960 resultados para tomografia, computerizzata, tumore, perfusione, elaborazione, immagini, eterogeneità
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This work presents exact, hybrid algorithms for mixed resource Allocation and Scheduling problems; in general terms, those consist into assigning over time finite capacity resources to a set of precedence connected activities. The proposed methods have broad applicability, but are mainly motivated by applications in the field of Embedded System Design. In particular, high-performance embedded computing recently witnessed the shift from single CPU platforms with application-specific accelerators to programmable Multi Processor Systems-on-Chip (MPSoCs). Those allow higher flexibility, real time performance and low energy consumption, but the programmer must be able to effectively exploit the platform parallelism. This raises interest in the development of algorithmic techniques to be embedded in CAD tools; in particular, given a specific application and platform, the objective if to perform optimal allocation of hardware resources and to compute an execution schedule. On this regard, since embedded systems tend to run the same set of applications for their entire lifetime, off-line, exact optimization approaches are particularly appealing. Quite surprisingly, the use of exact algorithms has not been well investigated so far; this is in part motivated by the complexity of integrated allocation and scheduling, setting tough challenges for ``pure'' combinatorial methods. The use of hybrid CP/OR approaches presents the opportunity to exploit mutual advantages of different methods, while compensating for their weaknesses. In this work, we consider in first instance an Allocation and Scheduling problem over the Cell BE processor by Sony, IBM and Toshiba; we propose three different solution methods, leveraging decomposition, cut generation and heuristic guided search. Next, we face Allocation and Scheduling of so-called Conditional Task Graphs, explicitly accounting for branches with outcome not known at design time; we extend the CP scheduling framework to effectively deal with the introduced stochastic elements. Finally, we address Allocation and Scheduling with uncertain, bounded execution times, via conflict based tree search; we introduce a simple and flexible time model to take into account duration variability and provide an efficient conflict detection method. The proposed approaches achieve good results on practical size problem, thus demonstrating the use of exact approaches for system design is feasible. Furthermore, the developed techniques bring significant contributions to combinatorial optimization methods.
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Il presente elaborato tratta l'analisi del quadro fessurativo esistente nella porzione inferiore del broncone e della gamba sinistra del David di Michelangelo. Si sono effettuate indagini con ultrasuoni al fine di caratterizzare lo stato conservativo del marmo e per stimare la profondità delle lesioni presenti. Si è poi creato un modello agli elementi finiti della fessura di maggiori dimensioni presente nel broncone al fine di individuarne la profondità e confermare i risultati conseguiti con le prove ad ultrasuoni.
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Broad consensus has been reached within the Education and Cognitive Psychology research communities on the need to center the learning process on experimentation and concrete application of knowledge, rather than on a bare transfer of notions. Several advantages arise from this educational approach, ranging from the reinforce of students learning, to the increased opportunity for a student to gain greater insight into the studied topics, up to the possibility for learners to acquire practical skills and long-lasting proficiency. This is especially true in Engineering education, where integrating conceptual knowledge and practical skills assumes a strategic importance. In this scenario, learners are called to play a primary role. They are actively involved in the construction of their own knowledge, instead of passively receiving it. As a result, traditional, teacher-centered learning environments should be replaced by novel learner-centered solutions. Information and Communication Technologies enable the development of innovative solutions that provide suitable answers to the need for the availability of experimentation supports in educational context. Virtual Laboratories, Adaptive Web-Based Educational Systems and Computer-Supported Collaborative Learning environments can significantly foster different learner-centered instructional strategies, offering the opportunity to enhance personalization, individualization and cooperation. More specifically, they allow students to explore different kinds of materials, to access and compare several information sources, to face real or realistic problems and to work on authentic and multi-facet case studies. In addition, they encourage cooperation among peers and provide support through coached and scaffolded activities aimed at fostering reflection and meta-cognitive reasoning. This dissertation will guide readers within this research field, presenting both the theoretical and applicative results of a research aimed at designing an open, flexible, learner-centered virtual lab for supporting students in learning Information Security.
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La distorsione della percezione della distanza tra due stimoli puntuali applicati sulla superfice della pelle di diverse regioni corporee è conosciuta come Illusione di Weber. Questa illusione è stata osservata, e verificata, in molti esperimenti in cui ai soggetti era chiesto di giudicare la distanza tra due stimoli applicati sulla superficie della pelle di differenti parti corporee. Da tali esperimenti si è dedotto che una stessa distanza tra gli stimoli è giudicata differentemente per diverse regioni corporee. Il concetto secondo cui la distanza sulla pelle è spesso percepita in maniera alterata è ampiamente condiviso, ma i meccanismi neurali che manovrano questa illusione sono, allo stesso tempo, ancora ampiamente sconosciuti. In particolare, non è ancora chiaro come sia interpretata la distanza tra due stimoli puntuali simultanei, e quali aree celebrali siano coinvolte in questa elaborazione. L’illusione di Weber può essere spiegata, in parte, considerando la differenza in termini di densità meccano-recettoriale delle differenti regioni corporee, e l’immagine distorta del nostro corpo che risiede nella Corteccia Primaria Somato-Sensoriale (homunculus). Tuttavia, questi meccanismi sembrano non sufficienti a spiegare il fenomeno osservato: infatti, secondo i risultati derivanti da 100 anni di sperimentazioni, le distorsioni effettive nel giudizio delle distanze sono molto più piccole rispetto alle distorsioni che la Corteccia Primaria suggerisce. In altre parole, l’illusione osservata negli esperimenti tattili è molto più piccola rispetto all’effetto prodotto dalla differente densità recettoriale che affligge le diverse parti del corpo, o dall’estensione corticale. Ciò, ha portato a ipotizzare che la percezione della distanza tattile richieda la presenza di un’ulteriore area celebrale, e di ulteriori meccanismi che operino allo scopo di ridimensionare – almeno parzialmente – le informazioni derivanti dalla corteccia primaria, in modo da mantenere una certa costanza nella percezione della distanza tattile lungo la superfice corporea. E’ stata così proposta la presenza di una sorta di “processo di ridimensionamento”, chiamato “Rescaling Process” che opera per ridurre questa illusione verso una percezione più verosimile. Il verificarsi di questo processo è sostenuto da molti ricercatori in ambito neuro scientifico; in particolare, dal Dr. Matthew Longo, neuro scienziato del Department of Psychological Sciences (Birkbeck University of London), le cui ricerche sulla percezione della distanza tattile e sulla rappresentazione corporea sembrano confermare questa ipotesi. Tuttavia, i meccanismi neurali, e i circuiti che stanno alla base di questo potenziale “Rescaling Process” sono ancora ampiamente sconosciuti. Lo scopo di questa tesi è stato quello di chiarire la possibile organizzazione della rete, e i meccanismi neurali che scatenano l’illusione di Weber e il “Rescaling Process”, usando un modello di rete neurale. La maggior parte del lavoro è stata svolta nel Dipartimento di Scienze Psicologiche della Birkbeck University of London, sotto la supervisione del Dott. M. Longo, il quale ha contribuito principalmente all’interpretazione dei risultati del modello, dando suggerimenti sull’elaborazione dei risultati in modo da ottenere un’informazione più chiara; inoltre egli ha fornito utili direttive per la validazione dei risultati durante l’implementazione di test statistici. Per replicare l’illusione di Weber ed il “Rescaling Proess”, la rete neurale è stata organizzata con due strati principali di neuroni corrispondenti a due differenti aree funzionali corticali: • Primo strato di neuroni (il quale dà il via ad una prima elaborazione degli stimoli esterni): questo strato può essere pensato come parte della Corteccia Primaria Somato-Sensoriale affetta da Magnificazione Corticale (homunculus). • Secondo strato di neuroni (successiva elaborazione delle informazioni provenienti dal primo strato): questo strato può rappresentare un’Area Corticale più elevata coinvolta nell’implementazione del “Rescaling Process”. Le reti neurali sono state costruite includendo connessioni sinaptiche all’interno di ogni strato (Sinapsi Laterali), e connessioni sinaptiche tra i due strati neurali (Sinapsi Feed-Forward), assumendo inoltre che l’attività di ogni neurone dipenda dal suo input attraverso una relazione sigmoidale statica, cosi come da una dinamica del primo ordine. In particolare, usando la struttura appena descritta, sono state implementate due differenti reti neurali, per due differenti regioni corporee (per esempio, Mano e Braccio), caratterizzate da differente risoluzione tattile e differente Magnificazione Corticale, in modo da replicare l’Illusione di Weber ed il “Rescaling Process”. Questi modelli possono aiutare a comprendere il meccanismo dell’illusione di Weber e dare così una possibile spiegazione al “Rescaling Process”. Inoltre, le reti neurali implementate forniscono un valido contributo per la comprensione della strategia adottata dal cervello nell’interpretazione della distanza sulla superficie della pelle. Oltre allo scopo di comprensione, tali modelli potrebbero essere impiegati altresì per formulare predizioni che potranno poi essere verificate in seguito, in vivo, su soggetti reali attraverso esperimenti di percezione tattile. E’ importante sottolineare che i modelli implementati sono da considerarsi prettamente come modelli funzionali e non intendono replicare dettagli fisiologici ed anatomici. I principali risultati ottenuti tramite questi modelli sono la riproduzione del fenomeno della “Weber’s Illusion” per due differenti regioni corporee, Mano e Braccio, come riportato nei tanti articoli riguardanti le illusioni tattili (per esempio “The perception of distance and location for dual tactile pressures” di Barry G. Green). L’illusione di Weber è stata registrata attraverso l’output delle reti neurali, e poi rappresentata graficamente, cercando di spiegare le ragioni di tali risultati.
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L’interazione che abbiamo con l’ambiente che ci circonda dipende sia da diverse tipologie di stimoli esterni che percepiamo (tattili, visivi, acustici, ecc.) sia dalla loro elaborazione per opera del nostro sistema nervoso. A volte però, l’integrazione e l’elaborazione di tali input possono causare effetti d’illusione. Ciò si presenta, ad esempio, nella percezione tattile. Infatti, la percezione di distanze tattili varia al variare della regione corporea considerata. Il concetto che distanze sulla cute siano frequentemente erroneamente percepite, è stato scoperto circa un secolo fa da Weber. In particolare, una determinata distanza fisica, è percepita maggiore su parti del corpo che presentano una più alta densità di meccanocettori rispetto a distanze applicate su parti del corpo con inferiore densità. Oltre a questa illusione, un importante fenomeno osservato in vivo è rappresentato dal fatto che la percezione della distanza tattile dipende dall’orientazione degli stimoli applicati sulla cute. In sostanza, la distanza percepita su una regione cutanea varia al variare dell’orientazione degli stimoli applicati. Recentemente, Longo e Haggard (Longo & Haggard, J.Exp.Psychol. Hum Percept Perform 37: 720-726, 2011), allo scopo di investigare come sia rappresentato il nostro corpo all’interno del nostro cervello, hanno messo a confronto distanze tattili a diverse orientazioni sulla mano deducendo che la distanza fra due stimoli puntuali è percepita maggiore se applicata trasversalmente sulla mano anziché longitudinalmente. Tale illusione è nota con il nome di Illusione Tattile Orientazione-Dipendente e diversi risultati riportati in letteratura dimostrano che tale illusione dipende dalla distanza che intercorre fra i due stimoli puntuali sulla cute. Infatti, Green riporta in un suo articolo (Green, Percpept Pshycophys 31, 315-323, 1982) il fatto che maggiore sia la distanza applicata e maggiore risulterà l’effetto illusivo che si presenta. L’illusione di Weber e l’illusione tattile orientazione-dipendente sono spiegate in letteratura considerando differenze riguardanti la densità di recettori, gli effetti di magnificazione corticale a livello della corteccia primaria somatosensoriale (regioni della corteccia somatosensoriale, di dimensioni differenti, sono adibite a diverse regioni corporee) e differenze nella dimensione e forma dei campi recettivi. Tuttavia tali effetti di illusione risultano molto meno rilevanti rispetto a quelli che ci si aspetta semplicemente considerando i meccanismi fisiologici, elencati in precedenza, che li causano. Ciò suggerisce che l’informazione tattile elaborata a livello della corteccia primaria somatosensoriale, riceva successivi step di elaborazione in aree corticali di più alto livello. Esse agiscono allo scopo di ridurre il divario fra distanza percepita trasversalmente e distanza percepita longitudinalmente, rendendole più simili tra loro. Tale processo assume il nome di “Rescaling Process”. I meccanismi neurali che operano nel cervello allo scopo di garantire Rescaling Process restano ancora largamente sconosciuti. Perciò, lo scopo del mio progetto di tesi è stato quello di realizzare un modello di rete neurale che simulasse gli aspetti riguardanti la percezione tattile, l’illusione orientazione-dipendente e il processo di rescaling avanzando possibili ipotesi circa i meccanismi neurali che concorrono alla loro realizzazione. Il modello computazionale si compone di due diversi layers neurali che processano l’informazione tattile. Uno di questi rappresenta un’area corticale di più basso livello (chiamata Area1) nella quale una prima e distorta rappresentazione tattile è realizzata. Per questo, tale layer potrebbe rappresentare un’area della corteccia primaria somatosensoriale, dove la rappresentazione della distanza tattile è significativamente distorta a causa dell’anisotropia dei campi recettivi e della magnificazione corticale. Il secondo layer (chiamato Area2) rappresenta un’area di più alto livello che riceve le informazioni tattili dal primo e ne riduce la loro distorsione mediante Rescaling Process. Questo layer potrebbe rappresentare aree corticali superiori (ad esempio la corteccia parietale o quella temporale) adibite anch’esse alla percezione di distanze tattili ed implicate nel Rescaling Process. Nel modello, i neuroni in Area1 ricevono informazioni dagli stimoli esterni (applicati sulla cute) inviando quindi informazioni ai neuroni in Area2 mediante sinapsi Feed-forward eccitatorie. Di fatto, neuroni appartenenti ad uno stesso layer comunicano fra loro attraverso sinapsi laterali aventi una forma a cappello Messicano. E’ importante affermare che la rete neurale implementata è principalmente un modello concettuale che non si preme di fornire un’accurata riproduzione delle strutture fisiologiche ed anatomiche. Per questo occorre considerare un livello astratto di implementazione senza specificare un’esatta corrispondenza tra layers nel modello e regioni anatomiche presenti nel cervello. Tuttavia, i meccanismi inclusi nel modello sono biologicamente plausibili. Dunque la rete neurale può essere utile per una migliore comprensione dei molteplici meccanismi agenti nel nostro cervello, allo scopo di elaborare diversi input tattili. Infatti, il modello è in grado di riprodurre diversi risultati riportati negli articoli di Green e Longo & Haggard.
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Eine Erkrankung durch das humane Cytomegalovirus (hCMV) und ein Rezidiv des Ausgangstumors sind zwei gravierende Komplikationen im Rahmen der Therapie von Malignomen des hämatopoetischen Systems durch Knochenmarktransplantation (KMT). Eine mögliche pathogenetische Interaktion zwischen hCMV-Infektion und einem von einer Minimalen Residualen Leukämie (MRL) ausgehenden Rezidiv wurde bislang in klinischen Verlaufsstudien nach KMT noch nicht systematisch untersucht.In der vorliegenden Arbeit wurde der Einfluss von CMV auf ein Lymphom in einem Modellsystem untersucht. Dazu erweiterten wir das etablierte Modell der murinen CMV (mCMV) Infektion nach experimenteller syngener KMT mit dem Mausstamm BALB/c als Spender und Empfänger durch ein B-Zell-Lymphom als weiteren Parameter. Als Modell-Lymphom diente uns eine mit dem Reportergen lacZ transfizierte, ex tumore klonierte, in der Leber hochgradig tumorigene Variante (Klon E12E) des von BALB/c abgeleiteten B-Zell-Lymphoms A20. Die Arbeiten führten zur Erstbeschreibung einer anti-metastatischen Wirkung der mCMV-Infektion (Erlach at al., 2002; J. Virol. 76: 2857-2870).Im neu etablierten Tiermodell konnte erstmals gezeigt werden, dass eine CMV-Infektion die Ansiedelung eines murinen B-Zell-Lymphoms in der Leber deutlich verringert. Damit wurde die Entstehung einer letalen Tumorerkrankung, abhängig von der Ausgangslast an Tumorzellen signifikant verzögert oder sogar ganz verhindert. Die Suche nach Mechanismen, die diesen antitumoralen Effekt von mCMV verursachen, führte zu folgenden Ergebnissen: Im Unterschied zu onkolytischen Viren basiert die antitumorale Wirkung von mCMV nicht auf einer zytozidalen Infektion der Lymphomzellen. Darüber hinaus zeigt mCMV keine zytostatische oder Apoptose-induzierende Wirkung. Außerdem sind die rekonstituierenden Knochenmarkzellen als Effektoren für den anti-Tumoreffekt auszuschließen. Direkte zytotoxische, sowie systemische Effekte von TNF-alpha konnten als antitumorale Mechanismen ausgeschlossen werden. Die intravenöse Applikation von UV-inaktiviertem Virus zeigte ebenfalls eine Inhibition des Lymphomwachstums, so dass der antitumorale Effekt offenbar durch virale Strukturproteine (Virion-Proteine) ausgelöst wird.Auf der Basis dieser Daten vermuten wir eine Inhibition der Extravasation (transendotheliale Migration/Diapedese) der Tumorzellen aufgrund einer gestörten Kommunikation zwischen Tumorzelle und sinusoidalem Endothel der Leber. Das virale Hüll-Glykoprotein B kann aufgrund seiner signalinduzierenden Wirkung als ein guter Kandidat angesehen werden.
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Fra le varie ragioni della crescente pervasività di Internet in molteplici settori di mercato del tutto estranei all’ICT, va senza dubbio evidenziata la possibilità di creare canali di comunicazione attraverso i quali poter comandare un sistema e ricevere da esso informazioni di qualsiasi genere, qualunque distanza separi controllato e controllore. Nel caso specifico, il contesto applicativo è l’automotive: in collaborazione col Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’Università di Bologna, ci si è occupati del problema di rendere disponibile a distanza la grande quantità di dati che i vari sotto-sistemi componenti una automobile elettrica si scambiano fra loro, sia legati al tipo di propulsione, elettrico appunto, come i livelli di carica delle batterie o la temperatura dell’inverter, sia di natura meccanica, come i giri motore. L’obiettivo è quello di permettere all’utente (sia esso il progettista, il tecnico riparatore o semplicemente il proprietario) il monitoraggio e la supervisione dello stato del mezzo da remoto nelle sue varie fasi di vita: dai test eseguiti su prototipo in laboratorio, alla messa in strada, alla manutenzione ordinaria e straordinaria. L’approccio individuato è stato quello di collezionare e memorizzare in un archivio centralizzato, raggiungibile via Internet, tutti i dati necessari. Il sistema di elaborazione a bordo richiede di essere facilmente integrabile, quindi di piccole dimensioni, e a basso costo, dovendo prevedere la produzione di molti veicoli; ha inoltre compiti ben definiti e noti a priori. Data la situazione, si è quindi scelto di usare un sistema embedded, cioè un sistema elettronico di elaborazione progettato per svolgere un limitato numero di funzionalità specifiche sottoposte a vincoli temporali e/o economici. Apparati di questo tipo sono denominati “special purpose”, in opposizione ai sistemi di utilità generica detti “general purpose” quali, ad esempio, i personal computer, proprio per la loro capacità di eseguire ripetutamente un’azione a costo contenuto, tramite un giusto compromesso fra hardware dedicato e software, chiamato in questo caso “firmware”. I sistemi embedded hanno subito nel corso del tempo una profonda evoluzione tecnologica, che li ha portati da semplici microcontrollori in grado di svolgere limitate operazioni di calcolo a strutture complesse in grado di interfacciarsi a un gran numero di sensori e attuatori esterni oltre che a molte tecnologie di comunicazione. Nel caso in esame, si è scelto di affidarsi alla piattaforma open-source Arduino; essa è composta da un circuito stampato che integra un microcontrollore Atmel da programmare attraverso interfaccia seriale, chiamata Arduino board, ed offre nativamente numerose funzionalità, quali ingressi e uscite digitali e analogici, supporto per SPI, I2C ed altro; inoltre, per aumentare le possibilità d’utilizzo, può essere posta in comunicazione con schede elettroniche esterne, dette shield, progettate per le più disparate applicazioni, quali controllo di motori elettrici, gps, interfacciamento con bus di campo quale ad esempio CAN, tecnologie di rete come Ethernet, Bluetooth, ZigBee, etc. L’hardware è open-source, ovvero gli schemi elettrici sono liberamente disponibili e utilizzabili così come gran parte del software e della documentazione; questo ha permesso una grande diffusione di questo frame work, portando a numerosi vantaggi: abbassamento del costo, ambienti di sviluppo multi-piattaforma, notevole quantità di documentazione e, soprattutto, continua evoluzione ed aggiornamento hardware e software. È stato quindi possibile interfacciarsi alla centralina del veicolo prelevando i messaggi necessari dal bus CAN e collezionare tutti i valori che dovevano essere archiviati. Data la notevole mole di dati da elaborare, si è scelto di dividere il sistema in due parti separate: un primo nodo, denominato Master, è incaricato di prelevare dall’autovettura i parametri, di associarvi i dati GPS (velocità, tempo e posizione) prelevati al momento della lettura e di inviare il tutto a un secondo nodo, denominato Slave, che si occupa di creare un canale di comunicazione attraverso la rete Internet per raggiungere il database. La denominazione scelta di Master e Slave riflette la scelta fatta per il protocollo di comunicazione fra i due nodi Arduino, ovvero l’I2C, che consente la comunicazione seriale fra dispositivi attraverso la designazione di un “master” e di un arbitrario numero di “slave”. La suddivisione dei compiti fra due nodi permette di distribuire il carico di lavoro con evidenti vantaggi in termini di affidabilità e prestazioni. Del progetto si sono occupate due Tesi di Laurea Magistrale; la presente si occupa del dispositivo Slave e del database. Avendo l’obiettivo di accedere al database da ovunque, si è scelto di appoggiarsi alla rete Internet, alla quale si ha oggi facile accesso da gran parte del mondo. Questo ha fatto sì che la scelta della tecnologia da usare per il database ricadesse su un web server che da un lato raccoglie i dati provenienti dall’autovettura e dall’altro ne permette un’agevole consultazione. Anch’esso è stato implementato con software open-source: si tratta, infatti, di una web application in linguaggio php che riceve, sotto forma di richieste HTTP di tipo GET oppure POST, i dati dal dispositivo Slave e provvede a salvarli, opportunamente formattati, in un database MySQL. Questo impone però che, per dialogare con il web server, il nodo Slave debba implementare tutti i livelli dello stack protocollare di Internet. Due differenti shield realizzano quindi il livello di collegamento, disponibile sia via cavo sia wireless, rispettivamente attraverso l’implementazione in un caso del protocollo Ethernet, nell’altro della connessione GPRS. A questo si appoggiano i protocolli TCP/IP che provvedono a trasportare al database i dati ricevuti dal dispositivo Master sotto forma di messaggi HTTP. Sono descritti approfonditamente il sistema veicolare da controllare e il sistema controllore; i firmware utilizzati per realizzare le funzioni dello Slave con tecnologia Ethernet e con tecnologia GPRS; la web application e il database; infine, sono presentati i risultati delle simulazioni e dei test svolti sul campo nel laboratorio DIE.
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Several methods to reduce respiratory-induced motion have been described in literature, with the goal of increasing accuracy of treatment to minimize normal tissue toxicity or increase dose to the target volume. We analyzed two different techniques of respiratory gating: the deep inspiration breath hold technique and the respiratory gating using the Real-time Position Management (RPM) system. The first method is a self-gating technique in which radiation treatment take place during a phase of breath-holding. The second technique use a reflective marker placed on the patient’s anterior surface. The motion of the marker is tracked using a camera interfaced to a computer. The gating thresholds are set when the tumor is in the desired portion of the respiratory cycle. These thresholds determine when the gating system turns the treatment beam on and off. We compared both techniques with a standard external radiation treatment. The dosimetric analysis has led to considerable advantage of these methods compared to the external radiation treatment, particularly in reducing the dose to the lung.
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The hierarchical organisation of biological systems plays a crucial role in the pattern formation of gene expression resulting from the morphogenetic processes, where autonomous internal dynamics of cells, as well as cell-to-cell interactions through membranes, are responsible for the emergent peculiar structures of the individual phenotype. Being able to reproduce the systems dynamics at different levels of such a hierarchy might be very useful for studying such a complex phenomenon of self-organisation. The idea is to model the phenomenon in terms of a large and dynamic network of compartments, where the interplay between inter-compartment and intra-compartment events determines the emergent behaviour resulting in the formation of spatial patterns. According to these premises the thesis proposes a review of the different approaches already developed in modelling developmental biology problems, as well as the main models and infrastructures available in literature for modelling biological systems, analysing their capabilities in tackling multi-compartment / multi-level models. The thesis then introduces a practical framework, MS-BioNET, for modelling and simulating these scenarios exploiting the potential of multi-level dynamics. This is based on (i) a computational model featuring networks of compartments and an enhanced model of chemical reaction addressing molecule transfer, (ii) a logic-oriented language to flexibly specify complex simulation scenarios, and (iii) a simulation engine based on the many-species/many-channels optimised version of Gillespie’s direct method. The thesis finally proposes the adoption of the agent-based model as an approach capable of capture multi-level dynamics. To overcome the problem of parameter tuning in the model, the simulators are supplied with a module for parameter optimisation. The task is defined as an optimisation problem over the parameter space in which the objective function to be minimised is the distance between the output of the simulator and a target one. The problem is tackled with a metaheuristic algorithm. As an example of application of the MS-BioNET framework and of the agent-based model, a model of the first stages of Drosophila Melanogaster development is realised. The model goal is to generate the early spatial pattern of gap gene expression. The correctness of the models is shown comparing the simulation results with real data of gene expression with spatial and temporal resolution, acquired in free on-line sources.
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Das hepatozelluläre Karzinom (HCC) ist mit ungefähr 1,000,000 neuen Fällen pro Jahr einer der häufigsten malignen Tumore weltweit. Es ist hauptsächlich in Südost-Asien und im südlichen Afrika verbreitet. Risikofaktoren sind chronische Infektionen mit Hepatitis Viren (HBV, HCV), Aflatoxin B1-Belastung und chronischer Alkoholkonsum. Um Veränderungen auf genomischer Ebene in HCCs zu untersuchen, wurden in der vorliegenden Untersuchung Frischgewebeproben von 21 Patienten mit HCCs und formalin-fixiertes, paraffineingebettetes Material von 6 Dysplastischen Knoten mittels Comparativer genomischer Hybridisierung (CGH) analysiert. In den untersuchten HCCs konnte Zugewinne auf 1q (12/21), 6p ( 6/21), 8q (11/21), 17q (6/21), 20q (6/21), sowie Verluste auf 4q (7/21), 6q (4/21), 10q (3/21), 13q (4/21), 16q (3/21) identifiziert werden. Die Validität der mit diesem Ansatz erzielten Ergebnisse konnte anhand von unabhängigen Kontrollexperimenten mit Interphase-FISH-Analyse nachgewiesen werden. Die in Dysplastische Knoten identifizierten Veränderungen sind Gewinne auf 1q (50% ) sowie Verluste auf 8p und 17p. Daher stellt 1q eine Kandidatenregion für die Identifizierung jener Gene dar, die bereits im frühem Stadium der Hepatokarzinogenese aktiviert sind. Die Gen-Expressionsanalyse eines HCCs mit Gewinnen auf 1q, 8q, und Xq zeigte die Überexpression von einigen Genen, die in den amplifizierten Regionen liegen. Daher kann spekuliert werden, dass die DNA-Amplifikation in der Hepatokarzinogenese bei einigen Genen ein Mechanismus der Aktivierung sein kann. Zusammengefasst konnte somit durch CGH-Analyse charakteristische, genomische Imbalances des HCC ermittelt werden. Der Vergleich mit Veränderungen bei prämalignen Läsionen erlaubt die Unterscheidung früher (prämaligner) und später (progressionsassoziierter) Veränderungen
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Two of the main features of today complex software systems like pervasive computing systems and Internet-based applications are distribution and openness. Distribution revolves around three orthogonal dimensions: (i) distribution of control|systems are characterised by several independent computational entities and devices, each representing an autonomous and proactive locus of control; (ii) spatial distribution|entities and devices are physically distributed and connected in a global (such as the Internet) or local network; and (iii) temporal distribution|interacting system components come and go over time, and are not required to be available for interaction at the same time. Openness deals with the heterogeneity and dynamism of system components: complex computational systems are open to the integration of diverse components, heterogeneous in terms of architecture and technology, and are dynamic since they allow components to be updated, added, or removed while the system is running. The engineering of open and distributed computational systems mandates for the adoption of a software infrastructure whose underlying model and technology could provide the required level of uncoupling among system components. This is the main motivation behind current research trends in the area of coordination middleware to exploit tuple-based coordination models in the engineering of complex software systems, since they intrinsically provide coordinated components with communication uncoupling and further details in the references therein. An additional daunting challenge for tuple-based models comes from knowledge-intensive application scenarios, namely, scenarios where most of the activities are based on knowledge in some form|and where knowledge becomes the prominent means by which systems get coordinated. Handling knowledge in tuple-based systems induces problems in terms of syntax - e.g., two tuples containing the same data may not match due to differences in the tuple structure - and (mostly) of semantics|e.g., two tuples representing the same information may not match based on a dierent syntax adopted. Till now, the problem has been faced by exploiting tuple-based coordination within a middleware for knowledge intensive environments: e.g., experiments with tuple-based coordination within a Semantic Web middleware (surveys analogous approaches). However, they appear to be designed to tackle the design of coordination for specic application contexts like Semantic Web and Semantic Web Services, and they result in a rather involved extension of the tuple space model. The main goal of this thesis was to conceive a more general approach to semantic coordination. In particular, it was developed the model and technology of semantic tuple centres. It is adopted the tuple centre model as main coordination abstraction to manage system interactions. A tuple centre can be seen as a programmable tuple space, i.e. an extension of a Linda tuple space, where the behaviour of the tuple space can be programmed so as to react to interaction events. By encapsulating coordination laws within coordination media, tuple centres promote coordination uncoupling among coordinated components. Then, the tuple centre model was semantically enriched: a main design choice in this work was to try not to completely redesign the existing syntactic tuple space model, but rather provide a smooth extension that { although supporting semantic reasoning { keep the simplicity of tuple and tuple matching as easier as possible. By encapsulating the semantic representation of the domain of discourse within coordination media, semantic tuple centres promote semantic uncoupling among coordinated components. The main contributions of the thesis are: (i) the design of the semantic tuple centre model; (ii) the implementation and evaluation of the model based on an existent coordination infrastructure; (iii) a view of the application scenarios in which semantic tuple centres seem to be suitable as coordination media.
Resumo:
Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto Europeo Theseus (Innovative technologies for European coasts in a changing climate), volto a fornire una metodologia integrata per la pianificazione sostenibile di strategie di difesa per la gestione dell’erosione costiera e delle inondazioni che tengano in conto non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli sociali, economici e ambientali/ecologici. L'area oggetto di studio di questo elaborato di tesi è la zona costiera della Regione Emilia Romagna, costituita unicamente da spiagge sabbiose. In particolare si è focalizzata l’attenzione sulla zona intertidale, in quanto, essendo l’ambiente di transizione tra l’ambiente marino e quello terrestre può fornire indicazioni su fenomeni erosivi di una spiaggia e cambiamenti del livello del mare, unitamente alla risposta agli interventi antropici. Gli obiettivi della tesi sono sostanzialmente tre: un primo obiettivo è confrontare ecosistemi di spiagge dove sono presenti strutture di difesa costiera rispetto a spiagge che ne erano invece prive. Il secondo obiettivo è valutare l’impatto provocato sugli ecosistemi di spiaggia dall’attività stagionale del “bulldozing” e in ultimo proporre un sistema esperto di nuova concezione in grado di prevedere statisticamente la risposta delle comunità bentoniche a diversi tipi di interventi antropici. A tal fine è stato pianificato un disegno di campionamento dove sono stati indagati tre siti differenti per morfologia e impatto antropico: Cesenatico (barriere e pratica bulldozing), Cervia, dissipativa e non soggetta a erosione (assenza di barriere e ma con pratica del bulldozing) e Lido di Dante, tendenzialmente soggetta a erosione (senza barriere e senza pratica del bulldozing). Il campionamento è stato effettuato in 4 tempi (due prima del “bulldozing” e due dopo) nell’arco di 2 anni. In ciascun sito e tempo sono stati campionati 3 transetti perpendicolari alla linea di costa, e per ogni transetto sono stati individuati tre punti relativi ad alta, media e bassa marea. Per ogni variabile considerata sono stati prelevati totale di 216 campioni. Io personalmente ho analizzato i campioni dell’ultima campagna di campionamento, ma ho analizzato l’insieme dei dati. Sono state considerate variabili relative ai popolamenti macrobentonici quali dati di abbondanza, numero di taxa e indice di diversità di Shannon e alcune variabili abiotiche descrittive delle caratteristiche morfologiche dell’area intertidale quali granulometria (mediana, classazione e asimmetria), detrito conchigliare, contenuto di materia organica (TOM), pendenza e lunghezza della zona intertidale, esposizione delle spiagge e indici morfodinamici. L'elaborazione dei dati è stata effettuata mediante tecniche di analisi univariate e multivariate sia sui dati biotici che sulle variabili ambientali, “descrittori dell’habitat”, allo scopo di mettere in luce le interazioni tra le variabili ambientali e le dinamiche dei popolamenti macrobentonici. L’insieme dei risultati delle analisi univariate e multivariate sia dei descrittori ambientali che di quelli biotici, hanno evidenziato, come la risposta delle variabili considerate sia complessa e non lineare. Nonostante non sia stato possibile evidenziare chiari pattern di interazione fra “protezione” e “bulldozing”, sono comunque emerse delle chiare differenze fra i tre siti indagati sia per quanto riguarda le variabili “descrittori dell’habitat” che quelle relative alla struttura dei popolamenti. In risposta a quanto richiesto in contesto water framework directive e in maniera funzionale all’elevate complessità del sistema intertidale è stato proposto un sistema esperto basato su approccio congiunto fuzzy bayesiano (già utilizzato con altre modalità all’interno del progetto Theseus). Con il sistema esperto prodotto, si è deciso di simulare nel sito di Cesenatico due ripascimenti virtuali uno caratterizzato da una gralometria fine e da uno con una granulometria più grossolana rispetto a quella osservata a Cesenatico. Il sistema fuzzy naïve Bayes, nonostante al momento sia ancora in fase di messa a punto, si è dimostrato in grado di gestire l'elevato numero di interazioni ambientali che caratterizzano la risposta della componente biologica macrobentonica nell'habitat intertidale delle spiagge sabbiose.