958 resultados para SUBMARINE-CANYON


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VIII Congreso geológico de España, Oviedo, 17-19 julio 2012

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Celebrado en la Sala de Grado de la Facultad de Ciencias del Mar (ULPGC) el 18 de junio de 2013

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[EN] Since the industrial revolution, anthropogenic CO2 emissions have caused ocean acidification, which particularly affects calcified organisms. Given the fan-like calcified fronds of the brown alga Padina pavonica, we evaluated the acute (shortterm) effects of a sudden pH drop due to a submarine volcanic eruption (October 2011–early March 2012) affecting offshore waters around El Hierro Island (Canary Islands, Spain). We further studied the chronic (long-term) effects of the continuous decrease in pH in the last decades around the Canarian waters. In both the observational and retrospective studies (using herbarium collections of P. pavonica thalli from the overall Canarian Archipelago), the percent of surface calcium carbonate coverage of P. pavonica thalli were contrasted with oceanographic data collected either in situ (volcanic eruption event) or from the ESTOC marine observatory data series (herbarium study). Results showed that this calcified alga is sensitive to acute and chronic environmental pH changes. In both cases, pH changes predicted surface thallus calcification, including a progressive decalcification over the last three decades. This result concurs with previous studies where calcareous organisms decalcify under more acidic conditions. Hence, Padina pavonica can be implemented as a bio-indicator of ocean acidification (at short and long time scales) for monitoring purposes over wide geographic ranges, as this macroalga is affected and thrives (unlike strict calcifiers) under more acidic conditions

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La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.

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Extensive mass transport deposits and multiple slide scars testify widespread and recurrent submarine sediment failures occurring during the late Quaternary on the SW-Adriatic and SE-Sicilian margins. These mass movements and their consequences contributed to shape the continental slopes and fill the basins with characteristic signatures. Geomorphological, seismo-stratigraphic, sedimentological and biostratigraphic data provide clues to: 1) define distinct failure mechanisms investigating on factors that determine dissimilar organization of coeval displaced masses, 2) reconstruct successive phases of failure stressing on the same location where slide scars crosscut and mass-transport deposits overlap, 3) analyze regional setting and indicate the most suitable place where to calculate mass wasting frequency. Discussions on the role of fluid flow, currents activity and tectonic deformation determine a wider view on the construction of the studied continental margins.

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Máster Universitario en Sistemas Inteligentes y Aplicaciones Numéricas en Ingeniería (SIANI)

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[EN] The Canarian archipelago comprises seven main volcanic islands and several islets that form a chain extending for c. 500 km across the eastern Atlantic, with its eastern edge only 100 km from the NW African coast (Fig. 18.1). The islands have had a very long volcanic history, with formations over 20 million years old cropping out in the eastern Canaries. Thus all stages of the volcanic evolution of oceanic islands, including the submarine stage as well as the deep structure of the volcanoes, can be readily observed. Rainfall and vegetation cover are relatively low, with the exception of the island of La Palma, favouring both geological observation and rock preservation. Furthermore, the absence of surface water has promoted groundwater mining by means of up to 3000 km of subhorizontal tunnels (locally known as ‘galerías’).

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In the last decade the interest for submarine instability grew up, driven by the increasing exploitation of natural resources (primary hydrocarbons), the emplacement of bottom-lying structures (cables and pipelines) and by the development of coastal areas, whose infrastructures increasingly protrude to the sea. The great interest for this topic promoted a number of international projects such as: STEAM (Sediment Transport on European Atlantic Margins, 93-96), ENAM II (European North Atlantic Margin, 96-99), GITEC (Genesis and Impact of Tsunamis on the European Coast 92-95), STRATAFORM (STRATA FORmation on Margins, 95-01), Seabed Slope Process in Deep Water Continental Margin (Northwest Gulf of Mexico, 96-04), COSTA (Continental slope Stability, 00-05), EUROMARGINS (Slope Stability on Europe’s Passive Continental Margin), SPACOMA (04-07), EUROSTRATAFORM (European Margin Strata Formation), NGI's internal project SIP-8 (Offshore Geohazards), IGCP-511: Submarine Mass Movements and Their Consequences (05-09) and projects indirectly related to instability processes, such as TRANSFER (Tsunami Risk ANd Strategies For the European region, 06-09) or NEAREST (integrated observations from NEAR shore sourcES of Tsunamis: towards an early warning system, 06-09). In Italy, apart from a national project realized within the activities of the National Group of Volcanology during the framework 2000-2003 “Conoscenza delle parti sommerse dei vulcani italiani e valutazione del potenziale rischio vulcanico”, the study of submarine mass-movement has been underestimated until the occurrence of the landslide-tsunami events that affected Stromboli on December 30, 2002. This event made the Italian Institutions and the scientific community more aware of the hazard related to submarine landslides, mainly in light of the growing anthropization of coastal sectors, that increases the vulnerability of these areas to the consequences of such processes. In this regard, two important national projects have been recently funded in order to study coastal instabilities (PRIN 24, 06-08) and to map the main submarine hazard features on continental shelves and upper slopes around the most part of Italian coast (MaGIC Project). The study realized in this Thesis is addressed to the understanding of these processes, with particular reference to Stromboli submerged flanks. These latter represent a natural laboratory in this regard, as several kind of instability phenomena are present on the submerged flanks, affecting about 90% of the entire submerged areal and often (strongly) influencing the morphological evolution of subaerial slopes, as witnessed by the event occurred on 30 December 2002. Furthermore, each phenomenon is characterized by different pre-failure, failure and post-failure mechanisms, ranging from rock-falls, to turbidity currents up to catastrophic sector collapses. The Thesis is divided into three introductive chapters, regarding a brief review of submarine instability phenomena and related hazard (cap. 1), a “bird’s-eye” view on methodologies and available dataset (cap. 2) and a short introduction on the evolution and the morpho-structural setting of the Stromboli edifice (cap. 3). This latter seems to play a major role in the development of largescale sector collapses at Stromboli, as they occurred perpendicular to the orientation of the main volcanic rift axis (oriented in NE-SW direction). The characterization of these events and their relationships with successive erosive-depositional processes represents the main focus of cap.4 (Offshore evidence of large-scale lateral collapses on the eastern flank of Stromboli, Italy, due to structurally-controlled, bilateral flank instability) and cap. 5 (Lateral collapses and active sedimentary processes on the North-western flank of Stromboli Volcano), represented by articles accepted for publication on international papers (Marine Geology). Moreover, these studies highlight the hazard related to these catastrophic events; several calamities (with more than 40000 casualties only in the last two century) have been, in fact, the direct or indirect result of landslides affecting volcanic flanks, as observed at Oshima-Oshima (1741) and Unzen Volcano (1792) in Japan (Satake&Kato, 2001; Brantley&Scott, 1993), Krakatau (1883) in Indonesia (Self&Rampino, 1981), Ritter Island (1888), Sissano in Papua New Guinea (Ward& Day, 2003; Johnson, 1987; Tappin et al., 2001) and Mt St. Augustine (1883) in Alaska (Beget& Kienle, 1992). Flank landslide are also recognized as the most important and efficient mass-wasting process on volcanoes, contributing to the development of the edifices by widening their base and to the growth of a volcaniclastic apron at the foot of a volcano; a number of small and medium-scale erosive processes are also responsible for the carving of Stromboli submarine flanks and the transport of debris towards the deeper areas. The characterization of features associated to these processes is the main focus of cap. 6; it is also important to highlight that some small-scale events are able to create damage to coastal areas, as also witnessed by recent events of Gioia Tauro 1978, Nizza, 1979 and Stromboli 2002. The hazard potential related to these phenomena is, in fact, very high, as they commonly occur at higher frequency with respect to large-scale collapses, therefore being more significant in terms of human timescales. In the last chapter (cap. 7), a brief review and discussion of instability processes identified on Stromboli submerged flanks is presented; they are also compared with respect to analogous processes recognized in other submerged areas in order to shed lights on the main factors involved in their development. Finally, some applications of multibeam data to assess the hazard related to these phenomena are also discussed.

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The Thrace Basin is the largest and thickest Tertiary sedimentary basin of the eastern Balkans region and constitutes an important hydrocarbon province. It is located between the Rhodope-Strandja Massif to the north and west, the Marmara Sea and Biga Peninsula to the south, and the Black Sea to the est. It consists of a complex system of depocenters and uplifts with very articulate paleotopography indicated by abrupt lateral facies variations. Its southeastern margin is widely deformed by the Ganos Fault, a segment of the North Anatolian strike-slip fault system . Most of the Thrace Basin fill ranges from the Eocene to the Late Oligocene. Maximum total thickness, including the Neogene-Quaternary succession, reaches 9.000 meters in a few narrow depocenters. This sedimentary succession consists mainly of basin plain turbiditic deposits with a significant volcaniclastic component which evolves upwards to shelf deposits and continental facies, with deltaic bodies prograding towards the basin center in the Oligocene. This work deals with the provenance of Eocene-Oligocene clastic sediments of the southern and western part of Thrace Basin in Turkey and Greece. Sandstone compositional data (78 gross composition analyses and 40 heavy minerals analyses) were used to understand the change in detrital modes which reflects the provenance and geodinamic evolution of the basin. Samples were collected at six localities, which are from west to est: Gökçeada, Gallipoli and South-Ganos (south of Ganos Fault), Alexandroupolis, Korudağ and North-Ganos (north of Ganos Fault). Petrologic (framework composition and heavy-mineral analyses) and stratigraphic-sedimentologic data, (analysis of sedimentologic facies associations along representative stratigraphic sections, paleocurrents) allowed discrimination of six petrofacies; for each petrofacies the sediment dispersal system was delineated. The Thrace Basin fill is made mainly of lithic arkoses and arkosic litharenites with variable amount of low-grade metamorphic lithics (also ophiolitic), neovolcanic lithics, and carbonate grains (mainly extrabasinal). Picotite is the most widespread heavy mineral in all petrofacies. Petrological data on analyzed successions show a complex sediment dispersal pattern and evolution of the basin, indicating one principal detrital input from a source area located to the south, along both the İzmir-Ankara and Intra-Pontide suture lines, and a possible secondary source area, represented by the Rhodope Massif to the west. A significant portion of the Thrace Basin sediments in the study area were derived from ophiolitic source rocks and from their oceanic cover, whereas epimetamorphic detrital components came from a low-grade crystalline basement. An important penecontemporaneous volcanic component is widespread in late Eocene-Oligocene times, indicating widespread post-collisional (collapse?) volcanism following the closure of the Vardar ocean. Large-scale sediment mass wasting from south to north along the southern margin of the Thrace Basin is indicated (i) in late Eocene time by large olistoliths of ophiolites and penecontemporaneous carbonates, and (ii) in the mid-Oligocene by large volcaniclastic olistoliths. The late Oligocene paleogeographic scenario was characterized by large deltaic bodies prograding northward (Osmancik Formation). This clearly indicates that the southern margin of the basin acted as a major sediment source area throughout its Eocene-Oligocene history. Another major sediment source area is represented by the Rhodope Massif, in particolar the Circum-Rhodopic belt, especially for plutonic and metamorphic rocks. Considering preexisting data on the petrologic composition of Thrace Basin, silicilastic sediments in Greece and Bulgaria (Caracciolo, 2009), a Rhodopian provenance could be considered mostly for areas of the Thrace Basin outside our study area, particularly in the northern-central portions of the basin. In summary, the most important source area for the sediment of Thrace Basin in the study area was represented by the exhumed subduction-accretion complex along the southern margin of the basin (Biga Peninsula and western-central Marmara Sea region). Most measured paleocurrent indicators show an eastward paleoflow but this is most likely the result of gravity flow deflection. This is possible considered a strong control due to the east-west-trending synsedimentary transcurrent faults which cuts the Thrace Basin, generating a series of depocenters and uplifts which deeply influenced sediment dispersal and the areal distribution of paleoenvironments. The Thrace Basin was long interpreted as a forearc basin between a magmatic arc to the north and a subduction-accretion complex to the south, developed in a context of northward subduction. This interpretation was challenged by more recent data emphasizing the lack of a coeval magmatic arc in the north and the interpretation of the chaotic deposit which outcrop south of Ganos Fault as olistoliths and large submarine slumps, derived from the erosion and sedimentary reworking of an older mélange unit located to the south (not as tectonic mélange formed in an accretionary prism). The present study corroborates instead the hypothesis of a post-collisional origin of the Thrace Basin, due to a phase of orogenic collapse, which generated a series of mid-Eocene depocenters all along the İzmir-Ankara suture (following closure of the Vardar-İzmir-Ankara ocean and the ensuing collision); then the slab roll-back of the remnant Pindos ocean played an important role in enhancing subsidence and creating additional accommodation space for sediment deposition.

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The present study describes a Late Miocene (early Tortonian - early Messinian) transitional carbonate system that combines elements of tropical and cool-water carbonate systems (Irakleion Basin, island of Crete, Greece). As documented by stratal geometries, the submarine topography of the basin was controlled by tilting blocks. Coral reefs formed by Porites and Tarbellastrea occurred in a narrow clastic coastal belt along a „central Cretan landmass“, and steep escarpments formed by faulting. Extensive covers of level-bottom communities existed in a low-energy environment on the gentle dip-slope ramps of the blocks that show the widest geographical distribution within the basin. Consistent patterns of landward and basinward shift of coastal onlap in all outcrop studies reveal an overriding control of 3rd and 4th order sea level changes on sediment dynamics and facies distributions over block movements. An increasingly dry climate and the complex submarine topography of the fault block mosaic kept sediment and nutrient discharge at a minimum. The skeletal limestone facies therefore reflects oligotrophic conditions and a sea surface temperature (SST) near the lower threshold temperature of coral reefs in a climatic position transitional between the tropical coral reef belt and the temperate zone. Stable isotope records (δ18O, δ13C) from massiv, exceptionally preserved Late Miocene aragonite coral skeletons reflect seasonal changes in sea surface temperature and symbiont autotrophy. Spectral analysis of a 69 years coral δ18O record reveals significant variance at interannual time scales (5-6 years) that matches the present-day eastern Mediterranean climate variability controlled by the Arctic Oscillation/North Atlantic Oscillation (AO/NAO), the Northern Hemisphere’s dominant mode of atmospheric variability. Supported by simulations with a complex atmospheric general circulation model coupled to a mixed-layer ocean model, it is suggested, that climate dynamics in the eastern Mediterranean and central Europe reflect atmospheric variability related to the Icelandic Low 10 million years ago. Usually, Miocene corals are transformed in calcite spar in geological time and isotope values are reset by diagenetic alteration. It is demonstrated that the relicts of growth bands represent an intriguing source of information for the growth conditions of fossil corals. Recrystallized growth bands were measured systematically in massive Porites from Crete. The Late Miocene corals were growing slowly with 2-4 mm/yr, compatible with present-day Porites from high latitude reefs, a relationship that fits the position of Crete at the margin of the Miocene tropical reef belt. Over Late Miocene time (Tortonian - early Messinian) growth rates remained remarkably constant, and if the modern growth temperature relationship for massive Porites applies to the Neogene, minimum (winter) SST did not exceed 19-21°C.

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Lo scopo della tesi è quello di affrontare la progettazione con un approccio,quanto più attuale e per certi versi avanguardista, chiamato Parametric design (progettazione parametrica), accoppiato efficacemente col concetto di Arte generativa (in questo caso Architettura). Già nel 1957 Luigi Moretti affrontò il tema dell’architettura parametrico-generativa fondando l’IRMOU (Istituto per la Ricerca Matematica e Operativa applicata all'Urbanistica) e oggi è una mentalità molto diffusa nei più grandi studi del mondo. Il tema non è solo tecnologico o informatico strumentale, ma è proprio un modo di pensare e immaginare il possibile, costruito o naturale che sia. E’ un modo di vivere la propria creatività. L’aggettivo “generativa” è legato al fatto che l’arte in esame è generata seguendo regole preimpostate e ben definite dal progettista, coerentemente agli obiettivi e alle finalità del progetto. L’evoluzione delle stesse, seguendo relazioni molto semplici, può dar vita a risultati sorprendenti e inaspettati, dotati di una notevole complessità che però, se letta nell’insieme, è perfettamente in armonia con l’idea progettuale di partenza. Il fascino di questa materia è il legame entusiasmante che crea tra architettura, ingegneria, poesia, filosofia, matematica, biologia, fisica, pittura ecc ecc. Questo perché i concetti di evoluzione, di relazione e di generazione appartengono a tutto ciò che ci circonda, e quindi alla concezione umana di vita. E’ possibile in questo modo permeare il costrutto progettuale con principi e regole oggettivamente riconoscibili e apprezzabili dallo spettatore perché instrisi di una forte veridicità processuale. Il titolo "Oxymoron" è la traduzione inglese della figura retorica ossimoro,la quale è strettamente connessa all’ispirazione progettuale: proviene dall’indagine approfondita di processi evolutivi (distruttivi in questo caso) caratterizzanti realtà naturali che, esplorate con sempre più accuratezza, determinano morfologie e forme aventi profonde radici strutturali. La distruzione che crea lo spazio. La genesi stessa della forma segue predominanti algoritmi matematici governati e corretti da variabili di diversa natura che definiscono l'enviroment di influenze interagenti ed agenti sul campione di studio. In questo caso la ricerca è focalizzata su processi erosivi fisici e chimici, di agenti esterni (quali vento e sali rispettivamente) ,di cui materiali inorganici, quali minerali e aggregati degli stessi (rocce), sono soggetti. In particolare, l’interesse è approfondito su fenomeni apparentemente emergenti dei tafoni e dei cosiddetti Micro canyon. A tal scopo si sfrutterà un metodo di soft kill option (SKO) di ottimizzazione topologica (optimization topology) attraverso gli strumenti informatici più idonei quali software di modellazione parametrica e di calcolo computazionale. La sperimentazione sta proprio nell'utilizzare uno strumento concepito per uno scopo, con un'ottica strettamente ingegneristica, per un'altra meta, ossia ricavare e ottenere se possibile un metodo di lavoro o anche solo un processo generativo tale da riprodurre o simulare casi e situazioni riscontrabili in natura negli eventi soggetti a erosione. Il tutto coerente con le regole che stanno alla base della genesi degli stessi. Il parallelismo tra singolarità naturale e architettura risiede nella generazione degli spazi e nella combinazione di questi. L’ambizioso obiettivo è quello di innescare un ciclo generativo, che messo in comunicazione diretta con un contesto variegato ed eterogeneo, dia vita a una soluzione progettuale dall'alto contenuto morfologico e spaziale.

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Questa tesi di laurea nasce dall’approfondimento del progetto che abbiamo sviluppato nel laboratorio di progettazione architettonica frequentato presso la Middle East Technical University, METU, di Ankara, Turchia, durante l’anno accademico 2011-12. La prima parte del corso, tenuto dai professori S. Özkan e Z. Mennan, consisteva nello studio e analisi critica dei progetti in concorso per il bando “Istanbul Theme Park” e nella riproposizione, da presentare a gruppi, di uno dei masterplan studiati, con le modifiche ritenute necessarie a fronte delle considerazioni fatte e di nuove idee progettuali. Lo step successivo è stato quello di approfondire individualmente la progettazione architettonica di un area di almeno 100.000 mq in scala 1:500 e di un edificio in dettaglio 1:200. Date le tempistiche molto ridotte del corso, che si completava in tredici settimane, abbiamo scelto di continuare il lavoro e approfondire, con l’aiuto della prof.ssa V. Orioli e dell’arch. E. Brighi, l’elaborazione del masterplan arrivando ad una definizione maggiore di tutta l’area e non solamente delle aree di interesse approfondite durante la permanenza in Turchia. Il progetto presentato è quindi il frutto di un anno di lavoro sulla riqualificazione di un area di 150 ettari precedentemente adibita a discarica, situata nella parte occidentale di Istanbul. L’obiettivo che abbiamo perseguito è stato quello di ricreare nella periferia della metropoli turca uno stralcio di città con caratteri più “europei”, comprendendo in un solo grande ambito di progetto tutte le funzioni necessarie alla vita di un quartiere cittadino ma anche le grandi strutture attrattive richieste dal concorso. Durante il nostro percorso abbiamo cercato anche di non perdere di vista il contesto in cui lavoravamo e le abitudini della società turca con cui ci andavamo a confrontare. Nonostante la forte occidentalizzazione delle zone ricche delle grandi città come Istanbul, Ankara e Izmir, gli stili di vita europeo e turco sono fondamentalmente differenti e progettare una città, o uno stralcio di essa, per un popolo diverso necessita la conoscenza dei suoi valori fondamentali e delle abitudini che ne scandiscono le giornate.

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In den letzten drei Jahrzehnten sind Fernerkundung und GIS in den Geowissenschaften zunehmend wichtiger geworden, um die konventionellen Methoden von Datensammlung und zur Herstellung von Landkarten zu verbessern. Die vorliegende Arbeit befasst sich mit der Anwendung von Fernerkundung und geographischen Informationssystemen (GIS) für geomorphologische Untersuchungen. Durch die Kombination beider Techniken ist es vor allem möglich geworden, geomorphologische Formen im Überblick und dennoch detailliert zu erfassen. Als Grundlagen werden in dieser Arbeit topographische und geologische Karten, Satellitenbilder und Klimadaten benutzt. Die Arbeit besteht aus 6 Kapiteln. Das erste Kapitel gibt einen allgemeinen Überblick über den Untersuchungsraum. Dieser umfasst folgende morphologische Einheiten, klimatischen Verhältnisse, insbesondere die Ariditätsindizes der Küsten- und Gebirgslandschaft sowie das Siedlungsmuster beschrieben. Kapitel 2 befasst sich mit der regionalen Geologie und Stratigraphie des Untersuchungsraumes. Es wird versucht, die Hauptformationen mit Hilfe von ETM-Satellitenbildern zu identifizieren. Angewandt werden hierzu folgende Methoden: Colour Band Composite, Image Rationing und die sog. überwachte Klassifikation. Kapitel 3 enthält eine Beschreibung der strukturell bedingten Oberflächenformen, um die Wechselwirkung zwischen Tektonik und geomorphologischen Prozessen aufzuklären. Es geht es um die vielfältigen Methoden, zum Beispiel das sog. Image Processing, um die im Gebirgskörper vorhandenen Lineamente einwandfrei zu deuten. Spezielle Filtermethoden werden angewandt, um die wichtigsten Lineamente zu kartieren. Kapitel 4 stellt den Versuch dar, mit Hilfe von aufbereiteten SRTM-Satellitenbildern eine automatisierte Erfassung des Gewässernetzes. Es wird ausführlich diskutiert, inwieweit bei diesen Arbeitsschritten die Qualität kleinmaßstäbiger SRTM-Satellitenbilder mit großmaßstäbigen topographischen Karten vergleichbar ist. Weiterhin werden hydrologische Parameter über eine qualitative und quantitative Analyse des Abflussregimes einzelner Wadis erfasst. Der Ursprung von Entwässerungssystemen wird auf der Basis geomorphologischer und geologischer Befunde interpretiert. Kapitel 5 befasst sich mit der Abschätzung der Gefahr episodischer Wadifluten. Die Wahrscheinlichkeit ihres jährlichen Auftretens bzw. des Auftretens starker Fluten im Abstand mehrerer Jahre wird in einer historischen Betrachtung bis 1921 zurückverfolgt. Die Bedeutung von Regentiefs, die sich über dem Roten Meer entwickeln, und die für eine Abflussbildung in Frage kommen, wird mit Hilfe der IDW-Methode (Inverse Distance Weighted) untersucht. Betrachtet werden außerdem weitere, regenbringende Wetterlagen mit Hilfe von Meteosat Infrarotbildern. Genauer betrachtet wird die Periode 1990-1997, in der kräftige, Wadifluten auslösende Regenfälle auftraten. Flutereignisse und Fluthöhe werden anhand von hydrographischen Daten (Pegelmessungen) ermittelt. Auch die Landnutzung und Siedlungsstruktur im Einzugsgebiet eines Wadis wird berücksichtigt. In Kapitel 6 geht es um die unterschiedlichen Küstenformen auf der Westseite des Roten Meeres zum Beispiel die Erosionsformen, Aufbauformen, untergetauchte Formen. Im abschließenden Teil geht es um die Stratigraphie und zeitliche Zuordnung von submarinen Terrassen auf Korallenriffen sowie den Vergleich mit anderen solcher Terrassen an der ägyptischen Rotmeerküste westlich und östlich der Sinai-Halbinsel.

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Nowadays the environmental issues and the climatic change play fundamental roles in the design of urban spaces. Our cities are growing in size, many times only following immediate needs without a long-term vision. Consequently, the sustainable development has become not only an ethical but also a strategic need: we can no longer afford an uncontrolled urban expansion. One serious effect of the territory industrialisation process is the increase of urban air and surfaces temperatures compared to the outlying rural surroundings. This difference in temperature is what constitutes an urban heat island (UHI). The purpose of this study is to provide a clarification on the role of urban surfacing materials in the thermal dynamics of an urban space, resulting in useful indications and advices in mitigating UHI. With this aim, 4 coloured concrete bricks were tested, measuring their emissivity and building up their heat release curves using infrared thermography. Two emissivity evaluation procedures were carried out and subsequently put in comparison. Samples performances were assessed, and the influence of the colour on the thermal behaviour was investigated. In addition, some external pavements were analysed. Albedo and emissivity parameters were evaluated in order to understand their thermal behaviour in different conditions. Surfaces temperatures were recorded in a one-day measurements campaign. ENVI-met software was used to simulate how the tested materials would behave in two typical urban scenarios: a urban canyon and a urban heat basin. Improvements they can carry to the urban microclimate were investigated. Emissivities obtained for the bricks ranged between 0.92 and 0.97, suggesting a limited influence of the colour on this parameter. Nonetheless, white concrete brick showed the best thermal performance, whilst the black one the worst; red and yellow ones performed pretty identical intermediate trends. De facto, colours affected the overall thermal behaviour. Emissivity parameter was measured in the outdoor work, getting (as expected) high values for the asphalts. Albedo measurements, conducted with a sunshine pyranometer, proved the improving effect given by the yellow paint in terms of solar reflection, and the bad influence of haze on the measurement accuracy. ENVI-met simulations gave a demonstration on the effectiveness in thermal improving of some tested materials. In particular, results showed good performances for white bricks and granite in the heat basin scenario, and painted concrete and macadam in the urban canyon scenario. These materials can be considered valuable solutions in UHI mitigation.

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Il caso studio affrontato nella tesi è il complesso residenziale Pilastro, costruito tra gli anni 1962 e 1985 a Bologna. Collocato nella parte nord-est della città, all’interno del quartiere San Donato, il quartiere si presenta come una delle periferie più adatte ad ospitare i nuovi progetti di sviluppo urbano, in virtù della sua posizione strategica rispetto ai diversi poli e alla rete infrastrutturale principale. Questo studio consiste in una serie di analisi, effettuate al fine di giungere a trattare gli aspetti progettuali, che rispondono a una serie di problematiche riscontrate nella parte conosciuta come “Primo Impianto”. Le criticità affrontate sono: - Fenomeno di Canyon Urbano dovuto al rapporto tra la morfologia urbana e il microclima; - Limiti nella fruibilità degli spazi esterni (outdoor), a causa della presenza di spazi non caratterizzati, dotati di uno scarso livello di comfort termico durante il periodo estivo; - Problemi riguardo l’aspetto viabilistico e le sezioni stradali; - Bassa prestazione energetica correlata alla vetustà degli edifici; - Basso livello di comfort interno (indoor) degli edifici. La Tesi ha come obiettivo la definizione di diverse strategie progettuali che tengano conto delle condizioni climatiche relative al benessere termico come criterio per la riqualificazione degli spazi esterni e degli edifici esistenti. Quest’ultima terrà altresì conto della prestazione energetica dei fabbricati. Un aspetto complementare è quello del ragionamento sull’incidenza della progettazione degli spazi esterni (outdoor) sugli aspetti relativi al benessere negli spazi interni (indoor). Metodo L’approccio seguito nel trattare le problematiche ha come punto di partenza lo studio degli spazi esterni, che continua anche al livello del costruito. Attraverso diverse analisi a livello urbanistico, sono stati indagati una serie di aspetti come la morfologia urbana, i servizi, gli spazi aperti, la popolazione e la mobilità, etc. Il comparto studio, collocato nella parte nord-est del Primo Impianto in Via Lodovico Frati, è composto da edifici residenziali in linea e lo spazio “in between” che si affaccia alla strada. Al fine di considerare le condizioni climatiche e la loro incidenza nel comfort urbano, sono stati studiati diversi parametri fisici incidenti, valutati con l’ausilio del software di simulazione Envi-met, con l’output di cui, è stato possibile ottenere mappe di valori del comfort outdoor, sia della condizione esistente che in quella dopo l’intervento progettuale. Per quanto riguarda gli edifici, per valutare il livello di comfort negli ambienti interni è stato usato il software di simulazione EnergyPlus, mentre per valutare la prestazione energetica è stato usato il software Termolog Epix 5. L’output dei risultati ottenuti dai software di simulazione è uno strumento importante di verifica per le diverse scelte progettuali.