988 resultados para Tolstoi, Lev, graf, 1828-1910 -- Traduccions


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Oggetto della ricerca è il tema dello spazio delle centrali idroelettriche costruite nella prima metà del Novecento dagli architetti Giovanni Muzio e Piero Portaluppi. L’individuazione del tema sorge dalla volontà di indagare quali siano stati gli sviluppi dal punto di vista architettonico all’interno di un genere così specifico durante un periodo di tempo in cui gli stili architettonici e le tendenze hanno subito stravolgimenti ed evoluzioni che ancora oggi trovano una difficile connotazione e definizione precisa. L’analisi dell’architettura delle centrali idroelettriche, effettuata ripercorrendo le principali vicende del settore idroelettrico dalla fine del secolo scorso al secondo dopoguerra, oltre a considerare il rapporto con il contesto territoriale e culturale del nostro Paese vuole prendere in considerazione anche il particolare rapporto che in più casi si è venuto a creare tra committenti e progettisti. Compito della tesi è rileggere un settore poco indagato finora e capire se vi sia stata effettivamente una evoluzione architettonica dal punto di vista tipologico o se la centrale sia stata sempre affrontata come semplice esercizio di “vestizione” di un involucro precostituito da precise esigenze tecniche. La ricerca infatti si pone come obiettivo lo studio delle centrali non solo dal punto di vista tipologico e spaziale dei suoi principali elementi, ma si pone come obiettivo anche lo studio della loro distribuzione nel sito in cui sono sorte, distribuzione che spesso ha portato alla formazione di una sorta di vera e propria “città elettrica”, in cui la composizione dei vari elementi segue una logica compositiva ben precisa. Dal punto di vista del contributo originale la ricerca vuole proporre una serie di riflessioni ed elaborati inerenti alcune centrali non ancora indagate. Nel caso specifico di Portaluppi l’apporto originale consiste nell’aver portato alla luce notizie inerenti centrali che sono sempre state poste in secondo piano rispetto le ben più note e studiate centrali della Val d’Ossola. Nel caso invece di Muzio il contributo consiste in una analisi approfondita e in una comparazione di documenti che di solito sono sempre stati pubblicati come semplice apparato iconografico, ma che messi a confronto danno una lettura di quelle che sono state le fasi e le elaborazioni progettuali apportate dall’autore. Il tema della ricerca è stato affrontato poi attraverso una lettura delle fonti dirette relative agli scritti degli autori, con una contemporanea lettura di testi, articoli e interventi tratti dalle riviste appartenenti al periodo in esame per comprendere al meglio il panorama culturale e architettonico che hanno fatto da scenario alle esperienze di entrambe le figure oggetto di studio. Infine la ricerca si è concentrata sull’analisi di alcune opere in particolare - due centrali idroelettriche per ciascun autore oggetto della tesi - scelte perché considerate rappresentative sia per impianto spaziale e tipologico, sia per le scelte compositive e stilistiche adottate. La lettura dei manufatti architettonici scelti è stata condotta con l’analisi di copie di elaborati grafici originali, foto d’epoca e altri documenti reperiti grazie ad una ricerca condotta in vari archivi. Le centrali scelte nell’ambito delle esperienze maturate da Muzio e Portaluppi sono state individuate per rappresentare il quadro relativo allo sviluppo e alla ricerca di un nuovo linguaggio formale da adottare nell’ambito dell’architettura di questi manufatti. Per entrambi i protagonisti oggetto della ricerca sono state individuate due centrali in grado di dare una visione il più possibile completa dell’evoluzione della tematica delle centrali idroelettriche all’interno della loro esperienza, prendendo in considerazione soprattutto gli aspetti legati all’evoluzione del loro linguaggio compositivo e stilistico. L’individuazione delle centrali da analizzare è stata dettata prendendo in considerazione alcuni fattori come il tipo di impianto, le relazioni e confronto con il contesto geografico e naturale e le soluzioni adottate.

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Questa tesi di laurea nasce dall’esperienza maturata presso la VM Motori S.p.A., ufficio CRM (Centro Ricerca Motori) di ingegneria, divisione del reparto R&D (Research and Development) situato a Cento di Ferrara. Durante tale esperienza sono state affrontate le problematiche inerenti al settore automotive riguardo la ricerca e lo sviluppo dei motori endotermici diesel. Dopo un approccio introduttivo, che definisce l’ambito lavorativo in cui opera VM Motori S.p.A. e l’oggetto della tesi, si passa alla definizione ed alla calibrazione di un circuito low pressure EGR di un propulsore diesel da 200HP@3800rpm di potenza e 500Nm@1600rpm di coppia per uso automobilistico, mediante l’ausilio dei software AδαMO, INCA, Controldesk Next Generation, DoE, DIAdem ed INDICOM, software per lo studio della calibrazione al banco sviluppo. Si analizzano gli aspetti che contraddistinguono la VM Motori S.p.A. dalle altre aziende specializzate nel settore automotive, facendo riferimento ai campi produttivi in cui si applica l’ingegneria meccanica ed analizzandone gli aspetti tecnici, metodici e gestionali. Da notare il ruolo fondamentale delle automotive nell’economia mondiale in riferimento alla produzione dei principali propulsori diesel, primarie fonti produttive della VM.

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Die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe deutscher Klassiker wurde seit 1904 bis in die Zwanziger Jahre hinein im Insel Verlag in Leipzig publiziert. Die Buchreihe hat nicht nur für den Verlag und die Druckerei Poeschel in der sie gedruckt wurde eine ganze Reihe von Neuerungen nach sich gezogen, auch für den deutschen Buchmarkt hat die Klassikerausgabe einen Meilenstein bedeutet. Sie hat einige Eigenschaften des Taschenbuches vorweggenommen. Sie orientierte sich an der Qualität bibliophiler Buchpublikationen, aber war dennoch preislich erschwinglich. Zeitgenössische Klassikerausgaben erschienen zumeist mit einem Kommentar. Nicht so die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe. Der Text wurde zwar von führenden Wissenschaftlern editiert, aber sie war dennoch unkommentiert. Der Text war in einer Jenson-Antiqua gesetzt obwohl die Debatte um individuell gestaltete Künstlerschriften und die Diskussion um die als deutsche Schrift begriffene Fraktur unter den wichtigsten Protagonisten des deutschen Buchgewerbes ihren Höhepunkt noch nicht erreicht hatte. Ziel für die Klassikerausgabe war darüber hinaus, das zur Jahrhundertwende leicht angestaubte Image der Stadt Weimar aufzupolieren. Über das Patronat des Großherzogs hinaus hätte man die Gewinne aus dem Verkauf der Bücher der Permanenten Ausstellung für die Anschaffung von modernen Kunstobjekten zur Verfügung stellen wollen, die unter der Leitung von Harry Graf Kessler stand. Sieht man den Inhalt der Werke der in der Klassikerreihe erschienen Dichter Goethe, Schiller und Körner in einem ästhetischen Kontext mit dem der Philosophen Schopenhauer und Kant, wird im Spiegel der Formalästhetik der Klassikerausgabe Graf Kesslers Bildungs- und Kulturbegriff erkennbar, der sich in den Jahren nach der Jahrhundertwende zu seinem Lebenskunstideal verdichtete. Der zerrütteten Existenz der Zeitgenossen, wie Friedrich Nietzsche sie beschrieben hatte, sollte der Inhalt der Ausgabe in seiner modernen Form eine moderne Wertehaltung entgegensetzen. Die Lektüre der Klassiker sollte den deutschen Philister „entkrampfen“ und ihm ein Stück der verloren geglaubten Lebensfreude wieder zurück bringen, in dem dieser auch die Facetten des Lebensleids als normal hinnehmen und akzeptieren lernte. Die Klassikerausgabe repräsentierte aus diesem Grund auch den kulturellen und politischen Reformwillen und die gesellschaftlichen Vorstellungen die der Graf für ein modernes Deutschland als überfällig erachtete. Die Buchreihe war aus diesem Grund auch ein politisches Statement gegen die Beharrungskräfte im deutschen Kaiserreich. Die Klassikerreihe wurde in der buchhistorischen Forschung zwar als bedeutender Meilenstein charakterisiert und als „wichtiges“ oder gar „revolutionäres“ Werk der Zeit hervorgehoben, die Ergebnisse der Forschung kann man überspitzt aber in der Aussage zusammenfassen, dass es sich bei der Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe um einen „zufälligen Glückstreffer“ deutscher Buchgestaltung zu handeln scheint. Zumindest lassen die Aussagen, die bisher in dieser Hinsicht gemacht wurden, keine eindeutige Einordnung zu, außer vielleicht der, dass die Klassiker von der englischen Lebensreform inspiriert wurden und Henry van de Velde und William Morris einen Einfluss auf ihre äußere Form hatten. Gerade die Gedankenansätze dieser Beiden nutzte Graf Kessler aber für eigene Überlegungen, die ihn schließlich auch zu eigenen Vorstellungen von idealer Buchgestaltung brachten. Da für Kessler auch Gebrauchsgegenstände Kunst sein konnten, wird das Konzept der Klassikerausgabe bis zur Umsetzung in ihrer `bahnbrechenden´ Form in das ideengeschichtliche und ästhetische Denken des Grafen eingeordnet. Die Klassiker werden zwar in buchhistorischen Einzeluntersuchungen bezüglich ihrer Komponenten, dem Dünndruckpapier, ihrem Einband oder der Schrifttype exponiert. In buchwissenschaftlichen Überblicksdarstellungen wird ihr Einfluss hingegen weniger beachtet, denn verschiedene Kritiker bezogen sie seit ihrem ersten Erscheinen nicht als deutsches Kulturgut mit ein, denn sie lehnten sowohl die englischen Mitarbeiter Emery Walker, Edward Johnston, Eric Gill und Douglas Cockerell wie auch ihre Gestaltung als „welsche“ Buchausgabe ab. Richtig ist, die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe hatte dieselbe Funktion wie die von Graf Kessler in Weimar konzipierten Kunstausstellungen und die dortige Kunstschule unter der Leitung seines Freundes Henry van de Velde. Auch das für Weimar geplante Theater, das unter der Leitung von Hugo von Hofmannsthal hätte stehen sollen und die Großherzog Wilhelm Ernst Schule, hätten dieselben Ideen der Moderne mit anderen Mitteln transportieren sollen, wie die Großherzog Wilhelm Ernst Ausgabe deutscher Klassiker.

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Jan Floris de Jongh played an undoubtedly significant role in the development of social work within and beyond The Netherlands. Yet, he and his contributions to the field are barely known, particularly in The Netherlands. His achievements warrant much more attention given that this Dutchman was also one of the most relevant figures in the international social work community.

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