980 resultados para Carnovale, Luigi.


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L’obiettivo di questa tesi è presentare una tecnica di monitoraggio applicabile alle dune costiere, utilizzata per questo studio nella provincia di Ravenna e in particolare su di un cordone trasversale di duna costiera presente nell’area naturale adiacente alla foce del torrente Bevano nella zona di Lido di Classe. Tale tecnica si avvale dell’uso di tecnologia laser per fornire una documentazione 3D estremamente dettagliata, il quale ci permetterà di valutare come il sistema dunale si comporta di fronte ad un evento climatico estremo e/o sotto l’azione delle mareggiate, confrontando sia l’aspetto morfologico che morfometrico mediante l’uso di programmi che ci hanno permesso di confrontare i dati ottenuti prima e dopo l’evento climatico

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In questa tesi sono le descritte le fasi progettuali e costruttive del Beam Halo Monitor (BHM), un rivelatore installato sull'esperimento CMS, durante il primo lungo periodo di shutdown di LHC, che ha avuto luogo tra il 2013 ed il 2015. BHM è un rivelatore ad emissione di luce Cherenkov ed ha lo scopo di monitorare le particelle di alone prodotte dai fasci di LHC, che arrivano fino alla caverna sperimentale di CMS, ad ogni bunch crossing (25 ns). E' composto da 40 moduli, installati alle due estremità di CMS, attorno alla linea di fascio, ad una distanza di 1.8 m da questa. Ciascun modulo è costituito da un cristallo di quarzo, utilizzato come radiatore ed un fotomoltiplicatore. Sono descritte in maniera particolare le prove eseguite sui moduli che lo compongono: la caratterizzazione dei fotomoltiplicatori ed i test di direzionalità della risposta. Queste costituiscono la parte di lavoro che ho svolto personalmente. Inoltre sono descritte le fasi di installazione del rivelatore nella caverna sperimentale, a cui ho preso parte ed alcuni test preliminari per la verifica del funzionamento.

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La presente tesi è uno studio sugli strumenti e le tecnologie che caratterizzano l'utilizzo degli open data, in particolare, nello sviluppo di applicazioni web moderne che fanno uso di questo tipo di dati.

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Le piante spontanee hanno da sempre svolto un ruolo fondamentale nell’alimentazione. Fino alla seconda guerra mondiale, per le limitate possibilità economiche le popolazioni rurali hanno sempre impiegato le specie spontanee come integrazione dell’alimentazione di base, rappresentata da cereali o patate e dalla poca carne disponibile. La raccolta delle piante spontanee ha rappresentato una componente importante della cultura diffusa, di appannaggio, seppure non esclusivo, soprattutto delle donne, che riguardava tanto la conoscenza delle specie e relativi usi, che la stagionalità ed i luoghi più adatti per la raccolta. Successivamente, per le mutate condizioni economiche e la maggiore disponibilità di alimenti diversi sul mercato, l’uso delle piante spontanee è stato progressivamente abbandonato, soprattutto dalle popolazioni urbane. Recentemente, l’interesse per l’uso delle specie spontanee è di nuovo aumentato anche se solamente una piccola parte delle giovani generazioni conosce e consuma queste piante, il cui uso è oggi limitato dalla mancanza di tempo da dedicare alla preparazione dei pasti connessa, in questo caso, ai lunghi tempi di pulizia e mondatura richiesti dopo la raccolta e dalla difficile reperibilità di questi prodotti, il cui prezzo è anche piuttosto elevato. Dato il rinnovato interesse su queste specie, lo scopo di questo lavoro è stata la caratterizzazione analitica di alcune specie erbacee spontanee di uso alimentare nella tradizione tosco-romagnola. I campioni sono stati raccolti nella primavera 2015 nei comuni di Bertinoro (Forlì-Cesena) e Monterchi (Arezzo). Le analisi svolte in laboratorio sono state le seguenti: -determinazione della sostanza secca; -determinazione dei composti fenolici tramite HPLC-DAD; -identificazione dei composti fenolici tramite HPLC/MS; -determinazione spettrofotometrica dei polifenoli totali; -determinazione dell’attività antiossidante tramite metodo DPPH e ABTS.

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Questa tesi si propone di mettere in evidenza la forte spinta innovatrice che internet potrebbe dare allo sviluppo della democrazia, avendo abbattuto in maniera brutale i confini geo-politici, democratizzato addirittura all'esasperazione la libertà di parola e la possibilità di ognuno di far sentire la propria opinione ad un pubblico globale, rendendo sterile qualsivoglia regolamentazione locale e creando nuove e importanti problematiche di portata universale. Sulla rete viaggiano senza soluzione di continuità dati di ogni tipo, si concretizzano transazioni, si intrecciano relazioni, il tutto sorpassando agilmente le barriere fisiche dei confini nazionali, la distanza, le leggi, mettendo quindi l’umanità di fronte alla nuova sfida di armonizzare i vari ordinamenti giuridici, superare il concetto di sovranità nazionale e di creare un meccanismo democratico e partecipato di gestione della rete. La extraterritorialità della rete e il fatto che non si possa qualificare un "popolo sovrano" appartenente a questa entità, ha come vedremo posto l’umanità di fronte a nuove e ardue sfide: la necessità di regolare un mezzo così potente e diffuso ha portato negli anni ad un lungo dibattito, che vedremo, e che pone questioni di importanza capitale per la società di oggi così come la conosciamo: "si può esigere che l’evoluzione tecnologica della rete sia orientata al raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico?", "chi deve gestire la rete?", "usufruire di internet è un diritto della persona?", "chi è il soggetto che ha possibilità e facoltà di intervenire efficacemente per la normazione della rete? I privati, lo Stato, gli utenti, o è necessario un quadro concertato che consideri tutti i pareri e gli interessi sulla questione?".

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Uno dei principali settori di studio nell’ambito della visione artificiale riguarda lo sviluppo e la continua ricerca di tecniche e metodologie atte alla ricostruzione di ambienti 3D. Una di queste è il Kinect Fusion, la quale utilizza il dispositivo Kinect per catturare ed elaborare informazioni provenienti da mappe di profondità relative a una particolare scena, per creare un modello 3D dell’ambiente individuato dal sensore. Il funzionamento generale del sistema “Kinect Fusion” consiste nella ricostruzione di superfici dense attraverso l’integrazione delle informazioni di profondità dei vari frame all’interno di un cubo virtuale, che a sua volta viene partizionato in piccoli volumi denominati voxel, e che rappresenta il volume della scena che si intende ricostruire. Per ognuno di tali voxel viene memorizzata la distanza (TSDF) rispetto alla superficie più vicina. Durante lo svolgimento di questo lavoro di tesi ci si è concentrati innanzitutto nell’analisi dell’algoritmo Voxel Hashing, una tecnica che mira a rendere l'algoritmo Kinect Fusion scalabile, attraverso una migliore gestione della struttura dati dei voxel allocando questi ultimi all'interno di una tabella di hash solo se strettamente necessario (TSDF inferiore a una soglia). In una prima fase del progetto si è quindi studiato in dettaglio il funzionamento di suddetta tecnica, fino a giungere alla fase della sua implementazione all’interno di un framework di ricostruzione 3D, basato su Kinect Fusion; si è quindi reso il sistema realizzato più robusto tramite l’applicazione di diverse migliorie. In una fase successiva sono stati effettuati test quantitativi e qualitativi per valutarne l'efficienza e la robustezza. Nella parte finale del progetto sono stati delineati i possibili sviluppi di future applicazioni.

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L'attività di tesi è stata svolta presso la divisione System Ceramics della società System Group S.p.A. di Fiorano Modenese (MO) che si occupa dello sviluppo di soluzioni per l'industria ceramica, tra cui la decorazione delle piastrelle. Tipicamente nelle industrie ceramiche la movimentazione dei pezzi è effettuata tramite nastro trasportatore e durante il trasporto i pezzi possono subire leggeri movimenti. Se il pezzo non viene allineato alla stampante prima della fase di decorazione la stampa risulta disallineata e vi possono essere alcune zone non stampate lungo i bordi del pezzo. Perciò prima di procedere con la decorazione è fondamentale correggere il disallineamento. La soluzione più comune è installare delle guide all'ingresso del sistema di decorazione. Oltre a non consentire un’alta precisione, questa soluzione si dimostra inadatta nel caso la decorazione venga applicata in fasi successive da stampanti diverse. Il reparto di ricerca e sviluppo di System Ceramics ha quindi ideato una soluzione diversa e innovativa seguendo l'approccio inverso: allineare la grafica via software a ogni pezzo in base alla sua disposizione, invece che intervenire fisicamente modificandone la posizione. Il nuovo processo di stampa basato sull'allineamento software della grafica consiste nel ricavare inizialmente la disposizione di ogni piastrella utilizzando un sistema di visione artificiale posizionato sul nastro prima della stampante. Successivamente la grafica viene elaborata in base alla disposizione del pezzo ed applicata una volta che il pezzo arriva presso la zona di stampa. L'attività di tesi si è focalizzata sulla fase di rotazione della grafica ed è consistita nello studio e nell’ottimizzazione del prototipo di applicazione esistente al fine di ridurne i tempi di esecuzione. Il prototipo infatti, sebbene funzionante, ha un tempo di esecuzione così elevato da risultare incompatibile con la velocità di produzione adottata dalle industrie ceramiche.

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La tesi, svolta per il completamento della Laurea Magistrale in Ingegneria Informatica, tratta la realizzazione di un progetto prototipo di Computer Vision (CV) e Realtà Aumentata (RA) per la manutenzione tecnica di macchinari industriali attraverso l'utilizzo di dispositivi mobili See-Through. Lo scopo è stato, oltre lo studio dello stato dell'arte in materia, provare con mano e rendere maggiormente visibili al pubblico questi nuovi rami dell'informatica. Il prototipo creato è stato inserito in un contesto aziendale, con misurazioni e prove sul campo. Partendo da una breve introduzione sulla realtà aumentata, nel primo capitolo viene descritto il progetto sviluppato, diviso in due sottoprogetti. Il primo, svolto solamente in una fase iniziale e presentato nel secondo capitolo, espone la realizzazione di un'applicazione mobile per lo streaming video con l'aggiunta di contenuti grafici aumentati. Il secondo, progettato e sviluppato in totale autonomia, rappresenta un prototipo demo di utilizzo della RA. La realizzazione viene illustrata nei capitoli successivi. Nel terzo capitolo si introducono gli strumenti che sono stati utilizzati per lo sviluppo dell'applicazione, in particolare Unity (per il development multi-piattaforma), Vuforia (per gli algoritmi di CV) e Blender (per la realizzazione di procedure di manutenzione). Il quarto capitolo, la parte più rilevante della trattazione, descrive, passo dopo passo, la creazione dei vari componenti, riassumendo in modo conciso e attraverso l'uso di figure i punti cardine. Infine, il quinto capitolo conclude il percorso realizzato presentando i risultati raggiunti e lasciando spunto per possibili miglioramenti ed aggiunte.

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Porting dell'esecuzione dell'algoritmo KinectFusion su piattaforma mobile (Android).

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By analogy to gliosarcoma, the term "ependymosarcoma" has recently been coined to thematize the rare phenomenon of a malignant mesenchymal component arising within an ependymoma. We report on an example of this paradigm, involving tanycytic ependymoma as the host tumor in a 40-year-old female who underwent two tumor extirpation procedures at one-year interval. She first presented with severe headaches, and was seen by imaging to harbor a moderately enhancing mass 2.5cm in diameter at the rostral septum pellucidum accompanied by occlusive hydrocephalus. Microscopically, the tumor consisted of solid, wavy fascicles of elongated cells that were occasionally interrupted by vague perivascular pseudorosettes. Mitotic activity was absent, and less than 1% of nuclei immunoreacted for MIB-1. A histological diagnosis of tanycytic ependymoma (WHO grade II) was rendered, and no adjuvant therapy given. At recurrence, the lesion was 3.5cm in diameter, intensely enhancing, and had already seeded into the subarachnoid space. Histology showed a biphasic glial-sarcomatous architecture with remnants of the original ependymoma now displaying hypercellularity and atypical - yet not frankly anaplastic - features. The sarcomatous moiety consisted of spindle and epithelioid cells densely interwoven with reticulin fibers. While the ependymal component was GFAP and S100 protein positive, and featured punctate staining for EMA, none of these markers was expressed in the adjacent sarcoma. Instead, the latter reacted for vimentin and smooth muscle actin. To the best of our knowledge, this is the first documentation of tanycytic ependymoma undergoing malignant transformation, one driven by a highly anaplastic mesenchymal component, corresponding to "ependymosarcoma".

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Patients requiring CSF shunts frequently have comorbidities that can influence water and electrolyte balances. The authors report on a case involving a ventriculoperitoneal shunt in a patient who underwent intravenous hyperhydration and withdrawal of vasopressin substitution prior to scheduled high-dose chemotherapy regimen for a metastatic suprasellar germinoma. After acute neurological deterioration, the patient underwent CT scanning that demonstrated ventriculomegaly. A shunt tap revealed no flow and negative opening pressure. Due to suspicion of proximal shunt malfunction, the comatose patient underwent immediate surgical exploration of the ventricle catheter, which was found to be patent. However, acute severe hypernatremia was diagnosed during the procedure. After correction of the electrolyte disturbances, the patient regained consciousness and made a good recovery. Although rare, the effects of acute severe hypernatremia on brain volume and ventricular size should be considered in the differential diagnosis of ventriculoperitoneal shunt failure.

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In recent years, several surveys have highlighted the presence of the rodent carcinogen furan in a variety of food items. Even though the evidence of carcinogenicity of furan is unequivocal, the underlying mechanism has not been fully elucidated. In particular, the role of genotoxicity in furan carcinogenicity is still not clear, even though this information is considered pivotal for the assessment of the risk posed by the presence of low doses of furan in food. In this work, the genotoxic potential of furan in vivo has been investigated in mice, under exposure conditions similar to those associated with cancer onset in the National Toxicology Program long-term bioassay. To this aim, male B6C3F1 mice were treated by gavage for 4 weeks with 2, 4, 8 and 15 mg furan/kg b.w./day. Spleen was selected as the target organ for genotoxicity assessment, in view of the capability of quiescent splenocytes to accumulate DNA damage induced by repeat dose exposure. The induction of primary DNA damage in splenocytes was evaluated by alkaline single-cell gel electrophoresis (comet assay) and by the immunofluorescence detection of foci of phosphorylated histone H2AX (gamma-H2AX). The presence of cross-links was probed in a modified comet assay, in which cells were irradiated in vitro with gamma-rays before electrophoresis. Chromosome damage was quantitated through the detection of micronuclei in mitogen-stimulated splenocytes using the cytokinesis-block method. Micronucleus induction was also assessed with a modified protocol, using the repair inhibitor 1-beta-arabinofuranosyl-cytosine to convert single-strand breaks in micronuclei. The results obtained show a significant (P < 0.01) increase of gamma-H2AX foci in mitogen-stimulated splenocytes of mice treated with 8 and 15 mg furan/kg b.w. and a statistically significant (P < 0.001) increases of micronuclei in binucleated splenocytes cultured in vitro. Conversely, no effect of in vivo exposure to furan was observed when freshly isolated quiescent splenocytes were analysed by immunofluorescence and in comet assays, both with standard and radiation-modified protocols. These results indicate that the in vivo exposure to furan gives rise to pre-mutagenic DNA damage in resting splenocytes, which remains undetectable until it is converted in frank lesions during the S-phase upon mitogen stimulation. The resulting DNA strand breaks are visualized by the increase in gamma-H2AX foci and may originate micronuclei at the subsequent mitosis.

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To assess (1) how large-scale correlation of intracranial EEG signals in the high-frequency range (80-200Hz) evolves from the pre-ictal, through the ictal into the postictal state and (2) whether the contribution of local neuronal activity to large-scale EEG correlation differentiates epileptogenic from non-epileptogenic brain tissue.

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Diffusely infiltrating gliomas (WHO grade II-IV) are the most common primary brain tumours in adults. These tumours are not amenable to cure by surgery alone, so suitable biomarkers for adjuvant modalities are required to guide therapeutic decision-making. Epigenetic silencing of the O(6)-methylguanine-DNA methyltransferase (MGMT) gene by promoter methylation has been associated with longer survival of patients with high-grade gliomas who receive alkylating chemotherapy; and molecular testing for the methylation status of the MGMT promoter sequence is regarded as among the most relevant of such markers. We have developed a primer extension-based assay adapted to formalin-fixed paraffin-embedded tissues that enables quantitative assessment of the methylation status of the MGMT promoter. The assay is very sensitive, highly reproducible, and provides valid test results in nearly 100% of cases. Our results indicate that oligodendrogliomas, empirically known to have a relatively favourable prognosis, are also the most homogeneous entities in terms of MGMT promoter methylation. Conversely, astrocytomas, which are more prone to spontaneous progression to higher grade malignancy, are significantly more heterogeneous. In addition, we show that the degree of promoter methylation correlates with the prevalence of loss of heterozygosity on chromosome arm 1p in the oligodendroglioma group, but not the astrocytoma group. Our results may have potentially important implications for clinical molecular diagnosis.

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Methylation of the MGMT promoter is supposed to be a predictive and prognostic factor in glioblastoma. Whether MGMT promoter methylation correlates with tumor response to temozolomide in low-grade gliomas is less clear. Therefore, we analyzed MGMT promoter methylation by a quantitative methylation-specific PCR in 22 patients with histologically verified low-grade gliomas (WHO grade II) who were treated with temozolomide (TMZ) for tumor progression. Objective tumor response, toxicity, and LOH of microsatellite markers on chromosomes 1p and 19q were analyzed. Histological classification revealed ten oligodendrogliomas, seven oligoastrocytomas, and five astrocytomas. All patients were treated with TMZ 200 mg/m2 on days 1-5 in a 4 week cycle. The median progression-free survival was 32 months. Combined LOH 1p and 19q was found in 14 patients; one patient had LOH 1p alone and one patient LOH 19q alone. The LOH status could not be determined in two patients and was normal in the remaining four. LOH 1p and/or 19q correlated with longer time to progression but not with radiological response to TMZ. MGMT promoter methylation was detectable in 20 patients by conventional PCR and quantitative analysis revealed the methylation status was between 12 and 100%. The volumetric response to chemotherapy analyzed by MRI and time to progression correlated with the level of MGMT promoter methylation. Therefore, our retrospective case series suggests that quantitative methylation-specific PCR of the MGMT promoter predicts radiological response to chemotherapy with TMZ in WHO grade II gliomas.