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La fibromialgia (FMS) è una sindrome reumatica non infiammatoria, caratterizzata da dolore diffuso, presenza di “punti sensibili” alla palpazione (“tender points”, TP), affaticamento, disturbi del sonno e cognitivi, sintomi che comportano aumento del livello di disabilità ed effetti negativi sulla qualità della vita (QoL). L’idrokinesiterapia è l’esercizio aerobico assistito svolto in acqua, preferibilmente riscaldata, che sfrutta le proprietà dell’acqua per il recupero di condizioni patologiche. Indagare l’efficacia dell’idrokinesiterapia (HKT) su dolore, faticabilità e qualità di vita nelle persone affette da sindrome fibromialgica. E' stata condotta una ricerca sulle banche dati di soli studi primari inerenti all’efficacia dell’HKT sulla FMS. Sono stati ricercati studi di alta qualità (con valore ≥ a 6/10 alla PEDro scale) che includessero persone adulte con diagnosi di FMS, che prevedessero l’HKT come trattamento isolato e che misurassero dolore, fatigue e QoL. La qualità metodologica degli studi inclusi all’interno della revisione è stata valutata tramite la scala PEDro. I dati sono stati ricavati attraverso griglia di estrazione ed analizzati qualitativamente. Sono stati inclusi 6 studi che hanno soddisfatto i criteri d'eleggibilità, per un totale di 262 donne. 1 studio ha confrontato HKT con esercizio aerobico a secco 3 volte a settimana per 8 settimane, 1 studio con fisioterapia convenzionale 3 vt/sett per 3 settimane, 1 con HKT in mare 3 vt/sett per 12 settimane, 2 studi con gruppi di controllo 2 e 3 vt/sett per 16 e 32 settimane rispettivamente, 1 con programma educativo 1 vt/sett per 11 settimane. In tutti gli studi il gruppo sperimentale ha mostrato miglioramento degli outcome, ad eccezione dello studio con posologia di una vt/ sett che non ha registrato miglioramenti nei gruppi. Conclusioni: L’idrokinesiterapia può portare ad un miglioramento dei sintomi di dolore, fatica e della qualità della vita delle persone affette da fibromialgia.

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I metodi utilizzati per la stima delle portate fluviali in bacini idrografici non strumentati fanno uso di tecniche di regionalizzazione con l’obiettivo di stimare i parametri, attraverso dei bacini di riferimento, da implementare nei modelli idrologici. Risulta, quindi, di fondamentale importanza la selezione dei bacini idrografici donatori. La scelta dei bacini di riferimento avviene tramite delle misure di somiglianza che tengono conto di caratteristiche del territorio. Il limite principale di tali approcci è la mancata considerazione della struttura della rete idrografica e del loro eventuale annidamento. Si definiscono bacini idrografici annidati due o più bacini i cui le stazioni idrometriche sono posizionate lungo la stessa ascissa fluviale oppure presentano un'area comune drenata da entrambi i bacini. Skøien et al. (2006) afferma che i bacini a valle e a monte del bacino preso in esame dovrebbero essere trattati differentemente. Il presente lavoro intende contribuire a superare detto limite. È stata stabilita, un’equazione empirica a due parametri che attraverso la distanza interbacino d e il grado di annidamento NI, definisce la differenza di portata idrica ∆Q in una coppia di bacini annidati. I valori dei parametri α e λ sono stati definiti mediante calibrazione con set di dati relativi a portate massime annuali di medie giornaliere e massimi annuali istantanei. Sono stati analizzati i corsi d’acqua in Italia, Austria e Polonia mentre a scala di bacino il Fiume Po, il Fiume Danubio, il Fiume Reno e il Fiume Oder. Attraverso la massimizzazione di una funzione obiettivo di tipo quadratico sono state verificate le prestazioni del metodo proposto. La differenza di portate ∆Q ricavata è possibile definirla come una misura di somiglianza la quale potrebbe, attraverso caratteristiche geospaziali facilmente reperibili, definire i bacini di riferimento da utilizzare nei metodi di regionalizzazione dei deflussi fluviali.

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Questa tesi ha l’obbiettivo di studiare e seguire la creazione un modello matematico che possa risolvere un problema logistico di Hub Facility Location reale, per l’individuazione del posizionamento ottimale di uno o più depositi all’interno di una rete distributiva europea e per l’assegnazione dei rispettivi clienti. Si fa riferimento alla progettazione della rete logistica per rispondere alle necessità del cliente, relativamente ad una domanda multiprodotto. Questo problema è stato studiato a partire da un caso reale aziendale per la valutazione della convenienza nella sostituzione di quattro magazzini locali con uno/due hub logistici che possano servire tutte le aree. Il modello distributivo può anche essere adoperato per valutare l’effetto della variazione, dal punto di vista economico, del servizio di trasporto e di tariffario. La determinazione della posizione ottimale e del numero dei magazzini avviene tramite un modello matematico che considera al proprio interno sia costi fissi relativi alla gestione dei magazzini (quindi costo di stabilimento, personale e giacenza) e sia i costi relativi al trasporto e alla spedizione dei prodotti sulle diverse aree geografiche. In particolare, la formulazione matematica si fonda su un modello Programmazione Lineare Intera, risolto in tempi molto brevi attraverso un software di ottimizzazione, nonostante la grande mole di dati in input del problema. In particolare, si ha lo studio per l’integrazione di tariffari di trasporto diversi e delle economie di scala per dare consistenza ad un modello teorico. Inoltre, per ricercare la migliore soluzione di quelle ottenute sono poi emersi altri fattori oltre a quello economico, ad esempio il tempo di trasporto (transit-time) che è un fattore chiave per ottenere la soddisfazione e la fedeltà del cliente e attitudine dell’area geografica ad accogliere una piattaforma logistica, con un occhio sugli sviluppi futuri.

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I materiali piezoelettrici sono una classe di materiali che hanno la capacità di convertire energia elettrica in meccanica, e viceversa. I piezoelettrici si suddividono in tre classi: naturarli, ceramici e polimerici. Quest'ultimi, seppur mostrando coefficienti piezoelettrici non elevati rispetto ai primi due, presentano grandi vantaggi in termini di proprietà meccaniche, essendo per esempio molto flessibili, grazie anche all'ausilio delle nanotecnologie. In questo elaborato si è utilizzato il PVDF-TrFE, un materiale polimerico, prodotto sotto forma di nanofibre tramite il processo di elettrofilatura. La struttura nanofibrosa incrementa le proprietà piezoelettriche, che dipendono dalla superficie totale del materiale, poiché massimizza il rapporto superficie/volume. Lo scopo dell'elaborato è quello di ottimizzare il processo di polarizzazione, e quindi incrementare la risposta elettromeccanica dei provini a seguito di una sollecitazione, applicando una tecnica innovativa. Questa prevede l'applicazione di un campo elettrico AC sinusoidale, partendo da un valor nullo fino a un valore massimo di regime, continuando successivamente con un campo in DC avente la stessa apiezza massima. Questa tecnica è stata applicata a differenti provini di PVDF-TrFE, variando alcuni parametri come frequenza, numero di cicli e temperatura. I valori misurati sono stati suddivisi in diversi grafici al variare della temperatura, mostrando notevoli miglioramenti rispetto alle tecniche già note di polarizzazione. È stata inoltre mostrata la struttura in scala nanometrica delle fibre, valutando così l'effetto della temperatura di esercizio sui provini durante il processo di polarizzazione.

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Si pensa che i campi magnetici siano presenti in qualsiasi oggetto celeste, e nel mezzo tra di essi. Non siamo capaci di misurare questi campi in modo diretto, ma possiamo derivare delle misure da metodi indiretti, osservando e analizzando gli effetti che essi hanno sulla radiazione. Questi possono riguardare sia come la radiazione si propaga sia come essa viene generata. I campi magnetici esercitano una forza sul plasma cosmico, e possono influenzare in maniera più o meno marcata il moto di questo. Essi non possono competere con le interazioni gravitazionali in gioco nelle galassie, o in scale ancora più grandi, ma giocano un ruolo fondamentale nei moti del gas sulle piccole scale. In questo scritto analizzeremo per prima cosa i principali metodi utili per la rilevazione dei campi magnetici in astrofisica senza entrare eccessivamente nel dettaglio, ma riportando gli aspetti essenziali sia dal punto di vista descrittivo dell’effetto fisico sul quale si basano, sia dal punto di vista delle formule. Dopodiché si passera ad analizzare i principali scenari ipotizzati per l’origine dei campi magnetici di una galassia. Si accennerà anche all’amplificazione di piccoli campi originari per raggiungere i valori osservati oggigiorno. Al fine di trattare questo particolare aspetto, si spenderà un capitolo per parlare del congelamento del campo nella materia. Infine nell’ultimo capitolo si affronterà il campo magnetico della Via Lattea. Ci si concentrerà in tre regioni diverse della galassia: l’halo, il disco e la zona centrale. Per questi si riporteranno i risultati ottenuti utilizzando i vari metodi precedentemente descritti, al fine di ottenere un’idea di quale sia la struttura a larga scala del campo magnetico della galassia.

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I problemi di ottimizzazione di dimensione finita di larga scala spesso derivano dalla discretizzazione di problemi di dimensione infinita. È perciò possibile descrivere il problema di ottimizzazione su più livelli discreti. Lavorando su un livello più basso di quello del problema considerato, si possono calcolare soluzioni approssimate che saranno poi punti di partenza per il problema di ottimizzazione al livello più fine. I metodi multilivello, già ampiamente presenti in letteratura a partire dagli anni Novanta, sfruttano tale caratteristica dei problemi di ottimizzazione per migliorare le prestazioni dei metodi di ottimizzazione standard. L’obiettivo di questa tesi è quello di implementare una variante multilivello del metodo del gradiente (MGM) e di testarlo su due diversi campi: la risoluzione delle Equazioni alle Derivate Parziali la ricostruzione di immagini. In questo elaborato viene illustrata la teoria dello schema multilivello e presentato l’algoritmo di MGM utilizzato nei nostri esperimenti. Sono poi discusse le modalità di utilizzo di MGM per i due problemi sopra presentati. Per il problema PDE, i risultati ottenuti mostrano un ottimo comportamento di MGM rispetto alla implementazione classica ad un livello. I risultati ottenuti per il problema di ricostruzione di immagini, al contrario delle PDEs, evidenziano come MGM sia efficace solo in determinate condizioni.

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Il progetto di tesi consiste nello studio di un processo di recupero di terre rare (Nd, Pr, Dy) da motori di veicoli elettrici a fine vita. La prima parte della tesi è una introduzione che descrive le attuali problematiche legate alle terre rare, dal monopolio cinese a livello di estrazione e produzione alle problematiche di estrazione legate alla legislazione europea. E' presente una descrizione dei magneti permanenti a base NdFeB e le varie applicazioni in cui sono sfruttati. Viene descritta la destinazione attuale di prodotti a fine vita contenenti terre rare ed i principali metodi di recupero, diretti ed indiretti ad oggi conosciuti e studiati su scala di laboratorio. Nella seconda parte della tesi, quella sperimentale, sono illustrati i risultati ottenuti da studi di smagnetizzazione di magneti provenienti da motori di monopattini elettrici ed il loro utilizzo in vista di un eventuale processo di recupero. Sono stati presi come caso studio i componenti di 3 veicoli appartenenti a comuni classi di veicoli elettrici : un'utilitaria, un furgone elettrico ed un'auto ibrida. E' stato quindi effettuato un lavoro di quantificazione e caratterizzazione tramite ICP dei magneti contenenti REEs nei 3 veicoli per comprendere la potenzialità economica del loro riciclo.

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Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica del 2050 stabiliti dal Green Deal europeo, l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche è considerato essenziale e l’attuale crisi energetica ne ha rimarcato l’importanza. Tra queste materie prime, il neodimio risulta essere fondamentale per un ampio numero di applicazioni tecnologiche di interesse crescente come la mobilità elettrica e la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La produzione mondiale di neodimio è dominata dalla Cina e l’Italia dipende completamente dalle importazioni per soddisfare la propria domanda. Il riciclo dei prodotti a fine vita potrebbe coprire parte della domanda nazionale di neodimio e ridurre la dipendenza dalle importazioni cinesi. Ma, attualmente, la percentuale di riciclo del metallo è inferiore all’1% globalmente con attività di riciclo spesso inesistenti su scala industriale a livello nazionale. Per dare chiarezza sulla catena del valore di neodimio in Italia e dimostrare le potenzialità del suo riciclo, in questa tesi sono state applicate le metodologie di MFA e di LCA. Un modello dinamico retrospettivo di MFA è stato sviluppato col fine di investigare il ciclo antropogenico del neodimio, identificando e valutando i flussi e le riserve nazionali dal 1995 al 2020. Attraverso un modello di distribuzione dei tempi di vita è stata quantificata la riserva in uso del metallo, che ammonta a 3,3 kt Nd o 56 g Nd pro capite. Un riciclo della riserva in uso potrebbe soddisfare l’attuale domanda di neodimio oltre al 2030. I risultati dell’MFA sono stati integrati con i fattori LCA di caratterizzazione di impatto ambientale, dimostrando che il riciclo potrebbe ridurre più dell’80% delle emissioni di gas serra e della energia richiesta associate alla produzione di neodimio primario. Si prevede che lo studio possa contribuire all’implementazione di politiche e strategie di rafforzamento della catena di approvvigionamento del neodimio.

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Il presente elaborato descrive il lavoro svolto durante l’attività di tesi volta allo sbottigliamento di uno specifico step di una linea produttiva di additivi per plastiche. In una prima fase del progetto è stato studiato il processo di riferimento, con un focus particolare sulla sezione d’interesse. Sono state approfondite le modalità di conduzione dell’impianto, sono state individuate le criticità e i bad actors della linea ed è stata effettuata un’analisi dei trend e dei dati tramite l’uso di tools informatici come TrendMiner, Pi Vision e MiniTab. Il tutto è stato consolidato con la consultazione quotidiana del DCS. In questo modo sono state individuate le fasi limitanti del collo di bottiglia. In un secondo stadio sono state proposte modifiche tecnologiche volte all’ottimizzazione delle fasi critiche individuate. In questo è stato fondamentale il confronto con fornitori di strumentazione ed apparecchiature, process safety engineers, nonché l’implementazione di prove su piccola e grande scala per la valutazione della fattibilità tecnica di alcune proposte. Infine, sono state valutate due soluzioni di sbottigliamento. È stato realizzato uno studio di fattibilità economica con un’accuratezza del 30% e, insieme a valutazioni di carattere tecnico, è stata proposta l’alternativa migliore.

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I materiali compositi a matrice polimerica rinforzati con fibra di carbonio (CFRP) si stanno sviluppando in maniera esponenziale negli ultimi anni, con una crescita del 20 – 25% annua, tanto che si prevede una domanda di circa 194.000 tonnellate entro il 2022 per cui è evidente che negli anni a venire dovranno essere smaltiti diversi rifiuti realizzati con tale materiale. Lo stato attuale relativo al riciclo dei CFRP prevede, per la maggior parte di essi, di essere conferiti in discarica o inviati all’inceneritore per ottenere un recupero energetico grazie alla presenza della matrice a base polimerica ma questo non consente il recupero della fibra per cui non è una tecnica che sfrutta l’alto valore del rifiuto. È proprio per questo motivo che si stanno sviluppando diverse metodologie di riciclo dei materiali compositi fibro – rinforzati nell’ottica dell’economia circolare, in particolare, si distinguono in riciclo meccanico, termico e chimico in base ai principi che stanno alla base degli stessi. Si precisa che su scala commerciale è stato realizzato solamente il riciclo termico tramite pirolisi mentre per tutte le altre tecniche si è ancora in fase di sperimentazione e di ricerca in laboratorio. L’obiettivo dell’elaborato di tesi è quello di valutare e approfondire il riciclo dei materiali compositi in fibra di carbonio in modo tale da studiare e validare sperimentalmente due componenti realizzati in materiale composito rinforzato con fibra di carbonio riciclata per poterli confrontare con i medesimi componenti realizzati in fibra nuova così da trarre delle conclusioni in merito alle proprietà meccaniche di rigidezza e resistenza ottenibili. Il lavoro di tesi è stato svolto all’interno dell’azienda Bucci Composites S.p.A. con sede a Faenza, la quale si occupa di progettazione e realizzazione di diversi componenti in materiale composito avanzato per diverse aziende clienti provenienti dai settori automotive, aerospaziale, nautico e industriale più in generale.

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A fronte delle politiche di gestione e mitigazione del rischio alluvionale definite dalla Direttiva Alluvioni (Direttiva 2007/60/CE), risulta necessario sviluppare modelli che riescano a quantificare le conseguenze economiche causate da eventi alluvionali a diversi settori, tra cui il settore agricolo. In questo lavoro di tesi si è posto l’obiettivo di estendere un modello disponibile in letteratura per la stima del danno subito alle colture più diffuse (i.e., seminativi; AGRIDE-c, Molinari et al., 2019) ad altre colture pluriennali, i frutteti, in particolar modo pereti e meleti. Il modello è stato sviluppato a scala regionale, facendo quindi riferimento ai valori di resa, prezzo e costi delle operazioni caratteristici delle pratiche agricole dell’Emilia-Romagna. L’applicazione è stata effettuata su cinque Aree a Potenziale Rischio Significativo (APSFR) del Distretto del fiume Po' e ricadenti all’interno del medesimo territorio regionale (Panaro, Secchia, Reno, Enza, Parma-Baganza). Il modello rappresenta uno strumento utilizzabile dalle Autorità competenti sia ex-post, per la stima speditiva del danno economico subìto dagli agricoltori colpiti dall’alluvione e il loro eventuale risarcimento, che ex-ante, ovvero come strumento di supporto decisionale per le attività di tipo Cost-Benefit Analysis (CBA) nell’ambito dei piani di gestione e mitigazione del rischio.