997 resultados para yersinia intermedia
Resumo:
Il basso tasso d'usura e l'alta resistenza meccanica dell'UHMWPE reticolato e additivato ha posto l'attenzione verso l'uso di teste femorali con diametri maggiori per diminuire il rischio d'impingement e dislocazioni. Questo richiede l'utilizzo d'inserti acetabolari più sottili di quelli attualmente in commercio. In quest'ottica è necessario porre particolare attenzione alla resistenza meccanica d'inserti più sottili, e all'efficacia della vitamina E nel combattere l'effetto dell'ossidazione che si manifesta in seguito al processo di reticolazione. Lo scopo del lavoro è quindi di studiare un inserto più sottile di quelli attualmente in commercio per verificarne le performance. Tale studio è svolto su una serie di taglie (compreso inserto prodotto ad-hoc con spessore di 3,6 mm) con spessore di 5,6 mm e di 3,6 mm dalle quali viene isolato il worst-case tramite analisi FEM. Con prove sperimentali è testata la resistenza meccanica del worst-case, e sono monitorate le deformazioni subite e l'ossidazione del campione. Dagli studi FEM è risultato che le tensioni sono mediamente le stesse in tutti i campioni, anche se si sono registrate tensioni leggermente superiori nella taglia intermedia. A differenza delle attese la taglia in cui si sono riscontrate le tensioni massime è la F (non è l'inserto che ha diametro inferiore). A seguito della messa a punto del modello FEM si è identificato un valore d'attrito inferiore a quello atteso. In letteratura i valori d'attrito coppa-inserto sono più grandi del valore che si è identificato tramite simulazioni FEM. Sulla base dei risultati FEM è isolato il worst-case che viene quindi sottoposto a un test dinamico con 6 milioni di cicli atto a valutarne le performance. Gli inserti di spessore ridotto non hanno riportato alcun danno visibile, e la loro integrità strutturale non è stata modificata. Le considerazioni preliminari sono confermate dalla verifica al tastatore meccanico e dall'analisi chimica, dalle quale non si sono evidenziate particolari problematiche. Infatti, da queste verifiche si rileva che l'effetto del creep nella prova accelerata è pressoché trascurabile, e non si riscontrano variazioni dimensionali rilevanti. Anche dall'analisi chimica dei campioni non si evidenzia ossidazione. I valori d'ossidazione dell'inserto testato sono analoghi a quelli del campione non testato, anche quando viene confrontato con l'inserto in UHMWPE vergine si evidenzia un'ossidazione di molto superiore. Questo prova che la vitamina E inibisce i radicali liberi che quindi non causano l'ossidazione con susseguente fallimento dell'inserto. Dai risultati si vede che i campioni non subiscono danni rilevanti, le deformazioni elastiche monitorate nel test dinamico sono pressoché nulle, come gli effetti del creep misurati analizzando i dati ottenuti al tastatore meccanico. Grazie alla presenza della vitamina E non si ha ossidazione, quella rilevata è vicina a zero ed è da imputare alla lavorazione meccanica. Secondo tali considerazioni è possibile affermare che la riduzione dello spessore degli inserti da 5,6 mm a 3,6 mm non ha conseguenze critiche sul loro comportamento, e non comporta un fallimento del dispositivo.
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OBIETTIVI: Per esplorare il contributo dei fattori di rischio biomeccanico, ripetitività (hand activity level – HAL) e forza manuale (peak force - PF), nell’insorgenza della sindrome del tunnel carpale (STC), abbiamo studiato un’ampia coorte di lavoratori dell’industria, utilizzando come riferimento il valore limite di soglia (TLV©) dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH). METODI: La coorte è stata osservata dal 2000 al 2011. Abbiamo classificato l’esposizione professionale rispetto al limite di azione (AL) e al TLV dell’ACGIH in: “accettabile” (sotto AL), “intermedia” (tra AL e TLV) e “inaccettabile” (sopra TLV). Abbiamo considerato due definizioni di caso: 1) sintomi di STC; 2) sintomi e positività allo studio di conduzione nervosa (SCN). Abbiamo applicato modelli di regressione di Poisson aggiustati per sesso, età, indice di massa corporea e presenza di patologie predisponenti la malattia. RISULTATI: Nell’intera coorte (1710 lavoratori) abbiamo trovato un tasso di incidenza (IR) di sintomi di STC di 4.1 per 100 anni-persona; un IR di STC confermata dallo SCN di 1.3 per 100 anni-persona. Gli esposti “sopra TLV” presentano un rischio di sviluppare sintomi di STC di 1.76 rispetto agli esposti “sotto AL”. Un andamento simile è emerso per la seconda definizione di caso [incidence rate ratios (IRR) “sopra TLV”, 1.37 (intervallo di confidenza al 95% (IC95%) 0.84–2.23)]. Gli esposti a “carico intermedio” risultano a maggior rischio per la STC [IRR per i sintomi, 3.31 (IC95% 2.39–4.59); IRR per sintomi e SCN positivo, 2.56 (IC95% 1.47–4.43)]. Abbiamo osservato una maggior forza di associazione tra HAL e la STC. CONCLUSIONI: Abbiamo trovato un aumento di rischio di sviluppare la STC all’aumentare del carico biomeccanico: l’aumento di rischio osservato già per gli esposti a “carico intermedio” suggerisce che gli attuali valori limite potrebbero non essere sufficientemente protettivi per alcuni lavoratori. Interventi di prevenzione vanno orientati verso attività manuali ripetitive.
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il profilo verticale del gas dipende sia dal potenziale galattico, e quindi dalla distribuzione di materia, sia dalla dispersione di velocit`a del gas La nostra analisi teorica ha mostrato che l’altezza scala dell’idrogeno gassoso ad un certo raggio `e fortemente legata alla componente di massa dominate: nelle parti centrali, dove domina la materia barionica, il disco gassoso incrementa il suo spessore esponenzialmente con una lunghezza scala pari al doppio di quella del disco stellare; dalle zone intermedie fino alla fine del disco, il profilo verticale del gas `e influenzato dalla distribuzione di DM. In queste zone lo spessore del disco gassoso cresce con il raggio in maniera circa lineare. Tale fenomeno viene definito gas flaring. Lo scopo principale di questa tesi `e la ricerca di una nuova tecnica per poter stimare il profilo vertical del gas in galassie con inclinazione intermedia.
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I GC rappresentano i laboratori ideali nei quali studiare la dinamica stellare e i suoi effetti sull'evoluzione stellare; infatti, sono gli unici sistemi astrofisici soggetti a quasi tutti i processi fisici noti nella dinamica stellare, entro il tempo scala dell'età dell'Universo. Questo lavoro di tesi si inserisce nell'ambito di un progetto di ricerca che mira ad una dettagliata caratterizzazione dell'evoluzione dinamica dei GC della Galassia. In particolare, la misura delle velocità radiali di un ampio campione di stelle poste a differenti distanze dal centro dell’ammasso permette di derivare il profilo di dispersione di velocità del sistema,il quale ne riflette lo stato dinamico ed è utile per verificare la possibile presenza di un buco nero di massa intermedia al centro dell'ammasso. Lo studio delle velocità radiali delle singole stelle può altresì fornire informazioni riguardo la distribuzione di massa del sistema,oltreché la presenza di un'eventuale rotazione. Inoltre, la conoscenza della sola distribuzione di densità non è sufficiente a vincolare univocamente i modelli e fornire una visione completa della fisica dei GC, in quanto ad ogni determinato profilo di densità possono corrispondere diverse condizioni dinamiche. La contemporanea conoscenza del profilo di dispersione di velocità e della eventuale curva di rotazione permette di rimuovere la degenerazione causata dalla sola conoscenza del profilo di densità. Seguendo un approccio multi-strumentale,è possibile campionare l'intera estensione radiale dell'ammasso globulare: con lo spettrografo FLAMES, le regioni esterne (da distanze di circa 20 arcsec dal centro fino al raggio mareale dell'ammasso), con lo spettrografo KMOS, quelle intermedie e con lo strumento IFU ad ottiche adattive SINFONI, le regioni centrali (pochi arcsec dal centro). Questo lavoro di tesi consiste nell'analisi di spettri ad alta risoluzione acquisiti con FLAMES per un grande campione di stelle (979) localizzate nelle regioni esterne dell'ammasso NGC 2808,con lo scopo di misurare le loro velocità radiali.
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In questa tesi si propone un progetto software per il controllo automatico delle pressioni in apparato volumetrico, o apparato Sievert, dedicato allo studio dell'assorbimento e desorbimento di idrogeno nei metalli. Si introduce la fisica che regola la formazione degli idruri metallici, e i parametri di studio importanti per lo sviluppo di un sistema energetico basato sull'idrogeno. Particolare attenzione viene data alla misura di cinetica, la percentuale in peso di idrogeno assorbito/desorbito in funzione del tempo. Nel capitolo 2 si mostra il principio di funzionamento di un apparato Sievert e la realizzazione hardware dell'apparato: si compone di una serie di volumi calibrati, separati da valvole, a temperatura costante, tra cui la camera porta-campioni . La pressione al loro interno viene variata immettendo o aspirando idrogeno. Nel capitolo 3 è sviluppata la procedura di controllo software tramite LabVIEW, che si impone di impostare una pressione intermedia su un volume parziale, conoscendo la pressione finale, a volumi collegati, alla quale studiare il campione. Questo modo di lavoro permette di non agire direttamente sul campione con le immissioni e le aspirazioni di idrogeno. Il programma è stato provato con misure per materiali dalla cinetica molto veloce come il palladio(Pd). I risultati, nel capitolo 4, mostrano che il programma è in grado di controllare efficacemente le variazioni di pressioni e la misura di cinetica.
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Basandoci sugli studi di stratigrafia sequenziale, nel Bacino Padano possiamo identificare tre principali unità sedimentarie: unità basale con FST e LST, unità intermedia con TST e unità superficiale con HST. Lo scopo principale di questo elaborato prevede la ricostruzione di dettaglio delle caratteristiche stratigrafiche del primo sottosuolo, situato nell'alta pianura veneta, in termini di facies, con relativa interpretazione dell'evoluzione paleoambientale. Più nel dettaglio, attraverso la realizzazione e interpretazione di due sezioni stratigrafiche, si analizzerà la distribuzione spaziale e la geometria di corpi sedimentari di natura fluviale nel substrato cercando di ipotizzarne le modalità di formazione.
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In questo elaborato viene presentata l'analisi cinematica delle regioni centrali di NGC 6441, uno degli ammassi globulari più massivi (M ~10^6 Msol) della nostra Galassia. L'ammasso è stato selezionato, insieme ad altri 18, all'interno dell'ESO Large Program “Unveiling the kinematics in the core of high-density globular clusters with SINFONI" (PI: Ferraro) per cercare evidenze di buchi neri di massa intermedia (IMBH), la cui esistenza è ancora controversa. Poichè la misura della dispersione di velocità da spettri integrati può essere affetta dalla contaminazione di poche stelle brillanti, in questo lavoro si sono misurate le velocità radiali (RV) di stelle individuali, utilizzando lo spettrografo IFU SINFONI dell'ESO, dotato di un sistema di ottiche adattive. Sono state misurate le RV di 709 stelle giganti nei primi 17" dal centro, da cui è stato estratto un sotto-campione di alta qualità di circa 200 stelle. Queste misure sono state poi combinate con un campione di RV nelle regioni più esterne dell'ammasso, ottenute con gli spettrografi multi-oggetto KMOS e FLAMES dell'ESO. Tali dati sono stati utilizzati per il calcolo del profilo di dispersione di velocità e per la ricerca di rotazione lungo l'intera estensione radiale nell'ammasso. I risultati ottenuti sembrano escludere sia l'esistenza di un IMBH, che la presenza di forte rotazione interna. Inoltre hanno evidenziato una significativa decrescita della dispersione di velocita` nelle regioni centrali (parzialmente confermata anche da misure di moti propri ottenute con HST), che potrebbe suggerire la presenza di anisotropia tangenziale nel centro del sistema. Un simile comportamento (sebbene di minore entita`) e’ stato evidenziato in altri ammassi, suggerendo che potrebbe trattarsi di una caratteristica comune in questi sistemi stellari.
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OBJECTIVES: To investigate the short-term effects of nonsurgical therapy (scaling and root planing, SRP) on the subgingival microbiota in chronic (CP) and aggressive (AP) periodontal disease. METHOD AND MATERIALS: Ninety-seven CP and AP subjects underwent full-mouth SRP on 2 consecutive days. AP patients were randomly assigned to either receive systemic metronidazole plus amoxicillin (AP+AB) or were treated mechanically alone (AP). Pathogens were identified with 16S rRNA oligodeoxynucleotide probes and dot-blot hybridization before and at days 2, 3, 4, 7, 10, and 21 of healing. CP subjects were treated by scaling and root planing along with placebo tablets. RESULTS: Initially, AP cell counts were 69.9- (Porphyromonas gingivalis), 10.2- (Aggregatibacter actinomycetemcomitans), 5.7- (Tannerella forsythia), and 3.3-fold (Prevotella intermedia) enhanced compared to CP cell counts. Following SRP, immediate elimination occurred in single individuals of all three treatment groups at day 2. After SRP plus antibiotic therapy (AP+AB), the prevalence scores dropped beyond the levels of AP and CP, beginning at day 7, and remained low until day 21 (P =or< .05). Clinical healing statistically benefited from SRP with no differences among the three treatment groups. CONCLUSION: Nonsurgical therapy resulted in both a suppression and early elimination of single taxa immediately after completion of active treatment. Systemic antibiotics significantly accelerate the suppression of the periodontal microflora, but have limited effect on the elimination of target isolates during healing.
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BACKGROUND AND OBJECTIVES: Immunoglobulin (Ig) G1 plays an important role in the adaptive immune response. Kgp, a lysine-specific cysteine protease from Porphyromonas gingivalis, specifically hydrolyses IgG1 heavy chains. The purpose of this study was to examine whether cleavage of IgG1 occurs in gingival crevicular fluid (GCF) in vivo, and whether there is any association with the presence of Porphyromonas gingivalis and other periodontopathogens. MATERIAL AND METHODS: GCF was obtained from nine patients with aggressive periodontitis, nine with chronic periodontitis and five periodontally healthy individuals. The bacterial loads of Porphyromonas gingivalis, Aggregatibacter actinomycetemcomitans, Treponema denticola, Prevotella intermedia and Tannerella forsythia were analysed by real-time polymerase chain reaction, and the presence and cleavage of IgG1 and IgG2 were determined using Western blotting. Kgp levels were measured by ELISA. RESULTS: Cleaved IgG1 was identified in the GCF from 67% of patients with aggressive periodontitis and in 44% of patients with chronic periodontitis. By contrast, no cleaved IgG1 was detectable in healthy controls. No degradation of IgG2 was detected in any of the samples, regardless of health status. Porphyromonas gingivalis was found in high numbers in all samples in which cleavage of IgG1 was detected (P < 0.001 compared with samples with no IgG cleavage). Furthermore, high numbers of Tannerella forsythia and Prevotella intermedia were also present in these samples. The level of Kgp in the GCF correlated with the load of Porphyromonas gingivalis (r = 0.425, P < 0.01). The presence of Kgp (range 0.07-10.98 ng/mL) was associated with proteolytic fragments of IgG1 (P < 0.001). However, cleaved IgG1 was also detected in samples with no detectable Kgp. CONCLUSION: In patients with periodontitis, cleavage of IgG1 occurs in vivo and may suppress antibody-dependent antibacterial activity in subgingival biofilms especially those colonized by Porphyromonas gingivalis.
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Aim: The study was designed to determine the effect on clinical variables, subgingival bacteria and local immune response brought about by additional application of hyaluronan-containing gels in early wound healing after scaling and root planing (SRP). Material and Methods: In this randomised clinical study, data from 34 individuals with chronic periodontitis was evaluated after full-mouth SRP. In the test group (n = 17), hyaluronan gels in two molecular weights were additionally applied during the first two weeks after SRP. The control group (n = 17) was treated with SRP only. Probing depth (PD) and attachment level (AL) were recorded at baseline and after 3 and 6 months, and subgingival plaque and sulcus fluid samples were taken for microbiological and biochemical analysis. Results: In both groups, PD and AL were significantly reduced (p < 0.001). The changes in PD and the reduction of the numbers of pockets with PD ≥ 5mm were significantly higher in the test group after 3 (p = 0.014; p = 0.021) and 6 months (p = 0.046; p = 0.045). Six months after SRP, the counts of Treponema denticola were significantly reduced in both groups (both p = 0.043), those of Campylobacter rectus in the test group only (p = 0.028). Prevotella intermedia and Porphyromonas gingivalis increased in the control group. Conclusions: The adjunctive application of hyaluronan may have positive effects on probing depth reduction and may prevent recolonization by periodontopathogens.
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Research on the endocrine role of estrogens has focused on the reproductive system, while other potential target systems have been less studied. Here, we investigated the possible immunomodulating role of 17beta-estradiol (E2) using rainbow trout (Oncorhynchus mykiss) as a model. The aims of the study were to examine a) whether estrogens can modulate immune gene transcription levels, and b) whether this has functional implications for the resistance of trout towards pathogens. Trout were reared from fertilization until 6 months of age under (1) control conditions, (2) short-term E2-treatment (6-month-old juveniles were fed a diet containing 20 mg E2/kg for 2 weeks), or c) long-term E2-treatment (twice a 2-h-bath-exposure of trout embryos to 400 mug 17beta-estradiol (E2)/L, followed by rearing on the E2-spiked diet from start-feeding until 6 months of age). Analysis of plasma estrogen levels indicated that the internal estrogen concentrations of E2-exposed fish were within the physiological range and analysis of hepatic vitellogenin mRNA levels indicated that the E2 administration was effective in activating the endogenous estrogen receptor pathway. However, expression levels of the hepatic complement components C3-1, C3-3, and Factor H were not affected by E2-treatment. In a next step, 6-month-old juveniles were challenged with pathogenic bacteria (Yersinia ruckeri). In control fish, this bacterial infection resulted in significant up-regulation of the mRNA levels of hepatic complement genes (C3-1, C3-3, Factor B, Factor H), while E2-treated fish showed no or significantly lower up-regulation of the complement gene transcription levels. Apparently, the E2-treated trout had a lower capacity to activate their immune system to defend against the bacterial infection. This interpretation is corroborated by the finding that survival of E2-treated fish under bacterial challenge was significantly lower than in the control group. In conclusion, the results from this study suggest that estrogens are able to modulate immune parameters of trout with functional consequences on their ability to cope with pathogens.
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Background: The bacterial colonization of the oral mucosa was evaluated in patients with asymptomatic oral lichen planus (OLP) and compared to the microbiologic status in mucosally healthy subjects. Methods: Bacteria from patients with clinically and histopathologically diagnosed OLP from the Stomatology Service, Department of Oral Surgery and Stomatology, School of Dental Medicine, University of Bern, were collected with a non-invasive swab system. Samples were taken from OLP lesions on the gingiva and from non-affected sites on the contralateral side of the mouth. The control population did not have OLP and was recruited from the student clinic. All samples were processed with the checkerboard DNA-DNA hybridization method using well-defined bacterial species for the analysis. Results: Significantly higher bacterial counts of Bacteroides ureolyticus (P = 0.001), Dialister species (sp.) (P = 0.006), Staphylococcus haemolyticus (P = 0.007), and Streptococcus agalactiae (P = 0.006) were found in samples taken from OLP lesions compared to sites with no clinical evidence of OLP. Significantly higher bacterial counts were found for Capnocytophaga sputigena, Eikenella corrodens, Lactobacillus crispatus, Mobiluncus curtisii, Neisseria mucosa, Prevotella bivia, Prevotella intermedia, and S. agalactiae at sites with lesions in subjects with OLP compared to sites in control subjects (P <0.001). Conclusions: Microbiologic differences were found between sites with OLP and sites in subjects without a diagnosis of OLP. Specifically, higher counts of staphylococci and S. agalactiae were found in OLP lesions.
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Whether the subgingival microbiota differ between individuals with chronic and those with aggressive periodontitis, and whether smoking influences bacterial composition, is controversial. We hypothesized that the subgingival microbiota do not differ between sites in individuals with chronic or aggressive periodontitis, or by smoking status. Bacterial counts and proportional distributions were assessed in 84 individuals with chronic periodontitis and 22 with aggressive periodontitis. No differences in probing pocket depth by periodontal status were found (mean, 0.11 mm; 95% CI, 0.6 to 0.8, p = 0.74). Including Staphylococcus aureus, Parvimonas micra, and Prevotella intermedia, 7/40 species were found at higher levels in those with aggressive periodontitis (p < 0.001). Smokers had higher counts of Tannerella forsythia (p < 0.01). The prevalence of S. aureus in non-smokers with aggressive periodontitis was 60.5%. The null hypothesis was rejected, in that P. intermedia, S. aureus, and S. mutans were robust in diagnosing sites in individuals with aggressive periodontitis. S. aureus, S. sanguinis, and T. forsythia differentiated smoking status.
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BACKGROUND: There is limited information on infectious and host responses distinguishing older people with or without active periodontitis. This study measured bacterial and serum cytokine and high-sensitivity C-reactive protein (hsCRP) levels in older persons. METHODS: Elders (mean age: 67 years), whose periodontal status had declined most or least (20% worst or 20% best) over 5 years, were enrolled. Two years later, they were classified as periodontally declining (active periodontitis [AP]), if they had at least five teeth with probing depth (PD) > or =5 mm, or stable (stable periodontally [SP]), if they did not. Groups were compared with respect to demographics, PD, clinical loss of attachment, subgingival bacteria, serum hsCRP, interleukin (IL)-1beta and -6, and chronic diseases. RESULTS: Ten AP and 24 SP subjects were identified; 13% of women and 44% of men from the original sample were in the AP group (P <0.05). Most Asians were SP; most whites and all African Americans were classified as having AP (P <0.01). More AP elders had osteoporosis (P <0.01), but the AP and SP groups did not differ with respect to IL-1beta and -6 or hsCRP. Bacterial counts were higher in the AP group for Parvimonas micra (previously Peptostreptococcus micros or Micromonas micros) (7.7 x 10(5) cells versus 3.8 x 10(5) cells; P <0.05), Prevotella intermedia (25.7 x 10(5) cells versus 9.8 x 10(5) cells; P <0.01), Tannerella forsythia (previously T. forsythensis) (16.2 x 10(5) cells versus 8.0 x 10(5) cells; P <0.05), and Streptococcus mutans (6.2 x 10(5) cells versus 2.0 x 10(5) cells; P <0.01). Three risk factors were most predictive of periodontal decline: PD, osteoporosis, and being white or African American. CONCLUSION: Periodontal decline was associated with osteoporosis, ethnicity, PD, gender, serum hsCRP, and levels of four bacterial species.
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BACKGROUND: We investigated clinical and subgingival microbiologic changes during pregnancy in 20 consecutive pregnant women > or =18 years not receiving dental care. METHODS: Bacterial samples from weeks 12, 28, and 36 of pregnancy and at 4 to 6 weeks postpartum were processed for 37 species by checkerboard DNA-DNA hybridization. Clinical periodontal data were collected at week 12 and at 4 to 6 weeks postpartum, and bleeding on probing (BOP) was recorded at sites sampled at the four time points. RESULTS: The mean BOP at week 12 and postpartum was 40.1% +/- 18.2% and 27.4% +/- 12.5%, respectively. The corresponding mean BOP at microbiologic test sites was 15% (week 12) and 21% (postpartum; not statistically significant). Total bacterial counts decreased between week 12 and postpartum (P <0.01). Increased bacterial counts over time were found for Neisseria mucosa (P <0.001). Lower counts (P <0.001) were found for Capnocytophaga ochracea, Capnocytophaga sputigena, Eubacterium saburreum, Fusobacterium nucleatum naviforme, Fusobacterium nucleatum polymorphum, Leptotrichia buccalis, Parvimonas micra (previously Peptostreptococcus micros or Micromonas micros), Prevotella intermedia, Prevotella melaninogenica, Staphylococcus aureus, Streptococcus anginosus, Streptococcus intermedius, Streptococcus mutans, Streptococcus oralis, Streptococcus sanguinis, Selenomonas noxia, and Veillonella parvula. No changes occurred between weeks 12 and 28 of pregnancy. Counts of Aggregatibacter actinomycetemcomitans (previously Actinobacillus actinomycetemcomitans), Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythia (previously T. forsythensis), and Treponema denticola did not change. Counts of P. gingivalis and T. forsythia at week 12 were associated with gingivitis (P <0.001). CONCLUSIONS: Subgingival levels of bacteria associated with periodontitis did not change. P. gingivalis and T. forsythia counts were associated with BOP at week 12. A decrease was found in 17 of 37 species from week 12 to postpartum. Only counts of N. mucosa increased.