911 resultados para Palos Hills


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Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.

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Stilbenoid dendrimers with stilbene in the periphery and stilbene in periphery as well as core were synthesized by convergent approach except 2nd generation dendrimer with stilbene in the periphery as well as in core (D-5). All dendrimers were characterized by standard techniques such as 1H NMR, 13C NMR, MS and IR spectroscopy. The MALDI-TOF technique proved to be very helpful in the identification of the 2nd generation dendrimer (D-5) with a mass of 3231 a.m.u. The dendrimers were designed in such a way that an intramolecular photochemical CC bond formation was favored. As two stilbene units of the same molecule were close enough so they preferred an intramolecular cyclic process except for zero generation dendrimers. Apart from the cycloaddition, some E/Z isomerization and oligomer formation was also observed on irradiation. These processes were observed by 1H NMR and MALDI-TOF MS. The photochemical behavior was also studied by UV absorption spectroscopy. Irradiating by monochromatic light led to an initial E/Z isomerization and by prolonged irradiation, an irreversible cyclic structure was formed. The choice of the wavelength of incident light is very important as irradiation at 320 nm leads to a reversible E/Z isomerization and a non-reversible cyclobutane formation, but irradiation at 340 nm favors the one-way process E Z. The [2+2] cycloaddition of molecule Tm2De was also studied by irradiating thin films on a quartz surface. An AFM image was taken before irradiation, after 3 sec irradiation and after long irradiation (1 hour). AFM studies show that a short irradiation leads to a cyclic structure as formation of hills of about 20-30 nm on the surface. A prolonged irradiation leads to a CC cross linking which can be monitored on AFM images as disappearance of hills. The roughness goes back to an almost smooth surface. These results prove a very complex material transport, which accompanies the reaction in the surface region.

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The weathering of Fe-bearing minerals under extraterrestrial conditions was investigated by Mössbauer (MB) spectroscopy to gain insights into the role of water on the planet Mars. The NASA Mars Exploration Rovers Spirit and Opportunity each carry a miniaturized Mössbauer spectrometer MIMOS II for the in situ investigation of Martian soils and rocks as part of their payload. The MER flight instruments had to be modified in order to work over the Martian diurnal temperature range (180 K – 290 K) and within the unique electronic environment of the rovers. The modification required special calibration procedures. The integration time necessary to obtain a good quality Mössbauer spectrum with the MIMOS II flight instruments was reduced by 30 % through the design of a new collimator. The in situ investigation of rocks along the rover Spirit's traverse in Gusev crater revealed weakly altered olivine basalt on the plains and pervasively altered basalt in the Columbia Hills. Correlation plots of primary Fe-bearing minerals identified by MB spectroscopy such as olivine versus secondary Fe-bearing phases such as nanophase Fe oxides showed that olivine is the mineral which is primarily involved in weathering reactions. This argues for a reduced availability of water. Identification of the Fe-oxyhydroxide goethite in the Columbia Hills is unequivocal evidence for aqueous weathering processes in the Columbia Hills. Experiments in which mineral powders were exposed to components of the Martian atmosphere showed that interaction with the atmosphere alone, in the absence of liquid water, is sufficient to oxidize Martian surface materials. The fine-grained dust suspended in the Martian atmosphere may have been altered solely by gas-solid reactions. Fresh and altered specimens of Martian meteorites were investigated with MIMOS II. The study of Martian meteorites in the lab helped to identify in Bounce Rock the first rock on Mars which is similar in composition to basaltic shergottites, a subgroup of the Martian meteorites. The field of astrobiology includes the study of the origin, evolution and distribution of life in the universe. Water is a prerequisite for life. The MER Mössbauer spectrometers identified aqueous minerals such as jarosite and goethite. The identification of jarosite was crucial to evaluate the habitability of Opportunity's landing site at Meridiani Planum during the formation of the sedimentary outcrop rocks, because jarosite puts strong constrains on pH levels. The identification of olivine in rocks and soils on the Gusev crater plains provide evidence for the sparsity of water under current conditions on Mars. Ratios of Fe2+/Fe3+ were obtained with Mössbauer spectroscopy from basaltic glass samples which were exposed at a deep sea hydrothermal vent. The ratios were used as a measure of potential energy for use by a microbial community. Samples from Mars analogue field sites on Earth exhibiting morphological biosignatures were also investigated.

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In questo lavoro sono state analizzate diverse strategie di recupero di una cava dismessa situata presso la località Colombara (Monte San Pietro, Bologna). Su questi terreni sono state condotte tre prove, costituite da diverse parcelle nelle quali sono stati adottati differenti trattamenti. Sono state svolte analisi di tipo quantitativo del suolo e della parte epigea delle specie arbustive e arboree, focalizzandosi sull'azoto (N totale, ammoniacale, nitrico, e firma isotopica) e sulla sostanza organica del suolo. Inoltre è stata effettuata un'indagine qualitativa della composizione floristica. Scopo della tesi è quello di individuare le strategie più efficaci per un recupero di suoli degradati. Non sempre a trattamenti iniziali migliori corrispondono i migliori risultati portando a conclusioni apparentemente controintuitive a cui si è cercato di dare risposta.

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Al centro della seguente ricerca c'è il Piacentino, ossia il territorio che faceva capo alla città di Placentia in età altomedievale, più precisamente tra VII e IX secolo. L'aspetto su cui è concentrata l’analisi è quello dell’insediamento, rapportando le forme insediative alle comunità rurali e alle strutture del potere. Il Piacentino costituisce un contesto particolare, sia per la vicinanza alla capitale Pavia, sia per la presenza di enti patrimoniali molto importanti, quale il monastero di Bobbio, sia per l'estensione di vallate appenniniche che ne hanno protetto l'isolamento e impedito, fino al secolo IX inoltrato, l'insediamento di una forte aristocrazia. Ciò che sembra dedursi dall’analisi della documentazione (informatizzata) di VIII, ma soprattutto di IX secolo, è che la civitas di Piacenza, sede del conte e centro della diocesi, non costituiva di fatto il punto di riferimento per gli abitanti dell’intero territorio rurale. Dal punto di vista del possesso fondiario molti insediamenti erano autonomi. Ciò vale soprattutto per i siti di alcune zone collinari e per quelli dell’Appennino, mentre il discorso è da porsi in modo più sfumato per la pianura e per la zona dei prata vel campanea Placentina, ubicati immediatamente al di fuori della civitas. Lo studio della media e grande proprietà fondiaria ha permesso di registrare la frammentarietà dei possedimenti, ossia la loro dispersione nel sistema insediativo del comitato, la loro ubicazione e l’articolato intreccio proprietario, che in alcune zone sembra avere permesso l’esistenza di comunità locali piuttosto forti. L’attento esame della documentazione e il sicuro rimando alla bibliografia di riferimento hanno portato a risultati originali e significativi.

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La Piana di foce del Garigliano (al confine tra Lazio e Campania) è caratterizzata, fino ad epoche recenti, dalla presenza di aree palustri e umide. Lo studio in corso cerca di ricostruire l’evoluzione dell’ambiente costiero mettendolo in relazione alla presenza dell’uomo, alla gestione del territorio, alle vicende storiche e alle variazioni climatiche utilizzando molteplici metodologie tipiche della geoarcheologia. Si tratta di un approccio multidisciplinare che cerca di mettere insieme analisi tipiche dell’archeologia, della topografia antica, della geomorfologia, della geologia e della paleobotanica. Fino all’età del Ferro l’unica traccia di popolamento viene da Monte d’Argento, uno sperone roccioso isolato lungo la costa, posto al limite occidentale di un ambiente sottostante che sembra una palude chiusa e isolata da apporti sedimentari esterni. Con il passaggio all’età del ferro si verifica un mutamento ambientale con la fine della grande palude e la formazione di una piccola laguna parzialmente comunicante con il mare. L’arrivo dei romani alla fine del III secolo a.C. segna la scomparsa dei grandi centri degli Aurunci e la deduzione di tre colonie (Sessa Aurunca, Sinuessa, Minturno). Le attività di sistemazione territoriale non riguardarono però le aree umide costiere, che non vennero bonificate o utilizzate per scopi agricoli, ma mantennero la loro natura di piccoli laghi costieri. Quest’epoca è dunque caratterizzata da una diffusione capillare di insediamenti, basati su piccole fattorie o installazioni legate allo sfruttamento agricolo. Poche sono le aree archeologiche che hanno restituito materiali successivi al II-III secolo d.C. La città resta comunque abitata fino al VI-VII secolo, quando l’instabilità politica e l’impaludamento dovettero rendere la zona non troppo sicura favorendo uno spostamento verso le zone collinari. Un insediamento medievale è attestato solo a Monte d’Argento e una frequentazione saracena dell’inizio del IX secolo è riportata dalle fonti letterarie, ma non vi è ancora nessuna documentazione archeologica.

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The present dissertation aims at analyzing the construction of American adolescent culture through teen-targeted television series and the shift in perception that occurs as a consequence of the translation process. In light of the recent changes in television production and consumption modes, largely caused by new technologies, this project explores the evolution of Italian audiences, focusing on fansubbing (freely distributed amateur subtitles made by fans for fan consumption) and social viewing (the re-aggregation of television consumption based on social networks and dedicated platforms, rather than on physical presence). These phenomena are symptoms of a sort of ‘viewership 2.0’ and of a new type of active viewing, which calls for a revision of traditional AVT strategies. Using a framework that combines television studies, new media studies, and fandom studies with an approach to AVT based on Descriptive Translation Studies (Toury 1995), this dissertation analyzes the non-Anglophone audience’s growing need to participation in the global dialogue and appropriation process based on US scheduling and informed by the new paradigm of convergence culture, transmedia storytelling, and affective economics (Jenkins 2006 and 2007), as well as the constraints intrinsic to multimodal translation and the different types of linguistic and cultural adaptation performed through dubbing (which tends to be more domesticating; Venuti 1995) and fansubbing (typically more foreignizing). The study analyzes a selection of episodes from six of the most popular teen television series between 1990 and 2013, which has been divided into three ages based on the different modes of television consumption: top-down, pre-Internet consumption (Beverly Hills, 90210, 1990 – 2000), emergence of audience participation (Buffy the Vampire Slayer, 1997 – 2003; Dawson’s Creek, 1998 – 2003), age of convergence and Viewership 2.0 (Gossip Girl, 2007 – 2012; Glee, 2009 – present; The Big Bang Theory, 2007 - present).

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In order to obtain a better understanding about the influence of post-depositional diagenesis on speleothem 230Th/U-ages and paleoclimate variability during Marine Isotope Stage (MIS) 5 in northern Germany, four stalagmites from the Riesenberghöhle (RBH) were investigated by thin section analysis, 230Th/U-dating as well as stable oxygen and carbon isotope and laser ablation inductively coupled mass spectrometry (LA-ICPMS) trace element analysis. The RBH is located in the Weser Hills and is one of the northernmost limestone caves in Germany.rnMulti collector (MC) ICPMS 230Th/U-ages and thin section analysis of the RBH stalagmites shows that some growth phases of the stalagmites were diagenetically altered after their deposition. The impact of post-depositional diagenesis (PDD) on the 230Th/U-ages is modeled, and potential processes leading to PDD are discussed. In this context, it is suggested that PDD may be induced by rapid climate change at the inception of the GIS.rnDespite of the dating uncertainties resulting from PDD, 230Th/U-dating shows that the RBH stalagmites grew during the Eemian and most of the Greenland Interstadials (GIS) during MIS 5. Thus, the growth phases of the RBH stalagmites might be related to a reorganization of the Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC). The stable isotope (δ13C and δ18O) and the trace element variability of the stalagmites reflects rapid changes of past temperature and precipitation on millennial and sub-millennial timescales. These past climate changes can be amplified by orbitally forced variations of the July solar insolation at 65°N.

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La presente tesi prende in analisi il doppiaggio italiano e spagnolo di tre serie tv, di tre periodi diversi: Happy Days, Beverly Hills 90210 e The OC. Confrontando il doppiaggio italiano e spagnolo con la versione originale di alcuni episodi a tematica natalizia, si vuole dimostrare come la cultura americana influenzi la lingua e la cultura italiana e spagnola. Per cui, assieme ad un'analisi comparativa, sarà presente anche una piccola analisi cronologica in modo da dimostrare come siano cambiati i riferimenti culturali natalizi nel corso del tempo.

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Il seguente lavoro analizza lo sviluppo dell’occupazione territoriale dell’area collinare e montana del bolognese e della Romagna nell’età del Bronzo. Si sono censite le attestazioni archeologiche relative all’età del Bronzo nell’area di studio, per analizzare le tendenze insediative e le loro eventuali modificazioni nel corso del tempo, onde individuare le strategie alla base del scelta del luogo da insediare e le eventuali vie di percorrenza. Attraverso l’analisi tipologica del materiale rinvenuto nei vari contesti si è cercato di determinare le influenze culturali provenienti dal centro Italia o dalla zona terramaricola. Per raggiungere questo obbiettivo si sono analizzati i dati di archivio della Soprintendenza ai beni archeologici dell’Emilia Romagna e l’Archivio Renato Scarani, protagonista delle ricerche archeologiche in Emilia Romagna per il periodo degli anni ’50-’70 del XX secolo, recentemente acquisito dall’Università di Bologna. Ai dati desunti dagli archivi, che in molti casi hanno chiarito le vicende concernenti le indagini ed i posizionamenti di molti dei siti segnalati ed esplorati tra la seconda metà del XIX e gli anni ’70 del XX secolo, che costituiscono la maggioranza del campione analizzato, si sono aggiunti i dati recentemente acquisiti a seguito degli scavi a Monterenzio Località Chiesa Vecchia (Bo), uno dei siti più importanti (per stratigrafia conservata e per contesto territoriale) dell'Appennino Bolognese.

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Nowadays we live in densely populated regions and this leads to many environmental issues. Among all pollutants that human activities originate, metals are relevant because they can be potentially toxic for most of living beings. We studied the fate of Cd, Cr, Cu, Fe, Mn, Ni, Pb and Zn in a vineyard environment analysing samples of plant, wine and soil. Sites were chosen considering the type of wine produced, the type of cultivation (both organic and conventional agriculture) and the geographic location. We took vineyards that cultivate the same grape variety, the Trebbiano). We investigated 5 vineyards located in the Ravenna district (Italy): two on the Lamone Valley slopes, one in the area of river-bank deposits near Ravenna city, then a farm near Lugo and one near Bagnacavallo in interfluve regions. We carried out a very detailed characterization of soils in the sites, including the analysis of: pH, electric conductivity, texture, total carbonate and extimated content of dolomite, active carbonate, iron from ammonium oxalate, Iron Deficiency Chlorosis Index (IDCI), total nitrogen and organic carbon, available phosphorous, available potassium and Cation Exchange Capacity (CEC). Then we made the analysis of the bulk chemical composition and a DTPA extraction to determine the available fraction of elements in soils. All the sites have proper ground to cultivate, with already a good amount of nutrients, such as not needing strong fertilisations, but a vineyard on hills suffers from iron deficiency chlorosis due to the high level of active carbonate. We found some soils with much silica and little calcium oxide that confirm the marly sandstone substratum, while other soils have more calcium oxide and more aluminium oxide that confirm the argillaceous marlstone substratum. We found some critical situations, such as high concentrations of Chromium, especially in the farm near Lugo, and we noticed differences between organic vineyards and conventional ones: the conventional ones have a higher enrichment in soils of some metals (Copper and Zinc). Each metal accumulates differently in every single part of grapevines. We found differences between hill plants and lowland ones: behaviors of plants in metal accumulations seems to have patterns. Metals are more abundant in barks, then in leaves or sometimes in roots. Plants seem trying to remove excesses of metal storing them in bark. Two wines have excess of acetic acid and one conventional farm produces wine with content of Zinc over the Italian law limit. We already found evidence of high values relating them with uncontaminated environments, but more investigations are suggested to link those values to their anthropogenic supplies.

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Preliminary detrital zircon age distributions from Mazatzal crustal province quartzite and schist exposed in the Manzano Mountains and Pedernal Hills of central New Mexico are consistent with a mixture of detritus from Mazatzal age (ca. 1650 Ma), Yavapai age (ca. 1720 Ma.), and older sources. A quartzite sample from the Blue Springs Formation in the Manzano Mountains yielding 67 concordant grain analyses shows two dominant age peaks of 1737 Ma and 1791 Ma with a minimum peak age of 1652 Ma. Quartzite and micaceous quartzite samples from near Pedernal Peak give unimodal peak ages of ca. 1695 Ma and 1738 Ma with minimum detrital zircon ages of ca. 1625 Ma and 1680 Ma, respectively. A schist sample from the southern exposures of the Pedernal Hills area gives a unimodal peak age of 1680 Ma with a minimum age of ca. 1635 Ma. Minor amounts of older detritus (>1800 Ma) possibly reflect Trans-Hudson, Wyoming, Mojave Province, and older Archean sources and aid in locating potential source terrains for these detrital zircon. The Blue Springs Formation metarhyolite from near the top of the Proterozoic section in the Manzano Mountains yields 71 concordant grains that show a preliminary U-Pb zircon crystallization age of 1621 ¿ 5 Ma, which provides a minimum age constraint for deposition in the Manzano Mountains. Normalized probability plots from this study are similar to previously reported age distributions in the Burro and San Andres Mountains in southern New Mexico and suggest that Yavapai Province age detritus was deposited and intermingled with Mazatzal Province age detritus across much of the Mazatzal crustal province in New Mexico. This data shows that the tectonic evolution of southwestern Laurentia is associated with multiple orogenic events. Regional metamorphism and deformation in the area must postdate the Mazatzal Orogeny and ca. 1610 Ma ¿ 1620 Ma rhyolite crystallization and is attributed to the Mesoproterozoic ca. 1400 ¿ 1480 Ma Picuris Orogeny.

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Volcán de Colima has been continuously erupting since the onset of dome growth in 1998. This period of unrest has had 4 prominent periods; 1998-1999, 2003, 2004-2005, and the current dome growth that began in February of 2007. Each of these episodes was marked by lava extrusion forming a dome and lava flows, followed by explosions that destroyed the dome. The Correlation Spectrometer (COSPEC) was used to determine SO2 emission rates on 164 days from May 2003 to February 2007, using both stationary ground based scans and some flight traverses. Scans were separated into the categories of explosive degassing and passive, or background degassing. These scans show variation in the SO2 flow rate from below detection limit (~3 t/d depending on environmental conditions) during background, passive emissions to a peak of 2949 t/d (34 kilograms/second) during an explosion on 9 October, 2004. Both passive and explosive degassing increased when there was lava extrusion in 2004 and with the increased explosive activity in 2005. These two different processes of degassing wax with each other when activity increases and wane together as well, indicating a parallel cyclicity in the volcanic eruption and degassing rates, where the conduit partially seals (pressurizes) between explosions. Colima’s gas and eruptive behavior is compared to similar systems such as Santiaguito and Soufrière Hills, Montserrat. About 2/3 of Colima’s SO2 degassing, amounting to 1.3 x 105 tonnes in 3.74 yrs has come in short lived small (VEI=0-1) vertical explosions that occurred at the rate of 100-3000explosions/ month, and the remaining third has occured in continuous passive degassing. Colima emits sulfur at a rate equivalent to about 0.04 to 0.08 wt % S, similar to other andesitic convergent plate boundary volcanoes. There has been an explosive destruction of the dome in every cycle for that past 5 years, and it is assumed that the current dome which began growth in February, 2007 (just at the end of this study) will be destroyed. Higher emission rates seen in the quiescence of 2006 may have eased the pressure at the time, resulting in the slow effusion of the current dome and lack of explosivity.

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Probably most of the area included in this report has been ex­amined to some extent by oil geologists, and most, if not all, of the important domes have been discovered and surveyed thoroughly. In parts of the area, the bedrock is covered by glacial drift or alluvium materi­al, but it is reasonable to believe that no new domal structure will be found. This means that surface examination alone will be insufficient in locating new oil fields, so future prospecting will be dependent, to a great extent, on studies of sub-surface stratigraphy.