970 resultados para microbiota intestinale,salami sperimentali,nitriti,acido ascorbico,antiossidanti,SPME-GC-MS


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Il seguente elaborato si prefigge l’obiettivo di fornire una panoramica completa ed esau- stiva sullo studio delle statistiche di fotoconteggio, ricavando i fondamentali risultati di natura teorica e al contempo illustrando le procedure di determinazione sperimentale. Il principale risultato conseguibile in tale ambito è l’inequivocabile dimostrazione della natura quantizzata della luce, rendendo definitivamente superato l’alternativo model- lo semiclassico, in cui l’ipotesi di quantizzazione è limitata all’interazione radiazione- rilevatore, mentre la luce viene considerata interamente trattabile come onda. Se infatti entrambi gli approcci forniscono previsioni in accordo con le osservazioni sperimentali per quanto riguarda sorgenti coerenti e termiche, che producono rispettivamente distri- buzioni Poissoniane o Super-Poissoniane, il secondo modello non è in grado di motivare in alcun modo l’esistenza delle distribuzioni Sub-Poissoniane, caratterizzate matemati- camente da una varianza inferiore al valor medio di conteggi ̄n. Il primo capitolo è dedicato a ricavare la forma delle statistiche di fotoconteggio basan- dosi sul modello a fotoni, riportando le più rilevanti dimostrazioni matematiche; il secondo capitolo ha invece l’obiettivo di analizzare i risultati forniti dal modello semi- classico, rivelando la perfetta compatibilità con quelli ottenuti nel capitolo precedente per quanto riguarda sorgenti di tipo classico; nel terzo capitolo si illustra una serie di esperimenti svolti presso il ”Laboratorio di Ottica Quantistica dell’Istituto Nazionale di Ottica-CNR”, nel polo scientifico di Sesto Fiorentino, realizzati con l’obiettivo di confermare la validità delle conclusioni di natura teorica esposte nei primi due capitoli; infine il quarto capitolo si prefigge lo scopo di dare un breve accenno alle distribuzioni di tipo Sub-Poissiano, attraverso una breve trattazione matematica e illustrando alcune modalità di osservazione sperimentale.

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La salvaguardia ambientale, intesa come la capacità di garantire nel futuro la stabilità di un ecosistema, i processi ecologici che lo interessano e la sua biodiversità, costituiscono i pilastri fondamentali del concetto moderno di sostenibilità. Il presente lavoro di tesi ha lo scopo di fornire informazioni in merito all’utilizzo di granulato di conglomerato bituminoso e di scorie d’acciaieria, all’interno di miscele prodotte a caldo per strati di usura drenanti. Si è proceduto ad analizzare le caratteristiche meccaniche e prestazionali di due miscele di conglomerato bituminoso, confezionate una con percentuali di scorie d’acciaieria al suo interno, ed una con percentuali sia di scorie d’acciaieria sia di granulato di conglomerato bituminoso. La prima fase della sperimentazione si è concentrata nella calibrazione della quantità di materiali da inserire all’interno delle due miscele. Successivamente, la seconda fase della sperimentazione ha coinvolto i test di caratterizzazione per entrambe le miscele confrontandole con le prestazioni date della miscela di riferimento. Le due miscele di conglomerato bituminoso a ridotto impatto ambientale sono risultate paragonabili, in termini di prestazioni, alla miscela di riferimento e idonee al rispetto delle principali caratteristiche prestazionali imposte dal capitolato speciale d’appalto di Autostrade per l’Italia.

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Il lavoro svolto in questa tesi aveva l’obiettivo di valutare il potenziale tecnologico e bioprotettivo di ceppi di batteri lattici (LAB) isolati da salami tradizionali spagnoli. In particolare due ceppi (Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2 e Pediococcus acidilactici ST6) che avevano dimostrato buone performance in vitro sono stati utilizzati, da soli o in miscela, come colture starter per la produzione salami e i prodotti ottenuti sono stati confrontati con un controllo a fermentazione spontanea ed un prodotto addizionato di uno starter commerciale contenente LAB e stafilococchi. Per quanto riguarda gli aspetti tecnologici, il pH ha mostrato cinetiche di acidificazione simili in tutti i prodotti, mentre il calo peso era più lento nel controllo. A livello microbiologico, i campioni addizionati di colture starter hanno mostrato carichi di LAB molto più elevati già al tempo zero, senza differenze significative in relazione al ceppo utilizzato. Enterobatteri e lieviti hanno mostrato andamenti simili in tutti i campioni. L’utilizzo di colture starter ha invece avuto un impatto rilevante sul contenuto di ammine biogene, con valori totali doppi nel campione ottenuto con fermentazione spontanea, e sul profilo in metaboliti volatili (soprattutto a carico di composti derivanti dall’acido piruvico). L’aspetto più rilevante di questa tesi è stato ottenuto nel challenge test, utilizzando come microrganismo target Listeria monocytogenes (inoculo 3 log ufc/g): infatti, nel controllo e nei campioni contenenti starter commerciale, L. monocytogenes era in grado di crescere fino a valori superiori a 5.7 log ufc/g, mentre i ceppi BPF2 e ST6 hanno determinato una riduzione del suo carico cellulare (2.4 log ufc/g). Questo conferma quindi le grandi potenzialità anti-listeria dei due ceppi testati e la loro attitudine ad essere utilizzati, oltre che come starter per i salami, anche come colture bioprotettive con lo specifico compito di contrastare lo sviluppo di L. monocytogenes.

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Le colture starter sono preparazioni comprendenti una o più specie microbiche aggiunte per condurre i processi fermentativi, con risvolti positivi sulle caratteristiche tecnologiche e igienico-sanitarie dei prodotti ottenuti. Questa tesi si inserisce in un progetto europeo volto a sfruttare la biodiversità microbica di salumi dell'area del Mediterraneo, utilizzandoli come fonte di isolamento di batteri lattici (LAB) da proporre come nuove colture starter e/o bioprotettive. Prove preliminari hanno permesso di selezionare un numero ridotto di LAB, considerati sicuri, che in questa tesi sono stati studiati per il loro potenziale tecnologico (cinetiche di crescita a 20°C) per valutarne l’attitudine ad essere utilizzati in salami prodotti a livello industriale. Sulla base di queste prove effettuate in laboratorio, 4 ceppi (Latilactobacillus sakei 2M7 e SWO10, Lactiplantibacillus paraplantarum BPF2, Latilactobacillus curvatus KN55) sono stati utilizzati per la produzione di salami a livello industriale, confrontando le loro performances con uno starter commerciale utilizzato comunemente in azienda. I risultati hanno mostrato come tutti i ceppi siano stati in grado di sviluppare nella matrice con cinetiche simili, anche se questa acidificazione non ha limitato il contenuto di enterobatteri, ad eccezione del campione controllo, dove tuttavia i LAB hanno mostrato una ridotta capacità di persistenza. Il ceppo BPF2 ha ridotto significativamente il contenuto di tiramina nel prodotto finito. L’analisi dei metaboliti volatili ha evidenziato un diverso accumulo di prodotti derivanti dallo sviluppo dei LAB (es. acidi, aldeidi), anche se tali differenze erano difficilmente percepibili a livello olfattivo e tutti i salami presentavano un odore gradevole. Ulteriori prove saranno necessarie per garantire la qualità microbiologica del prodotto finito (controllo degli enterobatteri) e per effettuare anche test sensoriali, al fine anche di favorire la differenziazione dei prodotti.

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Nel presente elaborato è stata studiata la capacità biodegradativa di cinque differenti set di colture microbiche miste in anaerobiosi, rispetto all’acido perfluoroottanoico (PFOA). Quest’ultimo è un contaminante riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come persistente, tossico, bioaccumulante e ubiquitario, tipicamente trasportato nell’ecosistema acquatico. Le colture studiate sono state realizzate in microcosmi di acqua di falda, a partire da colture ottenute in uno studio di biodegradazione precedente, condotto su acque di falda contaminate da sostanze perfluoroalchiliche (PFASs), arricchendole in PFOA a una concentrazione di 50 mg/L in presenza di diversi accettori finali di elettroni (Fe(III), NO3— e SO42-) e donatori di elettroni (H2, NH4+, CH3-CHOH-COO- e CH3COO-) La prova sperimentale ha evidenziato una crescita microbica in alcune delle condizioni realizzate (NO3—-riduzione con ossidazione di CH3COO-, Fe(III)-riduzione con ossidazione di NH4+, SO42—-riduzione con ossidazione di CH3-CHOH-COO-). Sebbene sia stato osservato un consumo di metaboliti talvolta notevole nelle suddette condizioni, non è stata riscontrata una rimozione significativa dell’acido perfluoroottanoico ad esso correlata.

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Negli ultimi decenni sono state registrate preoccupati fenomeni di mortalità della vongola Chamelea gallina, in particolare nell’area costiera emiliano-romagnola e di cui non sono ancora state chiarite le cause. Il presente studio si è occupato di caratterizzare la comunità microbica associata alla vongola nella ghiandola digestiva, utilizzando il sequenziamento della regione ipervariabile V3-V4 del gene rRNA 16S, al fine di individuare fenomeni di disbiosi in aree ad elevata mortalità. Sono state quindi esplorate le variazioni stagionali (da luglio a novembre) nella struttura del microbiota della vongola e nell'ecosistema microbico dell'acqua di mare circostante, in quattro siti scelti ad hoc, secondo un gradiente di incidenza storica di mortalità, da Nord a Sud, tra le aree di Ravenna e Rimini. Lo stato di salute della vongola e del suo microbiota associato sono stati esplorati tramite, rispettivamente, l’indice di condizione e lo studio mediante NGS della composizione dell’ecosistema microbico intestinale. I nostri dati, sebbene preliminari, dimostrano come tra le aree Nord e Sud ci sia un comportamento differente e reciproco relativamente all’andamento stagionale dei valori di diversità interna (alfa) al microbiota della vongola, che si riduce dall’estate all’autunno nelle aree Nord (Ravenna e Lido di Savio), mentre aumenta - nello stesso periodo di tempo - nelle aree Sud (Rimini e Cesenatico). A conferma dei dati di alfa diversità, l’analisi mediante PCoA delle variazione del microbiota della vongola tra i quattro siti di indagine stratificate per stagione, dimostrano profonde differenze tra i due estremi nord-sud. In particolare, l’analisi integrata dei dati storici di produttività, indice di condizione e dinamica del microbiota della g.d. ci ha consentito di discriminare cinque famiglie microbiche come potenziali Growth Promoting Bacteria, poiché associate ad un picco di indice di condizione che si registra nelle aree a bassa mortalità, nel mese di settembre.

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Al fine di produrre alimenti di origine animale in grado di soddisfare le richieste del consumatore da un punto di vista del valore nutrizione e della conservabilità del prodotto, si ricorre, in fase di formulazione dei mangimi, all’aggiunta di additivi tecnologici che possano stabilizzare il mangime, preservandolo dall’ossidazione lipidica. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di valutare l’effetto antiossidante dell’olio essenziale di Rosmarinus officinalis, aggiunto a tre tipologie di olio (olio di lino, olio di salmone ed olio di germe di grano), confrontandolo con 3 additivi sintetici (il butilidrossianisolo (BHA), il butilidrossitoluene (BHT) e l’etossichina). Al fine di valutare l’effetto degli antiossidanti, i campioni di olio di controllo e quelli addizionati con i vari antiossidanti sono stati sottoposti a termossidazione in stufa a 60°C e campionati a 0, 7, 15 e 30 giorni. La stabilità ossidativa dei diversi oli è stata valutata mediante analisi compositive (acidi grassi totali e steroli totali) ed analisi dei composti primari (numero di perossidi) e secondari (composti volatili) dell’ossidazione.

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Short-chain fatty acids (SCFAs) are fermentation end products produced by the intestinal microbiota and have anti-inflammatory and histone deacetylase-inhibiting properties. Recently, a dual relationship between the intestine and kidneys has been unraveled. Therefore, we evaluated the role of SCFA in an AKI model in which the inflammatory process has a detrimental role. We observed that therapy with the three main SCFAs (acetate, propionate, and butyrate) improved renal dysfunction caused by injury. This protection was associated with low levels of local and systemic inflammation, oxidative cellular stress, cell infiltration/activation, and apoptosis. However, it was also associated with an increase in autophagy. Moreover, SCFAs inhibited histone deacetylase activity and modulated the expression levels of enzymes involved in chromatin modification. In vitro analyses showed that SCFAs modulated the inflammatory process, decreasing the maturation of dendritic cells and inhibiting the capacity of these cells to induce CD4(+) and CD8(+) T cell proliferation. Furthermore, SCFAs ameliorated the effects of hypoxia in kidney epithelial cells by improving mitochondrial biogenesis. Notably, mice treated with acetate-producing bacteria also had better outcomes after AKI. Thus, we demonstrate that SCFAs improve organ function and viability after an injury through modulation of the inflammatory process, most likely via epigenetic modification.

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Cecropia glaziovii is a tree with used in Brazilian popular medicine. Methods allowing the clonal propagation of this species are of great interest for superior genotype multiplication and perpetuation. For this reason, we examined the effect of different culture media and different types of explants on adventitious shoot regeneration from callus and buds of C. glaziovii. Leaves, petioles and stipules obtained from aseptically grown seedlings or from pre-sterilized plants were used to initiate cultures. Adventitious shoot regeneration was achieved when apical and axillary buds were inoculated on gelled Murashige & Skoog (MS) medium supplemented with 6-benzylaminopurine alone (BAP) (1.0, 5.0 or 10.0 mg L-1) or combined with -naphthalene acetic acid (NAA) (1.0 or 2.0 mg L-1), after 40 days of culture. Best callus production was obtained after 30 days of petioles' culture on gelled MS medium with 2,4 dichlorophenoxyacetic acid (2,4-D) (5.0 mg L-1) combined with BAP (1.0 mg L-1). Successful shoot regeneration from callus was achieved when MS medium supplemented with zeatin (ZEA) (0.1 mg L-1) alone or combined with 2,4-D (1.0 or 5.0 mg L-1) was inoculated with friable callus obtained from petioles. All shoots were rooted by inoculation on MS medium supplemented with indole-3-acetic acid (IAA) (1.0 mg L-1). Rooted plants transferred to potting soil were successfully established. All in vitro regenerated plantlets showed to be normal, without morphological variations, being also identical to the source plant. Our study has shown that C. glaziovii can be propagated by tissue culture methods, allowing large scale multiplication of superior plants for pharmacological purposes.

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From January to December 2006, 92 Escherichia coli isolates from 25 diarrheic dogs were analyzed by screening for the presence of adhesin-encoding genes (pap, sfa, afa), hemolysin and aerobactin genes. Virulence gene frequencies detected in those isolates were: 12% pap, 1% sfa, 10% hemolysin and 6.5% aerobactin. Ten isolates were characterized as extraintestinal pathogenic E. coli (ExPEC) strains; all showed a multidrug resistance phenotype that may represent a reason for concern due the risk of dissemination of antimicrobial resistant genes to the microbiota of human beings.

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This ex vivo study evaluated dentin permeability of the root canal in the apical third of different human groups of teeth. Eighty teeth were used, 8 from each dental group: maxillary and mandibular central incisors, lateral incisors and canines, maxillary first premolars (buccal and palatal roots), mandibular first premolars, and maxillary and mandibular second premolars, totalizing 88 roots that were distributed in 11 groups. The root canals were instrumented, irrigated with 1% NaOCl and 15% EDTA. Roots were immersed in 10% copper sulfate for 30 min and then in 1% rubeanic acid alcohol solution for the same period; this chemical reaction reveals dentin permeability by the formation of copper rubeanate, which is a dark-colored compound. Semi-serial 100-µm-thick cross-sections were obtained from the apical third of the roots. Five sections of each apical third were washed, dehydrated, cleared and mounted on glass slides for examination under optical microscopy. The percentage of copper ion infiltration and the amount of tubular dentin were quantified by morphometric analysis. The penetration of copper ions in the apical third ranged from 4.60 to 16.66%. The mandibular central and lateral incisors presented the highest dentin permeability (16.66%), while the maxillary canines and mandibular second and first premolars presented the lowest dentin permeability (4.60%, 4.80% and 5.71%, respectively; p<0.001). The other teeth presented intermediate permeability. In conclusion, dye penetration into dentin tubules at the apical region is strongly dependent on the group of teeth evaluated.

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This study evaluated the microbiological quality of hamburgers and the microbe community on the hands of vendors in Cuiabá, Mato Grosso, Brazil, in relation to vendors´ awareness as to what constitute acceptable food-handling practices as part of a broad-spectrum research programme on street foods in Brazil . Sale of the hamburger known as the 'baguncinha' is common and widespread in urban Cuiabá, Mato Grosso, Brazil. Food inspectors encounter various difficulties in carrying out inspections. One hundred and five hamburgers samples were evaluated using conventional methods including tests for facultative aerobic and/or anaerobic mesophytic bacteria, coliform counts at 45 °C, the coagulase test for Staphylococcus, Gram-staining for the presence of Bacillus cereus, Clostridium sulphite reductase and Salmonella spp. The hamburgers were categorized as unsuitable for human consumption in 31.4% of samples, with those testing positive for coliforms and Staphylococcus at unacceptably high levels by Brazilian standards. High levels of microbiological contamination were detected on the hands of the food handlers and mesophytic bacterial counts reached 1.8 × 10(4) CFU/hand. Interviews were carried out by means of questionnaires to evaluate levels of awareness as to acceptable food handling practices and it was found that 80,1% of vendors had never participated in any kind of training.

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Avaliou-se a inclusão de diferentes níveis de carne de ovelhas de descarte (animais Texel × Ile de France com idade superior a seis anos) em relação à carne suína sobre a qualidade de embutidos fermentados do tipo salame. Os embutidos foram elaborados com 0, 15, 35, 55 ou 75% de carne da perna, paleta e pescoço das ovelhas, acrescidos de pernil suíno e 10% de toucinho suíno. A evolução do pH e da atividade de água (a w) foi avaliada nos dias zero, três, sete e 14 após o embutimento. Após a maturação dos salames, foram determinadas, ainda, a perda de peso, a qualidade microbiológica e as características sensoriais dos embutidos prontos. A inclusão de carne ovina na formulação não alterou a evolução do pH e a w. Entretanto, influenciou (P<0,05) os valores finais de pH, a w e a perda de peso. Os embutidos com carne ovina na formulação apresentaram valores de pH final inferiores àquele observado para o embutido elaborado somente com carne suína. Este último apresentou a w inferior e maior perda de peso, em comparação ao produto contendo 15% de carne ovina na formulação. Todas as formulações atenderam a legislação quanto à qualidade microbiológica. Na análise sensorial, o embutido elaborado com 15% de carne ovina foi considerado superior ao embutido elaborado somente com carne suína para os aspectos cor, sabor e textura; contudo, não diferiu dos demais embutidos elaborados com carne ovina. Assim, é possível elaborar embutido fermentado com até 75% de carne de ovelhas de descarte na formulação.

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Short chain fatty acids (SCFAs) have recently attracted attention as potential mediators of the effects of gut microbiota on intestinal inflammation. Some of these effects have been suggested to occur through the direct actions of SCFAs on the GPR43 receptor in neutrophils, though the precise role of this receptor in neutrophil activation is still unclear. We show that mouse bone marrow derived neutrophils (BMNs) can chemotax effectively through polycarbonate filters towards a source of acetate, propionate or butyrate. Moreover, we show that BMNs move with good speed and directionality towards a source of propionate in an EZ-Taxiscan chamber coated with fibrinogen. These effects of SCFAs were mimicked by low concentrations of the synthetic GPR43 agonist phenylacetamide-1 and were abolished in GPR43(-/-) BMNs. SCFAs and phenylacetamide-1 also elicited GPR43-dependent activation of PKB, p38 and ERK and these responses were sensitive to pertussis toxin, indicating a role for Gi proteins. Phenylacetamide-1 also elicited rapid and transient activation of Rac1/2 GTPases and phosphorylation of ribosomal protein S6. Genetic and pharmacological intervention identified important roles for PI3K gamma, Rac2, p38 and ERK, but not mTOR, in GPR43-dependent chemotaxis. These results identify GPR43 as a bona fide chemotactic receptor for neutrophils in vitro and start to define important elements in its signal transduction pathways.

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The simultaneous effects of different binary co-cultures of Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus bulgaricus, Lactobacillus rhamnosus and Bifidobacterium lactis with Streptococcus thermophilus and of different prebiotics on the production of fermented milk were investigated in this paper. In particular, we determined and compared the kinetics of acidification of milk either as such or supplemented with 4% (w/w) maltodextrin, oligofructose and polydextrose, as well as the probiotic survival, chemical composition (pH, lactose, lactic acid and protein contents), fatty acids profile and conjugate linoleic acid (CIA) content of fermented milk after storage at 4 degrees C for 24 h. Fermented milk quality was strongly influenced both by the co-culture composition and the selected prebiotic. Depending on the co-culture, prebiotic addition to milk influenced to different extent kinetic acidification parameters. All probiotic counts were stimulated by oligofructose and polydextrose, and among these B. lactis always exhibited the highest counts in all supplemented milk samples. Polydextrose addition led to the highest post-acidification. Although the contents of the main fatty acids were only barely influenced. the highest amounts of conjugated linoleic acid (38% higher than in the control) were found in milk fermented by S. thermophilus-L. acidophilus co-culture and supplemented with maltodextrin. (C) 2008 Elsevier B.V. All rights reserved.