982 resultados para Salmo salar,crio-affumicatura,azoto,qualità microbiologica,ossidazione lipidica
Resumo:
In questo elaborato è stato analizzato il comportamento tribologico della lega di alluminio A357 realizzata tramite Laser Powder Bed Fusion (L-PBF). In particolare, è stato studiato l’effetto del processo di anodizzazione ECO (ElectroChemical Oxidation) su tale lega, sia allo stato as-built che dopo trattamento termico T6R, in termini di attrito e usura a temperatura ambiente (i.e. 25°C) e a 200°C. Lo studio tribologico è stato svolto mediante prove di strisciamento non lubrificato in moto reciprocante (geometria ball-on-disc contro allumina). Nella prima parte del lavoro sono state effettuate prove a temperatura ambiente, su strati ECO a rugosità variabile, con carichi applicati nell’intervallo 1-8N. Nella seconda parte l’attività sperimentale si è invece rivolta al confronto nel comportamento tribologico della lega a 25°C e 200°C, mantenendo il carico invariato pari a 1 N e analizzando la risposta in termini di attrito e usura, sia per campioni rivestiti ECO che per campioni non rivestiti. Il rivestimento anodico ha mostrato a temperatura ambiente una maggiore resistenza ad usura quando applicato su superfici pre-lucidate, nonostante un maggiore coefficiente di attrito, dando luogo a cedimento completo ad un carico di 8 N (contro i 5 N del non lucidato). Dalla seconda fase di questo studio è invece risultato come il rivestimento ECO abbia notevolmente migliorato la resistenza ad usura rispetto al materiale non rivestito, sia a 25°C che a 200°C, mantenendo invariato il coefficiente d’attrito all’aumentare della temperatura, al contrario dei campioni A357 non rivestiti, che hanno invece manifestato un aumento del coefficiente di attrito di circa il doppio. Vale inoltre la pena notare come la pre-lucidatura ed il trattamento termico dei campioni A357 ECO siano risultati superflui in termini di comportamento tribologico; i campioni a superficie rugosa hanno dato luogo addirittura a minori coefficienti di attrito sia a 25°C che a 200°C, a parità di profondità d’usura.
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Descrizione, implementazione in Python e valutazione di modelli di Machine Learning e di tutte le sue fasi di Preprocessing, EDA, Training, Test e Evaluation, per valutare la qualità del vino attraverso le sue caratteristiche fisico-chimiche.
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Il lavoro svolto in questa tesi aveva l’obiettivo di valutare il potenziale tecnologico e bioprotettivo di ceppi di batteri lattici (LAB) isolati da salami tradizionali spagnoli. In particolare due ceppi (Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2 e Pediococcus acidilactici ST6) che avevano dimostrato buone performance in vitro sono stati utilizzati, da soli o in miscela, come colture starter per la produzione salami e i prodotti ottenuti sono stati confrontati con un controllo a fermentazione spontanea ed un prodotto addizionato di uno starter commerciale contenente LAB e stafilococchi. Per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, il pH ha mostrato cinetiche di acidificazione simili in tutti i prodotti, mentre il calo peso era più lento nel controllo. A livello microbiologico, i campioni addizionati di colture starter hanno mostrato carichi di LAB molto più elevati già al tempo zero, senza differenze significative in relazione al ceppo utilizzato. Enterobatteri e lieviti hanno mostrato andamenti simili in tutti i campioni. L’utilizzo di colture starter ha invece avuto un impatto rilevante sul contenuto di ammine biogene, con valori totali doppi nel campione ottenuto con fermentazione spontanea, e sul profilo in metaboliti volatili (soprattutto a carico di composti derivanti dall’acido piruvico). L’aspetto più rilevante di questa tesi è stato ottenuto nel challenge test, utilizzando come microrganismo target Listeria monocytogenes (inoculo 3 log ufc/g): infatti, nel controllo e nei campioni contenenti starter commerciale, L. monocytogenes era in grado di crescere fino a valori superiori a 5.7 log ufc/g, mentre i ceppi BPF2 e ST6 hanno determinato una riduzione del suo carico cellulare (2.4 log ufc/g). Questo conferma quindi le grandi potenzialità anti-listeria dei due ceppi testati e la loro attitudine ad essere utilizzati, oltre che come starter per i salami, anche come colture bioprotettive con lo specifico compito di contrastare lo sviluppo di L. monocytogenes.
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Abstract Background: La spondilite anchilosante (SA) è una patologia reumatica cronica infiammatoria. Provoca dolore e rigidità diffusi, con localizzazione principalmente al rachide lombo sacrale, ed impatta gravemente la qualità. Il trattamento d’elezione è di tipo farmacologico, ma viene raccomandato parallelamente un trattamento di tipo fisioterapico, nonostante non sia chiaro se risulta efficace nel migliorare la qualità della vita. Obbiettivo: L’obbiettivo di questo studio è quello di verificare l’efficacia del trattamento riabilitativo sulla qualità della vita nei soggetti affetti da spondilite anchilosante. Materiali e Metodi: Lo studio è un Trial Clinico Controllato Randomizzato, monocentrico, in doppio cieco, condotto presso l’Unità Operativa Complessa di Medicina Riabilitativa (UOCMR) Presidio S. Alvisi dell’Azienda USL di Imola, dal 29 Aprile 2021 ed attualmente ancora in corso. 36 partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: 19 nel gruppo di controllo hanno ricevuto il solo trattamento farmacologico, 17 nel gruppo sperimentale hanno ricevuto in aggiunta il trattamento fisioterapico. Risultati: Dai dati analizzati si evince un miglioramento statisticamente significativo della scala ASQoL nel breve termine (P=0.031), ma non nel lungo termine (P=0.058). Inoltre, in tutto il campione emerge un miglioramento statisticamente significativo dei valori di BASDAI (P<0.001) e BASFI (P<0.001), senza riscontrare differenze statisticamente significative fra il gruppo di controllo e il gruppo di trattamento. Conclusioni: Il trattamento riabilitativo è efficace nel migliorare la qualità della vita dei soggetti con SA nel breve termine, ma non sembra determinare un miglioramento nel lungo termine. Ulteriori studi sono necessari per approfondire l’efficacia della riabilitazione sulla qualità della vita.
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Background. La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. I sintomi si manifestano prima dei 55 anni di età, possono essere molto diversi tra loro. Al momento non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili tecniche riabilitative che modificano il suo andamento, tra cui la riabilitazione equestre, che consiste in attività svolte con l'aiuto del cavallo a fini di cura. Obiettivi. Lo scopo di questo studio è quello di indagare l’efficacia della riabilitazione equestre sui parametri funzionali del cammino e la qualità della vita in persone con SM. Metodi. Le banche dati visionate per questo studio sono state PUBMED, PEDro, Cochrane Central Register of Controlled Trial, Web of Science e Scopus. Nella revisione sono stati inclusi i Randomized Controlled Trial (RCT) che indagavano i parametri funzionali del cammino e la qualità della vita; articoli che esaminavano soggetti con sclerosi multipla senza limiti di età e sesso, in lingua inglese, pubblicati tra il 2010 e il 2020 e di cui era reperibile il full text. Risultati. Gli studi inclusi sono stati quattro RCT. Gli outcome indagati sono stati i parametri funzionali del cammino e la qualità della vita. In ogni studio esaminato si osserva un miglioramento significativo per ogni misura di outcome, in particolare la qualità della vita. Conclusioni. Ogni studio ha evidenziato come la riabilitazione equestre abbia influito positivamente sul decorso della SM. Riguardo i trial clinici esaminati, il numero esiguo dei partecipanti ai singoli studi, la durata eterogenea delle sessioni, l’impossibilità di disporre della descrizione della seduta, l’utilizzo di scale differenti per ogni studio e l’aver considerato parametri diversi per valutare uno stesso outcome non permettono di avere risultati estendibili a tutta la popolazione. Risulta necessario un ulteriore approfondimento in merito per comprendere la reale efficacia della riabilitazione equestre.
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La fibromialgia (FMS) è una sindrome reumatica non infiammatoria, caratterizzata da dolore diffuso, presenza di “punti sensibili” alla palpazione (“tender points”, TP), affaticamento, disturbi del sonno e cognitivi, sintomi che comportano aumento del livello di disabilità ed effetti negativi sulla qualità della vita (QoL). L’idrokinesiterapia è l’esercizio aerobico assistito svolto in acqua, preferibilmente riscaldata, che sfrutta le proprietà dell’acqua per il recupero di condizioni patologiche. Indagare l’efficacia dell’idrokinesiterapia (HKT) su dolore, faticabilità e qualità di vita nelle persone affette da sindrome fibromialgica. E' stata condotta una ricerca sulle banche dati di soli studi primari inerenti all’efficacia dell’HKT sulla FMS. Sono stati ricercati studi di alta qualità (con valore ≥ a 6/10 alla PEDro scale) che includessero persone adulte con diagnosi di FMS, che prevedessero l’HKT come trattamento isolato e che misurassero dolore, fatigue e QoL. La qualità metodologica degli studi inclusi all’interno della revisione è stata valutata tramite la scala PEDro. I dati sono stati ricavati attraverso griglia di estrazione ed analizzati qualitativamente. Sono stati inclusi 6 studi che hanno soddisfatto i criteri d'eleggibilità, per un totale di 262 donne. 1 studio ha confrontato HKT con esercizio aerobico a secco 3 volte a settimana per 8 settimane, 1 studio con fisioterapia convenzionale 3 vt/sett per 3 settimane, 1 con HKT in mare 3 vt/sett per 12 settimane, 2 studi con gruppi di controllo 2 e 3 vt/sett per 16 e 32 settimane rispettivamente, 1 con programma educativo 1 vt/sett per 11 settimane. In tutti gli studi il gruppo sperimentale ha mostrato miglioramento degli outcome, ad eccezione dello studio con posologia di una vt/ sett che non ha registrato miglioramenti nei gruppi. Conclusioni: L’idrokinesiterapia può portare ad un miglioramento dei sintomi di dolore, fatica e della qualità della vita delle persone affette da fibromialgia.
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La malattia policistica epatorenale autosomica dominante (ADPKD), patologia genetica ereditaria che coinvolge primariamente il rene, è una condizione cronica, caratterizzata dalla crescita lenta, graduale e progressiva di cisti nei reni, in concomitanza a diverse comorbidità renali ed extrarenali. Colpisce 12,5 milioni di persone di ogni etnia nel mondo e causa di più del 10% di tutte le insufficienze renali croniche terminali (ESRD). Lo studio prende in esame dietoterapia, attività fisica e qualità di vita, tre aspetti di fondamentale importanza nella gestione dei pazienti affetti da ADPKD. L’obiettivo è quello di capire quali sono le evidenze più recenti in materia, approfondire le relazioni tra questi differenti ambiti e come questi possano influenzare la gestione clinica e terapeutica dei pazienti affetti dalla patologia. Per raggiungere questo obiettivo molteplici ricerche sono state svolte interrogando i database di Scopus, Pubmed e Google Scholar. I risultati della ricerca ribadiscono l’importanza del trattamento multidisciplinare nell’ADPKD in cui il ruolo del dietista assume una grande importanza poiché emergono interessanti prospettive riguardo alle potenzialità date dall’adozione e dal mantenimento di specifici regimi alimentari e di uno stile di vita attivo in ADPKD nel contrasto dello sviluppo cistico, il tutto senza mai trascurare la condizione psicologica e sociale del paziente, fattore fondamentale per il mantenimento della compliance sia alla terapia medica che ad una corretta alimentazione e stile di vita.
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Il presente elaborato descrive il percorso effettuato sulla macchina XTREMA, prodotta dalla divisione Life del gruppo IMA. Il progetto ha come fine il miglioramento delle prestazioni della macchina, quantificate principalmente in termini di accuratezza del prodotto dosato e di prodotti processati in un arco di tempo. Il Capitolo 1 fornisce un iniziale studio delle caratteristiche e del funzionamento della macchina, con successiva focalizzazione sul sistema di controllo peso. Con l’obiettivo di definire le prestazioni del sistema di controllo peso, nel Capitolo 2 è impostata una campagna sperimentale di test che permette di studiare lo stato attuale del sistema, identificando l’influenza dei vari parametri di funzionamento sulle perfomances, portando alla luce le criticità della macchina. Viene quindi analizzato il gruppo, individuando le cause delle problematiche e identificando su quali campi agire per incrementare velocità di funzionamento e accuratezza del sistema. All’interno del Capitolo 3 entrambi i componenti del sistema di controllo peso, discensore e gruppo di bilance, sono quindi riprogettati per risolvere le criticità rilevate. Nel Capitolo 4 viene affrontato il montaggio del prototipo in una macchina dedicata alle prove, dove viene impostata una nuova campagna di test con l’obiettivo collaudare il sistema e validarne le prestazioni. Confrontando le prove si dimostrerà che il nuovo prototipo, oltre ad aumentare il numero di flaconi pesati al minuto, permette di risolvere le problematiche del precedente sistema, consentendo di ottenere un’accuratezza del controllo peso superiore a quanto riscontrato nella campagna iniziale di prove svolta inizialmente.
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L'obiettivo principale di questo lavoro di tesi è quello di migliorare gli algoritmi di morphing generation in termini di qualità visiva e di potenzialità di attacco dei sistemi automatici di riconoscimento facciale.
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To evaluate p16(INK) (4a) immunoexpression in CIN1 lesions looking for differences between cases that progress to CIN2/3 maintain CIN1 diagnosis, or spontaneously regress. Seventy-four CIN1 biopsies were studied. In the follow-up, a second biopsy was performed and 28.7% showed no lesion (regression), 37.9% maintained CIN1, and 33.4% progressed to CIN2/3. Immunostaining for p16(INK) (4a) was performed in the first biopsy and it was considered positive when there was strong and diffuse staining of the basal and parabasal layers. Pearson's chi-square was used to compare the groups (p ≤ 0.05). The age of the patients was similar. There was no significant difference in p16(INK) (4a) immunoexpression in the groups, however, statistical analyses showed a significant association when only the progression and regression groups were compared (p = 0.042). Considering p16(INK) (4a) positivity and the progression to CIN2/3, the sensitivity, specificity, positive, and negative predictive values in our cohort were 45%, 75%, 47%, and 94%, respectively. We emphasize that CIN1 with p16(INK) (4a) staining was associated with lesion progression, but the sensitivity was not high. However, the negative predictive value was more reliable (94%) and p16(INK) (4a) may represent a useful biomarker that can identify CIN1 lesions that need particular attention, complementing morphology.
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A missense G209A mutation of the alpha-synuclein gene was recently described in a large Contursi kindred with Parkinson's disease (PD). The objective of this study is to determine if the mutation G209A of the alpha-synuclein gene was present in 10 Brazilian families with PD. PD patients were recruited from movement disorders clinics of Brazil. A family history with two or more affected in relatives was the inclusion criterion for this study. The alpha-synuclein G209A mutation assay was made using polymerase chain reaction and the restriction enzyme Tsp45I. Ten patients from 10 unrelated families were studied. The mean age of PD onset was 42.7 years old. We did not find the G209A mutation in our 10 families with PD. Our results suggest that alpha-synuclein mutation G209A is uncommon in Brazilian PD families.
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Universidade Estadual de Campinas. Faculdade de Educação Física
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Universidade Estadual de Campinas . Faculdade de Educação Física
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With the great development of the gestational studies in all of the species, we noticed the necessity of adaptations of these techniques for prenatal diagnosis in dogs. Based on this, we studied the feasibility of chorion biopsy guided by ultrasound. Our results demonstrated accuracy on the sex determination being 2 males and 12 females, as well as it would be possible to identify chromosome alteration due to the quality of samplings. Sex determination was accomplished with the identification of Y gene chromosomes in PCR technique. After the collection, fragments were prepared for light microscopy studies and revealed fetal chorion tissue, blood colloid and erythrocyte. In the whole material we found hemosiderin impregnations due to the hemolysis and to the residue of blood of the placental marginal hematomes. The submitted female dogs to this technique demonstrated normal puppy births without death.
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Mazama gouazoubira, o veado-catingueiro, é uma espécie de cervídeo de porte pequeno, que pode ser encontrado na América do Sul, desde o sul do Uruguai até o norte de Mato Grosso, no Brasil. Este estudo teve como objetivo descrever as membranas fetais e a placenta de M. gouazoubira no terço inicial de gestação. As amostras coletadas foram analisadas macroscopicamente e microscopicamente. O exame do útero demonstrou uma gestação univitelina e um embrião com crown-rump de 13mm. Na análise do embrião pode ser observado o olho pigmentado, as saliências auriculares, o mesonefro e e metanefro em desenvolvimento, o fígado e sua proeminência externa, o estômago, os membros torácicos e os brotos dos membros pélvicos. A placenta apresentou-se oligocotiledonária e no útero puderam ser observadas nove carúnculas. O saco gestacional mediu 15cm de comprimento e, como observado no início da gestação dos ruminantes domésticos, os cotilédones não puderam ser identificados macroscopicamente. Uma fraca adesão foi observada entre as carúnculas e a membrana corioalantóica (cotilédones) que formavam os placentônios. A membrana corioalantóica demonstrou um alantóide bem vascularizado composto por uma fina camada de células de núcleos e citoplasmas alongados. Na outra face da membrana, o cório foi composto por células cúbicas, de citoplasmas escassos e núcleos grandes e arredondados, características de células trofoblásticas. Envolvendo o embrião visualizou-se o saco amniótico constituído de duas camadas passíveis de separação mecânica, que apresentaram morfologia similar, sendo formadas por um epitélio pavimentoso avascular. Não foi observado saco vitelino no estágio gestacional do espécime estudado. Conclui-se que a placenta de M. gouazoubira é oligocotiledonária, como observado em outros cervídeos, e que as membranas fetais apresentam semelhanças com a de outros ruminantes, incluindo as características citológicas. Estudos adicionais são necessários para determinar a presença do saco vitelino e quando ocorre sua regressão.