1000 resultados para idrogeno catalizzatori complessi dinucleari ferro


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Con questo elaborato si è voluto continuare lo sviluppo di tecnologie finalizzate al deorbiting di satelliti CubeSat 3U, già iniziato durante il progetto di tirocinio. La ricerca è stata svolta nell’ambito di sistemi di rientro attivi, in particolare a propulsione. Inizialmente sono state determinate le orbite in cui un CubeSat 3U non rispetta le linee guida imposte dalla IADC. Quindi, optando per un deorbiting parziale e una manovra alla Hohmann, sono stati calcolati i delta-v necessari per trasferire una sonda dalle orbite operative più utilizzate (600-1000 km) a quella finale (quota di 450 km). Successivamente sono stati presi in considerazione tre diversi tipi di sistemi di propulsione: a gas freddo, a gas caldo e a monopropellente liquido. I tre diversi sistemi sono stati analizzati singolarmente, verificando che rispettassero i limiti in primis volumetrici, di massa e di nocività. Il sistema a monopropellente liquido a perossido di idrogeno si è rivelato il migliore. Quindi è stato eseguito il dimensionamento dei tre componenti principali: l’ugello, la camera catalitica e il serbatoio. Per concludere è stato svolto anche un dimensionamento strutturale statico di prima approssimazione del serbatoio.

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E' stato svolto uno studio di catalizzatori al fine di capire i fattori che influenzano l'idrogenolisi dell'anello furanico, utilizzando l'alcol furfurilico come modello per ottenere pentandioli. Dallo studio si è osservato che i fattori che influenzano l'apertura dell'anello sono le condizioni di reazione (temperatura e solvente), il metallo utilizzato, ma soprattutto il supporto utilizzato, il quale può interagire con il substrato facilitandone la sua apertura e la sua idrogenazione. Da ciò si è cercato di ipotizzare un possibile meccanismo di reazione.

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Il presente lavoro di tesi è stato realizzato all’interno del programma Overseas, per cui è stata realizzata una collaborazione tra il Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” (Chimind) dell’Università di Bologna e l’Instituto de Investigaciones en Catálisis y Petroquímica (Incape) dell’Università del Litoral di Santa Fe. Nel lavoro viene riportato lo studio di catalizzatori strutturati a base di Rh-CeO2, Rh/ZnAl2O4 e Rh/Al2O3, supportati su schiume NiCrAl, dei quali verrà valutata l’attività catalitica rispetto alla reazione di dry reforming del metano. La preparazione dei catalizzatori strutturati è stata eseguita utilizzando due diverse tecniche, dip-coating e elettrodeposizione. L’obbiettivo del lavoro è stato valutare il metodo di sintesi più adatto al supporto utilizzato. Le prove catalitiche sono state eseguite a 750°C, P atmosferica, rapporto CH4:CO2 1:1 con tempo di reazione di 2h. Dai risultati ottenuti dalle prove effettuate i catalizzatori sono risultati attivi, in particolare il supporto di CeO2 risulta già attivo per la reazione, soprattutto per quanto riguarda la conversione del metano. Tuttavia, la presenza di Rh migliora la conversione dei reagenti ed il rapporto H2/CO. La presenza di Zn, sul catalizzatore Rh/ZnAl2O4 va a peggiorare le prestazioni catalitiche, abbassando in particolare la conversione della CO2. In generale i catalizzatori ricoperti mediante elettrodeposizione mostrano attività catalitica più elevata. Dallo studio sulla superficie del catalizzatore Rh-CeO2 ridotto tramite XPS è emersa la presenza di Rh(0). Tuttavia, indifferentemente dalla tecnica di sintesi utilizzata, dall’ossido del supporto e dalla quantità di fase attiva, tutti i catalizzatori hanno sviluppato massicce quantità di carbonio filamentoso di dimensioni nanometriche, che hanno portato alla disgregazione e alla perdita di parte del coating.

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Le emissioni di CO2 in atmosfera da fonti antropogeniche sono attualmente la principale causa del surriscaldamento globale. Tecnologie sostenibili note come Power-to-gas, consentono di valorizzare la CO2, per la produzione di metano, mediante reazione con H2 proveniente dall’elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia prodotta da fonti rinnovabili. Il metano, essendo un vettore energetico molto importante, se possiede requisiti di purezza adeguati, può essere introdotto direttamente nella rete del gas. In questo lavoro di tesi sono state investigate le prestazioni catalitiche, nella reazione di metanazione della CO2, di catalizzatori derivati da composti tipo idrotalcite a base di Ni, modificati con La, e con l’aggiunta di Mg e Zn. I catalizzatori sono stati sintetizzati per coprecipitazione a pH costante, calcinati e ridotti prima di condurre le prove catalitiche. Sono stati inoltre caratterizzati mediante tecniche XRD, H2-TPR, analisi porosimetrica e spettroscopia micro-Raman, sia da calcinati che da spenti. I risultati ottenuti dalle prove catalitiche hanno dimostrato che la presenza del La in un catalizzatore Ni/Al aumenta notevolmente l’attività in termini di conversione di CO2 e selettività in CH4, soprattutto a temperature tra 250 e 300°C. L’aggiunta dello Zn nella struttura ad ossidi misti invece ne inibisce l’attività catalitica, portando ad una diminuzione drastica della conversione e selettività. La presenza del Mg promuove una migliore attività catalitica, rispetto ai catalizzatori con solo La, ma necessita di una temperatura di riduzione più elevata.

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Scopo del presente lavoro di tesi è la sintesi di un complesso di manganese contenente un legante bis N-eterociclico e la sua applicazione come catalizzatore nelle reazioni di idrosililazione e idroborazione di doppi e tripli legami. I composti organici sililati e borilati sono importanti prodotti intermedi in diversi settori della chimica fine grazie alla loro stabilità e alla loro capacità di essere ampiamente funzionalizzati. Idroborazione e idrosililazione, grazie allo sviluppo di catalizzatori appositi, permettono di ottenere questi composti riducendo coprodotti, sottoprodotti e condizioni operative estreme. Generalmente i catalizzatori impiegati industrialmente contengono metalli di transizione costosi, rari e non biocompatibili. Per questo motivo negli ultimi anni la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di nuovi catalizzatori a base di metalli della prima serie di transizione tra cui il manganese, noto per essere abbondante sulla crosta terrestre, economico e biocompatibile. I composti N-eterociclici (NHC) sono una classe di leganti tra le più utilizzate poiché oltre a una grossa variabilità di caratteristiche steriche ed elettroniche, consentono di stabilizzare la specie metallica. I complessi N-eterociclici di manganese sono stati scarsamente applicati nelle reazioni di idroborazione e idrosililazione. Per questo motivo, il gruppo dove ho svolto il mio tirocinio si è dedicato a questo tipo di ricerca, sintetizzando e testando un complesso bis-NHC di manganese nell’idrosililazione di carbonili e solfossidi. Il mio lavoro si inserisce all’interno di questo ampio progetto, applicando nuovamente lo stesso complesso su una serie di substrati e reazioni differenti. In particolare, l’idrosililazione è stata applicata su alchini, alcheni e su carbonili (in questo caso attivando il complesso con la luce visibile). Inoltre, si è testata l’attività catalitica del complesso nell’idroborazione di alchini.

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La preparazione di nanoparticelle (NPs) metalliche risulta complessa a causa di diversi parametri operativi in grado di modificare le proprietà del prodotto finale, per questo la ricerca di nuove strategie sintetiche atte a controllare morfologia e geometria di questi sistemi costituisce uno dei temi di maggior interesse scientifico per la chimica della catalisi. La tecnica di sol immobilization permette di ottenere catalizzatori nanostrutturati composti da nanoparticelle stabilizzate da polimeri e depositate su un materiale che funga da supporto. La possibilità di preparare polimeri con proprietà specifiche, ha aperto l’opportunità di sfruttare questi sistemi per modellare le caratteristiche delle nanoparticelle e la loro attività catalitica. In particolare, in quest’attività di ricerca è stato studiato, attraverso una reazione modello, in che modo il peso molecolare ed il grado di idrolisi degli stabilizzanti polimerici a base di poli-vinilalcol, possono influenzare la morfologia e l’attività delle nanoparticelle di oro.

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Il 5-idrossimetilfurfurale (HMF) è una delle principali molecole piattaforma ricavabili da biomassa e può essere trasformato, con diversi processi, in altre molecole utili, tra cui il 2,5-bis(idrossimetil)furano (BHMF), utilizzato nel campo dei polimeri come precursore, e ottenibile tramite reazione di idrogenazione. L’idrogenazione elettrocatalitica dell’HMF è una via sostenibile per ottenere BHMF che opera a temperatura e pressione ambiente, utilizzando acqua come solvente e sorgente di idrogeno, evitando l’utilizzo di H2 gassoso. Per catalizzare la reazione vengono utilizzate schiume di rame con alta area superficiale che possono essere ricoperte con fase attiva a base di argento per aumentarne l’attività. In questo lavoro, viene realizzato e studiato un nuovo tipo di elettrocatalizzatore a base di ceria elettrodepositata su schiuma di rame, con l’obiettivo di replicare o migliorare i risultati ottenuti con i catalizzatori Ag/Cu. Le prestazioni dei catalizzatori dei catalizzatori Ce/Cu sono state studiate in soluzioni di HMF 0,05 M, 0,10 M e 0,50 M e confrontate con schiume Ag/Cu e Cu bare. I catalizzatori a base di Ce dimostrano la capacità di convertire selettivamente HMF in BHMF. A 0,05 M i catalizzatori Ag/Cu si sono dimostrati i migliori per conversione, selettività, efficienza faradica e produttività, invece, i catalizzatori Ce/Cu forniscono risultati migliori rispetto alla schiuma di rame in termini di selettività e produttività, che risulta comparabile con quello dei catalizzatori Ag/Cu. A 0,10 M i catalizzatori Ce/Cu riescono a migliorarsi in termini di conversione e a superare i catalizzatori Ag/Cu in produttività, grazie al minore tempo di reazione impiegato. All’aumentare della concentrazione di HMF, comunque, i risultati di selettività dei catalizzatori Ce/Cu diminuiscono ma rimangono in linea con quelli ottenuti con i catalizzatori Ag/Cu.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca volto alla sintesi di nuovi complessi di metalli di transizione per lo sviluppo di catalizzatori da impiegare in reazioni di catalisi omogenea. In particolare il mio progetto si è concentrato sulla sintesi di complessi organometallici di manganese con leganti carbenici N-eterociclici (NHC). La scelta dei leganti è stata effettuata in modo tale da poter avere leganti chelanti NHC di tipo MIC (mesoionic carbene) sintetizzati tramite cicloaddizione tra un alchino ed un azide catalizzata da rame (CuAAC) e N-alchilazione. Lo studio di questi complessi a base di manganese è ancora tutt’oggi agli albori, leganti NHC vengono molto utilizzati grazie alla possibilità di variarne le proprietà steriche ed elettroniche e alla possibilità di formare legami forti con quasi tutti i metalli. Il manganese è stato scelto poiché un elemento abbondante, poco tossico e poco costoso. The present thesis work is part of a research project aimed at the synthesis of new transition metal complexes to be used in homogeneous catalysis reactions. In particular my project focused on the synthesis of manganese organometallic complexes with N-heterocyclic carbene ligands (NHC). The choice of ligands was carried out to have NHC chelating ligands of the class of MIC (mesoionic carbene). These ligands are synthesized by cycloaddition between alkyl and azide with a copper-catalyzed reaction (CuAAC) and N-alkylation in order to obtain MIC after deprotonation. The study of these manganese-based complexes is still in its infancy today, NHC ligands are widely used thanks to the possibility of varying their steric and electronic properties and the possibility of forming strong bonds with almost all metals. The choice of manganese was made because is an abundant, low-toxic and inexpensive element.

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Negli ultimi anni ha riscosso particolare interesse l’utilizzo di nanoparticelle metalliche nella catalisi per via delle loro eccellenti proprietà. Le limitazioni al loro utilizzo sono connesse alla complessità della loro sintesi a causa dei molteplici parametri che possono influenzare le proprietà e la morfologia del sistema finale. Recenti studi hanno permesso di individuare la possibilità che polimeri con opportune caratteristiche possano influenzare sia la morfologia che l’attività catalitica dei catalizzatori nanostruturati. Queste ricerche hanno aperto alla possibilità di controllare le proprietà delle nanoparticelle attraverso la sintesi di macromolecole con specifiche caratteristiche. Nel corso dell’attività di tirocinio si è studiato come il peso molecolare e la natura dello stabilizzante polimerico influenzino le dimensioni e l’attività delle nanoparticelle d’oro in termini di conversione ed accessibilità dei siti attivi del catalizzatore attraverso la reazione di riduzione del 4-nitrofenolo. Si sono confrontati risultati ottenuti da nanoparticelle sintetizzate utilizzando come stabilizzante campioni a differente peso molecolare di poli-etilenglilcole, poli-vinilammina e poli-vinilalcol.

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L’uso di molecole stabilizzanti (polimeri, surfattanti o leganti organici) nel corso della sintesi di nanoparticelle in sospensione è fondamentale per permettere il controllo della dimensione della fase attiva e per evitare l’aggregazione dei colloidi nella fase di sintesi e deposizione del sol metallico sul supporto. Nonostante questo, molto spesso, l’effetto dello stabilizzante non è solo quello di modificare le proprietà morfologiche (ad esempio la dimensione) delle nanoparticelle supportata ma anche di cambiare l’interazione della fase attiva con i reagenti dal punto di vista elettronico e diffusionale. La messa a punto di metodologie di sintesi controllate ed efficaci è molto importante. Le tecniche di sintesi utilizzate per la preparazione di catalizzatori a base di metalli nanostrutturati sono innumerevoli, ma una metodologia particolarmente interessante, che garantisce piccole dimensioni delle nanoparticelle ed un’elevata distribuzione del metallo sul supporto, è la tecnica della sol-immobilization. In questo lavoro di tesi è stato studiato come il tipo e la quantità di stabilizzante influisce sulla dimensione della nanoparticella e sull’attività catalitica del catalizzatore, usando come reazione modello l’ossidazione selettiva dell’5-idrossimetilfurfurale (HMF) ad acido 2,5 furandicarbossilico (FDCA).

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Il presente elaborato finale è incentrato sulla sintesi, caratterizzazione e studio della reattività di nuovi cluster idrurici carbonilici di rutenio e iridio a bassa nuclearità; inoltre, l’attività catalitica di suddetti cluster è stata valutata in modo preliminare in reazioni di idrogenazione e trasferimento di idrogeno. In particolare è stata ottimizzata la sintesi del composto [NEt4][H2Ru3Ir(CO)12] (2), cluster principale dello studio catalitico, e sono stati sintetizzati altri cinque cluster bimetallici Ru-Ir di cui non risulta nota la struttura in letteratura: [H3Ru3Ir(CO)12] (3), [PPN]2[H2Ru3Ir(CO)12] (4a) ([PPN]+= [N(PPh3)2]+), [NEt4][HRu3Ir2(CO)12(COD)] (5) (COD = C8H12) e [H2Ru3Ir2(CO)10(COD)2]-[HRu2Ir3(CO)12(COD)2] (miscela 1:1) (6). Tutte le specie ottenute sono state caratterizzate mediante diffrazione a raggi X su cristallo singolo (SC-XRD), spettrometria di massa ESI-MS, spettroscopia IR e 1H-NMR. Il cluster 2 è risultato attivo nella reazione di idrogenazione di doppi legami polari mediante meccanismo di H transfer, utilizzando iPrOH come fonte di idrogeno, e 4-fluoro acetofenone come substrato modello; inoltre, con l'utilizzo di un'autoclave, si sono condotte prove di idrogenazione sotto pressione di idrogeno molecolare H2 utilizzando come substrato trans-cinnamaldeide, al fine di valutare l'effetto del catalizzatore sia in presenza di gruppi C=O che di un doppio legame C=C (aldeide α,β insatura).

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Il tema principale della tesi sono le emissioni di motori a combustione interna alimentati ad idrogeno. Dopo un'introduzione inziale, nella quale si spiegano le proprietà dell'idrogeno e i passaggi per ottenerlo, si entra nello specifico utilizzo di esso come combustibile e nelle modifiche da apportare ad un comune MCI. Nella parte centrale della tesi vengono prese in considerazione le anomalie di combustione ed alcune soluzioni per esse, soffermandosi in particolare sulla detonazione. Nella parte finale, invece, vengono trattate le emissioni inquinanti e i sistemi di post-trattamento dei gas di scarico, cercando di individuare soluzioni ottimali. Anche quando ci si concentra su altri aspetti però si pone sempre un occhio di riguardo alle possibili emissioni inquinanti dettate dalle condizioni descritte.

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Negli ultimi decenni, il riscaldamento globale, causato dall’emissioni di gas serra in atmosfera, ha spinto i governi ad agire verso una progressiva sostituzione della generazione elettrica da fonte fossile con quella da rinnovabile. La non programmabilità di alcune fonti rinnovabili ha reso necessario l’utilizzo di tecnologie di accumulo dell’energia elettrica. In particolare, la produzione di idrogeno sembra essere una valida soluzione, ma il suo stoccaggio è uno dei principali ostacoli alla sua diffusione. Tra i diversi metodi di stoccaggio, quello più promettente è quello in idruri metallici. Affinché questa tecnologia diventi competitiva, è però necessario migliorare la cinetica della reazione di assorbimento/desorbimento dell’idrogeno nel sito metallico, attraverso una migliore gestione del calore prodotto/richiesto dalla reazione. In questo contesto, la presente tesi ha come obiettivo l’ottimizzazione del processo di carica di bombole agli idruri metallici, situate all’interno di una microgrid per la generazione e l’accumulo di energia da fotovoltaico, attraverso lo sviluppo di un sistema di controllo della temperatura delle bombole, e la realizzazione di prove sperimentali per valutare i reali benefici che esso comporta, in termini di capacità di stoccaggio e velocità di assorbimento dell’idrogeno. Dopo aver presentato il contesto energetico, lo stato dell’arte degli idruri metallici e la microgrid in cui sono situate le bombole, sono state descritte due versioni diverse del sistema ideato: una versione definitiva, che potrà essere realizzata per eventuali studi futuri, e una versione semplificata, che è stata poi realizzata in laboratorio. È stato descritto nel dettaglio il setup sperimentale, realizzato per svolgere le prove sul processo di carica della bombola, e sono stati poi riportati e confrontati i risultati ottenuti nel caso in cui non si è fatto uso del prototipo e quelli ottenuti nel caso in cui viene invece utilizzato per raffreddare la bombola.

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Uno studio sulle tecnologie attuali per la produzione di idrogeno, comprensive di membrane per gli elettrolizzatori e stato dell'arte di esse. Assieme a questo una breve valutazione numerica di un impianto con relative componenti.