986 resultados para Confine parco cimitero colonia


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Il tema del mio elaborato finale è la sottotitolazione del film “A passeggio per Mosca” di Georgij Danelija (1963), un noto regista russo. I suoi film più famosi sono “Мимино” (Mimino) e “Осенный марафон” (“Maratona d’autunno”). L’attore protagonista del film è Nikita Michalkov, famoso attore e regista, nonché personaggio controverso della vita culturale russa; il suo film più famoso è “Утомлённые солнцем” (“Sole ingannatore”). I personaggi più anziani furono interpretati da attori famosi quali Rolan Bykov, attore di teatro, e Vladimir Basov, regista e attore straordinariamente versatile. I ruoli principali, invece, furono affidati ad attori meno noti: Aleksej Loktev e Evgenij Steblov, che si dedicarono entrambi al teatro per gran parte della propria vita, e Galina Pol’skich, che divenne una grande attrice di film drammatici. Straordinari sono anche il lavoro dell’operatore cinematografico Vadim Jusov e quello del compositore Andrej Petrov. Il film suscitò diverse impressioni nel pubblico e nella critica e fu accolto positivamente da Chruščёv: presto sarebbe diventato un simbolo del “Disgelo”, un periodo in cui Chruščёv effettuò un’opera di destalinizzazione dell’URSS: il clima era quindi più disteso, sebbene vi fosse un malcontento diffuso a causa dell’economia fallimentare dello Stato. La canzone finale, che contribuì al successo del film, esprime perfettamente quest’atmosfera spensierata, che pervade anche Mosca, la vera protagonista del film. Della capitale vengono inquadrati i luoghi più importanti: tra questi il parco Gorkij, la metropolitana e il GUM. Tradurre i sottotitoli del film non è stato facile. In particolare, ho incontrato difficoltà nel tradurre alcune particelle russe che non hanno un equivalente in italiano e battute in cui erano presenti importanti riferimenti culturali. Il lavoro a cui mi sono dedicata con più impegno è stato la traduzione della canzone finale: desideravo che i sottotitoli italiani fossero in rima e conservassero il significato dei versi originari.

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La ricerca sulla comunicazione e gestione multilingue della conoscenza in azienda si è sinora concentrata sulle multinazionali o PMI in fase di globalizzazione. La presente ricerca riguarda invece le PMI in zone storicamente multilingui al fine di studiare se l’abitudine all’uso di lingue diverse sul mercato locale possa rappresentare un vantaggio competitivo. La tesi illustra una ricerca multimetodo condotta nel 2012-2013 in Alto Adige/Südtirol. Il dataset consiste in 443 risposte valide a un questionario online e 23 interviste con manager e imprenditori locali. Le domande miravano a capire come le aziende altoatesine affrontino la sfida del multilinguismo, con particolare attenzione ai seguenti ambiti: comunicazione multilingue, documentazione, traduzione e terminologia. I risultati delineano un quadro generale delle strategie di multilinguismo applicate in Alto Adige, sottolineandone punti di forza e punti deboli. Nonostante la presenza di personale multilingue infatti il potenziale vantaggio competitivo che ne deriva non è sfruttato appieno: le aziende si rivolgono ai mercati in cui si parla la loro stessa lingua (le imprese a conduzione italiana al mercato nazionale, quelle di lingua tedesca ad Austria e Germania). La comunicazione interna è multilingue solo nei casi in sia imprescindibile. Le “traduzioni fai-da-te” offrono l’illusione di gestire lingue diverse, ma il livello qualitativo rimane limitato. I testi sono sovente tradotti da personale interno privo di competenze specifiche. Anche nella cooperazione con i traduttori esterni si evidenza la mancata capacità di ottenere il massimo profitto dagli investimenti. La tesi propone delle raccomandazioni pratiche volte a ottimizzare i processi attuali e massimizzare la resa delle risorse disponibili per superare la sfida della gestione e comunicazione multilingue. Le raccomandazioni non richiedono investimenti economici di rilievo e sono facilmente trasferibili anche ad altre regioni multilingui/di confine, come ad altre PMI che impiegano personale plurilingue. Possono dunque risultare utili per un elevato numero di imprese.

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Lo scritto ha l’obiettivo di definire dinamiche e cronologie di quel complesso processo espansionistico che portò Roma alla conquista dei territori dell’Ager Gallicus, partendo dall’analisi dettagliata della cultura materiale e dei rispettivi contesti di provenienza emersi dalle recenti indagini archeologiche realizzate dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università degli Studi di Bologna nella città di Senigallia. In armonia con quanto testimoniato dalle sequenze stratigrafiche documentate, si delineano quattro principali fasi di vita dell’abitato: la prima preromana, la seconda riferibile alla prima fase di romanizzazione del sito, la terza inerente allo sviluppo dell’insediamento con la fondazione della colonia romana e l’ultima riferibile all’età repubblicana. Emerge con chiarezza la presenza già dalla fine del IV-inizio III a.C., di un insediamento romano nel territorio della città, sviluppatosi con la fondazione di un’area sacra e la predisposizione di un’area produttiva. La scelta del sito di Sena Gallica fu strategica: un territorio idoneo allo sfruttamento agricolo e utile come testa di ponte per la conquista dei territori del Nord Italia. Inoltre, questo centro aveva già intrecciato rapporti commerciali con gli insediamenti costieri adriatici e mediterranei. La presenza di ceramica di produzione locale, il rinvenimento di elementi distanziatori e le caratteristiche geomorfologiche del sito, fanno ipotizzare la presenza in loco di un’officina ceramica. Ciò risulta di grande importanza dato che tutte le attestazioni ceramiche prodotte localmente e rinvenute nel territorio, fino ad oggi sono attribuite alle officine di Aesis e Ariminum. Dunque Sena Gallica sarebbe stata un centro commerciale e produttivo. La precoce presenza di ceramica a Vernice Nera di tipo romano-laziale prodotte localmente prima dell’istituzione ufficiale della colonia, che permette di ipotizzare uno stanziamento di piccoli gruppi di Romani in territori appena conquistati ma non ancora colonizzati, attestata a Sena Gallica, trova riscontro anche in altri centri adriatici come Ariminum, Aesis, Pisaurum, Suasa e Cattolica.

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I capodogli (Physeter macrocephalus) sono mammiferi marini con distribuzione cosmopolita; sono presenti anche nel Mar Mediterraneo, soprattutto nella zona occidentale del bacino. Per individuare la presenza di questi animali possono essere utilizzate differenti modalità. Questo studio è stato condotto tramite l’uso di metodi acustici passivi, in quanto i capodogli (P. macrocephalus) sono animali che emettono suoni. L’uso di metodi acustici ha alcuni vantaggi, infatti permette di individuare la presenza di un animale anche se si trova al di sotto della superficie dell’acqua, purché stia emettendo suoni. Le registrazioni possono essere effettuate indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e per lunghi periodi di tempo, permettendo la continuità nella raccolta dei dati. Il lavoro di tesi è stato svolto nell’ambito di un Progetto di Ricerca de L’Oceanogràfic di Valencia. Le registrazioni sono state effettuate tramite lo strumento EAR (Ecological Acoustic Recorder) in due aree del Mar Balear, il Mar di Bamba e il Parco Nazionale di Cabrera, in differenti periodi, profondità e con diverse frequenze di campionamento (50 kHz e 5 kHz). I dati ottenuti sono stati analizzati tramite i programmi X-BAT (Extensible Bioacoustic Tool) e Adobe Audition 3.0 al fine di rilevare i pulsi emessi dai capodogli. Per entrambe le aree di studio i dati sono stati elaborati in modo da ottenere modelli giornalieri e stagionali delle ore positive e del numero di pulsi emessi. La presenza di P. macrocephalus è stata confermata in entrambe le aree di studio, e dal confronto delle analisi spettrali dei pulsi si può affermare che, nonostante le differenze, i pulsi registrati in entrambe le aree sono effettivamente emessi da capodogli. Il lavoro di Tesi permette di suggerire che per futuri studi sia applicata la frequenza di registrazione di 20 kHz utilizzando lo strumento SAMARUC, alla cui progettazione ha partecipato L’Oceanogràfic di Valencia.

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La tesi rappresenta un intervento architettonico e urbano sull’area destinata al “Central Park”, che si inserisce nel contesto del Masterplan di Jesolo di Kenzo Tange del 1997. Un’analisi delle dinamiche storiche, dello sviluppo della città balneare, dei punti di forza e delle criticità territoriali, ha portato alla definizione dell’area di progetto e delle intenzioni progettuali, sia a scala urbana, sia a scala architettonica. Il progetto si basa sulla creazione di un grande parco centrale che funga da luogo di svago e relax, ma anche da sito privilegiato per lo studio della natura del territorio. All’interno di un sistema di fasce, che scandisce l’intero intervento, è stato progettato un giardino botanico che lega tra loro i quattro edifici destinati allo studio e alla cultura: il museo di storia naturale, la biblioteca, la sala conferenze e i laboratori didattici per bambini. Le architetture sono disposte secondo un sistema lineare che crea una sequenza di spazi chiusi e aperti. La progettazione degli edifici si articola su uno punto di partenza comune, identificato nell’isolato quadrato e nel tipo a corte. Seguendo un principio di trasformazione sperimentato da Oswald Mathias Ungers, ogni architettura ha successivamente raggiunto il proprio sviluppo e le proprie caratteristiche spaziali e volumetriche.

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La ricerca condotta sulla residenza newyorkese ha evidenziato una tipologia di edilizia pubblica che si dissocia completamente dal contesto cittadino. Si tratta di abitazioni costruite sotto l'autorità NYCHA, ideate per essere "torri nel parco" e diventate invece dei veri e propri ghetti. La proposta di intervento prevende dunque la riabilitazione di uno di questi progetti, attraverso il rapporto con i confini e le strade dell'isolato intorno, indagando sempre sui rapporti sociali che lo vivono.

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In questa tesi viene affrontato il problema della stabilità delle strutture stellari da un punto di vista relativistico. La stella è approssimata ad un fluido perfetto a simmetria sferica, e le equazioni che ne governano la struttura vengono ricavate grazie alle risoluzione delle equazioni di campo della relatività generale in questo caso particolare. L'approssimazione di fluido perfetto permette anche di ricavare un'equazione di stato che lega densità di energia e pressione tramite un parametro, detto parametro di rigidità. Un'analisi del comportamento della materia al variare della densità consente di stabilire l'andamento di questo parametro, mentre uno studio delle piccole oscillazioni radiali della stella permette di stabilire quali sono i valori del parametro che consentono un equilibrio stabile. La stabilità risulta possibile in due differenti intervalli di densità, che corrispondono ai due tipici stadi finali dell'evoluzione stellare: nana bianca e stella di neutroni. Grazie alle equazioni che descrivono la struttura stellare è possibile stabilire, nei due intervalli di densità, quale sia il valore che la massa della stella non può superare: si ricavano il limite di Chandrasekhar e il limite di Oppenheimer-Volkoff. Infine viene mostrato come la relatività generale imponga un limite assoluto alla stabilità di una distribuzione di materia, sostenuta da una qualsiasi forza della natura: superato questo confine, la materia non può fare altro che collassare in un buco nero.

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Il Woodpecker di Milano Marittima, discoteca degli anni sessanta realizzata dall'Architetto Filippo Monti sotto commissione di Aurelio De Maria, la discoteca è stata in funzione solo per due stagioni. Ora l'edificio si trova in uno stato di completo abbandono ricoperto da una fiorente vegetazione spontanea. La tesi parte dall'analisi del manufatto, del suo stato di conservazione e delle problematiche riscontate nel luogo, prima tra tutte la presenza d'acqua. Questa tesi ha lo scopo di ridare vita a questo luogo tenendo conto della presenza di vegetazione spontanea presente. Nella prima parte della tesi vengono affrontati i problemi e gli interventi legati alla conservazione, nella seconda viene fatta una proposta di progetto comprendente: un nuovo ingresso al parco, un ristorante, un percorso, e un nuovo accesso al Woodpecker, sfruttando un crollo presente al centro del vano servizi. In questo progetto le problematiche inizialmente riscontrate, quali la presenza di acqua e di vegetazione, diventano le potenzialità principali dell'area.

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Gli squali bianchi sono tra i più importanti predatori dei Pinnipedi (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). La loro principale strategia di caccia consiste nel pattugliare le acque circostanti ad una colonia di otarie e nell’attaccarle quando queste sono in movimento, mentre si allontanano o avvicinano all’isola (Klimley et al., 2001; Kock, 2002). Tuttavia, la strategia e la dinamica della predazione osservate anche in relazione al ciclo riproduttivo della preda e le tattiche comportamentali messe in atto dalla preda per ridurre la probabilità di predazione, e quindi diminuire la sua mortalità, sono ancora poco conosciute. Con questo studio, effettuato nell’area di Seal Island all’interno della baia di Mossel Bay in Sud Africa, abbiamo cercato di definire proprio questi punti ancora poco conosciuti. Per studiare la strategia e le dinamica di predazione dello squalo bianco abbiamo utilizzato il sistema di monitoraggio acustico, in modo da poter approfondire le conoscenze sui loro movimenti e quindi sulle loro abitudini. Per dare un maggiore supporto ai dati ottenuti con la telemetria acustica abbiamo effettuato anche un monitoraggio visivo attraverso l’attrazione (chumming) e l’identificazione fotografica degli squali bianchi. Per comprendere invece i loro movimenti e le tattiche comportamentali messi in atto dalle otarie orsine del capo per ridurre la probabilità di predazione nella baia di Mossel Bay, abbiamo utilizzato il monitoraggio visivo di 24 ore, effettuato almeno una volta al mese, dalla barca nell’area di Seal Island. Anche se gli squali bianchi sono sempre presenti intorno all’isola i dati ottenuti suggeriscono che la maggior presenza di squali/h si verifica da Maggio a Settembre che coincide con l’ultima fase di svezzamento dei cuccioli delle otarie del capo, cioè quando questi iniziano a foraggiare lontano dall'isola per la prima volta; durante il sunrise (alba) durante il sunset (tramonto) quando il livello di luce ambientale è bassa e soprattutto quando la presenza delle prede in acqua è maggiore. Quindi possiamo affermare che gli squali bianchi a Seal Island prendono delle decisioni che vanno ad ottimizzare la loro probabilità di catturare una preda. I risultati preliminari del nostro studio indicano anche che il numero di gruppi di otarie in partenza dall'isola di notte sono di gran lunga maggiori di quelle che partono durante il giorno, forse questo potrebbe riflettere una diminuzione del rischio di predazione; per beneficiare di una vigilanza condivisa, le otarie tendono in media a formare gruppi di 3-5 o 6-9 individui quando si allontanano dall’isola e questo probabilmente le rende meno vulnerabili e più attente dall’essere predate. Successivamente ritornano all’isola da sole o in piccoli gruppi di 2 o 3 individui. I gruppi più piccoli probabilmente riflettono la difficoltà delle singole otarie a riunirsi in gruppi coordinati all'interno della baia.

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Una megalopoli come Bogotà ha vissuto negli anni un processo di espansione che ha portato ad una scarsa pianificazione urbanistica con edilizia autocostruita, soprattutto nell'area sud della città, quella più povera e in via di espansione dell’intera Bogotà. Per sopperire alla forte mancanza di spazi pubblici, il progetto intende affrontare quattro tematiche: il rapporto con una infrastruttura pesante, la valorizzazione di un vuoto urbano e la creazione di un parco lineare e di una piazza come luoghi di incontro per la comunità. Il nuovo edificio individua i suoi fondamenti nel ripensamento di un grande nodo stradale all'incrocio con l’Autosur e assume una configurazione circolare in seguito all'applicazione del modello proposto da Luis Kahn per il piano di Philadelphia: sono infatti i flussi e il movimento a disegnare il nuovo nodo stradale e l’edificio.

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Tema principale del progetto è il restauro di questo luogo (in particolare l’anfiteatro): restauro inteso sia come conservazione della materia esistente, sia come progettazione di “nuovo”, costruito in stretta relazione con i resti antichi, per dare significato e soprattutto continuare l’uso di questo edificio. Il riuso dell’anfiteatro con funzione di “contenitore” di attività teatrali è diretta conseguenza della volontà di continuare ad utilizzare un edificio per lo stesso motivo per cui è stato costruito in antichità, chiaramente considerando le differenze e le evoluzioni che lo spazio teatrale ha avuto nel corso dei secoli. Il restauro dell’anfiteatro non può prescindere da una più ampia progettazione del parco archeologico, elemento fondamentale per la fruizione della città dal punto di vista didattico e ricreativo. Il progetto, quindi, cerca di studiare il sottile rapporto tra tempo e luogo, attraversando la storia, l’analisi, le potenzialità e i vincoli che danno forma al nuovo.

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Il progetto per la città romana di Suasa, prevede la realizzazione di edifici nuovi a supporto del nuovo parco, tra cui i due visitor center, un edificio nell'area del Tappatino e una nuova copertura e funzionalizzazione per la Domus dei Coiedii.

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Questa tesi di laurea prosegue il lavoro intrapreso durante il Laboratorio di Laurea “Archeologia e Progetto di Architettura” nell’anno accademico 2013-2014; il corso si è occupato delle indagini e analisi preliminari sulla città romana di Suasa nella valle del fiume Cesano nelle Marche. Attraverso la collaborazione con la Soprintendenza Archeologica delle Marche e il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna questo lavoro si è poi sviluppato nei mesi successivi arrivando a comporre il progetto di tesi per la valorizzazione e musealizzazione del parco archeologico di Suasa. Questo testo si compone di due parti: la prima raccoglie tutto il lavoro di analisi della città e del suo territorio frutto del lavoro collettivo di alcuni dei componenti del Laboratorio di Laurea, mentre la seconda descrive il progetto del nostro gruppo. Questo consiste nell’individuazione degli obiettivi e nello sviluppo delle strategie per fare di Suasa un parco archeologico di rilievo su cui sperimentare alcuni temi fondamentali nel dibattito attuale sulla musealizzazione dei reperti archeologici, confrontandosi con una intera area urbana inserita in un contesto paesaggistico che assume un ruolo fondamentale nelle scelte progettuali.

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Questa tesi di laurea prosegue il lavoro intrapreso durante il Laboratorio di Laurea “Archeologia e Progetto di Architettura” nell’anno accademico 2013-2014; il corso si è occupato delle indagini e analisi preliminari sulla città romana di Suasa nella valle del fiume Cesano nelle Marche. Attraverso la collaborazione con la Soprintendenza Archeologica delle Marche e il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna questo lavoro si è poi sviluppato nei mesi successivi arrivando a comporre il progetto di tesi per la valorizzazione e musealizzazione del parco archeologico di Suasa. Questo testo si compone di due parti: la prima raccoglie tutto il lavoro di analisi della città e del suo territorio frutto del lavoro collettivo di alcuni dei componenti del Laboratorio di Laurea, mentre la seconda descrive il progetto del nostro gruppo. Questo consiste nell’individuazione degli obiettivi e nello sviluppo delle strategie per fare di Suasa un parco archeologico di rilievo su cui sperimentare alcuni temi fondamentali nel dibattito attuale sulla musealizzazione dei reperti archeologici, confrontandosi con una intera area urbana inserita in un contesto paesaggistico che assume un ruolo fondamentale nelle scelte progettuali.

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Nella valle del Marzeno, posta su un’altura che domina e protegge la città, si trova la rocca di Modigliana, una costruzione antica, che si configura come una preziosa occasione per poter leggere e comprendere la storia di un luogo. È infatti un delicato palinsesto, una testimonianza fisica di complesse trasformazioni storiche e sociali, accumulate nel tempo. La cittadina di Modigliana sorge in una posizione geografica di natura strategica, vicina all’attuale confine tra Emilia Romagna e Toscana, teatro di numerosi conflitti e contese politiche nel corso della storia. La rocca viene costruita alla fine del IX secolo, come torre residenziale dei Conti Guidi, una potente famiglia a cui va attribuito un ruolo politico decisivo nell’Italia centrale del medioevo. Sotto il dominio dei Guidi,durato circa quattro secoli, Modigliana diventa capitale del feudo romagnolo e la rocca un palatium, emblema del forte potere politico e militare che i conti detenevano sul territorio. Nel 1377 il Comune di Modigliana viene annesso alla Repubblica Fiorentina e la rocca subisce importanti trasformazioni, perdendo la propria funzione palaziale e acquistando quella militare difensiva, fino ad un definitivo abbondono nel XVI secolo. La rocca, definita ‘Roccaccia’ per la propria imponenza, è divenuta simbolo e identità della cittadina nella percezione collettiva locale. In seguito al crollo di una parte del mastio, la rocca presenta un suggestivo spaccato, visibile da tutto il paese, che permette di osservare l’interno dell’antica costruzione. Purtroppo la mancata attuazione di un progetto di conservazione della rocca, ha lasciato la rovina in uno stato di totale degrado, pericolosità e inaccessibilità, portandola ad un lento declino. Il progetto si pone innanzitutto l’obiettivo di conservare e valorizzare il manufatto, permettendo l’accessibilità e la fruizione della rocca, senza stravolgerne i caratteri naturali e accettando i limiti imposti dal luogo. Sfruttando i percorsi storici e gli spazi esistenti, il progetto è pensato con l’intento di rendere conoscibile la composizione delle parti del manufatto e il suo funzionamento. Queste volontà progettuali hanno portato a maturare l’idea di voler restituire alla città di Modigliana un luogo, che il degrado e l’incuria stanno rubando al tempo.