchè invece si raggiunga una sorta di maggioranza per lo scioglimento). Dal punto di vista dei presupposti, sembra consolidarsi l’idea che lo scioglimento rappresenti solo l’extrema ratio, chiamando gli elettori ad esprimersi solo nel momento in cui si certifica l’assoluta impossibilità di ripristinare la funzionalità perduta. Conclusioni. Il rafforzamento della prospettiva bipolare dovrebbe postulare una riconfigurazione del potere di scioglimento tesa a valorizzare la potestà decisionale del Governo. Ciò discenderebbe dal principio secondo cui il rafforzamento del circuito che unisce corpo elettorale, maggioranza parlamentare e Governo, grazie al collante di un programma politico condiviso, una coalizione che si presenta alle elezioni ed un candidato alla Presidenza del Consiglio che incarna la perfetta sintesi di tutte queste istanze, comporta che alla sua rottura non si può che tornare al giudizio elettorale: e quindi sciogliere le Camere, evitando la composizione di maggioranze che non rappresentano la diretta volontà popolare. Il candidato però non ritiene auspicabile l’adozione di un automatismo analogo alla regola dell'aut simul stabunt aut simul cadent proprio dell’esperienza regionale post 1999, perché soluzione eccessivamente rigida, che ingesserebbe in maniera inappropriata una forma parlamentare che comunque richiede margini di flessiblità. La proposta è invece di rileggere il testo costituzionale, rebus sic stantibus, nel senso di far prevalere un potere libero di proposta da parte del Governo, cui il Capo dello Stato non potrebbe non consentire, salvo svolgere un generale controllo di costituzionalità volto ad accertare l’insussistenza di alcuna forma di abuso. Su queste conclusioni il lavoro esprime solo prime idee, che meritano di essere approfondite. Come è da approfondire un tema che rappresenta forse l’elemento di maggiore originalità: trattasi della qualificazione e descrizione di un mandato a governare, ossia della compatibilità costituzionale (si pensi, in primis, al rapporto con il divieto di mandato imperativo di cui all’art. 67 Cost.) di un compito di governo che, tramite le elezioni, gli elettori affidano ad una determinata maggioranza, e che va ad arricchire il significato del voto rispetto a quello classico della mera rappresentanza delle istanze dei cittadini (e propria del parlamentarismo ottocentesco): riflessi di tali considerazioni si avrebbero inevitabilmente anche rispetto alla concezione del potere di scioglimento, che in siffatta maniera verrebbe percepito come strumento per il ripristino del “circuito di consonanza politica” che in qualche modo si sarebbe venuto a rompere. Ad ogni buon conto, già emergono dei riflessi in questo senso, per cui la strada intrapresa dal candidato pare quella giusta affinchè l’opera risulti completa, ben argomentata ed innovativa.

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Este proyecto intenta conocer, comprender e interpretar los procesos de construcción colectiva de memorias en relación a las organizaciones profesionales de Asistentes Sociales y/o Trabajadoras/es Sociales en Argentina, focalizando el estudio en la Federación Argentina de Asociaciones Profesionales de Servicio Social (FAAPSS), organización que nuclea a todas las organizaciones profesionales del país. El estudio pretende: a) Conocer los procesos histórico-políticos de configuración de las organizaciones profesionales de Asistentes Sociales y/o Trabajadoras/es Sociales en Argentina y, particularmente, de la Federación Argentina de Asociaciones Profesionales de Servicio Social (FAAPSS), b) Recuperar la trayectoria histórica de algunas figuras prominentes que contribuyeron a la configuración de las organizaciones profesionales del Trabajo Social Argentino, c) Construir un saber acerca del protagonismo histórico que tuvieron los Asistentes Sociales y/o Trabajadores Sociales de Misiones en la configuración y consolidación del colectivo del Trabajo Social Argentino y d) Analizar los procesos de construcción de memorias dentro del colectivo profesional a través de testimonios significativos en el proceso de configuración y consolidación de la Federación Argentina de Asociaciones Profesionales de Servicio Social (FAAPSS). El proyecto abarca el período histórico comprendido desde la década de 1960 en adelante.

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Se trata de una investigación de tipo descriptiva en la que se utilizará una combinación metodológica cuantitativa – cualitativa y en la que se intentará conocer la correspondencia entre el tipo de cobertura de las políticas sociales dirigidas específicamente a familias, vigentes en el período comprendido entre los años 1985 – 2005 en la provincia de Misiones, con las necesidades presentadas por las familias locales. El problema a abordar entonces desde este proyecto de investigación se centró en la relación dada entre la cobertura prevista desde las políticas sociales de familia implementadas en el período 1985 – 2005 en la provincia de Misiones con el tipo de necesidades observadas a partir de las demandas puestas de manifiesto por parte de las familias misioneras a lo largo de dicho período de tiempo. Para ello se consideraron, por un lado, a los organismos que habían sido detectados en la investigación anterior con responsabilidad y protagonismo en la implementación de las mismas; y por el otro, a quienes iban dirigidas. Tomándose por lo tanto como fuentes secundarias de información la base de datos obtenida a través de las documentaciones tenidas en cuenta por el equipo en la primera etapa del trabajo como así también los resultados logrados en la misma. En tanto se realizaron entrevistas en profundidad para el logro de los datos primarios vinculados con las perspectivas de los protagonistas, tomando como tales a beneficiarios directos de las políticas sociales implementadas; como así también se tuvo en cuenta a los responsables en la ejecución de las mismas. El marco tenido en cuenta para el trabajo de investigación se ubica en estudios relacionados con Políticas Sociales, Familia y Trabajo Social.

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Las políticas sociales actuales cuentan con la participación activa de la población antes considerada objeto u objetivo de los planes y programas. Configurando un nuevo modelo que busca apartarse de las viejas prácticas asistencialistas y dar lugar a las denominadas políticas de inclusión social, que aparecen como alternativas ante la falta de empleo, la precarización laboral y las dificultades de inserción en el mercado de trabajo formal. Uno de los programas que tuvo surgimiento luego de la crisis generalizada de 2001 fue el programa de microcréditos, Banco Popular de la Buena Fe. El cual tiene sus cimientos en la Economía Social y Solidaria y el protagonismo creciente de las organizaciones de la sociedad civil. El Banco Popular de la Buena Fe es uno de los programas con mayor alcance a nivel nacional, y este artículo lleva a la reflexión de si se trata de una mera política social o si estamos ante la presencia de una incipiente política de empleo.

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La Universidad Nacional de Cuyo, después de un proceso de autoevaluación en 1994-95, realizó un cambio curricular muy importante en su carrera de medicina, que se inició en el ciclo lectivo 1997. Los principios que guiaron el nuevo diseño curricular fueron: Enfoque científico-antropológico-social, Integración, Significación, Flexibilización, Protagonismo en el aprendizaje y Evaluación continua. El curriculum incluye: Cursos Biomédicos intensivos, integrados por varias disciplinas y trabajado con la metodología de Aprendizaje Basado Sobre Problemas; Cursos Longitudinales de formación humanística; Rotaciones Clínicas intensivas y un año de Práctica Final Obligatoria en internación, atención ambulatoria y emergencias.

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La Geografía como ciencia humana ha desarrollado gran cantidad de conceptos durante aproximadamente un siglo, los cuales en las últimas dos décadas han experimentado un continuo proceso de normalización para transformar procedimientos tecnológicos en geotecnológicos. La Geotecnología ha incorporado estos conceptos a fin de posibilitar su tratamiento mediante procedimientos computacionales y con ello ha creado un nuevo mundo artificial. La transformación geotecnológica realizada, tendiente hacia la creación de un modelo digital de la realidad, no se presenta como un simple cambio de ambiente, sino que es un cambio fundamental en la forma de comenzar a ver nuestro entorno. Con ello se modifican los conceptos y la manifestación misma del espacio geográfico, aspecto que permite encarar esta dinámica como la aparición de un nuevo paradigma en la investigación geográfica. Este paradigma no surge como resultado de especulaciones teóricas, sino del trabajo interdisciplinario en la generación y uso de las nuevas tecnologías, y de su relación particular con los procesos de transición contextual de una economía posindustrial y una cultura posmoderna en el marco de la globalización actual. La presente investigación comprueba la aparición del Paradigma Geotecnológico en un ciclo superior en la evolución del pensamiento geográfico y se determina el surgimiento de la Geografía Global como “Nueva Geografía" y perspectiva acabada de la segunda explosión disciplinaria que sufre nuestra ciencia en su camino para lograr un importante protagonismo en el contexto científico-tecnológico del próximo siglo.

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La construcción del dique Potrerillos causa impactos importantes en múltiples aspectos. Las transformaciones que se producen no son sólo a nivel social y económico sino que se evidencian cambios físico-ambientales (relacionadas con zonas a inundar, aparición de nuevos emprendimientos turísticos, flora, fauna, etc.), que involucran no sólo al área inmediata del desarrollo de ésta obra de infraestructura sino que también modifica el comportamiento de la dinámica territorial a nivel regional, especialmente por la posición que la localidad de Potrerillos posee, al encontrarse emplazada dentro del sistema de asentamientos ubicados a lo largo de la Ruta Nacional N° 7, dentro de lo que se denomina Corredor Andino, lo que le da un protagonismo local y regional que hasta hace poco tiempo estaba en manos de la localidad de Uspallata. El propósito de este artículo es establecer la relación entre la disposición de la red vial actual y los nuevos emprendimientos viales en el comportamiento territorial que tiene y tendrá la localidad de Potrerillos dentro del contexto local y regional.

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El propósito de este trabajo es reflexionar sobre la importancia histórica, vigencia y protagonismo de personalidades como la de Víctor Raúl Haya de la Torre, abarcando las ideologías que pretendieron imponer sus proyectos y discursos políticos occidentales en la región. Para referirse al aprismo y al indoamericanismo, es menester preguntarse sobre la densidad romántica de las motivaciones que tuvieron los revolucionarios del siglo XIX y de los de la década del 30 para ejercer sus derechos ciudadanos en tiempos de colonización, dependencia y emancipación en medio de los rudimentarios influjos de la modernización. Preguntarse por qué en aquellos tiempos la Patria era Vida y Muerte, fuente de identidad primordial; qué estaban pensando los ideólogos norteamericanos en las últimas décadas del siglo XIX acerca de América Latina y luego dirigir nuestra mirada a Perú, su círculo serrano y costeño como espacio de contradicción migratoria e intercultural.

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La Ley de Protección Integral de Niñas, Niños y Adolescentes 26.061 se materializa en las políticas sociales de infancia, cuya universalización es imprescindible. Sin embargo, dicha ley encuentra sus limitaciones en el sesgo biopolítico y controlador en el que se constituyen las leyes liberales pregonando una ciudadanía virtual, enmarcada en un discurso de igualdad que se reproduce en la base de las desigualdades generadas por el capital. Es por ello que se plantea al protagonismo infantil como una matriz de pensamiento superadora, posicionando al niño como un ser político, hablante y emancipado de la apropiación del mundo adulto.

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Los nuevos escenarios están en franca vulnerabilidad. El fracaso del modelo económico imperante y los procesos de cambio de paradigmas con fuerte protagonismo, de las tecnologías y las nuevas prácticas de relación social, nos permitieron soportar el impacto. Hay una gran alternativa para proponer un nuevo modelo de desarrollo. Nuestro país lidera este proceso, donde la incorporación del Diseño en el territorio, se hace como valor intrínseco y herramienta de innovación. Se realiza en base a las oportunidades de transformación, generadas por los cambios de las tecnologías, de los contextos sociales, los mercados de referencia, las competencias y los recursos disponibles.

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Desde la implementación del modelo neoliberal, los nuevos grupos sociales excluidos del mundo laboral, educativo y cultural, empezaron a hacer visibles sus demandas a través de nuevas modalidades de protesta marcando una diferencia con los viejos movimientos sociales ligados a una clase social definida y con fuerte tradición política. Se observa a nivel regional un notable protagonismo y crecimiento de nuevos movimientos sociales, organizaciones no gubernamentales, agrupaciones artísticas, manifestaciones culturales, etc. que pasan a ocupar el vacío que deja el estado. El surgimiento de estos movimientos ha ido tejiendo un entramado social complejo, que al tiempo que fortalece la sociedad civil fomenta a los individuos a la participación social y a involucrarse en prácticas colectivas que permanecían inhibidas tras décadas de represión militar. Este trabajo se centra en un estudio de caso para analizar el fenómeno: el caso del grupo de teatro comunitario Res o no Res en el barrio de Mataderos.Sin intención de generalizar la práctica de teatro comunitario ni de homogeneizar las particularidades que presenta cada grupo, se parte de la idea de que las características distintivas de este fenómeno lo ubican dentro de lo que se llama movimientos culturales contrahegemónicos, en tanto se proponen cambiar la visión del mundo que se presenta como dada y guardan en su seno el germen de un nuevo modelo de organización social. Además, se reconoce aquí como una forma de teatro popular o de teatro crítico en la medida en que se ubica en una posición antagónica a la de la clase dominante dentro del campo de la lucha ideológica de clases.

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Este artículo busca analizar el proceso de expansión urbana de la ciudad de San Carlos de Bariloche, desde un enfoque de la especialidad y la temporalidad, con miras a comprender, desde sus lógicas de crecimiento, el actual contexto de profunda desigualdad urbana. Los distintos actores hegemónicos, los cuales fueron cambiando a lo largo del tiempo, han marcado el pulso de la urbanización, la expansión del ejido municipal y la aprobación de los loteos que contribuyeron a un crecimiento acelerado, descontrolado y especulativo. Entre ellos se destaca el Estado que desde distintas esferas instituciones, jurisdiccionales y funcionales, ostenta con determinado protagonismo su rol doble como agente y árbitro. Este estudio se ha realizado a partir de un profundo rastreo y análisis de fuentes documentales, muchas inéditas, vinculadas al desarrollo urbano barilochense, desde su fundación en 1902 hasta 2010. Así, con rupturas y continuidades, el crecimiento de esta ciudad media da cuenta de la notable importancia del estudio de los factores que definen modelos de desarrollo urbanos para comprender la complejidad del mosaico urbano actual y su posible mejoramiento.