959 resultados para emissione spontanea,emissione stimolata,schema a quattro livelli,atomi,fotoni,Olografia


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La Pialassa Baiona è una laguna sottoposta a diversi vincoli normativi, visto il suo inquadramento tra le aree SIC e ZPS, e soggetta a diverse sorgenti di disturbo antropico, più intense negli anni ‘50-‘70. Questa tesi si propone lo scopo di valutare il rischio associato ai metalli bivalenti presenti nei sedimenti della Pialassa Baiona attraverso tre approcci: il primo riguarda la determinazione della frazione biodisponibile dei metalli presenti nei sedimenti attraverso la determinazione dei solfuri acidi volatili (AVS) e dei metalli simultaneamente estraibili (SEM), nonché la valutazione della potenziale tossicità dei sedimenti attraverso la valutazione del rapporto molare SEM/AVS, il secondo approccio considera invece il contenuto pseudo totale dei metalli bivalenti (Cd, Cu, Ni, Pb e Zn) e il loro confronto sia con i valori tipici di fondo naturale del Mar Adriatico che con i valori guida di riferimento internazionale (Threshold Effect Level, TEL e Probable Effect Level, PEL) al fine di valutare lo stato di qualità dei sedimenti della zona d’indagine. Il terzo approccio considera l’influenza del gradiente naturale terra-mare tipico delle zone di transizione e del gradiente antropico legato alla vicinanza dell’area industriale alla Pialassa Baiona, sulla distribuzione spaziale dei metalli oggetto di questo studio. I risultati ottenuti evidenziano che l’area più prossima alla zona industriale e al contempo più lontana dall’effetto del ricambio delle acque e di dilavamento ad opera del mare, è risultata quella con livelli significativamente più elevati per la maggior parte dei metalli analizzati. Questo permette di ipotizzare un’influenza diretta delle sorgenti di inquinanti, ma anche un effetto dispersivo della circolazione. Gli AVS hanno invece evidenziato un gradiente terra-mare; ciò comporta che nelle zone più prossime all’influenza del mare si sono riscontrate concentrazioni minori di AVS. La valutazione della potenziale tossicità dei metalli in termini di rapporto SEM/AVS non ha evidenziato la presenza di siti a rischio per il biota acquatico, se non per un unico sito prossimo all’area industriale.

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Il progetto prevede l’applicazione dell’analisi del ciclo di vita al sistema integrato di raccolta, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati. La struttura di una LCA (Life Cycle Assessment) è determinata dalla serie di norme UNI EN ISO 14040 e si può considerare come “un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi energetici e ambientali relativi a un processo o un’attività, effettuato attraverso l’identificazione dell’energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. La valutazione include l’intero ciclo di vita del processo o attività, comprendendo l’estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale”. Questa definizione si riassume nella frase “ from cradle to grave” (dalla culla alla tomba). Lo scopo dello studio è l’applicazione di una LCA alla gestione complessiva dei rifiuti valutata in tre territori diversi individuati presso tre gestori italiani. Due di questi si contraddistinguono per modelli di raccolta con elevati livelli di raccolta differenziata e con preminenza del sistema di raccolta domiciliarizzato, mentre sul territorio del terzo gestore prevale il sistema di raccolta con contenitori stradali e con livelli di raccolta differenziata buoni, ma significativamente inferiori rispetto ai Gestori prima descritti. Nella fase iniziale sono stati individuati sul territorio dei tre Gestori uno o più Comuni con caratteristiche abbastanza simili come urbanizzazione, contesto sociale, numero di utenze domestiche e non domestiche. Nella scelta dei Comuni sono state privilegiate le realtà che hanno maturato il passaggio dal modello di raccolta a contenitori stradali a quello a raccolta porta a porta. Attuata l’identificazione delle aree da sottoporre a studio, è stato realizzato, per ognuna di queste aree, uno studio LCA dell’intero sistema di gestione dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento e riciclaggio dei rifiuti urbani e assimilati. Lo studio ha posto anche minuziosa attenzione al passaggio dal sistema di raccolta a contenitori al sistema di raccolta porta a porta, evidenziando il confronto fra le due realtà, nelle fasi pre e post passaggio, in particolare sono stati realizzati tre LCA di confronto attraverso i quali è stato possibile individuare il sistema di gestione con minori impatti ambientali.

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Lo sviluppo della medicina ha determinato un utilizzo sempre crescente di sostanze farmacologiche, le quali una volta escrete dagli organismi raggiungono le acque dei fiumi e dei laghi, per arrivare poi all’ambiente marino costiero, che ne risulta sempre maggiormente contaminato. Negli organismi non bersaglio esposti ai residui dei farmaci in ambiente, queste sostanze potrebbero indurre effetti simili a quelli specifici nel caso i bersagli molecolari siano stati conservati durante l’evoluzione, oppure avere effetti inattesi se i bersagli molecolari sono conservati ma hanno una differente funzione. Questo lavoro di tesi è volto a studiare i potenziali effetti indotti dalla fluoxetina (FX, farmaco antidepressivo inibitore dell’uptake della serotonina), e dal propranololo (PROP, farmaco bloccante sia dei recettori β-adrenergici che serotoninergici nell’uomo) nei mitili Mytilus galloprovincialis, esposti a tali sostanze, valutandone l’interazione con i meccanismi di trasduzione del segnale AMPc-dipendente. Sono stati valutati in particolare i livelli di AMPc e l’attività dell’enzima PKA, inoltre si è studiato se i farmaci influiscano con i meccanismi di regolazione del gene ABCB1, che codifica per la P-glicoproteina (Pgp), che ha il compito di estrudere all’esterno della cellula gli xenobiotici che vi sono entrati. Gli studi sono stati condotti dopo esposizione dei mitili in vivo ai due farmaci ed alla loro miscela per 7 giorni in acquario. I risultati hanno indicato che la FX causa una diminuzione statisticamente significativa dei livelli di AMPc, dell’attività della PKA e anche dell’espressione del gene ABCB1 rispetto al controllo, sia nel mantello che nella ghiandola digestiva. Nella ghiandola digestiva il PROP provoca una significativa riduzione dei livelli di AMPc, dell’attività della PKA e dell’espressione del gene ABCB1 rispetto ai valori di controllo. Nel mantello, invece, il PROP aumenta i livelli di AMPc e l’espressione del gene ABCB1, anche se non ha effetti significativi sull’attività della PKA. Per caratterizzare i recettori per la serotonina (5HT), e il possibile ruolo di antagonista giocato dal PROP, abbiamo inoltre trattato in vitro emociti di mitilo con la 5HT l’agonista fisiologico del recettore, usata da sola ed in presenza del PROP. I dati ottenuti dimostrano che negli emociti di mitilo sono espressi recettori 5HT1 accoppiati a proteine G inibitrici, e che il PROP blocca l’effetto della 5HT, agendo come antagonista dei recettori 5HT1. Nell’insieme i dati dimostrano che i farmaci possono avere effetti sugli organismi acquatici anche a concentrazioni molto basse come quelle ambientali. I dati della tesi non dimostrano che PROP e FX hanno effetti deleteri sulle popolazioni o le comunità dei molluschi, ma debbono essere considerati come indicatori della vulnerabilità degli animali a questi composti. Si è dimostrato per la prima volta che gli emociti di mitilo possiedono recettori di tipo 5HT1 correlati alla riduzione dei livelli intracellulari di AMPc, e soprattutto che il sistema AMPc/PKA è deputato alla regolazione dell’espressione dei geni ABCB1 codificanti per proteine del complesso Multi Xenobiotic Resistance.

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La presente ricerca prende in esame le dinamiche archeologiche e storiche della regione egiziana del Fayyum durante il Nuovo Regno (1552 – 1069 a.C.). L’elaborato è suddiviso in quattro parti: la prima analizza tutti i contesti archeologici che hanno restituito materiale databile al Bronzo Tardo, la seconda riguarda, invece, la catalogazione di tutti i documenti iscritti provenienti dalla regione e databili al medesimo periodo. La terza parte rappresenta la sintesi dei dati acquisiti nelle due precedenti sezioni e descrive il divenire storico regionale tra XVIII, XIX e XX dinastia, mentre la quarta parte, un’appendice prosopografica, chiude l’intero studio. I contesti archeologici fayyumici che hanno restituito materiale databile al Bronzo Tardo sono solamente sette: Gurob, el-Lahun, Haraga, Hawara, Medinet Madi, Shedet e Tebtynis. La distribuzione della documentazione tende a concentrarsi, dal punto di vista territoriale nell’area d’ingresso della regione, mentre dal punto di vista cronologico sono molto ben attestate la seconda metà dell’epoca thutmoside, l’età amarniana e la prima parte dell’epoca ramesside. Per quanto la documentazione regionale pertinente al Nuovo Regno sia estremamente rarefatta, soprattutto se paragonata a quella contestualizzabile cronologicamente ad altri periodi storici, un’attenta analisi delle testimonianze porta a collocare il Fayyum in una fitta trama di rapporti politici, economici e militari non solo con il resto del Paese ma anche con altre aree geografiche, esterne all’Egitto.

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The field of research of this dissertation concerns the bioengineering of exercise, in particular the relationship between biomechanical and metabolic knowledge. This relationship can allow to evaluate exercise in many different circumstances: optimizing athlete performance, understanding and helping compensation in prosthetic patients and prescribing exercise with high caloric consumption and minimal joint loading to obese subjects. Furthermore, it can have technical application in fitness and rehabilitation machine design, predicting energy consumption and joint loads for the subjects who will use the machine. The aim of this dissertation was to further understand how mechanical work and metabolic energy cost are related during movement using interpretative models. Musculoskeletal models, when including muscle energy expenditure description, can be useful to address this issue, allowing to evaluate human movement in terms of both mechanical and metabolic energy expenditure. A whole body muscle-skeletal model that could describe both biomechanical and metabolic aspects during movement was identified in literature and then was applied and validated using an EMG-driven approach. The advantage of using EMG driven approach was to avoid the use of arbitrary defined optimization functions to solve the indeterminate problem of muscle activations. A sensitivity analysis was conducted in order to know how much changes in model parameters could affect model outputs: the results showed that changing parameters in between physiological ranges did not influence model outputs largely. In order to evaluate its predicting capacity, the musculoskeletal model was applied to experimental data: first the model was applied in a simple exercise (unilateral leg press exercise) and then in a more complete exercise (elliptical exercise). In these studies, energy consumption predicted by the model resulted to be close to energy consumption estimated by indirect calorimetry for different intensity levels at low frequencies of movement. The use of muscle skeletal models for predicting energy consumption resulted to be promising and the use of EMG driven approach permitted to avoid the introduction of optimization functions. Even though many aspects of this approach have still to be investigated and these results are preliminary, the conclusions of this dissertation suggest that musculoskeletal modelling can be a useful tool for addressing issues about efficiency of movement in healthy and pathologic subjects.

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‘Una volta costruita, tuttavia, l’architettura è sottoposta ai mutamenti dovuti all’azione corruttrice del tempo, all’aggressione dell’ambiente all’uso e alle manipolazioni umane. La Natura, depredata delle sue forme, cerca di riappropriarsi di ciò che le è stato tolto’. B. Paolo Torsello Le parole di B. Paolo Torsello descrivono fedelmente ciò che è avvenuto al complesso di Carpineta una volta terminata la sua funzione di sede estiva del Seminario di Cesena negli anni Sessanta. Il fine del nostro progetto è la conoscenza e la rivalutazione, fare rivivere un luogo dall’evidente interesse culturale e paesaggistico ormai abbandonato da tempo, che pur essendo a breve distanza da un centro importante come Cesena, risulta dimenticato dai più. La complessità dell’oggetto è stata al contempo una difficoltà, nella fase iniziale di approccio al tema nel tentativo di capire come far dialogare elementi eterogenei tra loro, per poi rivelarsi, la vera forza del progetto, permettendoci una certa libertà di azione, sempre nel rispetto della preesistenza e dei caratteri del territorio. L’intervento è stato pensato innanzitutto dai dati storici la cui ricerca e successiva analisi ha permesso di capire le dinamiche di evoluzione dell’edificio, della cinta muraria e del parco dalle quali è scaturito come naturale conseguenza. Il nostro progetto prevede il recupero dell’intero complesso tramite un adeguato intervento di restauro finalizzato alla conservazione delle mura ancora visibili e del palazzo, la sistemazione del parco esistente che ne permetta una maggiore fruizione e ne valorizzi il grande pregio paesaggistico, una nuova destinazione d’uso come struttura ricettiva, rispettando il carattere dell’edificio, e l’inserimento di un corpo nuovo che ricrei la volumetria dell’antico torrione scomparso da secoli senza volerne imitare la forma, ma creando un necessario collegamento tra i diversi livelli di progetto. Il restauro, enunciato come il fine, si pone, di fatto, come la fine della conoscenza B. Paolo Torsello

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Chiunque visiti il Castello di Sorrivoli, può percepire lo straordinario valore testimoniale di questo monumento, dall’aspetto “venerando e pittoresco”, che racchiude in sé quasi mille anni di storia. Il continuo utilizzo del castello, le piccole opere di manutenzione e le campagne di restauro hanno garantito la trasmissione al presente di apparati tipici dell’architettura bellica medievale e del palatium residenziale, ma soprattutto hanno reso possibile leggere parte di questi mille anni direttamente sulla fabbrica. Quello che invece colpisce negativamente è come il castello abbia dovuto adattarsi alle nuove funzioni, imposte aprioristicamente negli ultimi decenni e non viceversa. Spazi straordinari sono stati compromessi, gran parte delle sale sono utilizzate come deposito e le ali del castello, che non possono essere ragionevolmente sfruttate dalla comunità religiosa, si trovano in uno stato di conservazione pessimo, mettendo così a repentaglio la possibilità di continuare questa traditio, intesa col significato latino di tradere ai posteri la memoria del castello. L’approccio alla fabbrica richiedeva dunque, oltre agli interventi sui paramenti, una nuova destinazione d’uso che, coinvolgendo tutto il castello, ne valorizzasse le spazialità e soprattutto permettesse la conservazione di tutte le sue parti costitutive. In secondo luogo, la nuova ipotesi aspirava a confrontarsi con una situazione realistica e sostenibile dal punto di vista della gestione del complesso. Dopo aver valutato quelle che erano le opportunità offerte dal territorio e le vocazioni d’uso del castello stesso, è quindi emersa la necessità di avere due livelli di fruizione, uno che permettesse a tutti di conoscere e visitare il castello e le sue parti più significative e il secondo più materiale, legato alla presenza di tutti quei servizi che rendono confortevole la permanenza delle persone. Per queste ragioni il percorso ha inizio nel parco, con una lettura complessiva del monumento; prosegue, attraverso la postierla, nel piano interrato, dove è allestito un museo virtuale che narra, in maniera interattiva, la storia del castello e termina sulla corte, dove il nuovo volume, che ripropone la spazialità dell’ala crollata, permette di comprendere i legami intrinseci col territorio circostante. La torre centrale assume infine il ruolo di punto culminante di questa ascesa verso la conoscenza del castello, diventando un luogo metaforico di meditazione e osservazione del paesaggio. Il piano terra e il piano primo dell’antico palatium ospitano invece una struttura ricettiva, che aspirando ad un’elevata qualità di servizi offerti, è dotata di punto vendita e degustazione di prodotti tipici e sala conferenze. La scelta di ricostruire l’ala crollata invece, non vuol essere un gesto autografo, ma deriva dall’esigenza di far funzionare al meglio il complesso sistema del castello; sono stati destinati al volume di nuova edificazione quei servizi necessari che però non erano compatibili con la fabbrica antica e soprattutto si è cercato di dar conclusione al racconto iniziato nel giardino. In tal senso la valorizzazione del castello si articola come un percorso di conoscenza che si pone come scopo primario la conservazione del monumento, senza però negare l’innovazione legata alla contemporaneità dell’intervento e alla volontà di volerlo includere in una più ampia dinamica territoriale.

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I RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) costituiscono un problema prioritario a livello europeo per quanto riguarda la loro raccolta, stoccaggio, trattamento, recupero e smaltimento, essenzialmente per i seguenti tre motivi: Il primo riguarda le sostanze pericolose contenute nei RAEE. Tali sostanze, nel caso non siano trattate in modo opportuno, possono provocare danni alla salute dell’uomo e all’ambiente. Il secondo è relativo alla vertiginosa crescita relativa al volume di RAEE prodotti annualmente. La crescita è dovuta alla continua e inesorabile commercializzazione di prodotti elettronici nuovi (è sufficiente pensare alle televisioni, ai cellulari, ai computer, …) e con caratteristiche performanti sempre migliori oltre all’accorciamento del ciclo di vita di queste apparecchiature elettriche ed elettroniche (che sempre più spesso vengono sostituiti non a causa del loro malfunzionamento, ma per il limitato livello di performance garantito). Il terzo (ed ultimo) motivo è legato all’ambito economico in quanto, un corretto trattamento dei RAEE, può portare al recupero di materie prime secondarie (alluminio, ferro, acciaio, plastiche, …) da utilizzare per la realizzazione di nuove apparecchiature. Queste materie prime secondarie possono anche essere vendute generando profitti considerevoli in ragione del valore di mercato di esse che risulta essere in costante crescita. Questo meccanismo ha portato a sviluppare un vasto quadro normativo che regolamenta tutto l’ambito dei RAEE dalla raccolta fino al recupero di materiali o al loro smaltimento in discarica. È importante inoltre sottolineare come lo smaltimento in discarica sia da considerarsi come una sorta di ‘ultima spiaggia’, in quanto è una pratica piuttosto inquinante. Per soddisfare le richieste della direttiva l’obiettivo dev’essere quello di commercializzare prodotti che garantiscano un minor impatto ambientale concentrandosi sul processo produttivo, sull’utilizzo di materiali ‘environmentally friendly’ e sulla gestione consona del fine vita. La Direttiva a livello europeo (emanata nel 2002) ha imposto ai Paesi la raccolta differenziata dei RAEE e ha definito anche un obiettivo di raccolta per tutti i suoi Stati Membri, ovvero 4 kg di RAEE raccolti annualmente da ogni abitante. Come riportato di seguito diversi paesi hanno raggiunto l’obiettivo sopra menzionato (l’Italia vi è riuscita nel 2010), ma esistono anche casi di paesi che devono necessariamente migliorare il proprio sistema di raccolta e gestione dei RAEE. Più precisamente in Italia la gestione dei RAEE è regolamentata dal Decreto Legislativo 151/2005 discusso approfonditamente in seguito ed entrato in funzione a partire dal 1° Gennaio 2008. Il sistema italiano è basato sulla ‘multi consortilità’, ovvero esistono diversi Sistemi Collettivi che sono responsabili della gestione dei RAEE per conto dei produttori che aderiscono ad essi. Un altro punto chiave è la responsabilità dei produttori, che si devono impegnare a realizzare prodotti durevoli e che possano essere recuperati o riciclati facilmente. I produttori sono coordinati dal Centro di Coordinamento RAEE (CDC RAEE) che applica e fa rispettare le regole in modo da rendere uniforme la gestione dei RAEE su tutto il territorio italiano. Il documento che segue sarà strutturato in quattro parti. La prima parte è relativa all’inquadramento normativo della tematica dei RAEE sia a livello europeo (con l’analisi della direttiva ROHS 2 sulle sostanze pericolose contenute nei RAEE e la Direttiva RAEE), sia a livello italiano (con un’ampia discussione sul Decreto Legislativo 151/2005 e Accordi di Programma realizzati fra i soggetti coinvolti). La seconda parte tratta invece il sistema di gestione dei RAEE descrivendo tutte le fasi principali come la raccolta, il trasporto e raggruppamento, il trattamento preliminare, lo smontaggio, il riciclaggio e il recupero, il ricondizionamento, il reimpiego e la riparazione. La terza definisce una panoramica delle principali metodologie di smaltimento dei 5 raggruppamenti di RAEE (R1, R2, R3, R4, R5). La quarta ed ultima parte riporta i risultati a livello italiano, europeo ed extra-europeo nella raccolta dei RAEE, avvalendosi dei report annuali redatti dai principali sistemi di gestione dei vari paesi considerati.

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Questo elaborato si pone l'obiettivo di analizzare e valutare la sostenibilità dell'intera filiera dell'olio di palma, che viene importato da paesi del Sud Est asiatico per essere utilizzato in Europa per scopi sia energetici che alimentari. Nell'introduzione è inquadrata la problematica dei biocombustibili e degli strumenti volontari che possono essere utilizzati per garantire ed incentivare la sostenibilità in generale e dei biocombustibili; è presente inoltre un approfondimento sull'olio di palma, sulle sue caratteristiche e sulla crescita che ha subito negli ultimi anni in termini di produzione e compra/vendita. Per questa valutazione sono stati impiegati tre importanti strumenti di analisi e certificazione della sostenibilità, che sono stati applicati ad uno specifico caso di studio: l'azienda Unigrà SpA. La certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) è uno strumento volontario per la garanzia della sostenibilità della filiera dell'olio di palma in termini economici (vitalità nel mercato), ambientali (risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra o GHG, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità) e sociali (preservazione delle comunità locali e miglioramento nella gestione delle aree di interesse). La Global Reporting Initiative è un'organizzazione che prevede la redazione volontaria di un documento chiamato bilancio di sostenibilità secondo delle linee guida standardizzate che permettono alle organizzazioni di misurare e confrontare le loro performance economiche, sociali e ambientali nel tempo. La Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (Renewable Energy Directive o RED) è invece uno strumento cogente nel caso in cui le organizzazioni intendano utilizzare risorse rinnovabili per ottenere incentivi finanziari. A seguito di un calcolo delle emissioni di GHG, le organizzazioni devono dimostrare determinate prestazioni ambientali attraverso il confronto con delle soglie presenti nel testo della Direttiva. Parallelamente alla valutazione delle emissioni è richiesto che le organizzazioni aderiscano a dei criteri obbligatori di sostenibilità economica, ambientale e sociale, verificabili grazie a degli schemi di certificazione che rientrano all'interno di politiche di sostenibilità globale. Questi strumenti sono stati applicati ad Unigrà, un'azienda che opera nel settore della trasformazione e della vendita di oli e grassi alimentari, margarine e semilavorati destinati alla produzione alimentare e che ha recentemente costruito una centrale da 58 MWe per la produzione di energia elettrica, alimentata in parte da olio di palma proveniente dal sud-est asiatico ed in parte dallo scarto della lavorazione nello stabilimento. L'adesione alla RSPO garantisce all'azienda la conformità alle richieste dell'organizzazione per la commercializzazione e la vendita di materie prime certificate RSPO, migliorando l'immagine di Unigrà all'interno del suo mercato di riferimento. Questo tipo di certificazione risulta importante per le organizzazioni perché può essere considerato un mezzo per ridurre l'impatto negativo nei confronti dell'ambiente, limitando deforestazione e cambiamenti di uso del suolo, oltre che consentire una valutazione globale, anche in termini di sostenibilità sociale. Unigrà ha visto nella redazione del bilancio di sostenibilità uno strumento fondamentale per la valutazione della sostenibilità a tutto tondo della propria organizzazione, perché viene data uguale rilevanza alle tre sfere della sostenibilità; la validazione esterna di questo documento ha solo lo scopo di controllare che le informazioni inserite siano veritiere e corrette secondo le linee guida del GRI, tuttavia non da giudizi sulle prestazioni assolute di una organizzazione. Il giudizio che viene dato sulle prestazioni delle organizzazioni e di tipo qualitativo ma non quantitativo. Ogni organizzazione può decidere di inserire o meno parte degli indicatori per una descrizione più accurata e puntuale. Unigrà acquisterà olio di palma certificato sostenibile secondo i principi previsti dalla Direttiva RED per l'alimentazione della centrale energetica, inoltre il 10 gennaio 2012 ha ottenuto la certificazione della sostenibilità della filiera secondo lo schema Bureau Veritas approvato dalla Comunità Europea. Il calcolo delle emissioni di tutte le fasi della filiera dell'olio di palma specifico per Unigrà è stato svolto tramite Biograce, uno strumento di calcolo finanziato dalla Comunità Europea che permette alle organizzazioni di misurare le emissioni della propria filiera in maniera semplificata ed adattabile alle specifiche situazioni. Dei fattori critici possono però influenzare il calcolo delle emissioni della filiera dell'olio di palma, tra questi i più rilevanti sono: cambiamento di uso del suolo diretto ed indiretto, perché possono provocare perdita di biodiversità, aumento delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti di riserve di carbonio nel suolo e nella biomassa vegetale, combustione delle foreste, malattie respiratorie, cambiamenti nelle caratteristiche dei terreni e conflitti sociali; presenza di un sistema di cattura di metano all'oleificio, perché gli effluenti della lavorazione non trattati potrebbero provocare problemi ambientali; cambiamento del rendimento del terreno, che può influenzare negativamente la resa delle piantagioni di palma da olio; sicurezza del cibo ed aspetti socio-economici, perché, sebbene non inseriti nel calcolo delle emissioni, potrebbero provocare conseguenze indesiderate per le popolazioni locali. Per una valutazione complessiva della filiera presa in esame, è necessario ottenere delle informazioni puntuali provenienti da paesi terzi dove però non sono di sempre facile reperibilità. Alla fine della valutazione delle emissioni, quello che emerge dal foglio di Biograce e un numero che, sebbene possa essere confrontato con delle soglie specifiche che descrivono dei criteri obbligatori di sostenibilità, non fornisce informazioni aggiuntive sulle caratteristiche della filiera considerata. È per questo motivo che accanto a valutazioni di questo tipo è necessario aderire a specifici criteri di sostenibilità aggiuntivi. Il calcolo delle emissioni dell'azienda Unigrà risulta vantaggioso in quasi tutti i casi, anche considerando i fattori critici; la certificazione della sostenibilità della filiera garantisce l'elevato livello di performance anche nei casi provvisti di maggiore incertezza. L'analisi del caso Unigrà ha reso evidente come l'azienda abbia intrapreso la strada della sostenibilità globale, che si traduce in azioni concrete. Gli strumenti di certificazione risultano quindi dei mezzi che consentono di garantire la sostenibilità della filiera dell'olio di palma e diventano parte integrante di programmi per la strategia europea di promozione della sostenibilità globale. L'utilizzo e l'implementazione di sistemi di certificazione della sostenibilità risulta per questo da favorire.

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Il nostro studio è incentrato sul confronto fra l’Unione Europea e il Mercado Común del Sur (Mercosur, particolarmente, in relazione a due aspetti: (i) aspetto giuridico-strutturale e, (ii) aspetto giurisprudenziale. L’obiettivo principale di tale confronto è quello di tracciare un parallelismo tra i due sistemi d’integrazione in modo da comprendere il livello d’integrazione e di efficienza del Mercosur in relazione ad un parametro ineludibile in materia quale è l’Unione Europea. Con tale obiettivo, il lavoro è stato suddiviso in quattro capitoli che mettono a fuoco aspetti molto precisi dei sistemi d’integrazione regionale. Il Capitolo I Diritto e integrazione nell’ambito del Mercosur, ha una funzione introduttiva al sistema mercosurino e funge da asse dell’intera tesi dato che illustra le origini del Mercosur, le sue istituzioni, i suoi fini ed obiettivi e, da ultimo, l’attuale assetto istituzionale del medesimo ed ipotizza i suoi possibili sviluppi futuri. Nel Capitolo II, L’evoluzione del diritto del Mercosur alla luce del primo parere consultivo del Tribunal Permanente de Revisión, è analizzato il primo parere emesso dai Tribunali mercosurini – nell’anno 2007. Vengono delineati gli elementi che caratterizzano tali pareri mercosurini e vengono altresì messi in evidenza gli aspetti di convergenza con i rinvii pregiudiziali della Corte di giustizia e quelli che, invece, rappresentano elementi di profonda divergenza. Attraverso l’analisi del Parere 1/2007 ci proponiamo in primo luogo di mettere a fuoco specifici spunti giuridici rintracciabili nella sua motivazione che ci permetteranno di dare una reale dimensione al Diritto mercosurino. In secondo luogo, ci proponiamo di mettere in evidenza il fondamentale ruolo che possono acquisire i pareri emessi dal Tribunal Permanente de Revisión nello sviluppo dell’intero sistema giuridico ed istituzionale del Mercosur. Nel capitolo successivo, Un caso di conflitto di giurisdizione, abbiamo voluto studiare una particolare controversia che, curiosamente, è stata affrontata e risolta da differenti organi giurisdizionali con competenze materiali e territoriali diverse. Facciamo riferimento alla causa “dei polli” esportati in Argentina, con presunto dumping, da parte di alcuni produttori brasiliani dal gennaio 1998 al gennaio 1999. Tale causa ebbe origine in Argentina dinanzi un’autorità amministrativa, fu parallelamente portata dinanzi la giustizia federale argentina, successivamente davanti ad un Tribunale mercosurino e, infine, dinanzi l’OMC. Con lo scopo di trovare una risposta al perché sia stato possibile adire più tribunali ed applicare normativa diversa ad una stessa controversia abbiamo indagato due aspetti di diritto di vitale rilevanza nell’ambito del diritto internazionale dei nostri giorni. Da una parte ci siamo focalizzati sullo studio delle normative internazionali che legiferando su materie simili e, in certi casi, pressoché identiche, e avendo origine in sistemi giuridici diversi hanno, tuttavia, la capacità di esplicare i loro effetti in più giurisdizioni e sono, pertanto, potenzialmente in grado di influenzarsi a vicenda. D’altra parte, abbiamo compiuto un’indagine sull’esistenza o meno di una normativa che funga da raccordo tra i sistemi di risoluzione delle controversie degli spazi d’integrazione economica e il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC. Infine, il quarto ed ultimo capitolo, L’attività giurisdizionale negli spazi d’integrazione regionale, è dedicato alla valutazione degli sviluppi compiuti dal Mercosur in 18 anni di vita alla luce dei lodi emessi dai Tribunali mercosurini. Difatti, l’obiettivo concreto di questo capitolo è capire se i Tribunali mercosurini svolgono una funzione dinamica e costruttiva dell’assetto del Mercosur, tesa a sviluppare il sistema normativo, oppure se essi abbiano, piuttosto, una funzione passiva e una visione statica nell’applicazione del diritto. È risaputo che la funzione della Corte di giustizia è stata determinante nell’evoluzione e nell’affermazione del sistema giuridico in vigore attraverso una giurisprudenza costante. Mediante il confronto dell’attività svolta da entrambe le giurisdizioni sarà possibile avanzare ipotesi riguardo i futuri progressi dell’assetto mercosurino grazie all’apporto giurisprudenziale.

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Lo scopo di questo lavoro è quello di sviluppare un consorzio altamente performante in grado di degradare il tricloroetilene (TCE) e l’1,1,2,2-tetracloroetano (TeCA) attraverso una degradazione aerobica cometabolica in reattori a letto impaccato (PBRs). Per questo obiettivo, sono state campionate da differenti pozzi di monitoraggio cinque acque di falda contaminate dai solventi clorurati sopra descritti e sono stati preparati 20 vial batch da 119 mL per testare differenti substrati di crescita della biomassa: metano, propano, butano, pentano. Substrato ed ossigeno sono stati periodicamenti riaggiunti. I solventi clorurati sono stati aggiunti a concentrazioni crescenti. Sono stati anche allestiti quattro reattori a colonna impaccata per testare il carrier più adatto per la biomassa selezionata. In tali reattori sono state condotte prove fluidodinamiche preliminari.

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La gestione di fanghi da dragaggio richiede una buona conoscenza della natura degli inquinanti da cui essi sono contaminati. Questo studio si è posto l’obiettivo di individuare una strategia di caratterizzazione applicata a sedimenti dragati nel Porto di Ravenna. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio della mobilità degli inquinanti inorganici (metalli pesanti), sia sul materiale tal quale che sui residui ottenuti dopo trattamento di soil washing, operazione prevista al fine di separare sabbie a basso carico di contaminanti dalla frazione sitosa-argillosa dove si ha la maggior concentrazione di contaminanti. Lo studio sulla mobilità è stato eseguito avvalendosi di opportuni test di rilascio, valutando gli effetti di diversi parametri, quali pH, tempo di dilavamento, rapporto solido-liquido. In conclusione, dai risultati della caratterizzazione chimica si è potuto valutare l’efficienza del Soil Washing sui sedimenti trattati: efficienza elevata per le componenti organiche, meno vistosa la decontaminazione dei metalli sulle sabbie per valori bassi di contaminazione. I sedimenti e le sabbie non presentano livelli di contaminazione preoccupanti, cosa che li renderebbe idonei al riuso secondo le modalità previste. Il metallo la cui lisciviazione dipende maggiormente dal pH è lo Zn, il Cu è il metallo più influenzato dalla complessazione con la sostanza organica, l’As è l’unico metallo ad avere massima lisciviazione a pH basico. Dopo trattamento Soil Washing tutti i metalli ad esclusione di Cu e del Fe aumentano la loro mobilità nella frazione fina rispetto al sedimento tal quale.

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Questo lavoro mi ha dato la possibilità di unire tre grandi passioni: l’architettura, la storia e il teatro. Tali elementi hanno caratterizzato nel passato, come nel presente, vicissitudini e cambiamenti della città di Pesaro, scenario nel quale si alternano l’architettura a carattere nazionale e quella locale, la storia d’Italia e quella della comunità cittadina, gli spettacoli teatrali di richiamo internazionale a quelli di filodrammatica e dialettali. Con le dovute eccezioni, i cittadini pesaresi della mia generazione poco o nulla sanno della storia della città e della sua evoluzione, perché sono nati e cresciuti in anni in cui questa è rimasta pressoché invariata nella sua struttura urbana e nelle caratteristiche morfologiche; unico elemento visibile del continuo evolversi della città è l’espansione dell’area abitata verso la periferia, la progressiva saturazione dello spazio tra l’espansione urbana del dopoguerra e le zone periferiche. La memoria storica riguardante modifiche importanti che la città ha subìto è, come spesso accade, riposta in chi ha vissuto quei cambiamenti, nonché in qualche giornalista o studioso locale che per lavoro o passione indaga quegli avvenimenti. Tralasciando le controversie meramente politiche, Pesaro ha vissuto in passato una stagione di forti dibattiti sulle vicende architettoniche ed urbanistiche della città, tale fu il coinvolgimento e a volte l’ostruzionismo dell’opinione pubblica a tali trasformazioni; basti citare le discussioni e i dubbi sollevati dal Piano Particolareggiato del Centro Storico nel 1974 elaborato dagli architetti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia - Carlo Aymonino, Costantino Dardi, Gianni Fabbri, Raffaele Panella, Gianugo Polesello, Luciano Semerani e Mauro Lena - nonostante negli anni seguenti solo pochi elementi del Piano vennero attuati e neanche compiutamente. Di questi dibattiti, negli anni seguenti, ve ne saranno pochi e limitati alla sfera politica, con scarso interesse e coinvolgimento da parte dei cittadini. Contrariamente, nell’ultimo periodo, si assiste parallelamente a due condizioni: un rinnovato interesse da parte dei cittadini per la storia della città, promosso anche dal moltiplicarsi di eventi, mostre, conferenze, pubblicazioni sull’argomento, e un’attenzione nuova per quelli che sono i temi legati alla qualità degli interventi architettonici ed urbanistici, da parte dell’amministrazione comunale. Primaria importanza nella promozione di questo interesse riveste l’Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino e la Biblioteca–Archivio “Vittorio Bobbato”, i quali congiuntamente a diversi autori hanno realizzato vari studi e pubblicazioni su tali argomenti. Il Comune si è fatto promotore di diversi interventi, in attuazione di un Piano Regolatore Generale che, nelle intenzioni, mette al centro la qualità architettonica ed urbana degli interventi, puntando su nuove opere e, per quanto riguarda principalmente il Centro Storico, anche sul recupero dell’esistente. I presupposti dell’intervento progettuale si inseriscono in questo dibattito basandosi sull’idea, attualmente in discussione presso i diversi livelli istituzionali coinvolti, della realizzazione di un nuovo polo ospedaliero congiunto con la città di Fano; quando ciò si realizzerà, l’area ora occupata dall’ospedale pesarese verrà progressivamente liberata, interamente o in parte, determinando un grande vuoto urbano proprio alle porte del centro storico. Questo sito, di notevole privilegio sotto il profilo morfologico e posizionale rispetto alle infrastrutture, è assolutamente appropriato per insediarvi un polo culturale legato al teatro, essendo l’area confinante con quella sulla quale sorge il principale teatro cittadino, il Teatro Rossini. L’area di progetto è una testimonianza della storia urbana della città: presenta uno dei due esempi superstiti di quelli che furono i bastioni della cinta muraria cittadina, nella sua massima espansione, sotto il dominio dei Della Rovere ed il fatto che tale opera sia in parte arrivata ai giorni nostri, più che della scelta degli amministratori locali passati, fu il risultato di vicissitudini politiche, del caso e della centenaria presenza dell’ospedale che di fatto ha vincolato l’area preservandola da trasformazioni non idonee come accaduto per altre parti del centro storico. Se la storia urbana di Pesaro è la base per poter pensare il suo futuro, non meno importanza ricoprono le manifestazioni e le istituzioni che hanno fatto di Pesaro un punto d’incontro culturale a carattere internazionale, elementi anch’essi che testimoniano la qualità della città. La città ospita principalmente due eventi internazionali: la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema e il Rossini Opera Festival, ai quali si legano altre importanti manifestazioni e istituzioni culturali. Strutturalmente indipendente, ma legato indissolubilmente alla figura del grande compositore pesarese a cui è dedicato il festival, vi è il Conservatorio Statale di Musica “Gioachino Rossini”, anch’esso un punto di riferimento nel panorama culturale e musicale internazionale. Uno degli elementi caratterizzanti del festival rossiniano è quello di essere un evento che letteralmente coinvolge l’intera città, poiché le varie rappresentazioni sceniche, i concerti, gli eventi collaterali, trovano spazio in diversi luoghi del centro storico e non solo, arrivando ad utilizzare anche l’Adriatic Arena (palazzo dello sport), ubicato in periferia. L’allestimento di una struttura sportiva al fine di potervi svolgere spettacoli teatrali è un onere ulteriore per l’organizzazione dell’evento che viene ripagato solo dalla grande affluenza di pubblico che è capace di garantire tale struttura, allontanandosi però dall’intuizione iniziale dell’evento che voleva nel centro cittadino il fulcro stesso della manifestazione. Sviluppare un progetto per un centro culturale legato al teatro e alla musica, oltre ad essere un argomento di elevato interesse personale, è un tema ricorrente da oltre un decennio nei dibattiti cittadini, che però non ha trovato fino ad ora la possibilità di essere realizzato. Le motivazioni possono essere molteplici, dalla mancanza di una struttura univoca con cui la pubblica amministrazione possa confrontarsi, alla cronica mancanza di fondi pubblici che la obbligherebbero a ricercare figure private in grado di co-finanziare l’intervento e, non meno importante, la mancanza, fino ad ora, di un’area idonea. Al di là dell’utilizzo a cui sarà destinata l’area di progetto, è di primaria importanza per l’amministrazione comunale aprire un tavolo di confronto con la proprietà dell’area ospedaliera, in modo da non lasciare nulla al caso nelle scelte che condizioneranno la trasformazione. Questa tesi è un’opportunità di confronto personale con la città di oggi, le trasformazioni passate e quelle future; l’architettura, la storia della città ed il teatro possono essere tre elementi cardine per una crescita ed una consapevolezza nuova delle potenzialità di Pesaro nel panorama culturale. La progettazione di un luogo per la cultura e lo spettacolo si fonda su tutte queste premesse, sulla necessità per la città di dotarsi di luoghi idonei che possano finalmente accogliere al meglio tutte le manifestazioni legate al teatro e alla musica e che possa inserirsi quale ulteriore spunto di dibattito nella preparazione del dossier che punta a far riconoscere Pesaro quale “Città della Musica”, inserita nella rete delle città creative dell’UNESCO.

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L’attività della tesi riguarda le protesi mioelettriche, gli arti protesici maggiormente diffusi, le quali sono descrivibili come arti robotici in cui i segmenti artificiali sono attuati da giunti elettromeccanici alimentati da batterie ricaricabili ed attivati mediante segnali elettromiografici (segnali elettrici generati dalla contrazione dei muscoli). Tali protesi di arto superiore attualmente disponibili in commercio potrebbero essere inadeguate per una riabilitazione soddisfacente di alcuni pazienti con una amputazione di alto livello che richiedono una elevata funzionalità nella vita quotidiana. In questo contesto si inserisce l’attività di ricerca del Centro Protesi INAIL di Budrio di Vigorso, Bologna, e dell’Università di Bologna i quali stanno sviluppando nuovi arti protesici con il progetto a lungo termine di rendere disponibili svariate soluzioni di protesi di arto superiore in grado di soddisfare la maggior parte delle richieste degli amputati. Lo scopo di questa tesi è l’introduzione di un nuovo rotatore omerale attivo da integrare alla protesi di arto superiore disponibile presso i nostri laboratori. Per ottenere questo risultato è stata utilizzata una procedura di progettazione già consolidata in attività precedenti per lo sviluppo di una protesi di spalla a due gradi di libertà. Differenti modelli cinematici sono stati studiati tramite analisi cinematiche per determinare l’incremento delle prestazioni a seguito dell’introduzione del nuovo rotatore omerale attivo. Sono state inoltre condotte analisi cinetostatiche per definire le specifiche tecniche di riferimento (in termini di carichi agenti sul rotatore omerale) e per guidare il dimensionamento della catena di trasmissione di potenza del nuovo dispositivo protesico. Ulteriori specifiche tecniche sono state considerate per garantire l’irreversibilità spontanea del moto sotto carichi esterni (quando i giunti attivi della protesi non sono alimentati), per salvaguardare l’incolumità del paziente in caso di caduta, per misurare la posizione angolare del rotatore omerale (in modo da implementare strategie di controllo in retroazione) e per limitare i consumi e la rumorosità del dispositivo. Uno studio di fattibilità ha permesso la selezione della architettura ottimale della catena di trasmissione di potenza per il nuovo rotatore omerale. I criteri di scelta sono stati principalmente la limitazione del peso e dell’ingombro del nuovo dispositivo protesico. Si è quindi proceduto con la progettazione di dettaglio alla quale è seguita la costruzione di un prototipo del nuovo rotatore omerale presso i nostri laboratori. La tesi tratta infine una attività preliminare di sperimentazione che ha permesso di fare considerazioni sulle prestazioni del prototipo ed osservazioni importanti per le successive attività di revisione ed ottimizzazione del progetto del rotatore omerale.

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Poco più di dieci anni fa, nel 1998, è stata scoperta l’ipocretina (ovvero orexina), un neuropeptide ipotalamico fondamentale nella regolazione del ciclo sonno-veglia, dell’appetito e della locomozione (de Lecea 1998; Sakurai, 1998; Willie, 2001). La dimostrazione, pochi mesi dopo, di bassi livelli di ipocretina circolanti nel liquido cefalo-rachidiano di pazienti affetti da narcolessia con cataplessia (Mignot 2002) ha definitivamente rilanciato lo studio di questa rara malattia del Sistema Nervoso Centrale, e le pubblicazioni a riguardo si sono moltiplicate. In realtà le prime descrizioni della narcolessia risalgono alla fine del XIX secolo (Westphal 1877; Gélineau 1880) e da allora la ricerca clinica è stata volta soprattutto a cercare di definire il più accuratamente possibile il fenotipo del paziente narcolettico. Accanto all’alterazione del meccanismo di sonno e di veglia, e dell’alternanza tra le fasi di sonno REM (Rapid Eye Movement) e di sonno non REM, sui quali l’ipocretina agisce come un interruttore che stimola la veglia e inibisce la fase REM, sono apparse evidenti anche alterazioni del peso e del metabolismo glucidico, dello sviluppo sessuale e del metabolismo energetico (Willie 2001). I pazienti narcolettici presentano infatti, in media, un indice di massa corporea aumentato (Dauvilliers 2007), la tendenza a sviluppare diabete mellito di tipo II (Honda 1986), un’aumentata prevalenza di pubertà precoce (Plazzi 2006) e alterazioni del metabolismo energetico, rispetto alla popolazione generale (Dauvilliers 2007). L’idea che, quindi, la narcolessia abbia delle caratteristiche fenotipiche intrinseche altre, rispetto a quelle più eclatanti che riguardano il sonno, si è fatta strada nel corso del tempo; la scoperta della ipocretina, e della fitta rete di proiezioni dei neuroni ipocretinergici, diffuse in tutto l’encefalo fino al ponte e al bulbo, ha offerto poi il substrato neuro-anatomico a questa idea. Tuttavia molta strada separa l’intuizione di un possibile legame dall’individuazione dei reali meccanismi patogenetici che rendano conto dell’ampio spettro di manifestazioni cliniche che si osserva associato alla narcolessia. Lo studio svolto in questi tre anni si colloca in questa scia, e si è proposto di esplorare il fenotipo narcolettico rispetto alle funzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-periferia, attraverso un protocollo pensato in stretta collaborazione fra il Dipartimento di Scienze Neurologiche di Bologna e l’Unità Operativa di Endocrinologia e di Malattie del Metabolismo dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. L’ipotalamo è infatti una ghiandola complessa e l’approccio multidisciplinare è sembrato essere quello più adatto. I risultati ottenuti, e che qui vengono presentati, hanno confermato le aspettative di poter dare ulteriori contributi alla caratterizzazione della malattia; un altro aspetto non trascurabile, e che però verrà qui omesso, sono le ricadute cliniche in termini di inquadramento e di terapia precoce di quelle alterazioni, non strettamente ipnologiche, e però associate alla narcolessia.