698 resultados para brand equity


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Objectives To analyse the profile of tuberculosis (TB) among Bolivian immigrants, investigate the impact that this population has on the trends of TB and assess equity in access to TB treatment, in the city of Sao Paulo, Brazil. Methods Descriptive study of the epidemiological profile of TB in four city districts with large Bolivian populations, comparing cases among Brazilians and Bolivians, during the 19982008 period was carried out. We used logistic regression to adjust the treatment outcome for potential confounders. Results We identified 2056 new TB cases: 65.7% in Brazilians, 32.1% in Bolivians and 2.2% among other nationalities. Although TB incidence remained stable (high) over the study period, the annual proportion of cases among Bolivians increased from 15.0% to 53.0%. In comparison with the Brazilians, the Bolivians were younger (median age, 24 vs. 40 years; P < 0.0001) and presented a lower unemployment rate (3.1%vs. 11.6%; P < 0.0001), a lower rate of HIV co-infection (1.5%vs. 28.5%; P < 0.001), a higher proportion of individuals receiving supervised treatment (81.5%vs. 62.0%; P < 0.0001) and a higher proportion of cures (71.6%vs. 63.2%; P < 0.0001). After having been adjusted for potential confounder, cure after treatment was not associated with nationality. Conclusions Bolivian immigrants influenced the incidence but not the trends of TB among Brazilians in the study area. We found no significant differences between Bolivians and Brazilians regarding healthcare access or treatment outcome. Guaranteed universal health care access for all, including undocumented individuals, contributes to health equity. Specific intervention strategies are warranted for immigrants with tuberculosis.

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This paper addresses equity in health and health care in Brazil, examining unjust disparities between women and men, and between women from different social strata, with a focus on services for contraception, abortion and pregnancy. In 2010 women's life expectancy was 77.6 years, men's was 69.7 years. Women are two-thirds of public hospital services users and assess their health status less positively than men. The total fertility rate was 1.8 in 2011, and contraceptive prevalence has been high among women at all income levels. The proportion of sterilizations has decreased; lower-income women are more frequently sterilized. Abortions are mostly illegal; women with more money have better access to safe abortions in private clinics. Poorer women generally self-induce abortion with misoprostol, seeking treatment of complications from public clinics. Institutional violence on the part of health professionals is reported by half of women receiving abortion care and a quarter of women during childbirth. Maternity care is virtually universal. The public sector has fewer caesarean sections, fewer low birth weight babies, and more rooming-in, but excessive episiotomies and inductions. Privacy, continuity of care and companionship during birth are more common in the private sector. To achieve equity, the health system must go beyond universal, unregulated access to technology, and move towards safe, effective and transparent care. (C) 2012 Reproductive Health Matters

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The question about the effectiveness of companies in maintaining their own communities versus benefiting from the ones owned by consumers remains open. We examine differences between firm-managed and customer-managed brand communities regarding the impact of perceived psychographic homogeneity, availability of virtual avenues and relationship with the brand on the community's influence on members and the assessments and intentions of community participants. Data were obtained from 555 respondents in two leading Microsoft XBOX brand communities in Brazil. Results indicate that management of the community of origin is the moderator of all considered relationships. Also, the most favorable effects for the company occur in the community that is not directly controlled and managed by the company itself. Brand loyalty, however, is higher for members of the official brand community. Guidelines on how companies can benefit from consumer-managed communities are discussed.

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Obiettivo del presente lavoro è approntare un’analisi interpretativa dell’operatività dalle Finanziarie regionali, valutarne gli investimenti in capitale di rischio e, in particolare, l’attività di private equity, evidenziando le tendenze in atto, i possibili percorsi evolutivi e le eventuali criticità. La metodologia adottata ha previsto un’articolazione del lavoro lungo due principali direttive: un’analisi di tipo quantitativo sui bilanci di sette esercizi (dal 2002 al 2008), con la finalità di indagare nel dettaglio gli aspetti economici, finanziari e patrimoniali delle Finanziarie regionali attive sul territorio italiano; un’analisi qualitativa basata su un’approfondita rassegna della letteratura internazionale e su interviste mirate ad un campione ampiamente rappresentativo della popolazione osservata. I risultati raggiunti fanno ragionevolmente supporre che sia in atto una profonda ristrutturazione dell’intero sistema delle Finanziarie, che ha visto innanzitutto aumentare il controllo pubblico nella compagine sociale. L’indagine contabile ha permesso di identificare la presenza di due modelli di business ben differenziati: alcune Finanziarie sono orientate ad attività con forte contenuto di intermediazione finanziaria; altre invece sono focalizzate sull’attività di erogazione di servizi sia finanziari di consulenza che reali. L’investimento in capitale di rischio costituisce un attività centrale per le Finanziarie regionali; l’analisi dedicata a tali impieghi ha permesso di individuare, tra esse, alcune realtà tipiche del merchant banking, e più di frequente, del modello di holding. Complessivamente le Finanziarie campionate detengono oltre 400 partecipazioni per un valore che supera 1,7 miliardi di euro; prevalentemente concentrati su una ristretta cerchia di realtà spesso con impatto strategico sul territorio, ovvero strumentali. Segnatamente all’attività di private equity, è stato possibile rilevare come la politica d’investimento delle Finanziarie regionali sia complementare rispetto a quella mediamente espressa dal mercato domestico, anche se restano critici, anche per le Finanziarie, gli investimenti su imprese target con fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro. Le evidenze circa la struttura dei contratti segnalano una parziale conformità alla best practice individuata dalla letteratura internazionale. In particolare l’uso limitato dello stage financing, la bassa partecipazione alla gestione sono le principali criticità individuate. Infine, della fase di riorganizzazione che pare interessare il sistema delle Finanziarie, si trova conferma nella percezione dei suoi operatori. Interpellati sul futuro dell’attività di investimento in capitale di rischio, hanno fornito indicazioni che consentono di concludere l’esistenza di una polarizzazione delle Finanziarie su due gruppi: da un lato quelle che implementeranno, più o meno, l’attività di private equity, dall’altro quelle che, viceversa, abbandoneranno tale strumento. La normativa sulle società a partecipazione pubblica regionale e la scarsa autonomia nella gestione delle misure affidate sono ritenute, dalle Finanziarie “interessate”, il principale fattore di freno alla loro crescita nel mercato del private equity.

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Questa tesi di dottorato verte sull'individuazione di politiche industriali atte ad implementare il mercato dei prodotti a denominazione di origine. Inevitabilmente, l’analisi economica dei prodotti agroalimentari tipici di qualità implica anche l’approfondimento e l’individuazione, delle problematiche connesse con la creazione di un valore addizionale per il consumatore, rispetto a quello dei prodotti standardizzati. Questo approccio richiama l’attenzione, da una parte, sulle caratteristiche della domanda e sulla disponibilità del consumatore a riconoscere e apprezzare questo plus-valore, dall’altra sulle strategie che l’offerta può attivare per conseguire un premium price rispetto al prodotto standardizzato. Le certificazioni comunitarie Dop, Igp e Stg oltre che il marchio di prodotto biologico racchiudono, solitamente, tali dinamiche valoriali ma sono tutt’oggi poco conosciute dai consumatori. Diversi studi internazionali dimostrano, infatti, che la maggioranza dei cittadini comunitari ignorano il significato delle certificazioni di qualità. L’ipotesi di fondo di questo studio si basa sulla possibilità di fidelizzare questi marchi con i brand della grande distribuzione già affermati, come quello di Coop. Analizzare gli effetti dell’introduzione di prodotti private label a denominazione di origine nel mercato della grande distribuzione organizzata italiana ci permetterebbe di comprendere se questo segmento di mercato può aiutare il settore delle Dop/Igp. Questo studio ha cercato di verificare se il prodotto private label a denominazione di origine, riesca a sfruttare il doppio binario di fiducia rappresentato dal marchio comunitario unito a quello dell’impresa di distribuzione. Per comprendere la propensione del consumatore a spendere di più per questi prodotti, abbiamo utilizzato l’analisi dell’elasticità della domanda sul prezzo dei dati scanner fornitici da Coop Adriatica. Siamo riusciti a dimostrare tale positivo connubio confermato anche da una indagine demoscopica effettuata ad hoc sui consumatori.

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With this dissertation research we investigate intersections between design and marketing and in this respect, which factors do contribute that a product design becomes brand formative. We have developed a Brand Formative Design (BFD) framework, which investigates individual design features in a holistic, comparable, brand relevant, and consumer specific context. We discuss what kinds of characteristics contribute to BFD but also illuminate how they should be applied and examine: rnA holistic framework leading to Brand Formative Design. Identification and assessment of BFD Drivers. The dissection of products into three Distinctive Design Levels. The detection of surprising design preferences. The appropriate degree of scheme deviation with evolutionary design. Simulated BFD development processes with three different products and the integration of consumers. Future oriented objectification, comparability and assessment of design. Recommendations for the management of design in a brand specific context. Design is a product feature, which contributes significantly to the success of products. However, the development of new design contains challenges. Design can hardly be objectified; many people have an opinion concerning the attractiveness of new products but cannot formulate their future preferences. Product design is widely developed based on intuition, which can be difficult for the management of design. Here the concept of Brand Formative Design can provide a framework which contributes to structure, objectify, develop and assess new evolutionary design in brand and future relevant contexts, but also integrates consumers and their preferences without restricting creativity too much.

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