657 resultados para biogas, FORSU, trattamenti enzimatici


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Background. Il dolore da arto fantasma ha un forte impatto su benessere e stile di vita dei soggetti amputati. Obiettivi. Valutare l’efficacia del trattamento con mirror therapy in termini di miglioramento del dolore da arto fantasma nei pazienti amputati rispetto ad altre tipologie di trattamento o al trattamento placebo. Disegno dello studio. Revisione sistematica di efficacia. Criteri di eleggibilità. Sono stati inclusi i Trial Clinici Randomizzati in lingua inglese e italiana, che indagassero l’efficacia del trattamento con mirror therapy confrontandolo con il trattamento placebo o altri trattamenti in termini di intensità del dolore. L’outcome primario doveva essere misurato con scala NRS, VAS o altra scala specifica. Fonti di ricerca. PUBMED, PEDro, Embase, Scopus. La letteratura grigia è stata valutata tramite ricerca in Google Scholar. Risultati. Sono stati analizzati 149 articoli e al termine dell’iter di selezione 9 sono stati inclusi nella presente revisione, di cui 7 sono stati utilizzati per la metanalisi. In 7 studi, la mirror therapy produceva miglioramenti statisticamente significativi a breve termine sull’intensità del dolore. Tuttavia, i risultati della metanalisi evidenziano come sia impossibile giungere a conclusioni di certezza, a seguito dell’alta eterogeneità riscontrata nelle analisi. Alla sottoanalisi condotta con gli studi di maggior qualità metodologica l’eterogeneità diminuiva, ma il risultato di efficacia per la mirror therapy non era statisticamente significativo. Conclusioni. Sebbene la mirror therapy mostri in più studi risultati incoraggianti, la metanalisi suggerisce cautela nell’analisi di tali dati, mostrando un’elevata eterogeneità e risultati non statisticamente significativi. Ulteriori studi sono necessari per approfondire i risultati ottenuti, con campioni più ampi, una metodologia più rigorosa e modalità di erogazione del trattamento maggiormente standardizzate.

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Background: Il pectus excavatum (EP) è l'anomalia congenita più comune della parete toracica. È caratterizzato da depressione variabile dello sterno e cartilagini costali inferiori. I pazienti con EP possono presentare molti sintomi diversi. Alcuni pazienti con EP soffrono di limitazioni funzionali, problematiche posturali e psicosociali legate all’immagine corporea. Tuttavia, i vari interventi non sono stati standardizzati. Obiettivi: Questa scoping review mira a mappare e sintetizzare la letteratura con lo scopo di identificare gli interventi riabilitativi presenti per adolescenti e bambini con pectus excavatum. Metodi: La ricerca, terminata ad agosto 2022, è stata effettuata nelle seguenti banche dati: PUBMED, Cochrane Library e PEDro. È stato inoltre utilizzato il motore di ricerca Google Scholar per contenuti della letteratura grigia. La selezione degli studi è avvenuta secondo precisi criteri di inclusione; sono stati considerati sia studi primari che secondari senza limiti geografici e di lingua. I risultati sono stati presentati sia in modalità numerica sia tematica. Risultati: Da 47 articoli iniziali, sono stati selezionati 30 articoli, di cui 8 systematic review, 5 RCT, 3 case reports, 2 preliminary reports, 6 studi retrospettivi, 1 case series, 2 studi primari diagnostici, 1 studio prospettico e 2 records dalla letteratura grigia. Il processo di selezione degli articoli è stato riportato attraverso il diagramma di flusso, mentre i contenuti dei singoli articoli sono stati schematizzati in una tabella sinottica. Conclusioni: Dall’analisi attuale della letteratura emerge che, nonostante la varietà dei trattamenti presenti negli articoli, rimane un’evidente lacuna sull’unanimità riguardo alle indicazioni e alle linee guida da seguire nell’approccio e intervento riabilitativo del ragazzo con diagnosi di pectus excavatum. Questa scoping review può rappresentare un punto di partenza per le future ricerche.

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Background:La gonartrosi è una patologia degenerativa che colpisce l’articolazione del ginocchio. Rappresenta un grave problema di salute pubblica mondiale e comporta dolore e riduzione della funzionalità. Sono presenti studi che confrontano l’uso di iniezioni intra articolari con la fisioterapia per ridurre il dolore, ma ad oggi non vi è ancora un gold standard per la gestione della malattia. Scopo della ricerca:Valutare l’efficacia della fisioterapia rispetto all’uso di iniezioni intra articolari in pazienti affetti da gonartrosi, sul dolore e sulla qualità di vita. Disegno dello studio:Revisione Sistematica della Letteratura effettuata seguendo il PRISMA Statement. Metodi:La ricerca è stata condotta nelle banche dati PubMed, PEDro, Cochrane Library. Sono stati inclusi trial randomizzati controllati (RCT) in lingua inglese e italiana, che confrontavano l’efficacia del trattamento fisioterapico rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, con outcome relativi a riduzione del dolore e al miglioramento della qualità di vita. La qualità metodologica e il rischio di bias sono stati valutati utilizzando la PEDro Scale. Risultati:Cinque studi sono stati inclusi in questa Revisione Sistematica. Ci sono stati due studi che hanno dimostrato la maggiore efficacia di altri trattamenti rispetto alla fisioterapia. Altri due trials hanno confrontato il trattamento fisioterapico con l’uso di iniezioni di acido ialuronico e si sono osservati risultati pressoché uguali tra i gruppi. Solo uno studio ha dimostrato la superiorità del trattamento combinato di iniezioni e programma riabilitativo nella gestione della gonartrosi, rispetto al solo utilizzo di iniezioni intra articolari. Conclusioni:I risultati contrastanti che si sono osservati non permettono di affermare con certezza la superiorità della fisioterapia rispetto all’utilizzo di iniezioni intra articolari, sebbene rappresenti una valida scelta terapeutica grazie al suo basso costo e alla sua ridotta invasività.

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Background :La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. La presa in carico di questi pazienti necessita di un approccio globale. Uno dei sintomi più diffusi in queste persone è la spasticità la cui valutazione e gestione necessità di un approccio multidisciplinare. L’elevato grado di immobilità derivante dalla spasticità interferisce in modo considerevole con l’autonomia quotidiana del paziente e porta ad una significativa riduzione della qualità della vita . Obiettivo: L’obiettivo di questa Scoping review è quello di identificare e mappare la letteratura corrente nell’ambito riabilitativo nella gestione della spasticità nei pazienti affetti da sclerosi multipla ,secondo la checklist della PRISMA Extension per le Scoping Review per identificare concetti chiave , implicazioni per la pratica clinica e individuare spunti per nuove ricerche . Disegno dello Studio: Scoping Review costruita seguendo le indicazioni del PRISMA Extension for Scoping Reviews Fonti di ricerca: La tipologia di questo lavoro di tesi è una revisione sulle evidenze nella letteratura. Per la ricerca del materiale si sono utilizzate riviste specialistiche e banche dati quali: Pubmed, The Cochrane Library, PeDro, e il motore di ricerca Google Schoolar. Risultati: Sono stati inclusi 5 articoli nello studio ( 2 revisioni sistematiche , 3 studi controllati randomizzati ) . Essendo una scoping review non è stata applicata nessuna scala per valutare la qualità degli articoli selezionanti per questa revisione . Conclusioni: la letteratura disponibile fornisce evidenze sugli approcci in merito al trattamento della spasticità nei pazienti affetti da sclerosi multipla però sono necessari altri studi per verificare l’efficacia dei trattamenti riabilitativi disponibili

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ABSTRACT Background: L’ictus è una delle prime cause di morte e disabilità nel Mondo: in Europa il numero dei sopravvissuti ad ictus è circa 6 milioni. Tra gli esiti di questa patologia troviamo l’iperestensione di ginocchio, una deformità progressiva e invalidante che compromette il cammino e può essere associata a dolore. La riabilitazione dei soggetti colpiti può essere complessa, a causa della variabilità delle possibili eziologie. Ad oggi non esiste ancora un unico protocollo riabilitativo per il trattamento di questa patologia. L’obiettivo di questa revisione sistematica è quello di valutare l’efficacia dei trattamenti fisioterapici sull’iperestensione di ginocchio in soggetti colpiti da ictus. Metodi: Banche dati: PUBMED, PEDro, Cochrane. Studi inclusi: Trial clinici randomizzati sull’efficacia degli interventi fisioterapici sull’iperestensione di ginocchio in soggetti colpiti da ictus. Questa revisione è stata redatta seguendo la checklist del PRISMA statement. Risultati: Sono stati inclusi 4 studi (3RCT,1CCT), con identificazione di due tipi di intervento: trattamento propriocettivo e con ortesi. Tutti gli interventi hanno prodotto miglioramenti sul cammino dei partecipanti, nel breve termine. L’outcome che ha riportato un miglioramento significativo in seguito agli interventi effettuati è quello riguardante i gradi di iperestensione di ginocchio. Per quanto riguarda la velocità del cammino, è stato riscontrato un miglioramento significativo soltanto in uno dei quattro studi inclusi. Conclusioni: Sono state trovate evidenze in favore dell’allenamento propriocettivo abbinato alla normale fisioterapia nel trattamento dell’iperestensione di ginocchio in soggetti con esiti di ictus e iperestensione di ginocchio, nel breve termine. Questo approccio potrebbe migliorare la qualità del cammino e quindi anche l’autonomia e la qualità di vita di questi pazienti.

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Background. La scoliosi idiopatica adolescenziale nelle ragazze tende a progredire più spesso, di conseguenza necessitano frequentemente di trattamenti. Sebbene l’impatto della scoliosi sulla gravidanza e sul parto sia una preoccupazione comune nelle donne, la letteratura che studia l'influenza dell'AIS sulla salute femminile è scarsa e contrastante. Obiettivo. Indagare l’influenza reciproca tra scoliosi idiopatica adolescenziale, sessualità e fertilità, gravidanza e parto. Metodo. È stata condotta una Scoping review utilizzando PubMed, CINAHL, Scopus, TripDataBase, Biomed central. A seguito del processo di selezione, sono stati individuati e inclusi 12 articoli, pubblicati tra il 2000 e il 2020. Risultati. Le donne con AIS possono avere maggiore difficoltà di concepimento, necessità di ricorrere a trattamenti di fertilità, incidenza e severità della dorsolombalgia, la quale, nella maggior parte dei casi, non compromette le attività quotidiane e si risolve dopo il parto. La scoliosi non è associata né ad una maggiore incidenza di parto pretermine né ad un maggior tasso di induzione del travaglio. Per quanto riguarda l’analgesia locoregionale, si evidenziano maggiori difficoltà nell'inserimento del catetere epidurale. La gravidanza determina una lieve progressione della curva scoliotica, paragonabile alla naturale progressione della scoliosi nelle donne che non hanno mai avuto una gravidanza. Conclusioni. La scoliosi idiopatica adolescenziale non rappresenta in sé un fattore di rischio della gravidanza, ma richiede una conoscenza adeguata del fenomeno e un’assistenza personalizzata e su misura rispetto ai desideri della donna e al tipo/grado di patologia presente. Sarebbero necessari studi prospettici più ampi per indagare ulteriormente le tematiche prese in esame, i quali risulterebbero preziosi per il personale ostetrico che consiglia le donne sia durante la pianificazione del concepimento sia nel corso della gravidanza.

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La stenosi spinale lombare (LSS) è un processo degenerativo frequente nell’attuale popolazione anziana e può essere considerata come la causa principale di chirurgia spinale nei pazienti di età superiore ai sessantacinque anni. Comporta un restringimento del forame vertebrale, che, nei casi più gravi, causa una compressione del midollo spinale e degli elementi neurali e vascolari situati nel tratto lombo-sacrale. Uno dei trattamenti chirurgici di decompressione utilizzato è l’emilaminectomia, che, prevedendo la resezione della lamina di un solo lato della vertebra e di parte del legamento giallo, può portare a una riduzione della stabilità spinale. L’obiettivo di questo studio in vitro è quello di analizzare l’impatto dell’emilaminectomia sulla biomeccanica del rachide. Sei provini, estratti da rachide umano e costituiti da quattro vertebre lombari e una sacrale (L2-S1), sono stati testati meccanicamente in flessione, estensione e flessione laterale sinistra e destra in due condizioni di prova: intatti e post emilaminectomia. La stabilità spinale è stata valutata calcolando il Range of Motion tra le vertebre L2 e S1 agli estremi dei provini. Mediante l’algoritmo di Digital Image Correlation (DIC), sono state estratte e valutate le distribuzioni delle deformazioni dell’intero provino, valutando, in particolare, le deformazioni principali massime e minime sulla superficie del disco intervertebrale L4-L5. I risultati hanno mostrato che l’emilaminectomia ha causato una diminuzione significativa della stabilità spinale solo in flessione, con un aumento del Range of Motion del 54%. L’emilaminectomia non ha causato variazioni nelle distribuzioni delle deformazioni in ogni configurazione di carico. Le deformazioni principali minime sul disco intervertebrale L4-L5, tra le due vertebre in cui è stata eseguita l’emilaminectomia, sono aumentate, in modo statisticamente significativo, del 38% nella flessione nel lato in cui è stato svolto l’intervento di emilaminectomia.

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La perfusione ex-vivo, ossia dopo il prelievo e prima del trapianto, degli organi si afferma come una delle possibili strategie per superare il divario esistente tra il numero dei pazienti in lista d’attesa e il numero degli organi disponibili e idonei al trapianto. Questo divario ha portato alla necessità di includere tra i donatori anche quelli marginali (anziani, con comorbidità, con cause di morte come l’arresto cardiaco e tempi di ischemia), fino ad oggi considerati non trapiantabili. L’utilizzo di questi organi ha messo in evidenza alcuni limiti di quella che, ad oggi, è stata considerata la tecnica di riferimento per la preservazione ex-vivo degli organi: la conservazione statica ipotermica che risulta, infatti, efficace per gli organi ottimali, mentre per quelli più compromessi, sembra accentuare di più il danno d’organo e incrementare il rischio di fallimento o di complicazioni. Si sono, perciò, affermate tecniche di conservazione dinamica per poter conservare gli organi in un ambiente simil-fisiologico, limitando i tempi di ischemia, valutandone la funzionalità ed eventualmente applicando dei trattamenti terapeutici. I diversi protocolli di perfusione sono stati implementati in numerosi sistemi per l’esecuzione dei trattamenti di perfusione ex-vivo. Essi differiscono principalmentente per la modalità termica eseguita: ipotermia (4-12°C), midtermia (13-24°C), subnormotermia (25-35°C), normotermia (35-37°C) o modalità combinate: tanto più la temperatura si avvicina a quella del corpo, tanto più occorre ricreare un ambiente fisiologico per l’organo. L’analisi delle unità termiche costituenti i sistemi di perfusione dei reni e fegati disponibili ha messo in evidenza i principali limiti e vantaggi di ogni soluzione adottata. Risulta evidente che una gestione ideale della termoregolazione constente di coprire i più vasti intervalli di temperatura, di combinare le diverse modalità, senza complicazioni esecutive e con limitati interventi da parte dell’operatore.

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Studio della biologia della cellula tumorale. Analisi delle cause del cancro e delle terapie utilizzate per combatterlo mettendo in luce gli aspetti legati al tumore al seno. Approfondimento sul cancro al seno evidenziando l'importanza della prevenzione attraverso esami diagnostici specifici. Questi esami sono fondamentali a fine di individuare la patologia agli albori del suo sviluppo per poter aumentare la probabilità di riuscita della cura e di conseguenza diminuire il tasso di mortalità dei pazienti malati. Classificazione del tumore in base alla sua stadiazione; lo distinguiamo in quattro stadi a seconda di parametri che ne descrivono l'estensione e le sue proprietà invasive. Esposizione dei vari trattamenti terapeutici che vengono proposti ai pazienti a seconda della loro età e dello stadio della malattia.

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La tesi in oggetto ha lo scopo di determinare l’effetto della sabbiatura sul comportamento a fatica della lega AlSi10Mg prodotta mediante Laser Powder Bed Fusion e trattata termicamente. I parametri di processo e di trattamento termico (T5 e T6) sono stati precedentemente ottimizzati. Al fine di determinare l’effetto della sabbiatura su topografia superficiale e microstruttura dei campioni, si sono condotte molteplici analisi avvalendosi di strumenti quali profilometria, microscopia ottica ed in scansione, analisi di tensioni residue con diffrazione a raggi X e prove di durezza. Attraverso prove di fatica per flessione rotante, eseguite secondo il metodo Stair-Case per la determinazione della resistenza a fatica, e successiva caratterizzazione delle superfici di frattura si vuole correlare il difetto killer, ossia quello responsabile del cedimento per fatica, alle caratteristiche morfologiche e microstrutturali. Il difetto killer viene caratterizzato in termini di dimensione e distanza dalla superficie e per mostrare la relazione fra la dimensione del difetto killer e la resistenza a fatica si adotta il diagramma di Kitagawa-Takahashi con modellazione di Murakami ed EL Haddad. Si è evidenziato che tutti i difetti killer sono riconducibili a lack-of-fusion con dimensione superiore ai 100 μm ad una profondità compresa fra i 150 e i 200 μm, indipendentemente dal trattamento termico o meccanico applicato. In termini di fatica si osserva che il trattamento T6 conferisce al materiale migliori proprietà rispetto a quello T5. Il processo di sabbiatura, confrontato con quello di lucidatura superficiale, ha portato a miglioramenti in termini di durezza e tensioni residue di compressione, ma si è rivelato quasi ininfluente sulla resistenza a fatica. Sulla base di quanto sopra, si conferma la possibilità di applicazione della sabbiatura in ambito industriale a componenti meccanici, anche in sostituzione della lucidatura, ottenendo un beneficio anche economico.

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La segmentazione prevede la partizione di un'immagine in aree strutturalmente o semanticamente coerenti. Nell'imaging medico, è utilizzata per identificare, contornandole, Regioni di Interesse (ROI) clinico, quali lesioni tumorali, oggetto di approfondimento tramite analisi semiautomatiche e automatiche, o bersaglio di trattamenti localizzati. La segmentazione di lesioni tumorali, assistita o automatica, consiste nell’individuazione di pixel o voxel, in immagini o volumi, appartenenti al tumore. La tecnica assistita prevede che il medico disegni la ROI, mentre quella automatica è svolta da software addestrati, tra cui i sistemi Computer Aided Detection (CAD). Mediante tecniche di visione artificiale, dalle ROI si estraggono caratteristiche numeriche, feature, con valore diagnostico, predittivo, o prognostico. L’obiettivo di questa Tesi è progettare e sviluppare un software di segmentazione assistita che permetta al medico di disegnare in modo semplice ed efficace una o più ROI in maniera organizzata e strutturata per futura elaborazione ed analisi, nonché visualizzazione. Partendo da Aliza, applicativo open-source, visualizzatore di esami radiologici in formato DICOM, è stata estesa l’interfaccia grafica per gestire disegno, organizzazione e memorizzazione automatica delle ROI. Inoltre, è stata implementata una procedura automatica di elaborazione ed analisi di ROI disegnate su lesioni tumorali prostatiche, per predire, di ognuna, la probabilità di cancro clinicamente non-significativo e significativo (con prognosi peggiore). Per tale scopo, è stato addestrato un classificatore lineare basato su Support Vector Machine, su una popolazione di 89 pazienti con 117 lesioni (56 clinicamente significative), ottenendo, in test, accuratezza = 77%, sensibilità = 86% e specificità = 69%. Il sistema sviluppato assiste il radiologo, fornendo una seconda opinione, non vincolante, adiuvante nella definizione del quadro clinico e della prognosi, nonché delle scelte terapeutiche.

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La nostra società è sempre più interconnessa al punto che difficilmente riusciamo a distinguere tra la vita online e quella offline: “onlife” è il termine coniato dal filosofo Luciano Floridi e inserito nel 2019 tra le voci della Treccani proprio per indicare questo nuova forma di comportamento. Il virtuale diventa reale grazie alle nuove tecnologie e le modalità di comunicazione, vivendo in un ambiente che è contemporaneamente analogico e digitale. Il soggetto a cui i dati si riferiscono perde il controllo su di essi, mentre questi vengono raccolti e processati a costi nulli e, spesso, senza l’adeguato consenso. È all’interno di questo contesto che nasce la regolamentazione per tutelare la vita privata delle persone ed evitare trattamenti dei dati non autorizzati, i quali possano avere anche un’influenza sulla capacità di scelta e determinazione dell’utente. In questo elaborato di tesi saranno trattati i problemi e rischi della profilazione, quale caso specifico di trattamento automatizzato dei dati personali, delineando un quadro normativo di rifermento. Verrano analizzate anche le informative privacy di alcune società dell’informazione per prendere coscienza di quali (e quanti) dati vengono condivisi durante l’utilizzo dei loro servizi gratuiti. Infine, verrà fornita una descrizione di quali possano essere gli strumenti software, le azioni da compiere per lasciare meno impronte digitali possibili.