898 resultados para damage alarming and localization


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Generierung und Prozessierung oxidativer DNA Schäden --- Ziel dieser Arbeit war es, adaptive Antworten der Zellen auf einen DNA Schädigung zu untersuchen. Hierzu wurden Experimente zur Reparatur oxidierter Basen (Substrate der Basen Exzisions Reparatur (BER)) oder von Pyrimidindimeren (Substrate der Nukleotid Exzisions Reparatur (NER)) nach einer Vorbehandlung mit DNA-schädigender Agenzien durchgeführt. Die Ergebnisse zeigten, dass sowohl eine Vorbehandlung mit einer alkylierenden als auch mit einer oxidierenden Substanz zu einer adaptiven Erhöhung des zellulären Glutathionspiegels führte, die 16 h nach der Schädigung ihr Maximum erreichte. Jedoch waren die 8-oxoG Glykosylaseaktivitäten über einen Zeitraum von 18 h konstant. Diese Effekte waren unabhängig davon, ob Maus Embryofibroblasten, primäre oder p53 profiziente menschliche Zellen verwendet wurden. Die BER war ebenfalls in keiner der verschiedenen Zelllinien signifikant verbessert. Die adaptive Antwort bezüglich der Glutathionspiegel war also nicht mit einer entsprechenden Veränderung bei der DNA-Reparatur verbunden. Folglich ist die Reparatur von oxidativen DNA-Schäden durch eine vorausgehende Schädigung nicht induzierbar. Der zweite Teil der Untersuchungen zu der Reparatur beschäftigte sich mit der NER. Hierzu wurde die Reaktivierung eines mit UVB-Strahlung geschädigten Plasmids untersucht. Als Wirtszellen fungierten primäre menschliche Fibroblasten und Keratinozyten, die entweder mit UVB vorbehandelt oder ungeschädigt waren. Auch für die NER konnte keine signifikante Beschleunigung der Reparatur von Pyrimidindimeren durch eine Vorbehandlung festgestellt werden. Die Reaktivierung erfolgte ferner unabhängig vom p53-Status der Zellen, wie Versuche mit p53-siRNA zeigten. Neben der Prozessierung war die Generierung oxidativer DNA Schäden Gegenstand der Arbeit. Die verwendete Substanz Tirapazamin (TPZ) ist ein für hypoxische Zellen selektives, neues Zytostatikum und befindet sich momentan in Phase 2/3 der klinischen Prüfung. Ziel war es die von TPZ verursachten DNA Modifikationen zu charakterisieren, sowie die Toxizität und Genotoxizität zu untersuchen. Da es Hinweise auf eine Aktivierung von TPZ über eine Oxidoreduktase (OR) gab, wurden die Experimente in Wildtyp und hOR überexprimierenden Zellen durchgeführt. Die Quantifizierung der verursachten DNA-Modifikationen zeigte, dass der von TPZ verursachte Schaden in Zellen mit hOR erhöht war. Das erhaltene Schadensprofil der durch TPZ verursachten DNA-Modifikationen war dem Schadensprofil von durch Gamma-Strahlung intrazellulär verursachten Hydroxylradikalen sehr ähnlich. Da es nach der Aktivierung von TPZ durch eine OR zu einer Abspaltung von Hydroxylradikalen kommt, bestätigte dies den vermuteten Mechanismus. Weitere Untersuchungen mit t-Butanol, einem Hydroxylradikal Fänger, ergaben eine verminderte DNA-Schädigung, was ebenfalls für eine DNA-Schädigung durch Hydroxylradikale spricht. Untersuchungen zur Mutagenität zeigten das die Mutationsrate in Zellen mit hOR um das 4 fache erhöht ist. Erstaunlich war jedoch, dass der im gleichen Ausmaß von Gamma-Strahlung verursachte DNA-Schaden für die beobachtete Toxizität dieser verantwortlich war, während bei TPZ unter den gleichen Bedingungen keine Toxizität vorlag. Erklärt werden könnte die erhöhte Toxizität und Mutagenität durch so genannte geclusterte DNA-Schäden, die von Gamma-Strahlen, nicht jedoch von TPZ gebildet werden. Nach einer verlängerten Inkubation wurde sowohl für die Toxizität als auch für die Genotoxizität erneut ein verstärkender Effekt durch die OR bestätigt. Überraschend war weiterhin die von der OR unabhängige Generierung von Doppelstrangbrüchen, für die demnach ein grundsätzlich anderer Mechanismus, wie zum Beispiel eine direkte Interaktion mit der Topoisomerase II, angenommen werden muss.

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Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.

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Nell’ambito della patologia gastroenterica del suino sono comprese alcune malattie sostenute da batteri spirillari gram negativi, di cui sono disponibili numerose trattazioni riguardanti, soprattutto, l'aspetto epidemiologico e patogenetico. Per alcuni di questi agenti microbici, e per le relative manifestazioni patologiche, poco si conosce nel cinghiale selvatico, animale correlato filogeneticamente al suino domestico, ma compreso in un’ecologia completamente differente. Da queste premesse è nato un approccio di ricerca e studio del comportamento di questi microrganismi in una metapopolazione di cinghiali, abbattuti durante il piano di controllo della popolazione densità-dipendente nel Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa (BO), cercando di rapportare le conoscenze riportate in letteratura sul suino domestico con quanto è scaturito dalle indagini condotte sul cinghiale selvatico. In particolare è stata indagata con metodica immunoistochimica la presenza di Lawsonia intracellularis, patogeno del suino responsabile di Enterite Proliferativa (EP), in secondo luogo sono state condotte indagini batteriologiche e istologiche da stomaco e intestino, finalizzate all’isolamento di microrganismi spirillari dei generi Campylobacter e Helicobacter, da correlare all’eventuale presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative gastriche o enteriche valutate secondo sistemi a punteggio ottenuti dalla bibliografia o realizzati in base alla tipologia di infiltrato cellulare e alla sua localizzazione. In ultimo, a fini comparativi con uno studio condotto nel 2002-2004 nello steso Parco Regionale, sono stati monitorati i livelli di antibioticoresistenza di indicatori fecali usando metodiche internazionali standardizzate (Escherichia coli e Enterococcus faecium.) nonché su un numero significativo di isolati di Campylobacter lanienae, per ottenere indicazioni preliminari sull’andamento nei 10 anni trascorsi dello stato di inquinamento da farmaco del Parco stesso. I risultati ottenuti permettono di ampliare le conoscenze sulla flora enterica del cinghiale selvatico e pongono questioni di sicurezza pubblica sulla gestione dei mammiferi selvatici.

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This thesis investigates context-aware wireless networks, capable to adapt their behavior to the context and the application, thanks to the ability of combining communication, sensing and localization. Problems of signals demodulation, parameters estimation and localization are addressed exploiting analytical methods, simulations and experimentation, for the derivation of the fundamental limits, the performance characterization of the proposed schemes and the experimental validation. Ultrawide-bandwidth (UWB) signals are in certain cases considered and non-coherent receivers, allowing the exploitation of the multipath channel diversity without adopting complex architectures, investigated. Closed-form expressions for the achievable bit error probability of novel proposed architectures are derived. The problem of time delay estimation (TDE), enabling network localization thanks to ranging measurement, is addressed from a theoretical point of view. New fundamental bounds on TDE are derived in the case the received signal is partially known or unknown at receiver side, as often occurs due to propagation or due to the adoption of low-complexity estimators. Practical estimators, such as energy-based estimators, are revised and their performance compared with the new bounds. The localization issue is addressed with experimentation for the characterization of cooperative networks. Practical algorithms able to improve the accuracy in non-line-of-sight (NLOS) channel conditions are evaluated on measured data. With the purpose of enhancing the localization coverage in NLOS conditions, non-regenerative relaying techniques for localization are introduced and ad hoc position estimators are devised. An example of context-aware network is given with the study of the UWB-RFID system for detecting and locating semi-passive tags. In particular a deep investigation involving low-complexity receivers capable to deal with problems of multi-tag interference, synchronization mismatches and clock drift is presented. Finally, theoretical bounds on the localization accuracy of this and others passive localization networks (e.g., radar) are derived, also accounting for different configurations such as in monostatic and multistatic networks.

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Gonocerus acuteangulatus (Hemiptera: Coreidae) è considerato uno dei principali fitofagi del nocciolo, in grado di causare con l’attività trofica pesanti perdite quali-quantitative di produzione. Nel triennio sono state quindi condotte indagini sulla bioetologia di G. acuteangulatus volte a: I) studiare comportamento alimentare ed effetti sulla produzione corilicola, II) identificare i feromoni e valutarne l’attività mediante biosaggi fisiologici e comportamentali in laboratorio, semi-campo e campo, III) rilevare le piante ospiti alternative al nocciolo. Mediante isolamento di adulti del coreide su rami di nocciolo con frutti è stata confermata l’assenza di correlazione fra entità del danno e numerosità degli individui presenti in corileto. Dalle analisi sensoriali su nocciole sane e danneggiate è emerso che le alterazioni causate delle punture di nutrizione sono rese più evidenti da conservazione e tostatura. Variazioni di tempi e temperature di tostatura potrebbero mitigare gli effetti del cimiciato. Nello studio dei feromoni, G. acuteangulatus, molto mobile nell’ambiente, è risultato poco adatto ai biosaggi in condizioni artificiali, come quelle in olfattometro e semi-campo. Le femmine sono tuttavia apparse attrattive per adulti di entrambi i sessi, mentre la miscela feromonale sintetizzata ha mostrato un’azione attrattiva, seppure non costante. Pertanto, ulteriori ripetizioni sono necessarie per convalidare questi risultati preliminari, modificando le condizioni di saggio in relazione alle caratteristiche della specie. Infine è stata accertata la preferenza del fitofago per alcune specie vegetali rispetto al nocciolo. Nel corso del triennio, popolazioni molto consistenti di G. acuteangulatus sono state rilevate su bosso, ciliegio di Santa Lucia, rosa selvatica, sanguinello, spino cervino, in corrispondenza del periodo di comparsa e maturazione dei frutti. Nell’impostazione di una strategia di difesa a basso impatto ambientale, l’attrattività di queste piante, in sinergia con eventuali feromoni di aggregazione, potrebbe essere utilmente sfruttata, per mantenere il coreide lontano dalla coltura.

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Nel corso del mio lavoro di ricerca mi sono occupata di identificare strategie che permettano il risparmio delle risorse a livello edilizio e di approfondire un metodo per la valutazione ambientale di tali strategie. La convinzione di fondo è che bisogna uscire da una visione antropocentrica in cui tutto ciò che ci circonda è merce e materiale a disposizione dell’uomo, per entrare in una nuova era di equilibrio tra le risorse della terra e le attività che l’uomo esercita sul pianeta. Ho quindi affrontato il tema dell’edilizia responsabile approfondendo l’ambito delle costruzioni in balle di paglia e terra. Sono convinta che l’edilizia industriale abbia un futuro molto breve davanti a sé e lascerà inevitabilmente spazio a tecniche non convenzionali che coinvolgono materiali di semplice reperimento e posa in opera. Sono altresì convinta che il solo utilizzo di materiali naturali non sia garanzia di danni ridotti sull’ecosistema. Allo stesso tempo ritengo che una mera certificazione energetica non sia sinonimo di sostenibilità. Per questo motivo ho valutato le tecnologie non convenzionali con approccio LCA (Life Cycle Assessment), approfondendo gli impatti legati alla produzione, ai trasporti degli stessi, alla tipologia di messa in opera, e ai loro possibili scenari di fine vita. Inoltre ho approfondito il metodo di calcolo dei danni IMPACT, identificando una carenza nel sistema, che non prevede una categoria di danno legata alle modifiche delle condizioni idrogeologiche del terreno. La ricerca si è svolta attraverso attività pratiche e sperimentali in cantieri di edilizia non convenzionale e attività di ricerca e studio sull’LCA presso l’Enea di Bologna (Ing. Paolo Neri).

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Die Entstehung von Mutationen, und somit der erste Schritt der Kanzerogenese, steht in engem Zusammenhang mit der Effektivität der DNA-Reparatur. Werden zur Fehlpaarung neigende (prämutagene) DNA-Schäden, wie z.B. die oxidative Läsion 8-oxoG, zu langsam oder auch fehlerhaft repariert, so führt dies zwangsläufig zu einer Erhöhung der Mutationsrate. Das Zusammenspiel zwischen Schadensentstehung und dessen Reparatur ist somit von großem Interesse. Ein wichtiger Faktor, der dieses Gleichgewicht beeinflussen könnte, ist die Chromatinstruktur, die entscheidend ist für die DNA-Zugänglichkeit.rnrnDie Frage, ob und in welchem Ausmaß der globale Kondensationsgrad des Chromatins die Entstehung und Reparatur von DNA-Schäden und damit die Entstehung von Mutationen beeinflusst, war der Ausgangspunkt für die vorliegende Arbeit. Um die Chromatinstruktur zu modulieren, wurden zum einen Resveratrol, zum anderen die HDAC-Inhibitoren Natriumbutyrat und Trichostatin A eingesetzt. Resveratrol führt, möglicherweise über eine SIRT1-Aktivierung, zu einem kondensierten und schlecht zugänglichen Chromatin. Die HDAC-Inhibitoren hingegen resultieren durch verstärkte Acetylierung von Histonen in einer global dekondensierten, offenen Chromatinstruktur. Mit Hilfe des Photosensibilisators Ro19-8022 in Kombination mit sichtbarem Licht, UV-B-Strahlung und Wasserstoffperoxid wurden in so veränderten Zellen verschiedene Arten von DNA-Schäden induziert, welche jeweils spezifisch sind für unterschiedliche Reparaturwege. Das Ausmaß induzierter Läsionen sowie deren Reparatur wurde mittels Alkalischer Elution und entsprechenden Reparaturendonukleasen bestimmt. rnrnDie Ergebnisse zeigen eine durch Resveratrol unbeeinflusste Schadensinduktion, andererseits jedoch eine deutliche Verlangsamung der Reparatur verschiedener Arten von DNA-Läsionen (oxidative Läsionen, Cyclobutanpyrimidindimere, Einzelstrangbrüche) und somit auch verschiedener Reparaturwege in AS52-Zellen. Die HDAC-Inhibitoren hingegen verursachen ein erhöhtes Ausmaß induzierter Läsionen, jedoch keine Änderung der Reparaturgeschwindigkeit. Die Entstehung spontaner und induzierter Mutationen zeigt sich durch Resveratrol unbeeinflusst, HDAC-Inhibitoren resultieren in signifikant erniedrigten Mutationsraten in AS52-Zellen. Letzterer Effekt ist durch die beobachteten Einflüsse auf Reparatur und Suszeptibilität in den Zellen nicht erklärbar und bedarf einer mechanistischen Aufklärung. Die durch Resveratrol beobachtete Reparatur-Retardierung wurde mechanistisch weiter untersucht. Durch Inhibierung von SIRT1, einer durch Resveratrol aktivierten Deacetylase, konnte dessen Beteiligung an der Reparaturverlangsamung ausgeschlossen werden. Auch eine Beteiligung von oxidativem Stress, dem MAPK-Signalweg (ERK 1/2, p38) oder p53 konnte ausgeschlossen werden. Die Durchführung der Reparaturversuche mit menschlichen HeLa-Zellen zeigten, dass die durch Resveratrol verursachten Effekte quantitativ stark zelltypabhängig sind. Während die Reparatur in HeLa-Zellen deutlich weniger beeinflusst wird, sind dennoch andere Parameter wie Proliferation und Glutathionspiegel eher stärker verändert wie in AS52-Zellen. Der Mechanismus der durch Resveratrol verursachten Reparaturhemmung bedarf somit weiterer Untersuchungen.rn

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Die Ursachen der Zweittumorentwicklung bei Personen, die eine Krebserkrankung in der Kindheit überlebten, sind weitgehend unklar. Strahlenexposition oder Chemotherapie führen in normalen somatischen Zellen zu DNA-Schäden, welche bei fehlerhafter Reparatur eine Karzinogenese auslösen können. Es ist denkbar, dass genetische Unterschiede z. B. in den Signalwegen der Zellzykluskontrolle und der DNA-Reparatur nach therapieinduzierten DNA-Schäden eine entscheidende Rolle bei der Zweittumorentwicklung spielen. Im Rahmen dieser Arbeit wurden 20 Personen, die eine Krebserkrankung in der Kindheit überlebten und einen unabhängigen Zweittumor entwickelten, mit 20 gematchten Kontrollpersonen ohne Zweittumorentwicklung verglichen. Die primären Fibroblasten der Patienten wurden auf somatische, genetische und/oder epigenetische Unterschiede in DNA-Reparaturnetzwerken untersucht. Die biologisch relevantesten Ergebnisse lieferten Proteinuntersuchungen mittels Antikörper-Microarrays. Hierbei wurde eine konstitutiv erniedrigte Menge an RAD9A und einigen anderen DNA-Reparatur-Proteinen (BRCA1, DDIT3, MSH6, p53, RAD51) in den Zweittumorpatienten im Vergleich zu den Eintumorpatienten festgestellt. Nach einer DNA-Schädigung durch 1 Gray Bestrahlung erhöhte sich die RAD9A-Proteinmenge, wobei die Zweittumorpatienten eine geringere Induktion als die Eintumorpatienten zeigten. Bei der Quantifizierung der mRNA-Expression mittels RTq-PCR wurde ein niedrigerer RAD9A-mRNA-Level sowohl in den unbehandelten und als auch in den 1 Gray bestrahlten Zellen der Zweittumorpatienten festgestellt. SNP-Array und Methylierungsanalysen konnten keine Auffälligkeiten im RAD9A-Lokus nachweisen. Diese Ergebnisse unterstützen die Hypothese, dass Modulationen von RAD9A und anderen Zellzyklusarrest- und DNA-Reparaturproteinen zum Risiko einer Zweittumorentwicklung in Kinderkrebspatienten beitragen. Bei einem diskordanten monozygoten Zwillingspaar wurde in ca. 20% der Zellen des Zweittumorzwillings eine Hypermethylierung des Tumorsuppressorgens BRCA1 festgestellt, die mit einer konstitutiv erniedrigten BRCA1-Proteinexpression einhergeht und einen möglichen Krebsrisikofaktor darstellt. Die partielle Deletion des Gens RSPO3, die wahrscheinlich als somatisches Zellmosaik beim Zweittumorzwilling vorliegt, korreliert mit einer niedrigeren RSPO3-mRNA-Expression und ist vermutlich auch mit einer erhöhten Krebsprädisposition assoziiert.

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Lysosomaler Transport kationischer Aminosäuren (KAS) stellt einen Rettungsweg in der Cystinose-Therapie dar. Ein solches Transportsystem wurde in humanen Hautfibroblasten beschrieben und mit System c benannt. Des Weiteren stellt lysosomales Arginin eine Substratquelle für die endotheliale NO-Synthase (eNOS) dar. Das von der eNOS gebildete NO ist ein wichtiges vasoprotektiv wirkendes Signalmolekül. Ziel war es daher, herauszufinden, ob Mitglieder der SLC7-Unterfamilie hCAT möglicherweise System c repräsentieren.rnIn dieser Arbeit konnte ich die lysosomale Lokalisation verschiedener endogener, sowie als EGFP-Fusionsproteine überexprimierter CAT-Isoformen nachweisen. Mittels Fluoreszenz-mikroskopie wurde festgestellt, dass die in U373MG-Zellen überexprimierten Fusionsproteine hCAT-1.EGFP sowie SLC7A14.EGFP mit dem lysosomalen Fluoreszenz-Farbstoff LysoTracker co-lokalisieren. Eine Lokalisation in Mitochondrien oder dem endoplasmatischem Retikulum konnte mit entsprechenden Fluoreszenz-Farbstoffen ausgeschlossen werden. Zusätzlich reicherten sich die überexprimierten Proteine hCAT-1.EGFP, hCAT-2B.EGFP und SLC7A14.EGFP in der lysosomalen Fraktion C aus U373MG-Zellen zusammen mit den lysosomalen Markern LAMP-1 und Cathepsin D an. Gleiches galt für den endogenen hCAT-1 in der lysosomalen Fraktion C aus EA.hy926- und U373MG-Zellen sowie für den SLC7A14 in den humanen Hautfibroblasten FCys5. Mit dem im Rahmen dieser Arbeit generierte Antikörper gegen natives SLC7A14 konnte erstmals die endogene Expression und Lokalisation von SLC7A14 in verschiedenen Zelltypen analysiert werden.rnObwohl eine Herunterregulation des hCAT-1 in EA.hy926-Endothelzellen nicht zu einer Reduktion der Versorgung der eNOS mit lysosomalem Arginin führte, ist eine Funktion von hCAT-1 im Lysosom wahrscheinlich. Sowohl die [3H]Arginin- als auch die [3H]Lysin-Aufnahme der Fraktion C aus U373MG-hCAT-1.EGFP war signifikant höher als in die Fraktion C aus EGFP-Kontrollzellen. Dies konnte ebenfalls für den hCAT-2B.EGFP gezeigt werden. Zusätzlich zeigten lysosomale Proben aus U373MG-hCAT-2B.EGFP-Zellen in der SSM-basierten Elektrophysiologie eine elektrogene Transportaktivität für Arginin. Das Protein SLC7A14.EGFP zeigte in keiner der beiden durchgeführten Transportstudien eine Aktivität. Dies war unerwartet, da die aus der Diplomarbeit stammende und im Rahmen dieser Dissertation erweiterte Charakterisierung der hCAT-2/A14_BK-Chimäre, die die „funktionelle Domäne“ des SLC7A14 im Rückgrat des hCAT-2 trug, zuvor den Verdacht erhärtet hatte, dass SLC7A14 ein lysosomal lokalisierter Transporter für KAS sein könnte. Diese Studien zeigten allerding erstmals, dass die „funktionelle Domäne“ der hCATs die pH-Abhängigkeit vermittelt und eine Rolle in der Substraterkennung spielt.rnZukünftig soll weiter versucht werden auch endogen eine Transportaktivität der hCATs für KAS im Lysosom nachzuweisen und das Substrat für das intrazellulär lokalisierte Waisen-Protein SLC7A14 zu finden. Eine mögliche Rolle könnte SLC7A14 als Transporter für Neurotransmitter spielen, da eine sehr prominente Expression im ZNS festgestellt wurde.rn

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This thesis collects the outcomes of a Ph.D. course in Telecommunications Engineering and it is focused on the study and design of possible techniques able to counteract interference signal in Global Navigation Satellite System (GNSS) systems. The subject is the jamming threat in navigation systems, that has become a very increasingly important topic in recent years, due to the wide diffusion of GNSS-based civil applications. Detection and mitigation techniques are developed in order to fight out jamming signals, tested in different scenarios and including sophisticated signals. The thesis is organized in two main parts, which deal with management of GNSS intentional counterfeit signals. The first part deals with the interference management, focusing on the intentional interfering signal. In particular, a technique for the detection and localization of the interfering signal level in the GNSS bands in frequency domain has been proposed. In addition, an effective mitigation technique which exploits the periodic characteristics of the common jamming signals reducing interfering effects at the receiver side has been introduced. Moreover, this technique has been also tested in a different and more complicated scenario resulting still effective in mitigation and cancellation of the interfering signal, without high complexity. The second part still deals with the problem of interference management, but regarding with more sophisticated signal. The attention is focused on the detection of spoofing signal, which is the most complex among the jamming signal types. Due to this highly difficulty in detect and mitigate this kind of signal, spoofing threat is considered the most dangerous. In this work, a possible techniques able to detect this sophisticated signal has been proposed, observing and exploiting jointly the outputs of several operational block measurements of the GNSS receiver operating chain.

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Over the last decades the impact of natural disasters to the global environment is becoming more and more severe. The number of disasters has dramatically increased, as well as the cost to the global economy and the number of people affected. Among the natural disaster, flood catastrophes are considered to be the most costly, devastating, broad extent and frequent, because of the tremendous fatalities, injuries, property damage, economic and social disruption they cause to the humankind. In the last thirty years, the World has suffered from severe flooding and the huge impact of floods has caused hundreds of thousands of deaths, destruction of infrastructures, disruption of economic activity and the loss of property for worth billions of dollars. In this context, satellite remote sensing, along with Geographic Information Systems (GIS), has become a key tool in flood risk management analysis. Remote sensing for supporting various aspects of flood risk management was investigated in the present thesis. In particular, the research focused on the use of satellite images for flood mapping and monitoring, damage assessment and risk assessment. The contribution of satellite remote sensing for the delineation of flood prone zones, the identification of damaged areas and the development of hazard maps was explored referring to selected cases of study.

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Analysen zur molekularen Charakterisierung von Proteinen des humanen Usher-Syndroms und Evaluation genbasierter Therapiestrategien rnDas humane Usher Syndrom (USH) ist die häufigste Form vererbter Taub-Blindheit. In der vorliegenden Dissertation wurde diese komplexe Erkrankung auf verschiedenen Ebenen analysiert: in Arbeiten zur Expression und Lokalisation von USH-Proteinen, der Analyse der USH-Proteinnetzwerke und deren Funktionen sowie darauf aufbauend die Entwicklung von Therapiestrategien für USH.rnIm Rahmen der Arbeit wurde die Expression und (sub)-zelluläre Lokalisation des USH1D-Genproduktes CDH23 in der Retina und Cochlea analysiert. CDH23-Isoformen werden in der Maus zeitlich und räumlich differentiell exprimiert. In den Retinae von Mäusen, nicht humanen Primaten und Menschen zeigten Analysen eine unterschiedliche Expression und Lokalisation des Zell-Zelladhäsionsmoleküls CDH23, was auf Funktions-unterschiede der einzelnen Isoformen in den analysierten Spezies hindeutet.rnAnalysen zur Aufklärung der USH-Proteinnetzwerke ergaben eine potentielle Interaktion des USH1G-Gerüstproteins SANS mit dem Golgi- und Centrosom-assoziierten Protein Myomegalin. Die direkte Interaktion der Proteine konnte durch unabhängige Experimente verifiziert werden. Beide Interaktionspartner sind in den Retinae verschiedener Spezies partiell ko-lokalisiert und partizipieren im periciliären USH-Proteinnetzwerk. Die Assoziation von SANS und Myomegalin mit dem Mikrotubuli-Cytoskelett weist auf eine Funktion des Proteinkomplexes in gerichteten Transportprozessen innerhalb der Photorezeptoren hin und bekräftigt die Hypothese einer Rolle von SANS und assoziierten Netzwerken mit Transportprozessen.rnDas hier gewonnene erweiterte Verständnis der molekularen Grundlagen sowie die Aufklärung der zellulären Funktion der Proteinnetzwerke ermöglichen die Entwicklung therapeutischer Strategien für USH. Ein Fokus der vorliegenden Arbeit lag auf der Entwicklung genbasierter Therapiestrategien und deren Evaluation, wobei der Schwerpunkt auf der Therapiestrategie der Genreparatur lag. Die mit Hilfe von Zinkfinger-Nukleasen (ZFN) induzierte Homologe Rekombination für die Genkorrektur wurde exemplarisch an der 91C>T/p.R31X-Mutation im USH1C-Gen gezeigt. Effiziente ZFN wurden identifiziert, generiert und erfolgreich im Zellkulturmodellsystem eingesetzt. Die Analysen demonstrierten eine Reparatur der Mutation durch Homologe Rekombination auf genomischer Ebene und die Expression des wiederhergestellten Proteins. Durch die Genkorrektur im endogenen Lokus sind Größe des Gens, Isoformen oder die Art der Mutation keine limitierenden Faktoren für die Therapie. Die in der vorliegenden Arbeit durchgeführten Experimente unterstreichen das enorme Potential ZFN-basierter Therapiestrategien hin zu personalisierten Therapieformen nicht nur für USH sondern auch für andere erbliche Erkrankungen, deren genetische Grundlagen bekannt sind.rn

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BACKGROUND: Only few standardized apraxia scales are available and they do not cover all domains and semantic features of gesture production. Therefore, the objective of the present study was to evaluate the reliability and validity of a newly developed test of upper limb apraxia (TULIA), which is comprehensive and still short to administer. METHODS: The TULIA consists of 48 items including imitation and pantomime domain of non-symbolic (meaningless), intransitive (communicative) and transitive (tool related) gestures corresponding to 6 subtests. A 6-point scoring method (0-5) was used (score range 0-240). Performance was assessed by blinded raters based on videos in 133 stroke patients, 84 with left hemisphere damage (LHD) and 49 with right hemisphere damage (RHD), as well as 50 healthy subjects (HS). RESULTS: The clinimetric findings demonstrated mostly good to excellent internal consistency, inter- and intra-rater (test-retest) reliability, both at the level of the six subtests and at individual item level. Criterion validity was evaluated by confirming hypotheses based on the literature. Construct validity was demonstrated by a high correlation (r = 0.82) with the De Renzi-test. CONCLUSION: These results show that the TULIA is both a reliable and valid test to systematically assess gesture production. The test can be easily applied and is therefore useful for both research purposes and clinical practice.

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Abnormal activation of cellular DNA repair pathways by deregulated signaling of receptor tyrosine kinase systems has broad implications for both cancer biology and treatment. Recent studies suggest a potential link between DNA repair and aberrant activation of the hepatocyte growth factor receptor Mesenchymal-Epithelial Transition (MET), an oncogene that is overexpressed in numerous types of human tumors and considered a prime target in clinical oncology. Using the homologous recombination (HR) direct-repeat direct-repeat green fluorescent protein ((DR)-GFP) system, we show that MET inhibition in tumor cells with deregulated MET activity by the small molecule PHA665752 significantly impairs in a dose-dependent manner HR. Using cells that express MET-mutated variants that respond differentially to PHA665752, we confirm that the observed HR inhibition is indeed MET-dependent. Furthermore, our data also suggest that decline in HR-dependent DNA repair activity is not a secondary effect due to cell cycle alterations caused by PHA665752. Mechanistically, we show that MET inhibition affects the formation of the RAD51-BRCA2 complex, which is crucial for error-free HR repair of double strand DNA lesions, presumably via downregulation and impaired translocation of RAD51 into the nucleus. Taken together, these findings assist to further support the role of MET in the cellular DNA damage response and highlight the potential future benefit of MET inhibitors for the sensitization of tumor cells to DNA damaging agents.

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Dietary supplements (DS) are easily available and increasingly used, and adverse hepatic reactions have been reported following their intake. To critically review the literature on liver injury because of DSs, delineating patterns and mechanisms of injury and to increase the awareness towards this cause of acute and chronic liver damage. Studies and case reports on liver injury specifically because of DSs published between 1990 and 2010 were searched in the PubMed and EMBASE data bases using the terms 'dietary/nutritional supplements', 'adverse hepatic reactions', 'liver injury'; 'hepatitis', 'liver failure', 'vitamin A' and 'retinoids', and reviewed for yet unidentified publications. Significant liver injury was reported after intake of Herbalife and Hydroxycut products, tea extracts from Camellia sinensis, products containing usnic acid and high contents of vitamin A, anabolic steroids and others. No uniform pattern of hepatotoxicity has been identified and severity may range from asymptomatic elevations of serum liver enzymes to hepatic failure and death. Exact estimates on how frequent adverse hepatic reactions occur as a result of DSs cannot be provided. Liver injury from DSs mimicking other liver diseases is increasingly recognized. Measures to reduce risk include tighter regulation of their production and distribution and increased awareness of users and professionals of the potential risks.