886 resultados para Materiali mancanti, pianificazione della produzione, gestione dei materiali, Supply Chain
Resumo:
The research activities described in the present thesis have been oriented to the design and development of components and technological processes aimed at optimizing the performance of plasma sources in advanced in material treatments. Consumables components for high definition plasma arc cutting (PAC) torches were studied and developed. Experimental activities have in particular focussed on the modifications of the emissive insert with respect to the standard electrode configuration, which comprises a press fit hafnium insert in a copper body holder, to improve its durability. Based on a deep analysis of both the scientific and patent literature, different solutions were proposed and tested. First, the behaviour of Hf cathodes when operating at high current levels (250A) in oxidizing atmosphere has been experimentally investigated optimizing, with respect to expected service life, the initial shape of the electrode emissive surface. Moreover, the microstructural modifications of the Hf insert in PAC electrodes were experimentally investigated during first cycles, in order to understand those phenomena occurring on and under the Hf emissive surface and involved in the electrode erosion process. Thereafter, the research activity focussed on producing, characterizing and testing prototypes of composite inserts, combining powders of a high thermal conductibility (Cu, Ag) and high thermionic emissivity (Hf, Zr) materials The complexity of the thermal plasma torch environment required and integrated approach also involving physical modelling. Accordingly, a detailed line-by-line method was developed to compute the net emission coefficient of Ar plasmas at temperatures ranging from 3000 K to 25000 K and pressure ranging from 50 kPa to 200 kPa, for optically thin and partially autoabsorbed plasmas. Finally, prototypal electrodes were studied and realized for a newly developed plasma source, based on the plasma needle concept and devoted to the generation of atmospheric pressure non-thermal plasmas for biomedical applications.
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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.
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La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.
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Il presente lavoro ha avuto lo scopo di identificare le caratteristiche di filtrabilità della birra attraverso lo svolgimento di prove tecnologiche di filtrazione in scala di laboratorio e su scala pilota, utilizzando diverse tipologie di sistemi filtranti e sperimentando diversi materiali di membrana. La fase preliminare della caratterizzazione della filtrabilità della birra è stata condotta presso i laboratori del Campden-BRI – The Brewing Research International, Inghilterra, mentre le prove tecnologiche su scala pilota si sono svolte presso il CERB – Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra. Le prove di filtrazione e le analisi sui campioni hanno permesso di verificare le performance delle diverse membrane utilizzate in risposta alla variazione dei principali parametri del processo di filtrazione tangenziale. Sono stati analizzati diversi parametri di qualità della birra filtrata attraverso il monitoraggio del processo e lo svolgimento di prove analitiche sul prodotto volte ad evidenziare gli effetti delle differenti tecnologie adottate. Per quanto riguarda le prove di laboratorio per la caratterizzazione della filtrabilità della birra, l’analisi della PCS (Photon Correlation Spectroscopy) è stata utilizzata per verificare l’influenza di diversi trattamenti enzimatici sulla efficienza del processo di filtrazione e la loro influenza sulla stabilità colloidale della birra filtrata. Dai risultati ottenuti è emerso che il PCS è un valido strumento per determinare la distribuzione in classi di diametro e il diametro medio effettivo delle particelle solide in sospensione nella birra e può essere utilizzato sia per predire la stabilità della birra filtrata, sia per monitorare il processo di filtrazione in tempo reale.
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La diagnosi di linfoma non Hodgkin B della zona marginale si basa su criteri morfologici e sulla sostanziale negatività per marcatori immunoistochimici espressi in altri sottotipi di linfoma B. L’ obiettivo di questo lavoro è stato, quindi, quello di ricercare una molecola specifica associata ai linfomi della zona marginale. Materiali e Metodi. Sono stati esaminati 2.104 linfomi periferici di entità nosologia eterogenea mediante un anticorpo monoclonale, diretto contro la molecola IRTA1, che riconosce la zona marginale nei tessuti linfoidi umani. Risultati. Si è riscontrata espressione di IRTA1 nel 93% dei linfomi della zona marginale ad insorgenza extranodale e nel 74% di quelli primitivi linfonodali suggerendo la possibilità che questi linfomi possano originare dalle cellule perifollicolari o monocitoidi IRTA1+ riscontrabili nei linfonodi reattivi. La valutazione immunoistochimica mediante doppia colorazione (IRTA1/bcl6), ha inoltre dimostrato come vi sia una modulazione fenotipica nelle cellule marginali neoplastiche nel momento in cui esse colonizzano i follicoli linfoidi e durante la loro circolazione nei centri germinativi. Le cellule marginali neoplastiche che differenziano in senso plasmacellulare perdono l’ espressione di IRTA1 Discussione. In conclusione, tali evidenze hanno permesso di ampliare la conoscenza sulla biologia dei linfomi marginali e sottolineano come IRTA1 sia il primo marcatore diagnostico positivo per queste neoplasie.
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Oggetto di questa tesi di Laurea è la progettazione di un insediamento sostenibile a Bertinoro (FC), in un’area a sud-ovest del centro urbano, in una posizione strategica per l’arrivo e l’accesso alla città alta. Coerentemente con le indicazioni dell’Amministrazione Comunale, l’intervento comprende la realizzazione di edifici terziari e residenziali, di un parcheggio di attestazione per il borgo di Bertinoro, e la riqualificazione dell’area verde ai piedi delle mura storiche. La progettazione ha adottato un approccio integrato dal punto di vista compositivo e costruttivo, mostrando particolare attenzione ai temi ambientali, assunti come determinanti per ambire ad elevati livelli di benessere per gli abitanti e per i fruitori del nuovo polo urbano. Il progetto affronta due scenari: uno a scala urbana e uno a scala architettonica. Alla scala urbana si è scelto di valorizzare e potenziare il sistema di percorsi pedonali esistenti che consente il collegamento tra le diverse parti della città, valorizzando il paesaggio come risorsa primaria. La definizione delle strategie urbane è stata prioritaria, tenendo in considerazione una gestione sostenibile del territorio. Intervenendo in un luogo caratterizzato da forti pendii – sia naturali sia, in parte, anche artificiali- che rendono difficile la mobilità, la tesi si è posta come obiettivo la riduzione dei flussi veicolari all’interno del centro storico, garantendo nel contempo la completa accessibilità di quest’ultimo attraverso nuovi percorsi di risalita nel verde, che possano incentivare la mobilità pedonale. Questo ha portato ad un studio dei percorsi pedonali di Bertinoro e ad una ricerca sui vari tipi di parcheggio, finalizzata alla definizione della soluzione più adeguata per il luogo. Alla scala architettonica, per assicurare l’integrazione del nuovo intervento con il contesto locale e il territorio, il progetto ha condotto un’approfondita analisi del sito, affrontando lo studio di elementi del contesto sociale, culturale, ambientale e paesaggistico. A questi si è affiancata l'analisi degli aspetti relativi al clima, funzionali alla scelta dell’esposizione e sagoma volumetrica degli edifici. La complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici di questi luoghi. La sfida è stata quindi quella di progettare un insediamento urbano con requisiti energetici aventi un impatto ambientale sostenibile. La complessità del progetto è stata quella di dare uguale importanza a dati oggettivi e quantificabili, come orientamento, apporti solari, impianti, senza tralasciare i valori storico-paesaggistici, risorsa fondamentale per questi luoghi. La sfida è stata quindi quella di progettare un insediamento dotato di prestazioni energetiche sensibilmente più elevate rispetto alle soglie stabilite dalla normativa e di riuscire ad integrare nel contesto, con il minor impatto ambientale e percettivo, l’intero insediamento urbano. Per garantire un corretto rapporto tra costruito e contesto urbano si è deciso di utilizzare materiali da rivestimento della tradizione locale, come la pietra e l’intonaco, e di attenuare l’impatto visivo del costruito con l’impiego di coperture verdi che possono restituire, in quota, il suolo occupato dai volumi edificati. Il titolo “la nuova porta urbana” sintetizza l’idea del nostro progetto; un progetto che non si limita all’area d’intervento ma guarda ben oltre cercando un rapporto con la città storica e un legame con essa diventando un nuovo polo funzionale e un nuovo accesso per Bertinoro. Durante tutto il processo progettuale si è operato verificando contestualmente ogni scelta dal punto di vista architettonico, tecnologico ed energetico, puntando ad un progetto che possa essere definito sostenibile a tutte le sue scale: urbana e architettonica. La realizzazione di edifici tecnologicamente efficienti dal punto di vista delle prestazioni energetiche rappresenta la premessa per la formazione di una città più responsabile e rispettosa nei confronti dell’ambiente che la circonda.
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La tesi di laurea elaborata ha come oggetto Villa Torlonia, chiamata anche “ la Torre” , un complesso edilizio risalente al Settecento. Il lavoro effettuato ha compreso prima di tutto uno studio della storia della Torre, l’evoluzione e il rapporto con il suo contesto. È seguita poi un’analisi del complesso, effettuata dal punto di vista sia della consistenza che dello stato di conservazione, per poi studiare l’insieme di interventi che l’hanno caratterizzata e che le hanno conferito l’attuale aspetto.Si tratta di opere di consolidamento, di recupero e di ripristino che hanno occupato un’epoca che va dagli ultimi vent’anni del Novecento fino ad ora. Solo dopo questa fase di studio e di ricerca si è passati ad elaborare un programma di riutilizzo della Villa, che occupa il quinto capitolo della Tesi. L’idea progettuale sviluppata parte dall'intento di valorizzare questo complesso edilizio che, essendo di proprietà comunale, è spesso oggetto di manifestazioni culturali. La grande corte esterna, il piano terra del corpo centrale ed i vecchi magazzini al piano interrato sono oggigiorno sede di incontri di moda e di momenti espositivi temporanei, molti dei quali legati alla produzione calzaturiera locale. San Mauro Pascoli ospita infatti le sede di alcune delle più note marche dell'alta moda calzaturiera e la sua economia così come la sua storia, è legata a questa attività che da più di un secolo rappresenta una vera e propria attrattiva locale. Il tipo di intervento che si viene a delineare parte quindi dal voler privilegiare questa tradizione del luogo, pertanto il progetto prevede l’inserimento di un Museo della scarpa e lo spostamento della scuola calzaturiera CERCAL, al fine di rendere Villa Torlonia un centro di attrazione turistica.
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La tesi qui presentata è stata svolta all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura sostenibile" e propone la riqualificazione di un edificio ACER, sito a Bologna in via Gandusio, un’area strategicamente centrale a ridosso del centro storico e al contempo inserita all’interno delle dinamiche urbane della prima periferia. Si tratta di un complesso di edilizia residenziale sociale e, perciò, è stato necessario elaborare preliminarmente una sorta di quadro conoscitivo per individuare le problematiche e le tendenze comuni sia a casistiche italiane che europee. Dopo un inquadramento generale sulla situazione dei modelli famigliari e dell’abitare; è stata effettuata una panoramica su alcuni interventi europei, dai quali si è cercato di attingere e elaborare soluzioni e metodologie di intervento innovative, prendendo in considerazione sia elementi di rigenerazione del tessuto urbano, sia soluzioni tecnologiche e costruttive applicate a casi specifici. La situazione dell’edilizia residenziale sociale, attualmente, vede una forte scarsità di alloggi, tale da non riuscire a soddisfare tutte le richieste della popolazione. Negli ultimi trenta anni, la quota di produzione di alloggi di edilizia sociale è progressivamente calata, contrariamente agli altri paesi europei, caratterizzati da un andamento costante. Al contempo, si è registrato l’aumento di persone in condizioni di disagio abitativo e sociale. Il progetto risponde alle eterogenee esigenze dei rinnovati modelli famigliari contemporanei, prevedendo opere di completamento funzionale e una diversificazione dell’offerta tipologica degli alloggi, unita all’integrazione di nuovi servizi per gli abitanti e alla rivalorizzazione dell’identità dell’edificio in quanto manufatto polarizzante. Il progetto adotta il metodo della riqualificazione sostenibile e delle tematiche ad essa inerenti, approfondite durante il percorso di lavoro svolto all’interno del Laboratorio di Sintesi Finale “Architettura Sostenibile”. Tutti gli interventi eseguiti sul manufatto sono stati incentrati sul tema della sostenibilità, per ridurre l’uso dei materiali e l’uso del territorio. Sono stati ridotti i deficit tecnologici e soprattutto energetici dell’involucro edilizio, combinando all’applicazione di soluzioni tecnologiche la riqualificazione dello spazio urbano e della funzionalità degli spazi dell’abitare. Questo lavoro si propone di confrontarsi con la condizione attuale dell’housing sociale, cercando di rispondere alle esigenze abitative contemporanee, riqualificando e ripensando gli spazi e migliorandone il comportamento strutturale in caso di evento sismico. Per evitare di trattarlo come un episodio sporadico, un’anomalia, l’intervento ha cercato di collocarsi all’interno del contesto urbano e del tessuto insediativo, dialogando con essi per fornire risposte a problematiche concrete e reali. Per questo si è deciso di intervenire anche sulle aree adiacenti, provando a fornire soluzioni alle dinamiche incompiute e alle esigenze sociali del quartiere.
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La dissertazione affronterà il tema del controllo qualità nei progetti, applicando conoscenze, tecniche e strumenti propri del Project e del Multiproject Management. L’analisi partirà svolgendo, nel primo capitolo, considerazioni introduttive riguardo le due discipline citate. Lo scopo ultimo sarà quello di elaborare un sistema di controllo integrato della qualità, indirizzato principalmente al Project Management che è presente in una qualsiasi organizzazione che opera per progetti. Nel secondo capitolo verrà illustrato il metodo denominato Multidimensional Project control System sul quale il modello sviluppato in seguito si basa. La progettazione di un sistema di controllo è una parte importante dello sforzo di gestione di un progetto. Tale sistema è basato su una serie di obiettivi di progetto e sulla loro importanza relativa e fonda la sua natura su una sistematica valutazione in corso d’opera dello stato di conformità del progetto, sia a livello di processo che a livello di output. Nel capitolo conclusivo si affronta l’obiettivo principale di questo elaborato. Sono stati forniti dati e documenti dall’azienda Despar Italia c.r.l. ed è stato chiesto di sviluppare un metodo di controllo che il Project Management potesse utilizzare per implementare un processo di verifica della qualità di progetto. Viene quindi descritta l’azienda, come il Management pianifica, gestisce e controlla i progetti e quali necessità devono essere soddisfatte. Si procede poi con l’illustrazione e spiegazione del metodo sviluppato, chiarito da un esempio esplicativo. L’elaborato si concluderà con delle riflessioni finali, proponendo critiche e spunti per eventuali sviluppi futuri.
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Con gli strumenti informatici disponibili oggi per le industrie, in particolar modo coi software CAE, le possibile simulare in maniera più che soddisfacente i fenomeni fisici presenti in natura. Anche il raffreddamento di un manufatto in polimero può venire simulato, a patto che si conoscano tutti i dati dei materiali e delle condizioni al contorno. Per quanto riguarda i dati dei materiali, i produttori di polimeri sono molto spesso in grado di fornirli, mentre le condizioni al contorno devono essere padroneggiate dal detentore della tecnologia. Nella pratica, tale conoscenza è al più incompleta, quindi si fanno ipotesi per colmare le lacune. Una tra le ipotesi più forti fatte è quella di una perfetta conduzione all'interfaccia tra due corpi. Questo è un vincolo troppo forte, se paragonato alla precisione di tutti gli altri dati necessari alla simulazione, e quindi si è deciso di eseguire una campagna sperimentale per stimare la resistenza al passaggio flusso termico all'interfaccia polimero-stampo ovvero determinare la conduttanza termica di contatto. L'attività svolta in questa tesi di dottorato ha come scopo quello di fornire un contributo significativo allo sviluppo e al miglioramento dell'efficienza termica degli stampi di formatura dei polimeri termoplastici con tecnologia a compressione.
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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
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La ricerca in oggetto ha analizzato le relazioni tra migrazione e salute mentale nel Distretto di Pianura Est dell'AUSL di Bologna. Attraverso un dispositivo d’indagine multi-disciplinare basato sui quadri teorici dell'Antropologia Medica Critica, della Salute Pubblica e della Psichiatria, la ricerca si è inserita nell’ampio contesto di sperimentazione di un innovativo modello di assistenza per pazienti migranti, denominato Centro di Consultazione Socio- Culturale. L'architettura dello studio si rifà a un modello di Ricerca-Azione Partecipata e Multi-Situata fondato su un approccio analitico e auto-riflessivo, il quale ha consentito di problematizzare, oltre alle azioni e alle traiettorie dei vari soggetti che operano nel campo della ricerca, anche le categorie oggetto della ricerca stessa. L'analisi, profondamente radicata nel dato empirico, è stata condotta a partire dall'esperienza degli attori sociali coinvolti. Le esperienze, le informazioni e le rappresentazioni reciproche sono state co-costruite in forma partecipativa attraverso l'uso combinato di metodologie quali-quantitative proprie sia delle discipline sanitarie sia di quelle sociali. Come materiali della ricerca sono stati utilizzati: dati primari e secondari prodotti dalle istituzioni e dalle organizzazioni del territorio stesso; informazioni provenienti dall'osservazione partecipante; colloqui con informatori-chiave; interviste semi-strutturate con decisori politici, amministratori, organizzazioni del territorio, operatori dei servizi, cittadini e pazienti. La ricerca ha dimostrato la validità delle prospettive teoriche utilizzate e delle strategie di lavoro proposte. Il modello di lavoro multi-disciplinare e multi-metodologico si è rivelato produttivo nell'indagare congiuntamente le prospettive degli attori coinvolti insieme alle loro traiettorie, alle reciproche interconnessioni e alle relazioni tra processi locali e globali. L’analisi auto-riflessiva ha consentito di analizzare le attività del Centro di Consultazione evidenziandone vantaggi e limiti. Infine, la collaborazione tra Salute Pubblica e Antropologia Medica Critica ha dimostrato una grande potenzialità e produttività sia sul versante della ricerca scientifica sia su quello dell'assistenza sanitaria.
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Il dibattito sullo sviluppo delle culture dell’età del Bronzo nel territorio dell’Emilia-Romagna sta portando una rinnovata attenzione sull’area romagnola. Le indagini si sono concentrate sull’area compresa tra il fiume Panaro e il Mare Adriatico, riconoscibile nell’odierna Romagna ed in parte della bassa pianura emiliana. Si trattava un territorio strategico, un vero e proprio crocevia socio-economico fra la cultura terramaricola e quelle centro italiche di Grotta Nuova. La presente ricerca di dottorato ha portato alla ricostruzione dei sistemi di gestione e di sfruttamento delle risorse animali in Emilia-Romagna durante l’Età del Bronzo, con particolare attenzione alla definizione della capacità portante ambientale dei diversi territori indagati e delle loro modalità di sfruttamento in relazione alla razionalizzazione della pratiche di allevamento. Sono state studiate in dettaglio le filiere di trasformazione dei prodotti animali primari e secondari definendo, quindi, i caratteri delle paleoeconomie locali nel processo di evoluzione della Romagna durante l’età del Bronzo. La ricerca si è basata sullo studio archeozoologico completo su 13 siti recentemente indagati, distribuiti nelle provincie di: Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì/Cesena e Rimini, e su una revisione completa delle evidenze archeozoologiche prodotte da studi pregressi. Le analisi non si sono limitate al riconoscimento delle specie, ma hanno teso all’individuazione ed alla valutazione di parametri complessi per ricostruire le strategie di abbattimento e le tecniche di sfruttamento e macellazione dei diversi gruppi animali. E’ stato possibile, quindi, valutare il peso ecologico di mandrie e greggi sul territorio e l’impatto economico ed ecologico di un allevamento sempre più sistematico e razionale, sia dal punto di vista dell’organizzazione territoriale degli insediamenti, sia per quanto riguarda le ripercussioni sulla gestione delle risorse agricole ed ambientali in generale.
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Nel Comune di Ravenna, oltre 6.800 ettari di terreni agricoli sono a rischio salinizzazione, a causa dell’alta salinità delle acque sotterranee presenti all’interno dell’acquifero freatico costiero. L'area è interessata da subsidenza naturale, per compattazione dei sedimenti alluvionali e antropica, causata dall’estrazione di gas e dall’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee. Ne deriva che la maggior parte di questo territorio è sotto il livello medio del mare e l'agricoltura, così come ogni altra attività umana, è possibile grazie ad una fitta rete di canali di drenaggio che garantiscono il franco di coltivazione. L’agricoltura è una risorsa importante per la zona, ma a causa della scarsa disponibilità di acque dolci e per l’aumento dei processi di salinizzazione dei suoli, necessita di un cambiamento. Servono pratiche agricole sostenibili, con idonei requisiti irrigui, di drenaggio del suolo, di resistenza alla salinizzazione e di controllo del suolo. Dopo un’analisi generale sulle condizioni dell’acquifero, è stato monitorato un transetto di 10km rappresentativo della parte costiera di Ravenna. Infine, con l'obiettivo di comprendere l'interazione tra un canale d'irrigazione e le acque sotterranee, una piccola area agricola (12 ettari), è stata monitorata nel corso del 2011 utilizzando metodi idrologici, geochimici e geofisici. I risultati di questo lavoro mostrano una diffusa salinizzazione della falda freatica, ma anche la presenza di una lente d'acqua dolce spessa 5m, a 400m dalla linea di riva, con caratteristiche chimiche (hydrofacies) tipici di acque continentali e con dimensioni variabili stagionalmente. Questa bolla di acqua dolce si è originata esclusivamente dalle infiltrazioni dal canale d’irrigazione presente, in quanto, il contributo dell’irrigazione superficiale è stato nullo. Sfruttando la rete di canali di drenaggio già presente sarebbe possibile estendere questo processo d’infiltrazione da canale in altre porzioni dell’acquifero allo scopo di ricaricare l’acquifero stesso e limitare la salinizzazione dei suoli.
Resumo:
Al giorno d’oggi, la produzione di energia e di molecole di base per l’industria chimica è completamente dipendente da risorse non rinnovabili come petrolio, carbone e gas naturale ; con tali risorse in via di esaurimento e la sempre crescente domanda di energia e materiali da parte di tutte le economie, risulta obbligatorio sviluppare tecniche per la loro produzione da risorse rinnovabili. Le biomasse, oltre ad essere una fonte rinnovabile, generano minori emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili, perché la CO2 rilasciata nei processi di utilizzo viene bilanciata da quella consumata nel processo di crescita delle biomasse stesse. Tuttavia, ad oggi, lo sfruttamento di queste fonti risulta ancora sfavorito economicamente a causa di processi industriali non ancora ottimizzati, i cui costi si ripercuotono sul prodotto finale. Le molecole derivanti dagli scarti lignocellulosici possono essere usate come molecole di partenza per industrie chimiche di qualsiasi tipo, da quelle farmaceutiche a quelle plastiche. Queste molecole sono già parzialmente funzionalizzate; ciò significa che la sintesi di prodotti chimici specifici richiede un minor numero di stadi rispetto ai building blocks petroliferi, con conseguente diminuzione di prodotti di scarto e sottoprodotti . Una delle molecole “piattaforma” identificate tra le più importanti per la produzione di diversi prodotti chimici, risulta essere il 5-idrossimetilfurfurale (HMF) , derivante dalla disidratazione di polisaccaridi esosi, da cui si può ottenere tramite ossidazione selettiva, l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), potenziale sostituto dell’acido tereftalico nella produzione del PET e molti altri prodotti. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato lo studio della reattività di catalizzatori a base di Pd e Au/Pd utilizzati nella reazione di ossidazione dell’HMF a FDCA. Il lavoro svolto ha avuto come obiettivi principali: • L’ottimizzazione della sintesi di nanoparticelle di Pd e Au/Pd a diverso rapporto molare, e la caratterizzazione delle sospensioni ottenute mediante analisi DLS, XRD e TEM. • La preparazione di catalizzatori supportati su TiO2 e la caratterizzazione dei catalizzatori ottenuti tramite analisi BET, TEM e analisi termiche TGA/DSC. • Lo studio dell’attività catalitica dei catalizzatori preparati nell’ossidazione selettiva in fase liquida del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) ad acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA) e del meccanismo di reazione.