999 resultados para Savoirs de la tradition
Resumo:
Il lavoro si divide in quattro capitoli in cui il candidato cerca di stabilire i rapporti intertestuali tra il Sindbad, un libro di matrice orientale, e la Disciplina Clericalis da una parte e il Decameron dall’altra. 1- Nel primo capitolo il candidato ha trattato l’origine e la diffusione del Il libro di Sindbad e della Disciplina Clericalis. Il libro di Sindbad è di indubbia origine orientale. Si diffonde in oriente e poi in Occidente. Giunge in Italia nel Dodicesimo secolo. L’altra opera è la Disciplina Clericalis, di Pietro Alfonsi, un-opera di origine orientale. 2- Nel secondo capitolo il candidato ha svolto una attenta ricerca sulla visione boccacciano verso il mondo orientale, arabo-islamico in particolare. 3- Nel terzo capitolo il candidato mette a confronto la struttura narrativa del Sindbad con quella del Decameron, rilevando gli elementi principali che accomunano le due strutture delle due opere sono. Nella parte finale del capitolo il candidato mette in discussione il termine con cui viene definita la struttura narrativa, cioè la cosiddetta cornice, dando una nuova terminologia alla struttura. 4- Nel quarto e ultimo capitolo il candidato cerca di rintracciare le fonti di alcune novelle decameroniane. Le fonti si dividono in due parti: scritte e orali. Nella prima parte mette a confronto alcune novelle del Decameron con racconti della Disciplina Clericalis e del Sette Savi. La seconda parte invece studia le fonti orali di altre novelle decameroniane le cui radici affondano nella tradizione orientale, arabo-islamica soprattutto. La prima novella è la (I, 5) della marchesana Monferrato. La (V, 9), la (VIII, 2), e l’ultima novella in questa parte è la (X, 3).
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L’analisi compiuta in questa tesi di laurea è motivata da una passione che fin dall’infanzia ho coltivato: quella per il Giappone. Con il passare degli anni gli aspetti del Giappone che mi hanno stimolato e incuriosito sono evoluti, come la volontà di approfondire una conoscenza sempre più completa di questo popolo e della loro cultura – facendo anche tesoro dell’esperienza di viaggio fatta nel 2012, visitando Tokyo e Kyoto. Notai nel mio breve soggiorno a Tokyo un qualcosa che qua non trovavo negli edifici: un eterno conflitto con lo spazio. Sono rimasto sorpreso dagli spazi angusti, dalle dimensioni lillipuziane delle case, spesso caratterizzate da standard qualitativi intollerabili per un occidentale, ma allo stesso tempo mi ha impressionato la tecnologia disponibile per la vita di tutti i giorni, che permetteva di sopperire a queste mancanze o deficit. Kyoto mi ha invece colpito per la tradizione, per la storia, per le sue architetture lignee – una città capace di fare convivere in armonia il passato col presente nel pieno rispetto della natura. I suoi colori, i suoi paesaggi bucolici non li dimenticherò facilmente... Il percorso di analisi che si svolgerà in questa sede includerà, partendo dalla tradizione fino ad arrivare al presente, le tematiche di cui si è appena parlato: casa giapponese, misura, standard, spazio. Si è partiti dall’analisi descrittiva e dalle splendide illustrazioni del zoologo americano Edward Morse, analizzando il suo volume “Japanese Homes and Their Surroundings” pubblicato alla fine del 1800 e divenuto un libro di culto per gli architetti moderni, per poi arricchire l’analisi con le tantissime informazioni e tavole tecniche fornite da Heinrich Engel con il libro “The Japanese House – A tradition for contemporary architecture”, un testo veramente formativo e altamente specifico per l’architettura vernacolare giapponese. Si arricchisce la discussione con Paper e pubblicazioni di professori giapponesi, racconti di narrativa e guide sul Giappone, per poi concludere l’analisi con libri di architettura moderna giapponese come il volume di Naomi Pollock “Modern Japanese House” e riviste quali JA (Japan Architects) per fornire esempi contemporanei di costruzioni residenziali odierne.
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The different aspects of magic became an essential ingredient of bucolic universe since the origin of pastoral genre. Within an idealized and utopic frame, magic built a bridge towards transcendence, and balanced the disharmony created by human love emotions within Arcadian microcosm. This concept of magic became infused to Sixteenth century pastoral novel through Neoplatonism and Hermetic tradition. From a narratological point of view, magic episodes became indispensable to complete the philosophical meaning of the works. Lope de Vega, in La Arcadia, published in 1598, fully participated from this tradition, though he will approach the convention from a particular dramatic-like perspective. And it was precisely in pastoral comedias where the Fénix ends up deconstructing bucolic code to remodel it as a mere vestige of the tradition and treat magic as a humorous ingredient.
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ZusammenfassungDie Erforschung der Alpen im 18. Jahrhundert unter neuen Perspektiven.Das anglo-schweizerisch-alpine Netzwerk. Der Beitrag beschäftigt sich mit Johann Jakob Scheuchzers Korrespondenten-netz. Zwei grosse Bereiche seiner Korrespondenz wurden berücksichtigt: einer-seits die Kontakte mit verschiedenen englischen Mitgliedern der Royal Society,besonders mit dem Arzt und Fossilienforscher John Woodward, anderseits dasschweizerisch-alpine Informantennetz. Scheuchzer wurde ein wichtiger Spre-cher von Woodwards Diluvialtheorie in Europa und war für die Engländer derbedeutende Informant in allen Fragen, was die Alpen und die Naturgeschichteder Schweiz betraf. Diese Rolle als Vermittler von Wissen über die Berge und die Schweiz wurde durch das schweizweit gut organisierte Netz von Informantenermöglicht. Besonders wichtig waren Scheuchzers Kontakte mit den alpinen Eliten. Der Aufsatz zeigt, wie wichtig die zwei grossen Teile seiner Korrespon-denz für Scheuchzers Forschungstätigkeit waren und welche Rolle besondersdie alpinen Informanten gespielt haben.
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En el presente trabajo abordamos la novela de Elena Garro Los recuerdos del porvenir a partir de los elementos de la narración configuradores de un "tiempo mítico". Este concepto, de larga tradición en Ia literatura hispanoamericana, sirve a la novelista para reflexionar sobre los procesos históricos, que ella juzga inevitablemente circulares; una penosa reiteración de los crímenes e injusticias del pasado. La voz narrativa, la creación de un campo semántico de la inmovilidad y la persistencia de un episodio real de la Conquista de México (la "Malinche"), son los elementos que, juzgamos, configuran el tiempo mítico y dan a esta novela una singular unidad ideológica y estilística.
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En este artículo se analiza el ensayo El laberinto de la soledad de Octavio Paz. Se interpreta dicha obra a partir de la crisis de los valores culturales latinoamericanos, agudizada desde dentro por la tradición macondista y, desde fuera, por las presiones de la globalización. La actual crisis de América Latina nos obliga a revisar radicalmente los valores culturales y los conceptos macondistas de la identidad propuestos por el pensamiento latinoamericano del siglo XX. Estos valores falsos no sólo han reflejado las frustraciones de la modernidad en el continente, sino que han contribuido a su fracaso.
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Este artículo pretende establecer una diferenciación entre corriente y tradición pedagógica para sugerir una posible relación con la Educación Especial en tanto campo de problemas multidisciplinar , sin descartar las relaciones en su ángulo de modalidad educativa, de conjuntos de servicios y apoyos o de conocimiento profesional para la atención educativa de los sujetos con discapacidad. La intención de fondo consiste en plantear algunas “bases" para reflexionar e investigar sistemáticamente sobre las corrientes pedagógicas de la Educación Especial en las distintas tradiciones pedagógicas, lo cual aportará a la objetivación del campo al tiempo que otorga las condiciones de posibilidad para sumergirse en el acontecer de una historicidad pedagógica en permanente movimiento (aunque no se restrinja, a mediano plazo, únicamente a la pedagogía) y en interconexión fluida con otras culturas y sociedades. De esta manera, el texto puede entenderse como una reflexión de pedagogía general o como una aproximación pedagógica comparada sobre la Educación Especial en América Latina.
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El judaísmo tardío y posteriormente el cristianismo incursionaron frecuentemente en el célebre pasaje de Éx. 3, 14, entendiéndolo como la revelación del Nombre divino a Moisés. Las respectivas influencias de la ontología griega y de la Septuaginta que traduce el citado texto hebreo por “Yo Soy el que Soy" (ejgwv eijmi oJ w[n), se hicieron presentes en la tradición cristiana desde sus orígenes hasta la Escolástica del siglo XIII. Sea con matices esencialistas o de carácter existencial, el Dios bíblico ha sido comprendido como “Ser" en distintos momentos del cristianismo medieval. Este alejamiento de la intuición bíblica originaria en dirección a una concepción helénica del Ser, produjo notables consecuencias en la imagen de Dios sostenida por los cristianos.
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El artículo analiza la filosofía del arte expuesta por Arthur Danto, procurando, conjuntamente, problematizar el principio de representación estética en su figuración dominante en la tradición del pensamiento filosófico sobre el arte. Comprendiendo las valiosas indagaciones de Danto respecto a las “vanguardias intratables" del siglo XX y a las metamorfosis en la estructuración del mundo del arte, así como respecto a la propia filosofía que indaga sobre las obras de arte, el presente análisis se interroga, a su vez, acerca de las consecuencias problemáticas que el pensamiento de Danto abre y que en muchos casos permanecen en discusión y disputa teórica.
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The apostle St. John impacted on Irenaeus through Policarpus from Smyrna. It is possible to track down distinctive aspects of the fourth Evangelist’s though by researching the work of the Bishop of Lyon, mainly in reference to his emphasis on the incarnation and on hissoteriology, which emphasises the individual relationship between the believer and God. We attempt to trace similarities between the Lugdunensis’s deep realism and that of the one which is considered by the tradition as the last eyewitness of the incarnated Verb. We will start from an analysis of the historical bond which links Irenaeus to John, and follow some of the main lines of his writings.
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El relato de viaje por los Estados del Plata de Herman Burmeister está embuído de la tradición humboldtiana de proyecto científico. El uso del método comparativo de paisajes para descubrir relaciones generales y causas genéticas comunes, las abundantes y heterogéneas observaciones, dibujos y planos se asemejan bastante al método de trabajo utilizados por Humboldt. En este contexto científico, la Geografía se acerca a la Literatura a través del enfoque geográfico humanístico y fenomenológico, que exige el acceso al conocimiento a través de la experiencia humana, y aborda el texto con una metodología de carácter inductivo. El presente texto posibilita a la Geografía acceder a percepciones del espacio en un tiempo pasado, que permite comprender etapas o secuencias del proceso de constitución del territorio; y resulta un recurso significativo para el aprendizaje y comprensión de conceptos geográficos.
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La belleza, como tema eterno de reflexión filosófica ha tenido entre los pensadores del siglo XIII un lugar particular. Ellos, desde una matriz intelectual neoplatónica, han intentado tender puentes, en algunos casos, con el aristotelismo recientemente descubierto. Este hecho parece ofrecer la posibilidad de pensar el pulchrum no sólo desde su unidad con el bonum, sino también desde su especificidad. Es aquí donde Alberto Magno ha tenido un lugar importante. Es por ello que el presente trabajo quiere ocuparse del Magno en el singular tratamiento que hace de lo bello en dos de sus obras: la Summa de Bono y el In de Divinis Nominibus. Un sucinto recorrido por estos textos permitirá advertir el esfuerzo de Alberto para perfilar un concepto de belleza que, respetando la tradición neoplatónica de su unidad con el bien, parecería encontrar su lugar propio al introducir algunos elementos pertenecientes a la filosofía del Estagirita.
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El presente escrito indaga sobre la utilidad metodológica de los recursos provenientes de la religión, herramientas de las que se vale la sociología para construir su corpus conceptual. Hace hincapié en las formulaciones de Max Weber, con énfasis en la “lealtad", una noción que forma parte del horizonte de sentido de la política contemporánea, y particularmente de algunas ideologías que la cuentan en su acervo doctrinal. Se analiza la oposición entre impersonalidad y devoción y entre fe religiosa y fe política, así como los procesos de conversión y cumplimiento-incumplimiento del deber que caracterizan a ambas. Asimismo, se exploran las similitudes y diferencias entre el mensaje religioso y el político y entre la conformación del perfil del creyente y del adherente a una creencia partidaria. Por último, se comparan las “promesas" que encierran los discursos, con la intención de evidenciar la cercanía entre religión y lealtad en términos de constitución/restitución de la comunidad.