948 resultados para Embolism, Paradoxical


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The activation of heme oxygenase-1 (HO-1) appears to be an endogenous defensive mechanism used by cells to reduce inflammation and tissue damage in a number of injury models. HO-1, a stress-responsive enzyme that catabolizes heme into carbon monoxide (CO), biliverdin and iron, has previously been shown to protect grafts from ischemia/reperfusion and rejection. In addition, the products of the HO-catalyzed reaction, particularly CO and biliverdin/bilirubin, have been shown to exert protective effects in the liver against a number of stimuli, as in chronic hepatitis C and in transplanted liver grafts. Furthermore, the induction of HO-1 expression can protect the liver against damage caused by a number of chemical compounds. More specifically, the CO derived from HO-1-mediated heme catabolism has been shown to be involved in the regulation of inflammation; furthermore, administration of low concentrations of exogenous CO has a protective effect against inflammation. Both murine and human HO-1 deficiencies have systemic manifestations associated with iron metabolism, such as hepatic overload (with signs of a chronic hepatitis) and iron deficiency anemia (with paradoxical increased levels of ferritin). Hypoxia induces HO-1 expression in multiple rodent, bovine and monkey cell lines, but interestingly, hypoxia represses expression of the human HO-1 gene in a variety of human cell types (endothelial cells, epithelial cells, T cells). These data suggest that HO-1 and CO are promising novel therapeutic molecules for patients with inflammatory diseases. In this review, we present what is currently known regarding the role of HO-1 in liver injuries and in particular, we focus on the implications of targeted induction of HO-1 as a potential therapeutic strategy to protect the liver against chemically induced injury.

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Objetivo: Avaliar, por estudo prospectivo, a incidência de complicações relacionadas ao implante e uso de cateteres de longa permanência totalmente implantáveis (CLP) em crianças com câncer, comparando o implante por punção em veia subclávia (SCL) com o implante por punção em veia jugular interna (J). Método: estudo prospectivo com randomização da escolha da punção em veia subclávia ou veia jugular interna para o implante do cateter. Foram considerados como desfechos as complicações que levaram a retirada ou revisão do cateter. Resultados: 83 implantes foram randomizados no período de janeiro de 2004 a abril de 2006 e acompanhados até março de 2008. Dos 83 implantes selecionados 6 foram excluídos, permanecendo 43 pacientes no grupo SCL e 34 no grupo J. Não houve diferença estatística entre os dois grupos em relação à: distribuição por idade, sexo, número de leucócitos no implante, número de plaquetas, tipo de internação para cirurgia (ambulatorial ou não), se houve quimioterapia prévia ao implante e quanto ao tipo de cateter. Na avaliação das complicações se observou, incidência de infecção de 20% no grupo SCL e 11% no grupo J (p: 0,44), incidência de embolia de 23% no grupo SCL e 8% no grupo J (p: 0,11), e incidência de complicações total de 51% no grupo SCL e 23% no grupo J (p 0,02). A média do tempo de permanência do cateter foi de 12,6 meses para o grupo SCL e 14,8 para o grupo J (p: 0,38). A análise por regressão logística mostrou que o peso (p: 0,001) é um fator de risco envolvido com a infecção; e o peso (p: 0,020) e a marca do cateter (p: 0,03) são fatores de risco para embolia. Conclusões: há maior incidência de complicações tardias no grupo SCL. Os pacientes com menor peso tiveram risco maior de desenvolver infecção. Pacientes com menor peso e a marca do cateter são fatores de risco para a ocorrência de embolia do cateter

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Attraverso l’analisi di teorie della lettura “centripete” e “centrifughe”, tra fenomenologia, semiotica e teoria della risposta estetica, questa ricerca punta a definire la lettura come un’esperienza estetica di una variabile e plurale letterarietà, o per essere più precisi, come una relazione estetica ad una funzione nel linguaggio, che di volta in volta diviene immanente e trascendente rispetto al linguaggio, immanente nella percepibilità espressiva del segno e trascendente nella sua ristretta finzionalità o fittività, aperta alla dimensione del senso. Così, la letterarietà è vista, dal punto di vista di una teoria della lettura, come una funzione che nega o sovverte il linguaggio ordinario, inteso come contesto normale, ma anche una funzione che permette il supplemento di senso del linguaggio. Ciò rende la definizione di cosa sia letteratura e di quali testi siano considerabili come letterari come una definizione dipendente dalla lettura, ed anche mette in questione la classica dicotomia tra linguaggio standard e linguaggio deviante, di secondo grado e figurativo, comportamento che distinguerebbe la letteratura. Questi quattro saggi vorrebbero dimostrare che la lettura, come una pratica estetica, è l’espressione di una oscillazione tra una Finzione variabile nei suoi effetti ed una Ricezione, la quale è una risposta estetica controllata dal testo, ma anche una relazione estetica all’artefatto a natura verbale. Solo in questo modo può essere compresa la caratteristica paradossale della lettura, il suo stare tra una percezione passiva ed un’attiva esecuzione, tra un’attenzione aspettuale ed una comprensione intenzionale. Queste modalità si riflettono anche sulla natura dialettica della lettura, come una dialettica di apertura e chiusura, ma anche di libertà e fedeltà, risposta ad uno stimolo che può essere interpretato come una domanda, e che presenta la lettura stessa come una premessa dell’interpretazione, come momento estetico. Così una teoria della lettura dipende necessariamente da una teoria dell’arte che si presenta come funzionale, relativa più al Quando vi è arte?/Come funziona? piuttosto che al Che cosa è Arte?, che rende questo secondo problema legato al primo. Inoltre, questo Quando dell’Arte, che definisce l’opera d’arte come un’arte- all’-opera, dipende a sua volta, in un campo letterario, dalla domanda Quando vi è esperienza estetica letteraria? e dalla sue condizioni, quelle di finzione e ricezione.

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La ricognizione delle opere composte da Filippo Tommaso Marinetti tra il 1909 e il 1912 è sostenuta da una tesi paradossale: il futurismo di Marinetti non sarebbe un'espressione della modernità, bensì una reazione anti-moderna, che dietro a una superficiale ed entusiastica adesione ad alcune parole d'ordine della seconda rivoluzione industriale nasconderebbe un pessimismo di fondo nei confronti dell'uomo e della storia. In questo senso il futurismo diventa un emblema del ritardo culturale e del gattopardismo italiano, e anticipa l’analoga operazione svolta in politica da Mussolini: dietro un’adesione formale ad alcune istanze della modernità, la preservazione dello Status Quo. Marinetti è descritto come un corpo estraneo rispetto alla cultura scientifica del Novecento: un futurista senza futuro (rarissime in Marinetti sono le proiezioni fantascientifiche). Questo aspetto è particolarmente evidente nelle opere prodotte del triennio 1908-1911, che non solo sono molto diverse dalle opere futuriste successive, ma per alcuni aspetti rappresentano una vera e propria antitesi di ciò che diventerà il futurismo letterario a partire dal 1912, con la pubblicazione del Manifesto tecnico della letteratura futurista e l'invenzione delle parole in libertà. Nelle opere precedenti, a un sostanziale disinteresse per il progressismo tecnologico corrispondeva un'attenzione ossessiva per la corporeità e un ricorso continuo all'allegoria, con effetti particolarmente grotteschi (soprattutto nel romanzo Mafarka le futuriste) nei quali si rilevano tracce di una concezione del mondo di sapore ancora medioevo-rinascimentale. Questa componente regressiva del futurismo marinettiano viene platealmente abbandonata a partire dal 1912, con Zang Tumb Tumb, salvo riaffiorare ciclicamente, come una corrente sotterranea, in altre fasi della sua carriera: nel 1922, ad esempio, con la pubblicazione de Gli indomabili (un’altra opera allegorica, ricca di reminiscenze letterarie). Quella del 1912 è una vera e propria frattura, che nel primo capitolo è indagata sia da un punto di vista storico (attraverso la documentazione epistolare e giornalistica vengono portate alla luce le tensioni che portarono gran parte dei poeti futuristi ad abbandonare il movimento proprio in quell'anno) che da un punto di vista linguistico: sono sottolineate le differenze sostanziali tra la produzione parolibera e quella precedente, e si arrischia anche una spiegazione psicologica della brusca svolta impressa da Marinetti al suo movimento. Nel secondo capitolo viene proposta un'analisi formale e contenutistica della ‘funzione grottesca’ nelle opere di Marinetti. Nel terzo capitolo un'analisi comparata delle incarnazioni della macchine ritratte nelle opere di Marinetti ci svela che quasi sempre in questo autore la macchina è associata al pensiero della morte e a una pulsione masochistica (dominante, quest'ultima, ne Gli indomabili); il che porta ad arrischiare l'ipotesi che l'esperienza futurista, e in particolare il futurismo parolibero posteriore al 1912, sia la rielaborazione di un trauma. Esso può essere interpretato metaforicamente come lo choc del giovane Marinetti, balzato in pochi anni dalle sabbie d'Alessandria d'Egitto alle brume industriali di Milano, ma anche come una reale esperienza traumatica (l'incidente automobilistico del 1908, “mitologizzato” nel primo manifesto, ma che in realtà fu vissuto dall'autore come esperienza realmente perturbante).

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The elusive fiction of J. M. Coetzee is not a work in which you can read fixed ethical stances. I suggest testing the potentialities of a logic based on frames and double binds in Coetzee's novels. A double bind is a dilemma in communication which consists on tho conflicting messages, with the result that you can’t successfully respond to neither. Jacques Derrida highlighted the strategic value of a way of thinking based on the double bind (but on frames as well), which enables to escape binary thinking and so it opens an ethical space, where you can make a choice out of a set of fixed rules and take responsibility for it. In Coetzee’s fiction the author himself can be considered in a double bind, seeing that he is a white South African writer who feels that his “task” can’t be as simply as choosing to represent faithfully the violence and the racism of the apartheid or of choosing to give a voice to the oppressed. Good intentions alone do not ensure protection against entering unwittingly into complicity with the dominant discourse, and this is why is important to make the frame in which one is always situated clearly visible and explicit. The logic of the double bind becomes the way in which moral problem are staged in Coetzee’s fiction as well: the opportunity to give a voice to the oppressed through the same language which co-opted to serve the cause of oppression, a relation with the otherness never completed, or the representability of evil in literature, of the secret and of the paradoxical implications of confession and forgiveness.

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Über einen Zeitraum von 14 Monaten wurden Patienten mit akuter, duplexsonographisch nachgewiesener tiefer Beinvenenthrombose erfasst und im initialen Behandlungszeitraum mit niedermolekularem Heparin (Enoxaparin) sowie im weiteren Verlauf überlappend mit Marcumar® therapiert. Erhoben wurden eine ausführliche, standardisierte Eigen- sowie Familienanamnese und die Risikofaktoren für eine TVT. Desweiteren wurde eine klinische Untersuchung inklusive Duplexsonographie der Venen und eine Thrombophiliediagnostik durchgeführt. Täglich erfolgte die Bestimmung diverser Laborparameter (INR, APTT, D-Dimere, CRP, kleines Blutbild). Am ersten und fünften Tag wurden zusätzlich die Transaminasen bestimmt. Nach 30 Tagen erfolgte eine klinische Verlaufskontrolle, nach drei Monaten eine ambulante Kontrollduplexsonographie. Diskutiert werden Enoxaparin-Nebenwirkungen, Verläufe der duplexsonographisch erhobenen Befunde und klinischen Symptome, die Thrombophiliediagnostik sowie Laborverläufe der Infekt- und Gerinnungsparameter (APTT, INR, D-Dimere). Die D-Dimerverläufe und die Bedeutung der sinnvollen D-Dimerbestimmung wurden bereits auf mehreren Tagungen vorgestellt.

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Il fulcro tematico e concettuale della tesi consiste nel rapporto complesso, paradossale e spesso anche controverso esistente fra il teatro e la performance (art) – e cioè il rapporto fra i concetti di “teatralità” e di “performatività”. L’attenzione è posta su quelle correnti nelle arti performative contemporanee che tendono allo scioglimento delle nozioni di genere, disciplina, tecnica e autorialità e che mettono in questione lo status stesso dell’opera performativa (lo spettacolo) in quanto prodotto esclusivamente estetico, cioè spettacolare. Vengono esaminate – prelevando rispettivamente dal campo del teatro, della danza e della performance art – le pratiche di Jerzy Grotowski e Thomas Richards, Jérôme Bel e Marina Abramović. Quello che accomuna queste pratiche ben diverse tra loro non è soltanto la problematica del rapporto fra teatralità e performatività ma soprattutto l’aspetto particolarmente radicale e assiduo (e anche paradossale) del loro doppio sforzo, che consiste nello spingere la propria disciplina oltre ogni confine prestabilito e nello stesso tempo nel cercare di ri-definire i suoi codici fondanti e lo statuto ontologico che la distinguerebbero dalle altre discipline performative. Sono esaminate anche diverse teorizzazioni della performance con particolare attenzione a quei contributi che mettono in luce (e in questione) il delicato rapporto fra il teatro e la performance (art) attraverso una (ri)concettualizzazione e comparazione dei termini di teatralità e di performatività. La tesi esamina l’evoluzione della comprensione di quel rapporto all’interno del campo teorico-storico e artistico che inizialmente riflette la tendenza a percepire il rapporto in termini di opposizione e addirittura esclusione per approdare col tempo a una visione più riconciliante e complementare. Le radicali pratiche contemporanee fra il teatro e la performance rappresentano forse una nuova forma-processo performativa specifica e autonoma – che potrebbe essere definita tout court “performance” – e con cui viene definitivamente superato il progetto teatrale modernista?

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Obbiettivo. Analizzare la funzionalità polmonare e diaframmatica dopo interventi di plicatura del diaframma con rete di rinforzo peri-costale eseguiti per relaxatio e riparazione di ernia transdiaframmatica cronica mediante riduzione e sutura diretta. Metodi. Dal 1996 al 2010, 10 pazienti con relaxatio unilaterale del diaframma e 6 pazienti con ernia transdiaframmatica cronica misconosciuta sono stati sottoposti a chirurgia elettiva. Gli accertamenti preoperatori e al follow-up di 12 mesi includevano prove di funzionalità respiratoria, misura della pressione massimale inspiratoria alla bocca in clino e ortostatismo, emogasanlisi, TC del torace e dispnea score. Risultati. I pazienti dei due gruppi non differivano in termini di funzionalità respiratoria preoperatoria nè di complicanze postoperatorie; al follow-up a 12 mesi il gruppo Eventrazione mostrava un significativo aumento del FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) e pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Al contrario nrl gruppo Ernia solo il miglioramento della pO2 era significativo (+8.3 – p=0.04). Sebbene la massima pressione inspiratoria (PImax) fosse aumentata in entrambi i gruppi al follow-up, i pazienti operati per ernia mostravano un miglioramento limitato con persistente caduta significativa della PImax dall’ortostatismo al clinostatismo (p<0.001). Il Transitional dyspnoea score è stato concordante con tali miglioramenti pur senza differenze significative tra i due gruppi. La TC del torace ha evidenziato una sopraelevazione dell’emidiaframma suturato, senza recidiva di ernia, mentre i pazienti sottoposti a plicatura hanno mantenuto l’ipercorrezione. Conclusioni. L’utilizzo di un rinforzo protesico è sicuro e sembra assicurare risultati funzionali migliori a distanza in termini di flussi respiratori e di movimento paradosso del diaframma (valutato mediante PImax). Lacerazioni estese del diaframma coinvolgenti le branche principali di suddivisione del nervo frenico si associano verosimilmente a una relaxatio che può quindi ridurre il guadagno funzionale a lungo termine se non adeguatamente trattata mediante l’utilizzo di un rinforzo protesico.

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Globine sind kleine globuläre Proteine mit nahezu ubiquitärem Vorkommen in allen Tiergruppen. Sie weisen eine typische Sandwichstruktur auf, die in der Regel aus acht α-Helices mit einer zentralen prosthetischen Häm-Gruppe besteht und die Proteine zur Bindung gasförmiger Liganden befähigt. Die Funktionen der Globine reichen von O2-Transport und – Speicherung, über eine Beteiligung bei der Entgiftung reaktiver Sauerstoff- und Stickstoffspezies bis hin zu sensorischen physiologischen Aufgaben. Innerhalb der Klasse der Insekten schien das Vorhandensein von Globinen zunächst auf Insekten mit offensichtlich hypoxischen Habitaten beschränkt zu sein. Die Entdeckung des Globins glob1 in Drosophila melanogaster deutete jedoch eine sehr viel weitere Verbreitung der Globine in Insekten an, die sich durch die Identifizierung von Globingenen in einer Vielzahl von normoxisch lebenden Insekten, wie z.B. Apis mellifera oder Aedes aegypti bestätigte. D. melanogaster besitzt drei Globine, glob1, glob2 und glob3. Glob1 ist eng mit anderen intrazellulären Insektenglobinen verwandt, was zu der Annahme führte, dass es sich bei glob1 um das ursprüngliche und bei glob2 und glob3 um abgeleitete D. melanogaster Globine handelt. Glob1 wird in allen Entwicklungsstadien exprimiert, wobei die Hauptexpressionsorte der Fettkörper und das Tracheensystem sind. Die Transkription des glob1 startet von zwei alternativen Promotoren (Promotor I und II), wodurch in Kombination mit alternativem Splicing vier Transkriptvarianten (Isoform A-D) entstehen, deren Translation jedoch in einer Proteinvariante (glob1) resultiert. Hypoxische Bedingungen führen zu einer vermutlich HIF (=‚hypoxia-inducible factor‘) -vermittelten Abnahme der glob1 Genexpression, wohingegen Hyperoxie eine leichte Zunahme der glob1 mRNA Menge bewirkt. Der mithilfe des UAS/Gal4- Systems erzeugte, RNAi-vermittelte glob1 Knockdown führt zu einer schlechteren Überlebensrate adulter Fliegen unter hypoxischen Bedingungen, einer verkürzten Erholungszeit nach hypoxischem Stupor in Weibchen sowie zu einer erhöhten Resistenz gegenüber dem ROS (=‘reactive oxygen species‘) -generierenden Herbizid Paraquat in Larven und adulten Weibchen. Diese Beobachtungen sprechen für eine Funktion des Drosophila glob1 innerhalb der O2-Versorgung. Unter hyperoxischen Bedingungen hingegen wurde kein Unterschied zwischen Fliegen mit wildtypischer und manipulierter glob1-Expression festgestellt, wodurch eine Beteiligung des glob1 bei der Entgiftung reaktiver Sauerstoffspezies als mögliche Funktion vorerst ausscheidet. Bei glob2 und glob3 handelt es sich um duplizierte Gene. Auf phylogenetischen Rekonstruktionen basierend konnte die Entstehung der Globin-Duplikate auf ein Duplikationsereignis vor der Radiation des Subgenus Sophophora vor mindestens 40 Millionen Jahren zurückgeführt werden. Die durchgeführten Analysen zur molekularen Sequenzevolution der Globin-Duplikate deuten darauf hin, dass glob2 und glob3 nach der Duplikation eine Kombination aus Sub- und Neo-Funktionalisierungsprozessen durchlaufen haben. Glob2 und glob3 zeigen eine deckungsgleiche mRNA Expression, die auf die männliche Keimbahn beschränkt ist. Aufgrund des hohen Konservierungsgrads der für die Häm- und O2-Bindung essentiellen Aminosäuren kann von der Funktionalität beider Proteine ausgegangen werden. Die streng auf die männliche Keimbahn begrenzte Expression von glob2 und glob3 deutet auf eine Rolle der Globin-Duplikate innerhalb der Spermatogenese hin, die möglicherweise in einem Schutz der Spermatogenese vor oxidativem Stress besteht. Auch eine Beteiligung beim korrekten Ablauf der Spermien-Individualisierung, beispielsweise durch Regulation von Apoptoseprozessen wäre denkbar.

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Deep vein thrombosis (DVT) and its complication, pulmonary embolism, are frequent causes of disability and mortality. Although blood flow disturbance is considered an important triggering factor, the mechanism of DVT initiation remains elusive. Here we show that 48-hour flow restriction in the inferior vena cava (IVC) results in the development of thrombi structurally similar to human deep vein thrombi. von Willebrand factor (VWF)-deficient mice were protected from thrombosis induced by complete (stasis) or partial (stenosis) flow restriction in the IVC. Mice with half normal VWF levels were also protected in the stenosis model. Besides promoting platelet adhesion, VWF carries Factor VIII. Repeated infusions of recombinant Factor VIII did not rescue thrombosis in VWF(-/-) mice, indicating that impaired coagulation was not the primary reason for the absence of DVT in VWF(-/-) mice. Infusion of GPG-290, a mutant glycoprotein Ib?-immunoglobulin chimera that specifically inhibits interaction of the VWF A1 domain with platelets, prevented thrombosis in wild-type mice. Intravital microscopy showed that platelet and leukocyte recruitment in the early stages of DVT was dramatically higher in wild-type than in VWF(-/-) IVC. Our results demonstrate a pathogenetic role for VWF-platelet interaction in flow disturbance-induced venous thrombosis.

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Clinically, the displacement of intravertebral fat into the circulation during vertebroplasty is reported to lead to problems in elderly patients and can represent a serious complication, especially when multiple levels have to be treated. An in vitro study has shown the feasibility of removing intravertebral fat by pulsed jet-lavage prior to vertebroplasty, potentially reducing the embolization of bone marrow fat from the vertebral bodies and alleviating the cardiovascular changes elicited by pulmonary fat embolism. In this in vivo study, percutaneous vertebroplasty using polymethylmethacrylate (PMMA) was performed in three lumbar vertebrae of 11 sheep. In six sheep (lavage group), pulsed jet-lavage was performed prior to injection of PMMA compared to the control group of five sheep receiving only PMMA vertebroplasty. Invasive recording of blood pressures was performed continuously until 60 min after the last injection. Cardiac output and arterial blood gas parameters were measured at selected time points. Post mortem, the injected cement volume was measured using CT and lung biopsies were processed for assessment of intravascular fat. Pulsed jet-lavage was feasible in the in vivo setting. In the control group, the injection of PMMA resulted in pulmonary fat embolism and a sudden and significant increase in mean pulmonary arterial pressure. Pulsed jet-lavage prevented any cardiovascular changes and significantly reduced the severity of bone marrow fat embolization. Even though significantly more cement had been injected into the lavaged vertebral bodies, significantly fewer intravascular fat emboli were identified in the lung tissue. Pulsed jet-lavage prevented the cardiovascular complications after PMMA vertebroplasty in sheep and alleviated the severity of pulmonary fat embolism.

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The aim of this article is to disclose the characteristics of postmortem forensic imaging; give an overview of the several possible findings in postmortem imaging, which are uncommon or new to clinical radiologists; and discuss the possible pitfalls. Unspecific postmortem signs are enlisted and specific signs shall be presented, which are typical for one cause of death. Unspecific signs. Livor mortis may not only be seen from the outside, but also inside the body in the lungs: in chest CT internal livor mortis appear as ground glass opacity in the dependent lower lobes. The aortic wall is often hyperdense in postmortem CT due to wall contraction and loss of luminal pressure. Gas bubbles are very common postmortem due to systemic gas embolism after major open trauma, artificial respiration or initial decomposition; in particular putrefaction produces gas bubbles globally. Specific signs. Intracranial bleeding is hyperattenuating both in radiology and in postmortem imaging. Signs of strangulation are hemorrhage in the soft tissue of the neck like skin, subcutaneous tissue, platysma muscle and lymph nodes. The "vanishing" aorta is indicative for exsanguination. Fluid in the airways with mosaic lung densities and emphysema (aquosum) is typical for fresh-water drowning.

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CT pulmonary angiography is the currently accepted standard in ruling out acute pulmonary embolism. Issues of radiation dose received by patients via CT have been extensively disputed by radiologists and reported by the media. In recent years there has been considerable research performed to find ways for reducing radiation exposure from CT. Herein, we will discuss specific measures that have been shown to be valuable for CT pulmonary angiography. The limitations and the potential benefits of reduced CT peak tube kilovoltage will be detailed as this method is capable of reducing both radiation exposure and iodine load to the patient simultaneously. We discuss some of the emerging tools, which will hopefully play a significant role in wider acceptance of low-dose CT pulmonary angiography protocols.

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Previous research has revealed that a stimulus presented in the blind visual field of participants with visual hemifield defects can evoke oculomotor competition, in the absence of awareness. Here we studied three cases to determine whether a distractor in a blind hemifield would be capable of inducing a global effect, a shift of saccade endpoint when target and distractor are close to each other, in participants with lesions of the optic radiations or striate cortex. We found that blind field distractors significantly shifted saccadic endpoints in two of three participants with lesions of either the striate cortex or distal optic radiations. The direction of the effect was paradoxical, however, in that saccadic endpoints shifted away from blind field distractors, whereas endpoints shifted towards distractors in the visible hemifields, which is the normal global effect. These results provide further evidence that elements presented in the blind visual field can generate modulatory interactions in the oculomotor system, which may differ from interactions in normal vision.

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Vertebroplasty is a minimally invasive procedure with many benefits; however, the procedure is not without risks and potential complications, of which leakage of the cement out of the vertebral body and into the surrounding tissues is one of the most serious. Cement can leak into the spinal canal, venous system, soft tissues, lungs and intradiscal space, causing serious neurological complications, tissue necrosis or pulmonary embolism. We present a method for automatic segmentation and tracking of bone cement during vertebroplasty procedures, as a first step towards developing a warning system to avoid cement leakage outside the vertebral body. We show that by using active contours based on level sets the shape of the injected cement can be accurately detected. The model has been improved for segmentation as proposed in our previous work by including a term that restricts the level set function to the vertebral body. The method has been applied to a set of real intra-operative X-ray images and the results show that the algorithm can successfully detect different shapes with blurred and not well-defined boundaries, where the classical active contours segmentation is not applicable. The method has been positively evaluated by physicians.