999 resultados para Àsia del sud-est
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Lo scopo di questo lavoro di tesi si focalizza sullo studio, sia dal punto di vista analitico che da quello numerico, della conduzione del calore non stazionaria di un mezzo poroso rettangolare saturo di fluido. Per descrivere tale fenomeno sono state adoperate le equazioni di bilancio dell’energia modellate tramite la teoria del non-equilibrio termico locale, cioè una coppia di equazioni di bilancio dell’energia sia per la fase solida sia per la fase fluida, dipendenti l’una dall’altra in quanto legate dal termine generativo di interfase. La necessità di avere due equazioni di bilancio dell’energia è dovuta a una caratteristica importante dei processi di trasferimento del calore in una schiuma metallica. In questo elaborato verranno risolte numericamente le equazioni di biliancio dell’energia del non-equilibrio termico locale, tramite l’ausilio del programma di calcolo MATLAB e il suo solutore “pdepe”, indagando e proponendo una soluzione al “paradosso” introdotto da Vadazs* nel suo articolo. Tale paradosso si presenta quando si risolvono analiticamente le equazioni di bilancio dell’energia del non-equilibrio termico locale applicando due metodi differenti: il metodo di sostituzione delle variabili e il metodo di separazione delle variabili dipendenti. Dai risultati ottenuti da Vadasz emerge una discrepanza tra i due metodi in quanto uno dei due porta a predire un comportamento di equilibrio termico tra le due fasi a ogni istante di tempo, mentre l’altro predirebbe un comportamento di non-equilibrio termico locale tra le due fasi, particolarmente evidente nei primi istanti di tempo. Successivamente si è analizzato il problema di conduzione studiandone la variazione dei transitori termici del campo di temperatura della fase solida e dalla fase fluida al mutare dei parametri adimensionali che caratterizzano le equazioni di bilancio dell’energia nella sue forme adimensionalizzate.
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Lo studio presentato in questa tesi vuole riportare la ricerca e l’analisi di una nuova esperienza di utilizzo di una stampella, spinto dalla richiesta di migliorare la performance e l’interfaccia dello strumento con un paziente con rilevanti difficoltà motorie. Analizzando lo stato dell’arte e la ricerca in ambito ortopedico, la stampella risulta essere lo strumento più comunemente utilizzato in caso di riabilitazione o difficoltà motorie, ma, allo stesso tempo, comporta rischi e ulteriori danni al paziente, nel caso vi sia un uso scorretto dello strumento. Lo scopo principale del progetto è fornire un supporto, sia al paziente, sia alla terapia, tramite l’ottimizzazione e il miglioramento di alcuni elementi costituenti di una stampella e l’implementazione di un nuovo servizio. Durante lo studio sono stati sfruttati i metodi dell’ingegneria industriale, utili per le fasi di sviluppo del progetto, ma si è cercato anche di dare importanza alla user experience, riportando considerazioni e opinioni di diversi utilizzatori della stampella. Si spera che il risultato sia uno strumento funzionale, utile e soprattutto che vada incontro alle esigenze non solo dell’utente, ma anche delle figure che lo assistono, come il medico ortopedico o il fisioterapista.
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La tesi ha come obiettivo quello di analizzare l’evoluzione del settore della manutenzione edilizia e del cambiamento della politica manutentiva in relazione ai progressi portati dai nuovi strumenti informatici: facendo quindi riferimento ad uno specifico caso di studio e integrando l’utilizzo di software BIM, lo scopo è stato quello di programmare un life cycle adeguato. La prima parte della tesi delinea il cambiamento del quadro normativo dell’ambito della manutenzione e definisce lo stato dell’arte della pratica manutentiva, sia dal punto di vista tecnico e applicativo, ma anche da quello gestionale ed economico, con particolare riferimento al Maintenance Management. Nella seconda parte viene invece approfondito il caso studio di uno studentato di Atene facente parte del programma ProGETonE, definendo gli elementi che possono portare ad una corretta gestione del ciclo di vita di questo fabbricato: l’analisi parte da un approccio tradizionale, basato sul computo metrico e sulla PBS, ma si sviluppa e completa attraverso l’utilizzo di Revit e Mantus-P, con la relativa stesura finale di un piano di manutenzione. Questo processo ha portato ad evidenziare le differenze e i vantaggi che si possono trarre dal cambio di prospettiva e di strumenti nell’ambito della manutenzione edilizia.
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Il litorale emiliano romagnolo nell’ultimo secolo risulta sempre più soggetto al fenomeno dell’erosione (Arpae, 2020), incrementata dall’urbanizzazione della costa, dalla riduzione del trasporto solido fluviale e dal fenomeno della subsidenza. Il tratto di costa preso in considerazione nella tesi riguarda l’area di Cesenatico sud: esso non è tra i più critici del litorale regionale, ed è considerato come un settore relativamente stabile dal punto di vita dell’erosione costiera (Arpae, 2020). Ciò è attribuibile in parte alla presenza di barriere frangiflutti lungo tutta l’estensione del paraggio, ma soprattutto a quella del molo sud del Portocanale che intercetta il trasporto solido lungo costa avente verso sud-nord. Per contrastare l’erosione costiera vengono comunque messe in atto a scala locale una serie di “buone pratiche” di gestione del sedimento (linee guida MATTM-Regioni, 2018) come la creazione di un “argine invernale” nel retrospiaggia e lo scraping: una tecnica con la quale, tramite mezzi meccanici, viene rimosso sedimento da accumuli nella spiaggia sommersa ridepositato sulla spiaggia emersa, per aumentarne la superficie in vista dell’avvio della stagione balneare. Il monitoraggio della spiaggia emersa e sommersa è un’attività fondamentale per comprendere gli effetti associati a questi interventi, anche nell’ottica di una gestione sostenibile della costa. Nel 2020 e 2021 sono stati eseguiti a Cesenatico sud una serie di rilievi topografici e batimetrici, all’ultimo dei quali ho personalmente preso parte. I dati sono stati acquisiti con GNSS ed ecoscandaglio single-beam e poi elaborati con software GIS per ottenere mappe di quota/profondità, DTM delle differenze tra rilievi e per ricostruire i profili di spiaggia. Dalle analisi svolte è possibile cogliere i cambiamenti morfologici della spiaggia in seguito alla movimentazione del sedimento in risposta ad attività antropiche e a processi naturali (come significativi eventi di mareggiata).
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La città di Ivrea è conosciuta principalmente come il luogo di nascita del pensiero olivettiano e come punto di partenza della sua produzione, che per anni ha dominato il mercato nell’ambito tecnologico. Tutte le ideologie introdotte prima da Camillo Olivetti e, successivamente, riprese dal figlio Adriano, trovano la loro origine e sperimentazione nella crescita della città. Infatti, il suo sviluppo urbanistico ha visto la sua massima espansione nel XX secolo, diventando un punto d’incontro degli architetti razionalisti di quegli anni, che lasciarono qui alcune tra le più importanti costruzioni del modernismo e del razionalismo italiano. Eppure, non ci fu solo Olivetti: il merito dell’evoluzione della città dipese anche da altre realtà industriali e aziendali più piccole, che difficilmente vengono ricordate, viste e che, spesso sono state anche rase al suolo per dare spazio ad altre costruzioni contemporanee. Infatti, Ivrea prima di essere “città industriale del XX secolo” era conosciuta come “città del tessile”, proprio grazie alla presenza di due importanti industrie del settore: la Soie de Chatillon e la Manifattura Rossari & Varzi. L’idea progettuale nasce, quindi, dall’intento di voler riportare alla luce lo stabilimento della Manifattura Rossari & Varzi, che non solo oggi è dimenticato, ma che nasconde al suo interno una parte della storia medievale della città, il Bastion Verde. L’intervento mira a cogliere le potenzialità del luogo, non solo concentrandosi su questa realtà industriale in maniera puntuale, ma inserendola all’interno di un sistema di collegamento tra il centro storico e la sponda a sud della Dora Baltea, in modo da colmare alcune lacune attualmente presenti che non lo rendono funzionale alla città.
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Già ad uno sguardo esterno la normativa chiamata a disciplinare la condizione giuridica delle chiese cattoliche nel nostro Paese appare caratterizzata da un elevato grado di complessità: impressione che trova conferma sia con riferimento al diritto canonico, nella cui prospettiva le disposizioni appositamente dedicate ai 'loca sacra' dal Codex Iuris Canonici richiedono di essere affiancate dalle indicazioni provenienti – ai rispettivi, differenti livelli – tanto dalla Conferenza Episcopale Italiana quanto dai dicasteri della Curia romana; sia nell'ottica dell'ordinamento italiano, che agli 'edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico' riserva un'attenzione specifica, emergente nella legislazione unilaterale così come in quella pattizia. A fronte di una simile eterogeneità, sono d’altra parte note le problematiche che il tempo presente pone innanzi alle esigenze di una corretta amministrazione del patrimonio ecclesiastico – spesso pure dotato di un inestimabile valore storico-artistico –, le quali si riversano sulla preservazione stessa di tali immobili. Prendendo le mosse da questi presupposti, la trattazione si propone di effettuare una lettura sistematica delle diverse fasi in cui si articola il 'ciclo vitale' di un'ipotetica chiesa cattolica, così da ricostruire organicamente e criticamente quel quadro complessivo che permetta di formulare le soluzioni più appropriate per rispondere a questioni risalenti e sfide inedite. È quindi con questo intento che, una volta definito esattamente il concetto di chiesa-edificio, vengono ripercorsi i momenti in cui si sviluppa, anche giuridicamente, la sua esistenza: dalla pianificazione al finanziamento delle nuove costruzioni, con una speciale attenzione all'apporto che può essere offerto da parte della CEI; dagli utilizzi ammessi nel diritto canonico alle tutele garantite da parte statale; dalle misure di salvaguardia ai criteri per la loro adeguata gestione, comprendenti tanto i profili relativi alla conservazione quanto quelli riguardanti la valorizzazione; dalle implicazioni di un'eventuale riduzione a uso profano fino ai requisiti dettati per la nuova destinazione dell'immobile.
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La dimensione giuridica del tempo, cioè il ruolo del tempo nel diritto, ha contribuito a far emergere il lavoro quale concetto legale astratto dal prestatore, funzionale alla sua alienazione. Rompere l’unitarietà del tempo della persona, per consacrarne una parte al lavoro, ha dato ai rapporti di potere tra gli individui una forma giuridica in grado di legittimarli. Il primo capitolo si sofferma sulla costruzione legale del lavoro subordinato attraverso la definizione del suo tempo. Tra gli elementi essenziali del contratto tipizzato dall’art. 2094 c.c., il tempo nella causa, oltre a mostrare la non istantaneità dello scambio e la indeterminatezza del regolamento contrattuale, non assurge a criterio discretivo dalle collaborazioni o dal lavoro autonomo. Se dalla causa si passa ad indagare l’oggetto, l’interprete si imbatte nel pudore di svelare quale sia il vero elemento su cui incide il contratto, la persona del lavoratore, che induce a prediligere la finzione di allontanare l’attività dal corpo di chi la produce: l’orario è la tecnica giuridica che rende possibile la partecipazione del lavoro ad una logica di scambio. Il secondo e il terzo capitolo si concentrano sulla regolazione e interpretazione del tempo di lavoro in chiave diacronica. La legislazione lavoristica ha trovato i propri albori nella disciplina eteronoma dell’orario, come strumento per tutelare i prestatori dagli eccessi mercantilistici. L’attuale quadro normativo è molto attento alle ragioni creditorie ma la giurisprudenza della Corte di giustizia testimonia l’irrequietudine di una materia viva e in movimento. Non è un caso che il legislatore europeo, nei piccoli passi compiuti per rafforzare il diritto sociale comune agli Stati membri, abbia assegnato al tempo un ruolo centrale, come prevedibilità delle condizioni di lavoro (direttiva n. 1152 del 2019), come equilibrio tra attività professionale e vita familiare (direttiva n. 1158 del 2019) e un domani, forse, come diritto alla disconnessione.
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La schizofrenia rappresenta uno dei più grandi enigmi per l’impresa conoscitiva umana: non si conosce la sua eziologia, né le sue basi biologiche e cerebrali. Non è neanche chiaro cosa accada nell’esperienza di chi ne soffre, che sembra vivere in un mondo altro. La scarsa conoscenza dell’esperienza schizofrenica e la distanza tra questa e il senso comune hanno portato molti studiosi a inquadrare questo disturbo come illogico, irrazionale, insensato. Il presente lavoro tenta di confutare tale impostazione, mostrando come il mondo di senso dello schizofrenico si altera, non si disgrega; si trasforma, non si annulla. Il campo di studi all’interno del quale si colloca la ricerca è la semiotica, disciplina che studia i sistemi e i processi di significazione e i modi attraverso cui l’essere umano dà senso al mondo. L’intera indagine è inserita in un quadro interdisciplinare in costante dialogo con la psicopatologia fenomenologica e le scienze cognitive contemporanee, e si sviluppa a partire da numerosi testi autobiografici di pazienti schizofrenici, report psichiatrici, articoli di giornale, film e romanzi sul tema. L’ipotesi su cui si muove il lavoro è che sia possibile comprendere la schizofrenia come un problema costitutivamente semiotico, il cui nucleo è da rintracciarsi in una radicale metamorfosi delle modalità di produrre e interpretare il significato. La scommessa sottesa è che la semiotica possa contribuire in modo sostanziale alla comprensione delle modalità attraverso cui la nostra cultura concettualizza la schizofrenia e dei modi in cui gli schizofrenici danno senso al mondo. Il lavoro indaga, quindi, i legami tra schizofrenia e cultura, la storia del concetto nosografico, e le alterazioni dei processi di significazione nei casi di eloquio disorganizzato, nei racconti autobiografici e nei deliri, cercando anche di fornire strumenti utili alla pratica clinica.
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Le conseguenze del management algoritmico sui lavoratori sono note tra gli studiosi, ma poche ricerche indagano le possibilità di agency, soprattutto a livello individuale, nella gig-economy. A partire dalla quotidianità del lavoro, l’obiettivo è analizzare le forme di agency esercitate dai platform workers nel settore della logistica dell'ultimo miglio. La ricerca si basa su un'etnografia multi-situata condotta in due paesi molto distanti e riguardante due diversi servizi urbani di piattaforma: il food-delivery in Italia (Bologna, Torino) e il ride-hailing in Argentina (Buenos Aires). Nonostante le differenze, il lavoro di campo ha mostrato diverse continuità tra i contesti geografici. Innanzitutto, le tecnologie digitali giocano un ruolo ambivalente nell'ambiente di lavoro: se la tecnologia è usata dalle aziende per disciplinare il lavoro, costituisce però anche uno strumento che può essere impiegato a vantaggio dei lavoratori. Sia nel ride-hailing che nelle piattaforme di food-delivery, infatti, i lavoratori esprimono la loro agency condividendo pratiche di rimaneggiamento e tattiche per aggirare il despotismo algoritmico. In secondo luogo, la ricerca ha portato alla luce una gran varietà di attività economiche sviluppate ai margini dell'economia di piattaforma. In entrambi i casi le piattaforme intersecano vivacemente le economie informali urbane e alimentano circuiti informali di lavoro, come evidenziato dall'elevata presenza di scambi illeciti: ad esempio, vendita di account, hacking-bots, caporalato digitale. Tutt'altro che avviare un processo di formalizzazione, quindi, la piattaforma sussume e riproduce l’insieme di condizioni produttive e riproduttive dell'informalità (viração), offrendo impieghi intermittenti e insicuri a una massa di lavoratori-usa-e-getta disponibile al sottoimpiego. In conclusione, le piattaforme vengono definite come infrastrutture barocche, intendendo con il barocco tanto la natura ibrida dell'azione che mescola forme di neoliberismo-dal-basso con pratiche di solidarietà tra pari, quanto la progressiva ristrutturazione dei processi di accumulazione all’insegna di una rinnovata interdipendenza tra formale e informale nelle infrastrutture del «mondo a domicilio».
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La segregazione nel mercato del lavoro ha dimostrato di essere un fenomeno molto regolare. Osservando i principali indicatori sintetici, troveremo che circa la metà della forza lavoro femminile dovrebbe cambiare lavoro per potersi distribuire fra le professioni nello stesso modo degli uomini, un dato che negli ultimi decenni non sembra essere cambiato. La ricerca si è concentrata sulla socializzazione e come le strutture influenzano l'agency quando le persone pianificano le loro carriere. Tuttavia, riteniamo sia stato ignorato il ruolo della classe occupazionale d'impiego nel dare forma alla segregazione. Facendo riferimento a Bourdieu, la tesi svolge un'analisi empirica su cinque classi occupazionali: dirigenti, professioni intellettuali, tecnici, colletti blu, e professioni non qualificate e dei servizi, stimando modelli logit per calcolare le probabilità delle donne di accedere alle professioni male-dominated, dove gli uomini sono più dei due terzi della forza lavoro. Di particolare interesse è il ruolo della scelta di perseguire un'istruzione STEM e come il campo di studio moderi la relazione fra genere e probabilità di accedere ad una professione male-dominated. I risultati mostrano differenze rilevanti fra le classi occupazionali, e anche fra diversi tipi di campi di studio STEM, suggerendo che la segregazione sia un fenomeno a geometrie variabili che può essere "spezzata" più facilmente in alcune classi rispetto ad altre.
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La tesi colloca il corpo vissuto al centro dei processi di mobilitazione della cittadinanza globale. Riporta le fasi e i risultati di una Grounded Theory che mira a indagare come si sviluppano e prendono forma i processi di attivazione. I dati sono stati raccolti attraverso interviste a giovani attivisti appartenenti a organizzazioni della società civile impegnate in questioni globali. Da questa analisi emerge un modello che descrive l'emergere dell'attivazione come conseguenza concomitante di diversi processi: l'appartenenza dei soggetti a gruppi eterogenei e le loro esperienze di contatto diretto con l'ingiustizia sociale, entrambi visti come scambi incarnati che consentono la costruzione di nuovi orizzonti di significato; insieme queste co-occorrenze si combinano con un’azione conseguente. L'azione rafforza quindi sia la costruzione del significato sia l'appartenenza al gruppo stesso. Infine, la teoria emergente viene approfondita attraverso la discussione di dati provenienti da alcuni contesti educativi formali (scuole). L'intera ricerca mira a esplorare la transizione dalle teorie dell'educazione globale alla partecipazione attiva, la sua ambizione e il suo possibile contributo vanno verso la valorizzazione dei processi educativi incarnati volti a promuovere la mobilitazione.
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Scopo Confrontare il trattamento transcatetere (TAVI) balloon-expandable con il trattamento chirurgico di sostituzione valvolare aortica (AVR) della stenosi valvolare aortica severa (SVAS) nella pratica clinica real world. Materiali e metodi Nel decennio 2010-2020, 1486 pazienti con SVAS isolata sono stati sottoposti a AVR (n=1049) o TAVI balloon-expandable (n=437) presso Hesperia Hospital Modena. Sono stati analizzati la Mortality nell’intera popolazione e gli episodi di ricovero cardiovascolare nei 5 anni precedenti e durante il follow-up nella popolazione residente in Emilia Romagna (n=1196) al momento della procedura (AVR n=879, TAVI balloon-expandable n=317). Risultati La popolazione TAVI è risultata mediamente più anziana di quella AVR (età media 82.2 vs. 72.7 anni) e maggiormente gravata da comorbidità. L’In-hospital mortality è stata del 1.4% nella AVR e 2.1% nella TAVI (pNS). La sopravvivenza a 5 anni è stata del 85.74% nella AVR e del 59.45% nella TAVI, con la TAVI come fattore predittivo di All-cause mortality (HR 1.44 95%CI 1.14-1.82). La riospedalizzazione per Heart Failure a 5 anni è stata del 20.6% per AVR e 51.3% per TAVI, con dialisi preoperatoria (HR 5.67 95%CI 3.06-10.49) come principale fattore predittivo. Il tasso di All Stroke a 5 anni è stato del 3.7% nella AVR e del 7.5% nella TAVI, con fibrillazione atriale preoperatoria come principale fattore predittivo (HR 1.91 95%CI 1.06-3.45). Il tasso di angioplastica coronarica percutanea (PCI) a 5 anni è stato del 3.1% sia nella AVR che nella TAVI, con previous PCI come principale fattore predittivo (HR 4.86 95%CI 2.57-9.21). L’impianto di pacemaker a 30 giorni è stato del 2.9% nella AVR e 3.4% nella TAVI (pNS). Conclusioni Nella pratica clinica real-world 2010-2020 di un centro cardiochirurgico a medio volume, la TAVI balloon-expandable ha mostrato una eccellente performance a 30 giorni in confronto con la AVR, che invece ha evidenziato una migliore performance durante follow-up.
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La presente tesis doctoral pretende avanzar en el conocimiento sobre las cláusulas sobre seguro insertas en los contratos de utilización del buque, así como las consecuencias que su inclusión está llamada a tener sobre las relaciones entre las partes de tales contratos, particularmente, en materia de responsabilidad; sobre las que se produzcan entre dichas partes y el o los aseguradores, tanto del casco y la maquinaria como de la responsabilidad civil frente a terceros; y sobre el derecho del asegurador que haya satisfecho una indemnización a subrogarse en las acciones que pudieran asistir a su asegurado frente a las demás partes involucradas en el entramado contractual y frente a terceros ajenos a él.
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La ricerca si prefigge di indagare sulla donna che commette reato nel corso dell’intera esperienza giuridica romana. Attraverso l’analisi delle fonti, con speciale riferimento a quelle letterarie, vengono analizzati i singoli illeciti in cui la donna stessa poteva assumere la qualifica di soggetto attivo, che danno luogo a un nutrito catalogo di fattispecie attinenti alla sfera sessuale, per quanto non manchino casi di maiestas e, più in generale, di cospirazione contro il principe. Nella presente ricerca si tenta dunque di investigare, proprio a partire dalla peculiare condizione riconosciuta alla donna all’interno della società romana, la sua dimensione ‘pubblica’, che sarebbe stata lesa con la commissione dell’illecito giacché la rea, in questo modo, avrebbe sovente compromesso un valore superindividuale, ossia la pudicitia. È proprio la lesione di siffatto principio, tale da assumere un ruolo centrale nel quadro dell’etica sessuale degli antichi romani, a giustificare la repressione degli illeciti femminili nella forma del crimen: non deve dunque meravigliare che la mulier, venuta meno all’onore familiare, sia sanzionata pubblicamente, potendosi intendere i reati dalla stessa commessi alla stregua di ‘attentati alla res publica’.
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La ricerca affronta la questione della punizione nella prospettiva del diritto costituzionale nazionale integrata con quella del diritto europeo dei diritti dell’uomo. Nella Parte I è sostenuta la tesi secondo cui la trasformazione della Costituzione penale avviata sotto l’influsso della giurisprudenza CEDU rappresenta complessivamente un avanzamento nel processo di costituzionalizzazione del potere punitivo. Questa conclusione è supportata attraverso un confronto della filosofia costituzionale classica sulla punizione con i diversi approcci interpretativi alla Costituzione penale sviluppati durante il XX secolo (approcci tradizionale, costituzionalistico ed EDU). Nella Parte II è invece sostenuta la tesi secondo cui, nonostante gli effetti positivi dell’armonizzazione sovranazionale, lo statuto costituzionale della punizione dovrebbe comunque rimanere formalmente autonomo dal diritto EDU. Non solo, infatti, nessun paradigma dei rapporti interordinamentali finora sviluppato può giustificarne un’integrazione totale, ma essa rischierebbe anche di diminuire la normatività dell’aspetto sociale della Costituzione penale, già ipocostituzionalizzato rispetto a quello liberale. Nella Conclusione sono quindi sviluppati gli elementi fondamentali di un approccio interpretativo alternativo alla Costituzione penale che risponda meglio di quelli esistenti alle esigenze sia di garantire la massima costituzionalizzazione della punizione sia di facilitare l’integrazione sovranazionale. In base a un simile approccio costituzionalmente fondato, sostanzialista, rights-based e inclusivo di tutte le ideologie costituenti, la Costituzione potrebbe essere letta nel senso di prevedere un modello di disciplina unitario per tutte le forme di esercizio del potere punitivo (salvo quello disciplinare, distinguibile sotto l’aspetto istituzionale) caratterizzato da: una riserva di legge a intensità variabile; uno scrutinio stretto della Corte sulla giustificabilità costituzionale della pena; l’estensione dell’ambito di applicazione dei principi di colpevolezza e rieducazione; un pieno sviluppo degli aspetti di garanzia collettiva dei classici principi costituzionalpenalistici (obblighi di tutela penale e garanzia dell’effettiva collocazione della pena in capo al soggetto colpevole), nonché derivabili dall’art. 3 Cost. (proporzionalità della pena alle condizioni materiali del soggetto punito).