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Experimental investigations of visible Smith-Purcell-radiation with a micro-focused high relativistic electron beam (E=855 MeV) are presented in the near region, in which the electron beam grazes the surface of the grating. The radiation intensity was measured as a function of the angle of observation and of the distance between electron beam axis and the surface of the grating simultaneously for two different wavelengths (360 nm, 546 nm).In the experiments Smith-Purcell-radiation was identified by the measured angular distribution fulfilling the characteristic coherence condition. By the observed distance dependence of the intensity two components of Smith-Purcell-radiation could be separated: one component with the theoretical predicted interaction length hint, which is produced by electrons passing over the surface of the grating, and an additional component in the near region leading to a strong enhancement of the intensity, which is produced by electrons hitting the surface. To describe the intensity of the observed additional radiation component a simple model for optical grating transition radiation, caused by the electrons passing through the grating structure, is presented. Taking into account the simple scalar model, the results of a Monte-Carlo calculation show that the additional radiation component could be explained by optical grating transition radiation.

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Der Mavuradonha Layered Complex repräsentiert einen 862 ? 4 Ma alten Komplex, der in einem tiefkrustalen Milieu intrudierte. Eine mehrphasige magmatische Differentiation ist in macro-rhythmischen Einheiten und kleinmaßstäblichen Lagenbau erkennbar, aus denen die Kristallisationssequenzen Pyroxenite, Gabbros/Norite, Leuko-Gabbros oder Ferro-Gabbro und Anorthosite resultieren. ?Nd-Werte zwischen + 0.3 und + 6.6 zeigen krustale Kontamination eines aus dem verarmten Mantel stammenden, tholeiitischen Ursprungsmagma an. ?Nd-Werte (+ 2.4 bis - 3.5) anderer tholeiitischer Gabbros in unmittelbarer Nähe des Komplexes deuten ebenfalls auf Krustenkontamination hin, jedoch in stärkerem Maße.Der Komplex wurde um 554 ? 13 Ma unter granulitfaziellen Bedingungen von 13 ? 2 kbar und 840 ? 30° C überprägt. Die anschließende retrograde, amphibolitfazielle Metamorphose mit Bedingungen von 11 ? 2 kbar und 680 ? 20° C ereignete sich um 546 ? 9 Ma. Abkühlung bis zur Grünschieferfazies erfolgte spätestens um 501 ? 6 Ma.Die vorgestellten Daten zeigen, dass sich der Sambesi-Gürtel im NE Simbabwes als fehlgeschlagenes Rift oder intrakratonisches Becken während einer frühen Pan-Afrikanischen Extensionsphase entwickelte, während die granulitfazielle Metamorphose um 300 Ma später erfolgte. Somit deutet die Intrusion des Mavuradonha Layered Complex rift-bedingten Magmatismus in einer frühen Riftphase an, während das Becken oder Rift während der Pan-Afrikanischen Orogenese geschlossen wurde.

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Im Rahmen dieser Arbeit wurde die mehrstufige Resonanzionisation zur Spektroskopie im Gadolinium und Samarium eingesetzt und am Gadolinium für analytische Untersuchungen weiterentwickelt. Der Einsatzbereich der RIMS mit kontinuierlichen und gepulsten Lasern an komplexen Atomen wurde damit deutlich erweitert. Samarium und Gadolinium gehören zur Gruppe der Lanthanide, aufgrund der komplizierten Elektronenkonfigurationen zeichnen sie sich durch ein interessantes atomares Spektrum aus. Im Samarium wurde der erste von maximal drei resonanten Übergängen bezüglich Isotopieverschiebung und Hyperfein-strukturaufspaltung untersucht, knapp unterhalb des ersten Ionisationslimits nach möglichst ungestörten Rydbergserien gesucht und aus der Konvergenz dieser Serien das Ionisationspotenzial für 154Sm isotopenselektiv zu IP = 45519.30793(43) cm-1 bestimmt. Samarium und Gadolinium besitzen eine komplexe Kontinuumsstruktur, die sich durch schmale und starke autoionisierende Resonanzen auszeichnet. Daten früherer Untersuchungen zur Gadoliniumkontinuumsstruktur wurden in dieser Arbeit systematisch ausgewertet und durch eigene Messungen ergänzt. Zur theoretischen Beschreibung der Linienprofile interferierender autoionisierender Zustände wurde neben Fanoprofilen auch auf einen Ansatz aus der Kernphysik zurückgegriffen, den K-Matrix-Formalismus, und ein entsprechendes Simulationsprogramm eingesetzt. Anwendung auf ausgewählte spektrale Bereiche im Samarium und Gadolinium zeigt gute Reproduktion der Linienformen. Im Rahmen dieser Arbeit wurde darüber hinaus die Einsetzbarkeit von gepulsten Lasern für die Spurenanalyse untersucht und die Erreichbarkeit der notwendigen Spezifikationen für medizinische Fragestellungen demonstriert.

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Edizione e commento della raccolta di miracoli mariani denominata "Libro del Naufragio" secondo la lezione del ms Firenez, Laurenziana, Ashburham 546

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Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).

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This article explores how global and local dynamics and stakes can be brought together when trying to combine conservation and regional development. For this purpose we analyse a series of studies carried out in the area of the Swiss Alps Jungfrau-Aletsch World Heritage Site (WHS). The approaches used in these studies to analyse the diversity and development of the region included data collection and evaluation of indicators such as population development, number of working places, occupation rates in various economic sectors and commuter balance, as well as interviews with key informants and assessment of existing planning tools. The major challenge of the newly declared World Heritage Region is that it is neither a political or administrative nor a cultural unit but constitutes a completely new type of space that breaks up and crosses traditional boundaries. The studies revealed an economic tertiarisation process and migration of the population from remote areas to regional centres. Tourism was identified as the key economic sector in the region. Regarding regional sustainability, the studies identified a need for quality dialogue and negotiation of interests and stakes. It was shown that in dealing with sustainability at the local level, many key issues cannot be resolved on the ground, as they depend on regional or national decisions, e.g. the conditions for tourism promotion in the region or economic validation of agricultural activity. We conclude from these findings that national or even international factors do not provide a basis for location-specific solutions, as they are often too general, and that the global label does not ensure sustainability in a designated WHS region; this depends entirely on local and regional dynamics.