927 resultados para Böhme, Jakob, d1575-1624.


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Tansania, Dar es Salaam, Swahili, Videofilme, Populärkultur, Bongo Flava, Hip Hop, Filmanalyse, Sprachanalyse, Swahili Slang, Kiswahili cha Mitaani, Codeswitching

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Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), o malattie da prioni, sono malattie neurodegenerative che colpiscono l'uomo e gli animali. Le più note tra le EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la Sindrome del dimagrimento cronico (CWD) dei cervidi. Negli uomini ricordiamo la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nelle sue diverse forme (sporadica, genetica, iatrogenica e variante). La dimostrazione che la variante della CJD (vCJD) sia causata dallo stesso agente eziologico della BSE, ha evidenziato il potenziale zoonotico di queste malattie. Le EST sono caratterizzate da tempi di incubazione estremamente lunghi ed esito invariabilmente fatale. Il momento patogenetico centrale comune a tutte queste malattie è rappresentato dalla modificazione conformazionale di una proteina cellulare denominata PrPC (proteina prionica cellulare) in una isoforma patologica denominata PrPSc, insolubile e caratterizzata da una parziale resistenza alle proteasi, che tende a depositarsi sotto forma di fibrille amiloidee nel SNC dei soggetti colpiti. La suscettibilità degli ovini alla scrapie è largamente influenzata dal genotipo del gene dell’ospite che codifica per la PrP (PRNP), e più precisamente da tre polimorfismi presenti ai codoni 136, 154 e 171. Questi si combinano in cinque principali alleli, ARQ, VRQ, AHQ, ARH e ARR, correlati a differenti gradi di suscettibilità alla malattia. Risultati ottenuti da un precedente studio d’infezione sperimentale di ovini di razza Sarda con scrapie classica (Vaccari G et al 2007), hanno suggeriscono l’ordine di suscettibilità ARQ>AHQ>ARH. L’allele ARR, è risultato invece associato ai più alti livelli di protezione dalla malattia. Dallo stesso studio di trasmissione sperimentale e da uno studio epidemiologico di tipo caso-controllo, è inoltre emerso che nella razza Sarda, ovini con l’allele ARQ, con sostituzione amminoacidica al codone 137 Metionina (M)/Treonina (T) (AT137RQ) o al 176 Asparagina (N)/Lisina (K) (ARQK176) in eterozigosi sono protetti dalla scrapie. Inoltre studi di trasmissione sperimentale della BSE in ovini della stessa razza con tre differenti genotipi (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR), hanno dimostrato come la BSE abbia un targeting genetico molto simile a quello della scrapie, evidenziando il genotipo ARQ/ARQ come il più suscettibile. L’obbiettivo della seguente tesi è stato quello di verificare se fosse possibile riprodurre in vitro la differente suscettibilità genetica degli ovini alle EST evidenziata in vivo, utilizzando il PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification), la metodica ad oggi più promettente e di cui è stata dimostrata la capacità di riprodurre in vitro diverse proprietà biologiche dei prioni. La tecnica, attraverso cicli ripetuti di sonicazione/incubazione, permette la conversione in vitro della PrPC presente in un omogenato cerebrale (substrato), da parte di una quantità minima di PrPSc (inoculo) che funge da “innesco” della reazione. Si è voluto inoltre utilizzare il PMCA per indagare il livello di protezione in omozigosi di alleli rari per i quali, in vivo, si avevano evidenze di protezione dalla scrapie solo in eterozigosi, e per studiare la suscettibilità degli ovini alla BSE adattata in questa specie. È stata quindi testata in PMCA la capacità diversi substrati ovini recanti differenti genotipi, di amplificare la PrPSc dello stesso isolato di scrapie classica impiegato nel precedente studio in vivo o di un inoculo di BSE bovina. Inoltre sono stati saggiati in vitro due inoculi di BSE costituiti da omogenato cerebrale di due ovini sperimentalmente infettati con BSE (BSE ovina) e recanti due differenti genotipi (ARQ/ARQ e ARR/ARR). Per poter descrivere quantitativamente il grado di correlazione osservato i risultati ottenuti in vitro e i quelli riscontrati dallo studio di sperimentazione con scrapie, espressi rispettivamente come fattori di amplificazione e tempi d’incubazione registrati in vivo, sono stati analizzati con un modello di regressione lineare. Per quanto riguarda la scrapie, i risultati ottenuti hanno evidenziato come i genotipi associati in vivo a suscettibilità (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ and AHQ/ARH) siano anche quelli in grado di sostenere in PMCA l’amplificazione della PrPSc, e come quelli associati a resistenza (ARQ/ARR and ARR/ARR) non mostrino invece nessuna capacità di conversione. Dall’analisi di regressione lineare è inoltre emerso come l’efficienza di amplificazione in vitro dei differenti genotipi testati sia inversamente proporzionale ai tempi d’incubazione registrati in vivo. Inoltre nessuna amplificazione è stata riscontrata utilizzando il substrato con genotipo raro ARQK176/ARQK176 suggerendo come anche questo possa essere associato a resistenza, almeno nei confronti dell’isolato di scrapie classica utilizzato. Utilizzando come inoculo in PMCA l’isolato di BSE bovina, è stato possibile riscontrare, nei tre genotipi analizzati (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR) un evidente amplificazione per il solo genotipo ARQ/ARQ, sottolineando anche in questo caso l’esistenza di una correlazione tra suscettibilità riscontrata in vivo e capacità di conversione in PMCA. I tre i substrati analizzati mostrano inoltre una buona efficienza di amplificazione, per altro simile, se si utilizza la PrPSc dell’inoculo di BSE sperimentalemente trasmessa agli ovini. Questi genotipi sembrerebbero dunque ugualmente suscettibili se esposti a BSE adattata alla specie ovina. I risultati di questa tesi indicano dunque una correlazione diretta tra la capacità di conversione della PrPC con il PMCA e la suscettibilità osservata in vivo per i differenti genotipi analizzati. Mostrano inoltre come il PMCA possa essere una valida alternativa agli studi di trasmissione in vivo e un rapido strumento utile non soltanto per testare, ma anche per predire la suscettibilità genetica degli ovini a diversi ceppi di EST, rappresentando un valido aiuto per l’individuazione di ulteriori genotipi resistenti, così da incrementare la variabilità genetica dei piani di selezione attuati per gli ovini per il controllo di queste malattie.

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Apolipoprotein J (ApoJ) ist ein heterodimeres sekretiertes Glycoprotein, welchem sowohl antiapoptotische als auch antiinflammatorische Eigenschaften zugeschrieben werden. Es wird unter vielen pathophysiologischen Zuständen verstärkt exprimiert. Dazu zählen viele Krankheiten wie z.B. Krebs, M. Alzheimer, Creuzfeldt Jakob und Atherosklerose. Die vorliegende Arbeit befasst sich zum Einen mit der Funktion von ApoJ bei Atherosklerose und zum Anderen mit der Regulation von ApoJ durch in atherosklerotischen Läsionen vorkommende Bestandteile. Für die Untersuchungen der Funktion von ApoJ bei der Atherosklerose wurde die „Mainzer Hypothese“ zugrunde gelegt, die davon ausgeht, dass enzymatisch verdautes LDL (high density lipoprotein) (E-LDL) ursächlich für die Entstehung von atherosklerotischen Läsionen ist. In der vorliegenden Arbeit konnte gezeigt werden, dass ApoJ zwar an E-LDL bindet, nicht aber an natives LDL und dass durch diese Bindung die zytotoxische Wirkung von E-LDL auf glatte Muskelzellen der Ratte unterdrückt wird. Mittels Annexinfärbung und Caspase-Messung konnte gezeigt werden, dass ApoJ in diesem Fall eine antiapoptotische Funktion aufweist. Durch immunhistochemische Untersuchungen an humanen Gewebsschnitten aus frühen atherosklerotischen Läsionen konnte eine Kolokalisation von ApoJ und E-LDL nachgewiesen werden. Diese Ergebnisse unterstreichen die Mainzer Hypothese. Durch eine Behandlung von glatten Muskelzellen der Ratte mit den Lipoproteinen LDL/E-LDL und nekrotischen Zellen sollte die Regulation von ApoJ durch in atherosklerotischen Läsionen vorhandenen Stimuli untersucht werden. Frühere Arbeiten unserer Arbeitsgruppe konnten bereits zeigen, dass eine Behandlung mit nekrotischen Zellen zu einer vermehrten Expression der ApoJ-mRNA führt und dass diese Regulation in Korrelation mit der Expression von Toll-like Rezeptoren (TLR) der verschiedenen Zellen steht. In dieser Arbeit konnte RNA aus nekrotischen Zellen als ApoJ-induzierende Komponente identifiziert werden. Durch Inhibition der TLR3-Signalwege konnten erste Hinweise darüber gewonnen werden, über welche Signaltransduktionswege die ApoJ Regulation erfolgt. Eine Behandlung der Zellen mit E LDL und LDL hingegen führte zu einer Repression der ApoJ-Sekretion. Diese Ergebnisse deuten darauf hin, dass in atherosklerotischen Läsionen sowohl ApoJ induzierende wie auch repremierende Stimuli vorhanden sind.

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Die Dissertation untersucht die geistige Produktion im Erziehungssystem anhand des Unterrichtsgegenstands populäre Musik. Hiermit ist sie im Kernbereich der musikpädagogischen Disziplin angesiedelt – Musik und Schule. Ferner rückt die Festlegung auf populäre Musik den Schüler in seinem Alltagswissen in den Vordergrund der Betrachtung. Die Frage nach dem Umgang mit populärer Musik ist somit indirekt eine Frage nach dem Umgang mit schülernahen Erfahrungswelten in der Schule. Innerhalb dieses Forschungsprofils erhält die Arbeit ihre eigentliche Relevanz - sie zeigt auf, wie eine moderne, selbstreferentielle Musikpädagogik eigene bedeutsame Kommunikationen beobachten kann. Entworfen in Anlehnung an die Systemtheorie nach Niklas Luhmann, werden in der Arbeit die unikalen Reflexionszusammenhänge von Pädagogik und Musikpädagogik anhand der folgenden Operationsfelder offengelegt: pädagogische und musikpädagogische Fachliteratur, Lehrpläne und Schulbücher. Nach Luhmann ist es erforderlich verstehend in die Unikalität systemischer Reflexionsleistungen einzudringen, um inkonsistente Anforderungen an die Aufgabe (Musik-)Erziehung und ihre Gegenstände aufzudecken und zukünftige Systemhandlungen zu optimieren. Die Arbeit ist in drei große historische Zeitblöcke gegliedert, die ihrerseits in verschiedene disziplinäre Operationsfelder unterteilt sind. Mit Hilfe dieser zweidimensionalen historisch-interdisziplinären Sichtweise wird populäre Musik als Bezugsgröße aufgewiesen, an der die zentralen Debatten von Pädagogik und Musikpädagogik kondensieren. Anhand von Schlüsselbegriffen wie Kultur, Gesellschaft und Ästhetik aber auch didaktischen Prinzipien wie Schüler- und Handlungsorientierung oder ganzheitliche (Musik-)Pädagogik lässt sich die Vielfalt historisch gewachsener inkonsistenter/konsistenter Forderungen belegen. Aus den Beobachtungen im Umgang mit populärer Musik werden Aufgaben deutlich, die die Disziplinen, vor allem die Musikpädagogik, in der Zukunft zu leisten haben. Diese beschäftigen sich auf der einen Seite mit dem disziplinären Selbstverständnis und auf der anderen Seite mit unbeantworteten didaktischen Fragestellungen wie den Möglichkeiten und Grenzen des einzelnen populären Musikstücks im konkret-situativen Lernkontext von Musikunterricht.

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Vancomycin-resistente Enterokokken (VRE) treten als Erreger von nosokomialen Infektionen immer häufiger auf und schränken die Therapiemöglichkeiten deutlich ein. In den eigenen Untersuchungen wurde das Vorkommen von Vancomycin-resistenten Enterococcus faecium (VREf) bei Patienten und in der aquatischen Umwelt (Abwasser und Oberflächenwasser) über einen Zeitraum von sechs Jahren (2004 bis 2009) untersucht. Eine Genotypisierung mittels Pulsfeld-Gelelektrophorese (PFGE) von 294 VREf sollte Aufschluss über genetische Verwandtschaften geben. rnEs konnte gezeigt werden, dass VREf in der aquatischen Umwelt weit verbreitet sind. In Bezug auf ihre genetische Diversität zeigten sie ein breites Spektrum an Variabilität. Ebenso konnte im zeitlichen Auftreten von VREf-Typen eine Dynamik beobachtet werden, wodurch sich Veränderungen der Population mit zeitlichem Wechsel ergaben. Enge Verwandtschaften zwischen VREf von Patienten und VREf aus der aquatischen Umwelt konnten nachgewiesen werden. Für zwei VREf gelang der Nachweis des Eintrags in die aquatische Umwelt, von Patienten aus dem Krankenhaus als Eintragsquelle ausgehend, während Zeiten eines Ausbruchs mit nosokomialen Erregern auf den Stationen. rnZusätzlich zur VREf-Population wurden außerdem die Wirkungsweise und Effizienz einer Elektroimpulsanlage untersucht, um ein zukunftsorientiertes Verfahren zur Desinfektion von bakteriell belasteten Abwässern zu entwickeln. Weiterführend wurde getestet, inwiefern sich verschiedene klinisch relevante VREf durch ein gepulstes elektrisches Feld abtöten lassen. rnEs konnte gezeigt werden, dass das synergistische Zusammenwirken des elektrischen Feldes und der Prozesstemperatur die Höhe der Keimzahlreduktion der Enterokokken beeinflussen. Dabei wurde eine isolatabhängige Elektroresistenz der VREf gegenüber gepulsten elektrischen Feldern bewiesen. Die untersuchten VREf ließen sich, im Gegensatz zu einem Vancomycin-sensiblen Stamm, nicht effizient durch die Elektroimpulsanlage abtöten, was den praktischen Einsatz einer solchen Elektroimpulsanlage als wirkungsvolles Desinfektionsverfahren in Frage stellte.

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Im Mittelpunkt der vorliegenden Arbeit stehen zwei spätgotische Verglasungen aus der Region des Mittelrheins, die bislang zumeist aus stilistischen Gründen mehr oder weniger eng miteinander verknüpft worden sind. Die Partenheimer Scheiben entstanden für die nach 1435 erneuerte Pfarrkirche des gleichnamigen Ortes in Rheinhessen, die Bopparder Fenster waren für das ab 1440 errichtete Seitenschiff der dortigen Karmeliterkirche bestimmt. Beide Zyklen wurden bereits im frühen 19. Jahrhundert ihren ursprünglichen Standorten entfremdet. Der Partenheimer Bestand gelangte vor allem in das Hessische Landesmuseum von Darmstadt. Die Bopparder Glasmalereien haben sich mittlerweile weltweit über Museen und Privatsammlungen verstreut. Im Nachzeichnen der dabei gewählten Wege liegt einer der Schwerpunkte der Arbeit, im Feststellen der zugleich vorgenommenen Strukturveränderungen ein weiterer. Die nicht zuletzt auf dieser Basis erstellten Vorschläge zur Rekonstruktion der einst in situ bestehenden Verhältnisse erlauben dabei vor allem dem Bopparder Komplex eine Präzisierung oder sogar Korrektur von früheren Annahmen: Datieren lassen sich die Karmeliterfenster nunmehr in die Jahre zwischen 1443 und 1446. Zu ihren Stiftern zählten neben dem Trierer Erzbischof Jakob v. Sierck offenbar ausschließlich der lokale Adel sowie diverse Bruderschaften der Stadt inklusive einzelner Vertreter derselben. Das wichtigste Fazit dieser Neubestimmung ist deshalb die regionale Verankerung der Fenster. Nicht zu bestätigen ist die vormals postulierte Werkstattgemeinschaft beider Zyklen: Der um 1440 geschaffene Kernbestand von Partenheim scheint im Rhein-Main-Gebiet verwurzelt und nur das nördlichste Chorfenster wurde nach etwa zehnjähriger Pause von anderen Glasmalern ausgeführt. Den Bopparder Auftrag teilten sich stattdessen von vornherein eine vielleicht in Koblenz ansässige Werkstatt sowie ein in Lothringen tätiges Atelier. Vollkommen eigenständig sind die Zyklen von Partenheim und Boppard damit gleichwohl exemplarische Vertreter für die stilistische Vielfalt am Mittelrhein im 15. Jahrhundert.

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Die Erdatmosphäre besteht hauptsächlich aus Stickstoff (78%), Sauerstoff (21%) und Edelga¬sen. Obwohl Partikel weniger als 0,1% ausmachen, spielen sie eine entscheidende Rolle in der Chemie und Physik der Atmosphäre, da sie das Klima der Erde sowohl direkt als auch indirekt beeinflussen. Je nach Art der Bildung unterscheidet man zwischen primären und sekundären Partikeln, wobei primäre Partikel direkt in die Atmosphäre eingetragen werden. Sekundäre Partikel hingegen entstehen durch Kondensation von schwerflüchtigen Verbindungen aus der Gasphase, welche durch Reaktionen von gasförmigen Vorläufersubstanzen (volatile organic compounds, VOCs) mit atmosphärischen Oxidantien wie Ozon oder OH-Radikalen gebildet werden. Da die meisten Vorläufersubstanzen organischer Natur sind, wird das daraus gebil¬dete Aerosol als sekundäres organisches Aerosol (SOA) bezeichnet. Anders als die meisten primären Partikel stammen die VOCs überwiegend aus biogenen Quellen. Es handelt sich da¬bei um ungesättigte Kohlenwasserstoffe, die bei intensiver Sonneneinstrahlung und hohen Temperaturen von Pflanzen emittiert werden. Viele der leichtflüchtigen Vorläufersubstanzen sind chiral, sowohl die Vorläufer als auch die daraus gebildeten Partikel werden aber in den meisten Studien als eine Verbindung betrachtet und gemeinsam analysiert. Die mit Modellen berechneten SOA-Konzentrationen, welche auf dieser traditionellen Vorstellung der SOA-Bil¬dung beruhen, liegen deutlich unterhalb der in der Atmosphäre gefundenen, so dass neben diesem Bildungsweg auch noch andere SOA-Bildungsarten existieren müssen. Aus diesem Grund wird der Fokus der heutigen Forschung vermehrt auf die heterogene Chemie in der Partikelphase gerichtet. Glyoxal als Modellsubstanz kommt hierbei eine wichtige Rolle zu. Es handelt sich bei dieser Verbindung um ein Molekül mit einem hohen Dampfdruck, das auf Grund dieser Eigenschaft nur in der Gasphase zu finden sein sollte. Da es aber über zwei Alde¬hydgruppen verfügt, ist es sehr gut wasserlöslich und kann dadurch in die Partikelphase über¬gehen, wo es heterogenen chemischen Prozessen unterliegt. Unter anderem werden in An¬wesenheit von Ammoniumionen Imidazole gebildet, welche wegen der beiden Stickstoff-He¬teroatome lichtabsorbierende Eigenschaften besitzen. Die Verteilung von Glyoxal zwischen der Gas- und der Partikelphase wird durch das Henrysche Gesetz beschrieben, wobei die Gleichgewichtskonstante die sogenannte Henry-Konstante ist. Diese ist abhängig von der un¬tersuchten organischen Verbindung und den im Partikel vorhandenen anorganischen Salzen. Für die Untersuchung chiraler Verbindungen im SOA wurde zunächst eine Filterextraktions¬methode entwickelt und die erhaltenen Proben anschließend mittels chiraler Hochleistungs-Flüssigchromatographie, welche an ein Elektrospray-Massenspektrometer gekoppelt war, analysiert. Der Fokus lag hierbei auf dem am häufigsten emittierten Monoterpen α-Pinen und seinem Hauptprodukt, der Pinsäure. Da bei der Ozonolyse des α-Pinens das cyclische Grund¬gerüst erhalten bleibt, können trotz der beiden im Molekül vorhanden chiralen Zentren nur zwei Pinsäure Enantiomere gebildet werden. Als Extraktionsmittel wurde eine Mischung aus Methanol/Wasser 9/1 gewählt, mit welcher Extraktionseffizienzen von 65% für Pinsäure Enan¬tiomer 1 und 68% für Pinsäure Enantiomer 2 erreicht werden konnten. Des Weiteren wurden Experimente in einer Atmosphärensimulationskammer durchgeführt, um die Produkte der α-Pinen Ozonolyse eindeutig zu charakterisieren. Enantiomer 1 wurde demnach aus (+)-α-Pinen gebildet und Enantiomer 2 entstand aus (-)-α-Pinen. Auf Filterproben aus dem brasilianischen Regenwald konnte ausschließlich Pinsäure Enantiomer 2 gefunden werden. Enantiomer 1 lag dauerhaft unterhalb der Nachweisgrenze von 18,27 ng/mL. Im borealen Nadelwald war das Verhältnis umgekehrt und Pinsäure Enantiomer 1 überwog vor Pinsäure Enantiomer 2. Das Verhältnis betrug 56% Enantiomer 1 zu 44% Enantiomer 2. Saisonale Verläufe im tropischen Regenwald zeigten, dass die Konzentrationen zur Trockenzeit im August höher waren als wäh¬rend der Regenzeit im Februar. Auch im borealen Nadelwald wurden im Sommer höhere Kon¬zentrationen gemessen als im Winter. Die Verhältnisse der Enantiomere änderten sich nicht im jahreszeitlichen Verlauf. Die Bestimmung der Henry-Konstanten von Glyoxal bei verschiedenen Saataerosolen, nämlich Ammoniumsulfat, Natriumnitrat, Kaliumsulfat, Natriumchlorid und Ammoniumnitrat sowie die irreversible Produktbildung aus Glyoxal in Anwesenheit von Ammoniak waren Forschungs¬gegenstand einer Atmosphärensimulationskammer-Kampagne am Paul-Scherrer-Institut in Villigen, Schweiz. Hierzu wurde zunächst das zu untersuchende Saataerosol in der Kammer vorgelegt und dann aus photochemisch erzeugten OH-Radikalen und Acetylen Glyoxal er¬zeugt. Für die Bestimmung der Glyoxalkonzentration im Kammeraerosol wurde zunächst eine beste¬hende Filterextraktionsmethode modifiziert und die Analyse mittels hochauflösender Mas¬senspektrometrie realisiert. Als Extraktionsmittel kam 100% Acetonitril, ACN zum Einsatz wo¬bei die Extraktionseffizienz bei 85% lag. Für die anschließende Derivatisierung wurde 2,4-Di¬nitrophenylhydrazin, DNPH verwendet. Dieses musste zuvor drei Mal mittels Festphasenex¬traktion gereinigt werden um störende Blindwerte ausreichend zu minimieren. Die gefunde¬nen Henry-Konstanten für Ammoniumsulfat als Saataerosol stimmten gut mit in der Literatur gefundenen Werten überein. Die Werte für Natriumnitrat und Natriumchlorid als Saataerosol waren kleiner als die von Ammoniumsulfat aber größer als der Wert von reinem Wasser. Für Ammoniumnitrat und Kaliumsulfat konnten keine Konstanten berechnet werden. Alle drei Saataerosole führten zu einem „Salting-in“. Das bedeutet, dass bei Erhöhung der Salzmolalität auch die Glyoxalkonzentration im Partikel stieg. Diese Beobachtungen sind auch in der Litera¬tur beschrieben, wobei die Ergebnisse dort nicht auf der Durchführung von Kammerexperi¬menten beruhen, sondern mittels bulk-Experimenten generiert wurden. Für die Trennung der Imidazole wurde eine neue Filterextraktionsmethode entwickelt, wobei sich ein Gemisch aus mit HCl angesäuertem ACN/H2O im Verhältnis 9/1 als optimales Extrak¬tionsmittel herausstellte. Drei verschiedenen Imidazole konnten mit dieser Methode quanti¬fiziert werden, nämlich 1-H-Imidazol-4-carbaldehyd (IC), Imidazol (IM) und 2,2‘-Biimidazol (BI). Die Effizienzen lagen für BI bei 95%, für IC bei 58% und für IM bei 75%. Kammerexperimente unter Zugabe von Ammoniak zeigten höhere Imidazolkonzentrationen als solche ohne. Wurden die Experimente ohne Ammoniak in Anwesenheit von Ammoni¬umsulfat durchgeführt, wurden höhere Imidazol-Konzentrationen gefunden als ohne Ammo¬niumionen. Auch die relative Luftfeuchtigkeit spielte eine wichtige Rolle, da sowohl eine zu hohe als auch eine zu niedrige relative Luftfeuchtigkeit zu einer verminderten Imidazolbildung führte. Durch mit 13C-markiertem Kohlenstoff durchgeführte Experimente konnte eindeutig gezeigt werden, dass es sich bei den gebildeten Imidazolen und Glyoxalprodukte handelte. Außerdem konnte der in der Literatur beschriebene Bildungsmechanismus erfolgreich weiter¬entwickelt werden. Während der CYPHEX Kampagne in Zypern konnten erstmalig Imidazole in Feldproben nach¬gewiesen werden. Das Hauptprodukt IC zeigte einen tageszeitlichen Verlauf mit höheren Kon¬zentrationen während der Nacht und korrelierte signifikant aber schwach mit der Acidität und Ammoniumionenkonzentration des gefundenen Aerosols.

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Neuromuscular abnormalities are common in ICU patients. We aimed to assess the incidence of clinically diagnosed ICU-acquired paresis (ICUAP) and its impact on outcome.

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Dendritic cells (DC) are professional antigen presenting cells that represent an important link between innate and adaptive immunity. Danger signals such as toll-like receptor (TLR) agonists induce maturation of DC leading to a T-cell mediated adaptive immune response. In this study, we show that exogenous as well as endogenous inflammatory stimuli for TLR4 and TLR2 induce the expression of HIF-1alpha in human monocyte-derived DC under normoxic conditions. On the functional level, inhibition of HIF-1alpha using chetomin (CTM), YC-1 and digoxin lead to no consistent effect on MoDC maturation, or cytokine secretion despite having the common effect of blocking HIF-1alpha stabilization or activity through different mechanisms. Stabilization of HIF-1alpha protein by hypoxia or CoCl(2) did not result in maturation of human DC. In addition, we could show that TLR stimulation resulted in an increase of HIF-1alpha controlled VEGF secretion. These results show that stimulation of human MoDC with exogenous as well as endogenous TLR agonists induces the expression of HIF-1alpha in a time-dependent manner. Hypoxia alone does not induce maturation of DC, but is able to augment maturation after TLR ligation. Current evidence suggests that different target genes may be affected by HIF-1alpha under normoxic conditions with physiological roles that differ from those induced by hypoxia.

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Systemic lupus erythematosus is a chronic autoimmune disorder that predominantly affects women of childbearing age. Lupus-associated glomerulonephritis is a major cause of mortality in these patients. Current treatment protocols for systemic lupus erythematosus include cyclophosphamide, prednisolone, azathioprine, and mycophenolate mofetil. However, in mice none of these agents alone or in combination were shown to reverse established proteinuria. Using New Zealand Black x New Zealand White F1 mice, we report that administration of the topoisomerase I inhibitor irinotecan from week 13 completely prevented the onset of proteinuria and prolonged survival up to at least 90 wk without detectable side effects. Furthermore, application of irinotecan to mice with established lupus nephritis, as indicated by grade 3+ (> or =300 mg/dl) and grade 4+ (> or =2000 mg/dl) proteinuria and, according to a median age of 35 wk, resulted in remission rates of 75% and 55%, respectively. Survival was significantly prolonged with 73 wk (grade 3+ and 4+ combined) versus 40 wk for control animals. Although total IgG and anti-dsDNA Abs in the serum and mesangial IgG deposits in the kidneys were not reduced in irinotecan-treated mice, subendothelial immune deposits were considerably diminished, suggesting a prevention of glomerular basement membrane disruption. This effect was accompanied by increased rates of ssDNA breaks and inhibition of renal cell apoptosis being different to what is known about irinotecan in anticancer therapy. In conclusion, our data provide evidence that irinotecan might represent an entirely new strategy for the treatment of systemic lupus erythematosus.

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Perioperative metabolic changes in cardiac surgical patients are not only induced by tissue injury and extracorporeal circulation per se: the systemic inflammatory response to surgical trauma and extracorporeal circulation, perioperative hypothermia, cardiovascular and neuroendocrine responses, and drugs and blood products used to maintain cardiovascular function and anesthesia contribute to varying degrees. The pathophysiologic changes include increased oxygen consumption and energy expenditure; increased secretion of adrenocorticotrophic hormone, cortisol, epinephrine, norepinephrine, insulin, and growth hormone; and decreased total tri-iodothyronine levels. Easily measurable metabolic consequences of these changes include hyperglycemia, hyperlactatemia, increased aspartate, glutamate and free fatty acid concentrations, hypokalemia, increased production of inflammatory cytokines, and increased consumption of complement and adhesion molecules. Nutritional risk before elective cardiac surgery-defined as preoperative unintended pathologic weight loss/low amount of food intake in the preceding week or low body mass index-is related to adverse postoperative outcome. Improvements in surgical techniques, anesthesia, and perioperative management have been designed to minimize the stressful stimulus to catabolism, thereby slowing the wasting process to the point where much less nutrition is required to meet metabolic requirements. Early nutrition in cardiac surgery is safe and well tolerated.

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Lung recruitment maneuvers (RMs), used to reopen atelectatic lung units and to improve oxygenation during mechanical ventilation, may result in hemodynamic impairment. We hypothesize that pulmonary arterial hypertension aggravates the consequences of RMs in the splanchnic circulation. Twelve anesthetized pigs underwent laparotomy and prolonged postoperative ventilation. Systemic, regional, and organ blood flows were monitored. After 6 h (= baseline), a recruitment maneuver was performed with sustained inflation of the lungs. Thereafter, the pigs were randomly assigned to group C (control, n = 6) or group E with endotoxin-induced pulmonary arterial hypertension (n = 6). Endotoxemia resulted in a normotensive and hyperdynamic state and a deterioration of the oxygenation index by 33%. The RM was then repeated in both groups. Pulmonary artery pressure increased during lipopolysaccharide infusion from 17 ± 2 mmHg (mean ± SD) to 31 ± 10 mmHg and remained unchanged in controls (P < 0.05). During endotoxemia, RM decreased aortic pulse pressure from 37 ± 14 mmHg to 27 ± 13 mmHg (mean ± SD, P = 0.024). The blood flows of the renal artery, hepatic artery, celiac trunk, superior mesenteric artery, and portal vein decreased to 71% ± 21%, 69% ± 20%, 76% ± 16%, 79% ± 18%, and 81% ± 12%, respectively, of baseline flows before RM (P < 0.05 all). Organ perfusion of kidney cortex, kidney medulla, liver, and jejunal mucosa in group E decreased to 65% ± 19%, 77% ± 13%, 66% ± 26%, and 71% ± 12%, respectively, of baseline flows (P < 0.05 all). The corresponding recovery to at least 90% of baseline regional blood flow and organ perfusion lasted 1 to 5 min. Importantly, the decreases in regional blood flows and organ perfusion and the time to recovery of these flows did not differ from the controls. In conclusion, lipopolysaccharide-induced pulmonary arterial hypertension does not aggravate the RM-induced significant but short-lasting decreases in systemic, regional, and organ blood flows.

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Unrecognized reduction of blood supply to intestinal organs is associated with significant postoperative morbidity in abdominal surgery. The aim of this study was to determine whether--in the absence of hypovolemia--intestinal hypoperfusion as a result of blood flow redistribution occurs after abdominal surgery.

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Glucocorticoids (GC) have important anti-inflammatory and pro-apoptotic activities. Initially thought to be exclusively produced by the adrenal glands, there is now increasing evidence for extra-adrenal sources of GCs. We have previously shown that the intestinal epithelium produces immunoregulatory GCs and that intestinal steroidogenesis is regulated by the nuclear receptor liver receptor homolog-1 (LRH-1). As LRH-1 has been implicated in the development of colon cancer, we here investigated whether LRH-1 regulates GC synthesis in colorectal tumors and whether tumor-produced GCs suppress T-cell activation. Colorectal cancer cell lines and primary tumors were found to express steroidogenic enzymes and regulatory factors required for the de novo synthesis of cortisol. Both cell lines and primary tumors constitutively produced readily detectable levels of cortisol, as measured by radioimmunoassay, thin-layer chromatography and bioassay. Whereas overexpression of LRH-1 significantly increased the expression of steroidogenic enzymes and the synthesis of cortisol, downregulation or inhibition of LRH-1 effectively suppressed these processes, indicating an important role of LRH-1 in colorectal tumor GC synthesis. An immunoregulatory role of tumor-derived GCs could be further confirmed by demonstrating a suppression of T-cell activation. This study describes for the first time cortisol synthesis in a non-endocrine tumor in humans, and suggests that the synthesis of bioactive GCs in colon cancer cells may account as a novel mechanism of tumor immune escape.

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Surgical and anesthesia-related techniques may reduce physical stress for patients undergoing high-risk surgery, but major surgery is increasingly performed in patients with substantial comorbidities. Strategies for improving the outcome for such patients include approaches that both increase tissue oxygen delivery and reduce metabolic demand. However, these strategies have produced conflicting results. To understand the success and failure of attempts to improve postoperative outcome, the pathophysiology of perioperative hemodynamic, metabolic, and immunological alterations should be analyzed. Our aim in this review is to provide a survey of fields of opportunities for improving outcome after major surgery. The issues are approached from 3 different angles: the view of the patient, the view of the surgical intervention, and the view of the anesthesia. Special attention is also given to what could be considered the result of the interaction among the 3: perioperative inflammation and immune response.