785 resultados para Reality fiction
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Il presente lavoro è dedicato allo studio della geografia immaginaria creata dallo scrittore indiano di lingua inglese R.K. Narayan (1906-2001), allo scopo non solo di indagare la relazione che si stabilisce tra spazio, personaggi e racconto, ma anche di rilevare l’interazione tra il mondo narrativo e le rappresentazioni dominanti dello spazio indiano elaborate nel contesto coloniale e postcoloniale. Dopo un primo capitolo di carattere teorico-metodologico (che interroga le principali riflessioni seguite allo "spatial turn" che ha interessato le scienze umane nel corso del Novecento, i concetti fondamentali formulati nell’ambito della teoria dei "fictional worlds", e i più recenti approcci al rapporto tra spazio e letteratura), la ricerca si articola in due ulteriori sezioni, che si rivolgono ai quattordici romanzi dell’autore attraverso una pratica interpretativa di ispirazione geocritica e “spazializzata”. Nel secondo capitolo, che concerne la dimensione “verticale” che si estende dal cronotopo dei romanzi a quello dell’autore e dei lettori, si procede al rilevamento, all’interno del mondo narrativo, di tre macro-paesaggi, successivamente messi a confronto con le rappresentazioni endogene e esogene dello spazio extratestuale; da questo confronto, la cittadina di Malgudi emerge come proposta autoriale di riorganizzazione sociale e urbana dal carattere innovativo e dallo statuto eterotopico, sia in rapporto alla tradizione letteraria dalla quale origina, sia rispetto alle circostanze ambientali dell’India meridionale in cui essa è finzionalmente collocata. Seguendo una dinamica “orizzontale”, il terzo capitolo esamina infine il rapporto tra lo spazio frazionato di Malgudi, i luoghi praticati dai suoi abitanti e la relazione che questi instaurano con il territorio transfrontaliero e con la figura del forestiero; inoltre, al fine di stabilire la misura in cui la natura dello spazio narrativo influisce sulla forma del racconto, si osservano le coincidenze tra il tema dell’incompiutezza che pervade le vicende dei personaggi e la forma aperta dei finali romanzeschi.
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Varcare le frontiere della Storia attraverso le storie personali dei suoi personaggi ha sempre affascinato la sensibilità creatrice di Anita Desai, i cui romanzi possono essere considerati un interessante esempio di letteratura di confine, che riesce nel difficile compito di misurarsi, con eleganza e sensibilità, nella rappresentazione delle più feroci forme di marginalizzazione. Proponendo un dialogo tra alterità, che apre alle complessità storico-culturali in maniera del tutto a-ideologica e imparziale, la scrittrice indoinglese procede alla “provincializzazione” dell’India attraverso le numerose ambivalenze prodotte nelle zone frontaliere analizzate. Dalla rappresentazione della frontiera identitaria esterna, ovvero dall’ambivalente rapporto intrattenuto con il colonizzatore/ex-colonizzatore inglese, alla rappresentazione della frontiera identitaria interna, ovvero l’analisi delle contraddittorie relazioni tra le componenti etniche del subcontinente, Desai arriva infine a problematizzare storie di ambivalenti processi di marginalizzazione prodotti da mondi culturali così diversi come la Germania nazista, o gli indiani Huichol del lontano Messico, tracciando geografie culturali inedite della grande ragnatela della Storia. Desai riesce così a recuperare voci liminali spesso trascurate dalla postcolonialità stessa, per riconfigurarle in un’esplorazione profonda del comune destino dell’umanità, voci straniate e stranianti che acquisiscono un vero e proprio status di agency discorsiva, proiettando la sua scrittura verso una dimensione cosmopolitica. L’opera di Desai diventa indubbiamente un’opportunità concreta per scorgere nella differenza l’universalità di una comune umanità, vale a dire un’opportunità per vedere nell’alterità un’identità ribaltata.
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La città medievale di Leopoli-Cencelle (fondata da Papa Leone IV nell‘854 d.C. non lontano da Civitavecchia) è stata oggetto di studio e di periodiche campagne di scavo a partire dal 1994. Le stratigrafie investigate con metodi tradizionali, hanno portato alla luce le numerose trasformazioni che la città ha subìto nel corso della sua esistenza in vita. Case, torri, botteghe e strati di vissuto, sono stati interpretati sin dall’inizio dello scavo basandosi sulla documentazione tradizionale e bi-dimensionale, legata al dato cartaceo e al disegno. Il presente lavoro intende re-interpretare i dati di scavo con l’ausilio delle tecnologie digitali. Per il progetto sono stati utilizzati un laser scanner, tecniche di Computer Vision e modellazione 3D. I tre metodi sono stati combinati in modo da poter visualizzare tridimensionalmente gli edifici abitativi scavati, con la possibilità di sovrapporre semplici modelli 3D che permettano di formulare ipotesi differenti sulla forma e sull’uso degli spazi. Modellare spazio e tempo offrendo varie possibilità di scelta, permette di combinare i dati reali tridimensionali, acquisiti con un laser scanner, con semplici modelli filologici in 3D e offre l’opportunità di valutare diverse possibili interpretazioni delle caratteristiche dell’edificio in base agli spazi, ai materiali, alle tecniche costruttive. Lo scopo del progetto è andare oltre la Realtà Virtuale, con la possibilità di analizzare i resti e di re-interpretare la funzione di un edificio, sia in fase di scavo che a scavo concluso. Dal punto di vista della ricerca, la possibilità di visualizzare le ipotesi sul campo favorisce una comprensione più profonda del contesto archeologico. Un secondo obiettivo è la comunicazione a un pubblico di “non-archeologi”. Si vuole offrire a normali visitatori la possibilità di comprendere e sperimentare il processo interpretativo, fornendo loro qualcosa in più rispetto a una sola ipotesi definitiva.
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La tesi analizza la rappresentazione del maquis nella letteratura spagnola contemporanea, scritti in castigliano e pubblicati dal 1985 ad oggi. La tesi si articola in tre capitoli: il primo presenta a livello teorico la metodologia e gli strumenti utilizzati nello svolgimento dello studio, ed è incentrato innanzitutto sul tentativo di definizione e catalogazione dei romanzi del maquis, con una particolare attenzione alla temperie culturale cui fanno riferimento, presentando le estetiche postmoderna e neomoderna e cercando di situare le opere narrative facenti parte del corpus della ricerca. Nel secondo capitolo è centrale in cambio l’analisi dei rapporti tra Storia e narrazione: oltre a concentrarsi sul dibattito interdisciplinare circa le connessioni tra la Storia e la narrativa, si cerca di dar conto dei riflessi di questa riflessione contemporanea all’interno delle opere facenti parte del corpus. Infine, il terzo capitolo riguarda l’analisi delle metafore animali rintracciabili nei romanzi sul maquis scelti, concentrandosi principalmente su Luna de lobos di Julio Llamazares e La agonía del búho chico di Justo Vila. L’impiego di questa figura retorica, che si ritrova in vari gradi in tutte le opere narrative scelte, risponde tanto ad una ricerca di verosimiglianza quanto alle modalità di rappresentazione della realtà empirica, riportando l’attenzione sui metodi atti alla figurazione e all’accesso alla conoscenza del mondo. La proposta di un cambio di paradigma estetico e narrativo in atto nella letteratura contemporanea spagnola cerca quindi una conferma nel momento dell’analisi, attraverso la quale si cerca di indagare se, e in che misura, il romanzo sul maquis si inserisce nel dibattito letterario odierno, e quanto contribuisce allo sviluppo del medesimo paradigma estetico in via di definizione – quello neomoderno –, cercando una conferma che si basa sulla presenza di quelle tematiche segnalate nel momento della discussione teorica e metodologica come tratti basilari e strutturanti le opere.
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La tesi è incentrata sui recenti sviluppi della narrativa testimoniale dell’America Latina. Verranno presi in considerazione gli ultimi contributi critici dedicati al rapporto tra finzione e realtà in letteratura, e sarà dato spazio alla costruzione narrativa della realtà e alla nascita del testimonio, come genere a sé, che raccoglie alcune delle principali opere latinoamericane degli ultimi quaranta anni. Nello specifico, l’indagine riguarderà la rappresentazione letteraria della violenza nella narrativa di denuncia di tre autori ispoanoamericani: la novela negra di Enrique Serna, il poliziesco testimoniale di Rodolfo Walsh e la scrittura estrema di Roberto Bolaño. Obiettivo della ricerca è capire in che modo i tre scrittori hanno raccontato le loro verità alternative, provando a salvaguardare la memoria, e quali effetti hanno ottenuto. Verranno analizzate non solo le tematiche affrontate, facendo riferimento quindi al contesto storico, politico e sociale al quale si rifanno, ma saranno illustrate anche le differenti tecniche di costruzione del romanzo, dell’intreccio e della trama, e verrà isolato il ruolo del testimone (diretto o indiretto) e delle fonti, per cogliere le differenze ma anche le similitudini stilistiche e narrative di ognuna delle opere. Più in generale, dimostreremo come e quanto i testi di questi autori costituiscano in realtà una forte critica al sistema imperante e diano voce alle categorie sociali altrimenti emarginate.
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La ricerca prende in esame le produzioni narrative, in particolare quelle dedicate agli adolescenti e ai giovani adulti, nei cui linguaggi e nelle cui trame si insinuano modelli di vita, comportamenti, valori, stereotipie, ecc. Attraverso le fiction dell'ultimo decennio, sono offerte interpretazioni alle costanti e alle variabili che percorrono i diversi prodotti culturali e che sono metafore di caratteristiche e di dinamiche della società post-moderna. Nella ricerca si studiano le trame e i personaggi delle narrazioni e, in parallelo, si individuano le correlazioni con studi pedagogici interessati alle ultime generazioni giovanili. La comparazione ha portato ad un sistema di decifrazione per individuare il giovane dell'era post-moderna tra gli elementi di finzione. Si sono prese in esame le più importanti icone dell'immaginario che, pur attraverso innumerevoli riscritture, continuano ad imporsi come metafore per identificazione, abnegazione, catarsi. Rispetto al passato, molte icone presenti nelle ultime produzioni di fiction subiscono alterazioni leggibili come spie (i.e. Ginzburg). È in queste trasformazioni, spinte fino alla metamorfosi dell'icona, che è possibile rintracciare alcune caratteristiche proprie del mondo giovanile in rapporto con la società contemporanea. L'immaginario può dunque essere lo specchio in cui l'uomo e la società possono riconoscersi, e studiarlo apre possibilità per sviluppare prospettive di interpretazione verso nuovi orizzonti.
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Nel 2011, circa 5 milioni di persone usavano regolarmente applicativi mobi-le basati su qualche forma di realtà aumentata. Secondo alcune previsioni entro il 2020 servizi che sfruttano questa tecnologia avranno una base di utenti che rasenta un settimo della popolazione mondiale, rendendo di fatto la realtà aumentata l’ottavo mezzo di comunicazione di massa dopo la stampa, l’audio registrato, il cinema, la radio, la televisione, internet ed infine i servizi multimediali mobile. La tesi si propone di illustrare le caratteristiche di questa tecnologia distinguendo varie tecniche e strumenti a disposizione degli sviluppatori per costruire l’esperienza di augmented reality. Entrando nel merito dello sviluppo software si analizza una architettura di riferimento proposta per sistemi di realtà aumentata e pattern per lo sviluppo dei diversi componenti. Infine vengono confrontati gli SDK oggi più diffusi cercando di evidenziarne caratteristiche comuni e peculiarità.
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In questa tesi dottorale viene preso in analisi il tema della famiglia, uno degli elementi fondanti della riflessione pedagogica, crocevia di una molteplicità di nuclei interpretativi con diramazioni e contaminazioni, con mutamenti attraverso le epoche storiche, rappresentati in pagine contenute nei Classici della letteratura per l’infanzia e nei migliori libri di narrativa contemporanea. Si tratta di un tema di grande ampiezza che ha comportato una scelta mirata di Autori che, nei loro romanzi hanno trattato questioni riguardanti la famiglia nelle sue pluralità delle sue tante accezioni, dalla vita familiare agli abbandoni, dalle infanzie senza famiglia alle famiglie altre. Nelle diverse epoche storiche, le loro narrazioni hanno lasciato un segno per l'originalità interpretativa che ancora oggi ci raccontano storie di vie familiale Dai romanzi ottocenteschi alle saghe fantasy degli ultimi cinquant’anni, fino ai picturebook, destinati ai più piccoli, le families stories possono costituire un materiale pedagogico privilegiato, sia offrendo occasioni di scoperta e conoscenza di sé e del mondo, attraverso le quali i lettori bambini, enigmatici frontalieri, varcano soglie verso altrovi misteriosi, sia fornendo spunti agli studiosi per approfondire tematiche multiple e complesse. Le families stories riflettono spesso in maniera critica le divergenze che possono manifestarsi tra le prassi individuate e studiate dalle scienze umane e sociali e le metafore narrative proposte dai numerosi Autori della letteratura per l’infanzia. Proponendo una prospettiva spesso spiazzante, esse interpretano la realtà a fondo, cogliendo i più piccoli ed inosservati particolari che, invece, hanno la capacità di rompere gli schemi socio-educativi dell’epoca storica in cui le storie prendono vita.
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Die vorliegende kulturwissenschaftlich ausgerichtete Arbeit befasst sich mit der Konstruktion und Inszenierung von Realität, insbesondere im Verhältnis zu Körperdiskursen und Körperpraktiken in Makeover-Sendungen sowie mit deren komplexen politischen und kulturellen Implikationen. Die leitenden Fragen der vorliegenden Arbeit sind: Wie wird der Körper in den ausgewählten Formaten dargestellt? Wie wird er erzählt und mit welchen (Film-)Techniken in Szene gesetzt? Welche expliziten und impliziten Körperbilder liegen den Darstellungen zu Grunde? Welche kulturellen und politischen Normen werden über den Körper konstruiert? Welche Rolle spielt diese Konstruktion des Körpers für die Darstellung von „Realität“ in den entsprechenden Formaten? Was ist der größere gesellschaftliche Zusammenhang dieser Darstellung? rnTrotz der Vielzahl und Komplexität der Darstellungsweisen des Körpers soll anhand verschiedener repräsentativ ausgewählter Reality-TV-Formate eine Annäherung an die heterogene kulturelle sowie politische Tragweite derselben geleistet werden. Hierzu werden insbesondere Formate bevorzugt, die explizit die Transformation des Körpers thematisieren. Dies kann durch kosmetische, d.h. nicht-operative Veränderungen (Kleidung, Make-up, Frisur), Fitness und Ernährung bis hin zu medizinischen Eingriffen wie etwa plastischer Chirurgie erfolgen.rnAls erstes wird der Untersuchungsgegenstand genauer eingegrenzt, wobei sich zeigt, dass sich exakte Grenzziehungen aufgrund des schwer greifbaren Reality-TV-Genres und der transmedialen Eigenschaft des Makeover-Fensehtextes als Herausforderung erweisen. Danach werden die kulturwissenschaftlichen Annahmen, die dieser Arbeit zugrunde liegen, ausgeführt. Darüber hinaus wird das revolutionäre Forschungsfeld der Fat Studies eruiert und auch der körpertheoretische Zugang erläutert. Abschließend wird näher auf den filmnarratologischen Zugang, der den Analysen als theoretische, aber auch methodische Grundlage dient, eingegangen. Zudem wird behandelt wie der Körper in den behandelten Makeover-Formaten zunächst erzählbar gemacht und erzählt wird. Die Körper der Teilnehmer werden zunächst in einen ökonomischen Diskurs der Maße und Zahlen überführt, um im weiteren Verlauf die „Transformation“ auch diskursiv dramatisieren zu können. Die über die Ökonomisierung vorbereitete, zumeist als märchenhaft dargestellte, Verwandlung der Teilnehmer, kulminiert immer in der Gegenüberstellung des „Vorher“-Bildes und des „Nachher“-Bildes. Diese Ökonomisierung ist allerdings nur die narrative Grundlage einer viel umfassenderen, in den Sendungen meist implizit vermittelten Selbstregierungstechnologie, der „Gouvernementalität“, die kontrovers im Hinblick auf Vertreter einer Affekttheorie, die die Vermittlung der besagten Gouvernementalität in Zweifel ziehen, diskutiert wird. Die Kernthese der vorliegenden Arbeit, die den Körper als entscheidendes, die „Realität“ der Makeover-Formate affirmierendes Element versteht, ist ferner eng mit dem Begriff der „Authentizität“ verknüpft. „Authentische“ Effekte sind oft das selbsterklärte Ziel der Einsätze des Körpers im Reality-TV und äußern sich in unterschiedlichen Erzähltechniken wie den autobiografischen Elementen der Formate. Die bereits im Genre des Reality-TV angelegte Selbstreflexivität sowohl auf Inhalts- als auch auf Produktionsseite wird abschließend kontextualisiert und bewertet. Letztendlich stellt sich die Frage, welche kulturellen Widerstände und Spielarten trotz der sehr dogmatisch wirkenden Inhalte der Makeover-Serien erhalten bleiben.
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Die Dissertation Gender und Genre in melodramatischen Literaturverfilmungen der Gegenwart untersucht das Medium Film anhand von Todd Haynes’ Far from Heaven (2002), Stephen Daldrys The Hours (2002) und Tom Fords A Single Man (2009) als Quelle des Wissens über gesellschaftlich-normierte Geschlechterrollen und sozialkonstruierte Genderkonzepte. Die Arbeit versteht sich als eine nachhaltige Schnittstellenforschung zwischen Gender-, Literatur-, Film- und Medienwissenschaften und zeigt die Öffnung der Germanistik für den medial geprägten Kulturwandel, welcher den deutschen bzw. den deutschsprachigen Kulturraum betrifft. Gender und Geschlecht destabilisieren die Gesellschaft und die „heterosexuelle Matrix“ durch das individuelle Suchen, Finden, Konstruieren und Anerkennen einer eigenen, individuellen Genderidentität. Dieser Prozess kann unter Zuhilfenahme des Erzählens von Geschlecht im Film verdeutlicht werden, denn die audiovisuelle Fiktion modelliert Wirklichkeitsvorstellungen und das Wirklichkeitsverständnis der Rezipienten. Wobei offen bleibt, ob die Fiktion die Realität oder die Realität die Fiktion imitiert. Denn es gibt nicht nur eine Wahrheit, sondern mehrere, vielleicht unzählige Bedeutungszuschreibungen. Die drei paradigmatischen Literaturverfilmungen wurden jeweils in Bezug zu ihren Literaturvorlagen von Virginia Woolf, Michael Cunningham und Christopher Isherwood gesetzt. Sie können als Beispiele für ein wissendes, postmodernes Pastiche des Themen-Clusters Diskriminierung/Homophobie/Homosexualität/„Rasse“ gelten. Alle drei Filme verhandeln durch gemeinsame, melodramatische Motive (Spiegel, Telefon, Krieg, Familie) die Darstellbarkeit von Emotionen, Begehren, Sehnsüchten, Einsamkeit und dem Verlust der Liebe. Durch Verbindungslinien zu den Melodramen von Douglas Sirk und mittels den Theorien von u.a. Judith Butler, Stanley Cavell, Carolin Emcke, Thomas Elsaesser, Sigmund Freud, Hermann Kappelhoff und Laura Mulvey wurde das Begriffspaar Genre und Gender her-ausgestellt und im zeitgenössischen Geschlechter-Diskurs verortet. Das im Verlauf der Arbeit erarbeitete Wissen zu Gender, Sexualität, Körper und Geschlecht wurde als ein Gender-Genre-Hybrid verstanden und im Genre des queeren bzw. homosexuellen Melodrams (gay melodrama) neu verortet. Die drei Filme sind als ein Wiederbelebungsversuch bzw. ein Erweiterungsversuch des melodramatischen Genres unter dem Genderaspekt anzusehen. Die Analyse und Dekonstruktion feststehender Begriffe im Kontext der Gender- und Gay Studies und dem Queer Cinema lösen produktive Krisen und damit emanzipierte Verfahren aus. Diese müssen immer wieder neu beschrieben werden, damit sie wahrgenommen und verstanden werden. Daher sind die drei melodramatischen Literaturverfilmungen ein fiktionales Dokumentationsmodell gesellschaftlicher Konflikte, welches anhand individueller Schicksale verdeutlicht wird.
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The present thesis aims at proving the importance of cultural and literary contexts in the practice of translation: I shall show that, in the case of Northern Irish crime fiction, knowledge of both Northern Irish history and culture as well as of the genre of crime fiction are essential prerequisites for the production of a “responsible” translation. I will therefore offer a brief overview of the history of crime and detective fiction and its main subgenres; some of the most important authors and works will be presented as well, in an analysis that goes from the early years of the genre to the second half of the 20th century. I will then move the focus to Northern Ireland, its culture and its history, and particular attention will be paid to fiction writing in Ireland and Northern Ireland, with a focus on the peculiar phenomenon of “Troubles Trash”. I will tackle the topic of Northern Irish literature and present the contemporary scene of Northern Irish crime fiction; the volume from which the texts for the translation have been taken will be presented, namely Belfast Noir. Subsequently the focus will move on the theoretical framework within which the translations were produced: I will present a literary review of the most significative developments in Translation Studies, with particular attention to the “cultural turn” that has characterised this subject since the 1960s. I will then highlight the phenomenon of “realia” in translation and analyse the approaches of different scholars to the translation of culture-bound references. The final part represents the culmination and practical application of all that was presented in the previous sections: I will discuss the translation of culture-bound references according to the strategies presented in Chapter 4, referring to the proposed translations of two stories. Such analysis aims to show that not only expert linguistic knowledge, but also cultural awareness and a wide literary background are needed in order to make conscious choices in translation.
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Durch die massenmediale Zunahme von statischen und bewegten Bilder im Laufe des letzten Jahrhunderts vollzieht sich unsere lebensweltliche Wirklichkeitskonstruktion zu Beginn des 21. Jahrhunderts zunehmend über Visualisierungen, die mit den neuen Formen der Digitalisierung noch an Dynamik zunehmen werden. Mit diesen omnipräsenten visuell-medialen Repräsentationen werden meist räumliche Vorstellungen transportiert, denn Räume werden vor allem über Bilder konstruiert. Diese Bildräume zirkulieren dabei nicht als singuläre Bedeutungszuschreibungen, sondern sind in sprachliche und bildliche Diskurse eingebettet. Visuell-mediale Bild-Raum-Diskurse besitzen zunehmend die Fähigkeit, unser Wissen über und unsere Wahrnehmung von Räumen zu kanalisieren und auf stereotype Raumstrukturen zu reduzieren. Dabei verfestigt sich eine normative Ordnung von bestimmten machtvollen Bildräumen, die nicht genügend kritisch hinterfragt werden. Deshalb ist es für die Geographie von entscheidender Wichtigkeit, mediale Raumkonstruktio- nen, ihre Einbettung in diskursive Bildarchive und ihre essentialistische und handlungspraktische gesellschaftliche Wirkung zu verstehen.rnLandschaften können vor diesem Hintergrund als visuell-medial transportierte Bild-Raum-Diskurse konzeptionalisiert werden, deren gesellschaftliche Wirkmächtigkeit mit Hilfe einer visuell ausgerichteten Diskursanalyse hinterfragt werden sollte. Auf Grundlage einer zeichentheoretischen Ikonologie wurde eine Methodik entwickelt, die visuell ausgerichtete Schrift-Bild-Räume angemessen analysieren kann. Am Beispiel der Inszenierung des Mittelrheintals, wurde, neben einer diachronischen Strukturanalyse der diskursrelevanten Medien (Belletristik, Malerei, Postkarten, Druckgrafiken und Fotografien), eine Feinanalyse der fotografischen „Rheinlandschaften“ von August Sander der 1930er Jahre durchgeführt. Als Ergebnis zeigte sich, dass der Landschaftsdiskurs über das Mittelrheintal immer noch durch die gegenseitige Durchdringung der romantischen Literatur und Malerei in der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts und die historischen Fotografien in den ersten Jahrzehnten des 20. Jahrhunderts bestimmt ist, nicht zuletzt forciert durch die Ernennung zum UNESCO-Welterbe 2002. Der stark visuell ausgerichtete Landschaftsdiskurs trägt somit zum einen positiv konnotierte, romantisch-pittoreske Züge, die die Einheit von Mensch und Natur symbolisieren, zum anderen historisch-konservatorische Züge, die eine Mythifizierung zu einer gewachsenen, authentischen Kulturlandschaft evozieren.
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Dopamine has long held a prominent role in the interpretation of schizophrenia and other psychoses. Clinical studies on confabulation and disorientation, disorders marked by a confusion of reality in thinking, indicated that the ability to keep thinking in phase with reality depends on a process suppressing the interference of upcoming memories that do not refer to ongoing reality. A host of animal studies and a recent clinical study suggested that this suppression might correspond to the phasic inhibition of dopaminergic neurons in response to the absence of expected outcomes. In this study, we tested healthy subjects with a difficult version of a memory paradigm on which confabulating patients had failed. Subjects participated in three test sessions, in which they received in double-blind, randomized fashion L-dopa, risperidone, or placebo. We found that l-dopa, in comparison with risperidone, impaired performance in a highly specific way, which corresponded to the pattern of patients with reality confusion. Specifically, they had an increase of false positive responses, while overall memory performance and reaction times were unaffected. We conclude that dopaminergic transmission influences the ability to rapidly adapt thinking to ongoing reality.