864 resultados para Variabilité génétique
Resumo:
La simulazione è definita come la rappresentazione del comportamento di un sistema o di un processo per mezzo del funzionamento di un altro o, alternativamente, dall'etimologia del verbo “simulare”, come la riproduzione di qualcosa di fittizio, irreale, come se in realtà, lo fosse. La simulazione ci permette di modellare la realtà ed esplorare soluzioni differenti e valutare sistemi che non possono essere realizzati per varie ragioni e, inoltre, effettuare differenti valutazioni, dinamiche per quanto concerne la variabilità delle condizioni. I modelli di simulazione possono raggiungere un grado di espressività estremamente elevato, difficilmente un solo calcolatore potrà soddisfare in tempi accettabili i risultati attesi. Una possibile soluzione, viste le tendenze tecnologiche dei nostri giorni, è incrementare la capacità computazionale tramite un’architettura distribuita (sfruttando, ad esempio, le possibilità offerte dal cloud computing). Questa tesi si concentrerà su questo ambito, correlandolo ad un altro argomento che sta guadagnando, giorno dopo giorno, sempre più rilevanza: l’anonimato online. I recenti fatti di cronaca hanno dimostrato quanto una rete pubblica, intrinsecamente insicura come l’attuale Internet, non sia adatta a mantenere il rispetto di confidenzialità, integrità ed, in alcuni, disponibilità degli asset da noi utilizzati: nell’ambito della distribuzione di risorse computazionali interagenti tra loro, non possiamo ignorare i concreti e molteplici rischi; in alcuni sensibili contesti di simulazione (e.g., simulazione militare, ricerca scientifica, etc.) non possiamo permetterci la diffusione non controllata dei nostri dati o, ancor peggio, la possibilità di subire un attacco alla disponibilità delle risorse coinvolte. Essere anonimi implica un aspetto estremamente rilevante: essere meno attaccabili, in quanto non identificabili.
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L'identificazione di un blazar è molto difficile, questo è un oggetto molto particolare e che ha un'attività molto ricca. Nella pratica l'identificazione di un blazar avviene confrontando la sua emissione in banda radio con la sua emissione in banda gamma, che sono entrambe proprie dei blazar. Il problema è che non si dispone di un telescopio in grado di rivelare con estrema precisione entrambe le bande, quindi si procede utilizzando i dati radio provenienti da un dato radiotelescopio e i dati in banda gamma provenienti da un altro telescopio. Quando le emissioni nelle due bande presentano, ad esempio, una variabilità simultanea, l'identificazione è certa. Ma questa minoranza di casi non è molto frequente e quindi spesso si procede con un'analisi probabilistica basata sulle posizioni delle sorgenti. Il lancio di Fermi nel 2008 ha portato ad un fortissimo aumento del numero di sorgenti gamma note e, fra queste, la maggior parte sono blazar. Una significativa frazione di queste sorgenti Fermi (circa il 30%) rimane non identificata. In questo lavoro vengono inizialmente caratterizzate le proprietà radio dei blazar e in particolare dei blazar gamma noti finora. In seguito verrà approfondita l'analisi delle sorgenti Fermi non identificate per stabilire una possibile compatibilità con le proprietà dei blazar e quindi per cercare di capire se queste sorgenti possano essere a loro volta dei blazar non ancora riconosciuti.
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Il cervello umano è composto da una rete complessa, formata da fasci di assoni, che connettono le diverse aree cerebrali. Il fascio arcuato collega l’area imputata alla com- prensione del linguaggio con quella dedicata alla sua produzione. Il fascio arcuato è presente in entrambi gli emisferi cerebrali, anche se spesso è utilizzato prevalente- mente il sinistro. In questa tesi sono state valutate, in un campione di soggetti sani, le differenze tra fascio arcuato destro e sinistro, utilizzando la trattografia, metodica avanzata e non invasiva che permette la ricostruzione della traiettoria delle fibre con immagini RM (Risonanza Magnetica) pesate in diffusione. A questo scopo ho utilizzato un algoritmo probabilistico, che permette la stima di probabilità di connessione della fibra in oggetto con le diverse aree cerebrali, anche nelle sedi di incrocio con fibre di fasci diversi. Grazie all’implementazione di questo metodo, è stato possibile ottenere una ricostruzione accurata del fascio arcuato, an- che nell’emisfero destro dove è spesso critica, tanto da non essere possibile con altri algoritmi trattografici. Parametrizzando poi la geometria del tratto ho diviso il fascio arcuato in venti seg- menti e ho confrontato i parametri delle misure di diffusione, valutate nell’emisfero destro e sinistro. Da queste analisi emerge un’ampia variabilità nella geometria dell’arcuato, sia tra diversi soggetti che diversi emisferi. Nell’emisfero destro l’arcuato incrocia maggiormente fibre appartenenti ad altri fasci. Nell’emisfero sinistro le fibre dell’arcuato sono più compatte e si misura anche una maggiore connettività con altre aree del cervello coinvolte nelle funzioni linguistiche. Nella seconda fase dello studio ho applicato la stessa metodica in due pazienti con lesioni cerebrali, con l’obiettivo di testare il danno del fascio arcuato ipsilaterale alla lesione e stimare se nell’emisfero controlaterale si innescassero meccanismi di plastic- ità strutturale. Questa metodica può essere implementata, in un gruppo di pazienti omogenei, per identificare marcatori RM diagnostici nella fase di pianificazione pre- chirurgica e marcatori RM prognostici di recupero funzionale del linguaggio.
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The discussion on the New Philology triggered by French and North American scholars in the last decade of the 20th century emphasized the material character of textual transmission inside and outside the written evidences of medieval manuscripts by downgrading the active role of the historical author. However, the reception of the ideas propagated by the New Philology adherents was rather divided. Some researchers considered it to be the result of an academic “crisis” (R.T. Pickens) or questioned its innovative status (K. Stackmann: “Neue Philologie?”); others appreciated the “new attitudes to the page” it had brought to mind (J. Bumke after R.H. and M.A, Rouse) or even saw a new era of the “powers of philology” evoked (H.-U. Gumbrecht). Besides the debates on the New Philology another concept of textual materiality strengthened in the last decade, maintaining that textual alterations somewhat relate to biogenetic mutations. In a matter of fact, phenomena such as genetic and textual variation, gene recombination and ‘contamination’ (the mixing of different exemplars in one manuscript text) share common features. The paper discusses to what extent the biogenetic concepts can be used for evaluating manifestations of textual production (as the approach of ‘critique génétique’ does) and of textual transmission (as the phylogenetic analysis of manuscript variation does). In this context yet the genealogical concept of stemmatology – the treelike representation of textual development abhorred by the New Philology adepts – might prove to be useful for describing the history of texts. The textual material to be analyzed will be drawn from the Parzival Project, which is currently preparing a new electronic edition of Wolfram von Eschenbach’s Parzival novel written shortly after 1200 and transmitted in numerous manuscripts up to the age of printing. Researches of the project have actually resulted in suggesting that the advanced knowledge of the manuscript transmission yields a more precise idea on the author’s own writing process.
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The discussion on the New Philology triggered by French and North American scholars in the last decade of the 20th century emphasized the material character of textual transmission inside and outside the written evidences of medieval manuscripts by downgrading the active role of the historical author. However, the reception of the ideas propagated by the New Philology adherents was rather divided. Some researchers questioned its innovative status (K. Stackmann: “Neue Philologie?”), others saw a new era of the “powers of philology” evoked (H.-U. Gumbrecht). Besides the debates on the New Philology another concept of textual materiality strengthened in the last decade, maintaining that textual alterations somewhat relate to biogenetic mutations. In a matter of fact, phenomena such as genetic and textual variation, gene recombination and ‘contamination’ (the mixing of different exemplars in one manuscript text) share common features. The paper discusses to what extent the biogenetic concepts can be used for evaluating manifestations of textual production (as the approach of ‘critique génétique’ does) and of textual transmission (as the phylogenetic analysis of manuscript variation does). In this context yet the genealogical concept of stemmatology – the treelike representation of textual development abhorred by the New Philology adepts – might prove to be useful for describing the history of texts. The textual material to be analyzed will be drawn from the Parzival Project, which is currently preparing a new electronic edition of Wolfram von Eschenbach’s Parzival novel written shortly after 1200 and transmitted in numerous manuscripts up to the age of printing (www.parzival.unibe.ch). Researches of the project have actually resulted in suggesting that the advanced knowledge of the manuscript transmission yields a more precise idea on the author’s own writing process.
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Il tatto assume un'importanza fondamentale nella vita quotidiana, in quanto ci permette di discriminare le caratteristiche fisiche di un oggetto specifico, di identificarlo e di eventualmente integrare le suddette informazioni tattili con informazioni provenienti da altri canali sensoriali. Questa è la componente sensoriale-discriminativa del tatto. Tuttavia quotidianamente il tatto assume un ruolo fondamentale durante le diverse interazioni sociali, positive, come quando abbracciamo o accarezziamo una persona con cui abbiamo un rapporto affettivo e negative, per esempio quando allontaniamo una persona estranea dal nostro spazio peri-personale. Questa componente è la cosiddetta dimensione affettiva-motivazionale, la quale determina la codifica della valenza emotiva che l'interazione assume. Questa componente ci permette di creare, mantenere o distruggere i legami sociali in relazione al significato che il tocco assume durante l'interazione. Se per esempio riceviamo una carezza da un familiare, questa verrà percepita come piacevole e assumerà un significato affiliativo. Questo tipo di tocco è comunente definito come Tocco Sociale (Social Touch). Gli aspetti discriminativi del tatto sono stati ben caratterizzati, in quanto storicamente, il ruolo del tatto è stato considerato quello di discriminare le caratteristiche di ciò che viene toccato, mentre gli aspetti affettivi sono stati solo recentemente indagati considerando la loro importanza nelle interazioni sociali. Il tocco statico responsabile dell'aspetto discriminante attiva a livello della pelle le grandi fibre mieliniche (Aβ), modulando a livello del sistema nervoso centrale le cortecce sensoriali, sia primarie che secondarie. Questo permette la codifica a livello del sistema nervoso centrale delle caratteristiche fisiche oggettive degli oggetti toccati. Studi riguardanti le caratteristiche del tocco affiliativo sociale hanno messo in evidenza che suddetta stimolazione tattile 1) è un particolare tocco dinamico che avviene sul lato peloso delle pelle con una velocità di 1-10 cm/sec; 2) attiva le fibre amieliniche (fibre CT o C-LTMRs); 3) induce positivi effetti autonomici, ad esempio la diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca; e 4) determina la modulazione di regioni cerebrali coinvolte nella codifica del significato affiliativo dello stimolo sensoriale periferico, in particolare la corteccia insulare. Il senso del tatto, con le sue due dimensioni discriminativa e affiliativa, è quotidianamente usato non solo negli esseri umani, ma anche tra i primati non umani. Infatti, tutti i primati non umani utilizzano la componente discriminativa del tatto per identificare gli oggetti e il cibo e l'aspetto emotivo durante le interazioni sociali, sia negative come durante un combattimento, che positive, come durante i comportamenti affiliativi tra cui il grooming. I meccanismi di codifica della componente discriminativa dei primati non umani sono simili a quelli umani. Tuttavia, si conosce ben poco dei meccanismi alla base della codifica del tocco piacevole affiliativo. Pur essendo ben noto che i meccanorecettori amilienici C-LTMRs sono presenti anche sul lato peloso della pelle dei primati non umani, attualmente non ci sono studi riguardanti la correlazione tra il tocco piacevole e la loro modulazione, come invece è stato ampiamente dimostrato nell'uomo. Recentemente è stato ipotizzato (Dunbar, 2010) il ruolo delle fibre C-LTMRs durante il grooming, in particolare durante il cosiddetto swepping. Il grooming è costituito da due azioni motorie, lo sweeping e il picking che vengono eseguite in modo ritmico. Durante lo sweeping la scimmia agente muove il pelo della scimmia ricevente con un movimento a mano aperta, per poter vedere il preciso punto della pelle dove eseguire il picking, ovvero dove prendere la pelle a livello della radice del pelo con le unghie dell'indice e del pollice e tirare per rimuovere parassiti o uova di parassiti e ciò che è rimasto incastrato nel pelo. Oltre il noto ruolo igenico, il grooming sembra avere anche una importante funzione sociale affiliativa. Come la carezza nella società umana, cosi il grooming tra i primati non umani è considerato un comportamento. Secondo l'ipotesi di Dunbar l'attivazione delle C-LTMRs avverrebbe durante lo sweeping e questo porta a supporre che lo sweeping, come la carezza umana, costituisca una componente affiliativa del grooming, determinando quindi a contribuire alla sua codifica come comportamento sociale. Fino ad ora non vi è però alcuna prova diretta a sostegno di questa ipotesi. In particolare, 1) la velocità cui viene eseguito lo sweeping è compatibile con la velocità di attivazione delle fibre CT nell'uomo e quindi con la velocità tipica della carezza piacevole di carattere sociale affiliativo (1-10 cm/sec)?; 2) lo sweeping induce la stessa modulazione del sistema nervoso autonomo in direzione della modulazione del sistema vagale, come il tocco piacevole nell'uomo, attraverso l'attivazione delle fibre CT?; 3) lo sweeping modula la corteccia insulare, cosi come il tocco piacevole viene codificato come affiliativo nell'uomo mediante le proiezioni delle fibre CT a livello dell'insula posteriore? Lo scopo del presente lavoro è quella di testare l'ipotesi di Dunbar sopra citata, cercando quindi di rispondere alle suddette domande. Le risposte potrebbero consentire di ipotizzare la somiglianza tra lo sweeping, caratteristico del comportamento affiliativo di grooming tra i primati non umani e la carezza. In particolare, abbiamo eseguito 4 studi pilota. Nello Studio 1 abbiamo valutato la velocità con cui viene eseguito lo sweeping tra scimmie Rhesus, mediante una analisi cinematica di video registrati tra un gruppo di scimmie Rhesus. Negli Studi 2 e 3 abbiamo valutato gli effetti sul sistema nervoso autonomo dello sweeping eseguito dallo sperimentatore su una scimmia Rhesus di sesso maschile in una tipica situazione sperimentale. La stimolazione tattile è stata eseguita a diverse velocità, in accordo con i risultati dello Studio 1 e degli studi umani che hanno dimostrato la velocità ottimale e non ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs. In particolare, nello Studio 2 abbiamo misurato la frequenza cardiaca e la variabilità di questa, come indice della modulatione vagale, mentre nello Studio 3 abbiamo valutato gli effetti dello sweeping sul sistema nervoso autonomo in termini di variazioni di temperatura del corpo, nello specifico a livello del muso della scimmia. Infine, nello Studio 4 abbiamo studiato il ruolo della corteccia somatosensoriale secondaria e insulare nella codifica dello sweeping. A questo scopo abbiamo eseguito registrazioni di singoli neuroni mentre la medesima scimmia soggetto sperimentale dello Studio 2 e 3, riceveva lo sweeping a due velocità, una ottimale per l'attivazione delle C-LTMRs secondo gli studi umani e i risultati dei tre studi sopra citati, ed una non ottimale. I dati preliminari ottenuti, dimostrano che 1) (Studio 1) lo sweeping tra scimmie Rhesus viene eseguito con una velocità media di 9.31 cm/sec, all'interno dell'intervallo di attivazione delle fibre CT nell'uomo; 2) (Studio 2) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina una diminuzione della frequenza cardiaca e l'aumento della variabilità della frequenza cardiaca se eseguito alla velocità di 5 e 10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 1 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina l'aumento della frequenza cardiaca e la diminuzione della variabilità di questa, quindi il decremento dell'attivazione del sistema nervoso parasimpatico; 3) (Studio 3) lo sweeping eseguito dallo sperimentatore sulla schiena di una scimmia Rhesus di sesso maschile in una situazione sperimentale determina l'aumento della temperatura corporea a livello del muso della scimmia se eseguito alla velocità di 5-10 cm/sec. Al contrario, lo sweeping eseguito ad una velocità minore di 5 cm/sec o maggiore di 10 cm/sec, determina la diminuzione della temperatura del muso; 4) (Studio 4) la corteccia somatosensoriale secondaria e la corteccia insulare posteriore presentano neuroni selettivamente modulati durante lo sweeping eseguito ad una velocità di 5-13 cm/sec ma non neuroni selettivi per la codifica della velocità dello sweeping minore di 5 cm/sec. Questi risultati supportano l'ipotesi di Dunbar relativa al coinvolgimento delle fibre CT durante lo sweeping. Infatti i dati mettono in luce che lo sweeping viene eseguito con una velocità (9.31 cm/sec), simile a quella di attivazione delle fibre CT nell'uomo (1-10 cm/sec), determina gli stessi effetti fisiologici positivi in termini di frequenza cardiaca (diminuzione) e variabilità della frequenza cardiaca (incremento) e la modulazione delle medesime aree a livello del sistema nervoso centrale (in particolare la corteccia insulare). Inoltre, abbiamo dimostrato per la prima volta che suddetta stimolazione tattile determina l'aumento della temperatura del muso della scimmia. Il presente studio rappresenta la prima prova indiretta dell'ipotesi relativa alla modulazione del sistema delle fibre C-LTMRs durante lo sweeping e quindi della codifica della stimolazione tattile piacevole affiliativa a livello del sistema nervoso centrale ed autonomo, nei primati non umani. I dati preliminari qui presentati evidenziano la somiglianza tra il sistema delle fibre CT dell'uomo e del sistema C-LTMRs nei primati non umano, riguardanti il Social Touch. Nonostante ciò abbiamo riscontrato alcune discrepanze tra i risultati da noi ottenuti e quelli invece ottenuti dagli studi umani. La velocità media dello sweeping è di 9.31 cm / sec, rasente il limite superiore dell’intervallo di velocità che attiva le fibre CT nell'uomo. Inoltre, gli effetti autonomici positivi, in termini di battito cardiaco, variabilità della frequenza cardiaca e temperatura a livello del muso, sono stati evidenziati durante lo sweeping eseguito con una velocità di 5 e 10 cm/sec, quindi al limite superiore dell’intervallo ottimale che attiva le fibre CT nell’uomo. Al contrario, lo sweeping eseguito con una velocità inferiore a 5 cm/sec e superiore a 10 cm/sec determina effetti fisiologici negativo. Infine, la corteccia insula sembra essere selettivamente modulata dallo stimolazione eseguita alla velocità di 5-13 cm/sec, ma non 1-5 cm/sec. Quindi, gli studi sul sistema delle fibre CT nell’uomo hanno dimostrato che la velocità ottimale è 1-10 cm/sec, mentre dai nostri risultati la velocità ottimale sembra essere 5-13 cm / sec. Quindi, nonostante l'omologia tra il sistema delle fibre CT nell'umano deputato alla codifica del tocco piacevole affiliativo ed il sistema delle fibre C-LTMRs nei primati non umani, ulteriori studi saranno necessari per definire con maggiore precisione la velocità ottimale di attivazione delle fibre C-LTMR e per dimostrare direttamente la loro attivazione durante lo sweeping, mediante la misurazione diretta della loro modulazione. Studi in questa direzione potranno confermare l'omologia tra lo sweeping in qualità di tocco affiliativo piacevole tra i primati non umani e la carezza tra gli uomini. Infine, il presente studio potrebbe essere un importante punto di partenza per esplorare il meccanismo evolutivo dietro la trasformazione dello sweeping tra primati non umani, azione utilitaria eseguita durante il grooming, a carezza, gesto puramente affiliativo tra gli uomini.
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Un figlio con un Disturbo dello Spettro Autistico, caratterizzato da gravi difficoltà nelle relazioni, nei comportamenti e nella comunicazione, costringe tutto il sistema familiare a gestire un notevole stress dovuto alla gestione quotidiana di una patologia così complessa. Per questi motivi, i genitori necessitano di un sostegno il più possibile personalizzato rispetto alle caratteristiche del loro contesto familiare. Per fare questo sarebbe importante individuare quali siano i parametri correlati ai livelli di stress nei familiari di pazienti con autismo e che potrebbero avere un’influenza sul benessere familiare. Lo scopo di questo studio è quello di valutare quali caratteristiche di personalità, stili di coping e capacità di gestire le emozioni possano essere in relazione con la reattività individuale alle situazioni di stress, valutata attraverso alcuni correlati biologici, quali il livello di cortisolo (l’ormone dello stress) e la variabilità della frequenza cardiaca. L’ottica di ricerca applicata fa sì che gli obiettivi ultimi di questo lavoro siano anche quelli di diminuire l’accesso ai servizi per questi soggetti, considerando il fatto che progetti individualizzati di sostegno genitoriale costituiscono un fattore protettivo rispetto a conseguenze fisiche e psicologiche di disagio se implementati tenendo conto della variabilità individuale rispetto alle caratteristiche sopra citate.
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This paper provides data on diet and feeding habits of five benthic fish species (Torpedo torpedo (Linnaeus,1758), Mullus surmuletus (Linnaeus, 1758), Uranoscopus scaber (Linnaeus,1758), Scorpaena scrofa (Linnaeus,1758) and Synaptura lusitanica (Capello,1868)) common in the artisanal fisheries in the Cullera coast (Mediterranean sea – Spain) and T.torpedo, U.scaber y S. lusitánica feeding habits are almost unknown. T. torpedo preferred small preys like fishes, polychaetes and molluscs, these preys were feed in small portions. M. surmuletus showed the highest feeding dynamic, consuming small prey in large numbers like crustaceans (brachyura and amphypoda). U. scaber had similar feeding habits, but the numbers of preys in the stomach were lower. The principal preys were fishes, crustaceans, molluscs and polychaetes. S.scrofa ate larger prey items such as fish, followed by crustaceans and molluscs. Finally S. lusitánica had a high vacuity index, feeding polychaetes as the most important prey in their diet. Feeding strategy indicates a specialization of T.torpedo, S.scrofa and S. lusitanica; conversely M. surmuletus and U. scaber were generalized species.
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La tagatose-1,6-biphosphate aldolase de Streptococcus pyogenes est une aldolase qui fait preuve d'un remarquable manque de spécificité vis à vis de ses substrats. En effet, elle catalyse le clivage réversible du tagatose-1,6-bisphosphate (TBP), mais également du fructose-1,6-bisphosphate (FBP), du sorbose-1,6-bisphosphate et du psicose-1,6-bisphosphate, quatre stéréoisomères, en dihydroxyacétone phosphate (DHAP) et en glycéraldéhyde-3-phosphate (G3P). Aldolase de classe I, qui donc catalyse sa réaction en formant un intermédiaire covalent obligatoire, ou base de Schiff, avec son susbtrat, la TBP aldolase de S. pyogenes partage 14 % d’identité avec l’enzyme modèle de cette famille, la FBP aldolase de muscle de mammifère. Bien que le mécanime catalytique de la FBP aldolase des mammifères ait été examiné en détails et qu’il soit approprié d’en tirer des renseignements quant à celui de la TBP aldolase, le manque singulier de stéréospécificité de cette dernière tant dans le sens du clivage que celui de la condensation n’est toujours pas éclairci. Afin de mettre à jour les caractéristiques du mécanisme enzymatique, une étude structurale de la TBP aldolase de S. pyogenes, un pathogène humain extrêmement versatile, a été entreprise. Elle a permis la résolution des structures de l’enzyme native et mutée, en complexe avec des subtrats et des inhibiteurs compétitifs, à des résolutions comprises entre 1.8 Å et 2.5 Å. Le trempage des cristaux de TBP aldolase native et mutante dans une solution saturante de FBP ou TBP a en outre permis de piéger un authentique intermédiaire covalent lié à la Lys205, la lysine catalytique. La determination des profils pH de la TBP aldolase native et mutée, entreprise afin d'évaluer l’influence du pH sur la réaction de clivage du FBP et TBP et ìdentifier le(s) résidu(s) impliqué(s), en conjonction avec les données structurales apportées par la cristallographie, ont permis d’identifier sans équivoque Glu163 comme résidu responsable du clivage. En effet, le mode de liaison sensiblement différent des ligands utilisés selon la stéréochimie en leur C3 et C4 permet à Glu163, équivalent à Glu187 dans la FBP aldolase de classe I, d’abstraire le proton sur l’hydroxyle du C4 et ainsi d’amorcer le clivage du lien C3-C4. L’étude du mécanimse inverse, celui de la condensation, grâce par exemple à la structure de l’enzyme native en complexe avec ses substrats à trois carbones le DHAP et le G3P, a en outre permis d’identifier un isomérisme du substrat G3P comme possible cause de la synthèse des isomères en C4 par cette enzyme. Ce résultat, ainsi que la decouverte d’un possible isomérisme cis-trans autour du lien C2-C3 de la base de Schiff formée avec le DHAP, identifié précedemment, permet de cerner presque complètement les particularités du mécanisme de cette enzyme et d’expliquer comment elle est capable de synthétiser les quatres stéréoisomères 3(S/R), 4(S/R). De plus, la résolution de ces structures a permis de mettre en évidence trois régions très mobiles de la protéine, ce qui pourrait être relié au rôle postulé de son isozyme chez S. pyogenes dans la régulation de l’expression génétique et de la virulence de la bactérie. Enfin, la résolution de la structure du mutant Lys229→Met de la FBP aldolase de muscle en complexe avec la forme cyclique du FBP, de même que des études cristallographiques sur le mutant équivalent Lys205→Met de la TBP aldolase de S. pyogenes et des expériences de calorimétrie ont permis d’identifier deux résidus particuliers, Ala31 et Asp33 chez la FBP aldolase, comme possible cause de la discrimination de cette enzyme contre les substrats 3(R) et 4(S), et ce par encombrement stérique des substrats cycliques. La cristallographie par rayons X et la cinétique enzymatique ont ainsi permis d'avancer dans l'élucidation du mécanisme et des propriétés structurales de cette enzyme aux caractéristiques particulières.
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La Fibrose kystique (FK) est une maladie génétique qui se traduit par une destruction progressive des poumons et éventuellement, à la mort. La principale complication secondaire est le diabète associé à la FK (DAFK). Une dégradation clinique (perte de poids et de la fonction pulmonaire) accélérée est observée avant le diagnostic. L’objectif principal de mon projet de doctorat est de déterminer, par l’intermédiaire du test d’hyperglycémie provoquée par voie orale (HGPO), s’il existe un lien entre l’hyperglycémie et/ou l’hypoinsulinémie et la dégradation clinique observée avant le diagnostic du DAFK. Nous allons ainsi évaluer l’importance des temps intermédiaires de l’HGPO afin de simplifier le diagnostic d’une dysglycémie ainsi que d’établir des nouveaux marqueurs indicateurs de patients à risque d’une détérioration clinique. L’HGPO est la méthode standard utilisée dans la FK pour le diagnostic du DAFK. Nous avons démontré que les valeurs de glycémie obtenues au temps 90-min de l’HGPO seraient suffisantes pour prédire la tolérance au glucose des patients adultes avec la FK, autrement établie à l’aide des valeurs à 2-h de l’HGPO. Nous proposons des glycémies à 90-min de l’HGPO supérieure à 9.3 mmol/L et supérieure à 11.5 mmol/L pour détecter l’intolérance au glucose et le DAFK, respectivement. Une cause importante du DAFK est un défaut de la sécrétion d’insuline. Les femmes atteintes de la FK ont un risque plus élevé de développer le DAFK que les hommes, nous avons donc exploré si leur sécrétion était altérée. Contrairement à notre hypothèse, nous avons observé que les femmes avec la FK avaient une sécrétion d’insuline totale plus élevée que les hommes avec la FK, mais à des niveaux comparables aux femmes en santé. Le groupe de tolérance au glucose récemment proposé et nommé indéterminé (INDET : 60-min HGPO > 11.0 mais 2h-HGPO <7.8mmol/L) est à risque élevé de développer le DAFK. Par contre, les caractéristiques cliniques de ce groupe chez les patients adultes avec la FK n’ont pas été établies. Nous avons observé que le groupe INDET a une fonction pulmonaire réduite et similaire au groupe DAFK de novo et aucun des paramètres glucidiques et insulinémiques expliqueraient cette observation. Dans une population pédiatrique de patients avec la FK, une association a été rapportée entre une glycémie élevée à 60-min de l’HGPO et une fonction pulmonaire diminuée. Dans notre groupe de patients adultes avec la FK, il existe une association négative entre la glycémie à 60-min de l’HGPO et la fonction pulmonaire et une corrélation positive entre l’insulinémie à 60-min de l’HGPO et l’indice de masse corporelle (IMC). De plus, les patients avec une glycémie à 60-min HGPO > 11.0 mmol/L ont une fonction pulmonaire diminuée et une sensibilité à l’insuline basse alors que ceux avec une insulinémie à 60-min HGPO < 43.4 μU/mL ont un IMC ainsi qu’une fonction pulmonaire diminués. En conclusion, nous sommes le premier groupe à démontrer que 1) le test d’HGPO peut être raccourci de 30 min sans compromettre la catégorisation de la tolérance au glucose, 2) les femmes avec la FK démontrent une préservation de leur sécrétion de l’insuline, 3) le groupe INDET présente des anomalies précoces de la fonction pulmonaire comparable au groupe DAFK de novo et 4) la glycémie et l’insuline à la première heure de l’HGPO sont associées aux deux éléments clefs de la dégradation clinique. Il est crucial d’élucider les mécanismes pathophysiologiques importants afin de mieux prévoir la survenue de la dégradation clinique précédant le DAFK.