986 resultados para Confine parco cimitero colonia


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“Terre Naldi” è al giorno d'oggi un vero e proprio punto di incontro tra insegnamento, sperimentazione, e “pratica agricola” che si estende su una superficie di circa cento ettari sulle colline faentine. Situato in località Tebano, al confine tra i comuni di Faenza e Castelbolognese, questo centro si trova in un contesto di rilevanza locale sia dal punto di vista paesaggistico che storico grazie alla sua prossimità alla diga sul torrente Senio e a tutto il sistema del Canale dei Mulini risalente al 1300. Da un punto di vista architettonico però, Terre Naldi si presenta tutt'oggi in maniera problematica. I continui ampliamenti hanno trasformato negli anni il complesso originale (casa, casone e aia) in un agglomerato disomogeneo di edifici dalle caratteristiche totalmente discordanti tra loro e decisamente fuori scala rispetto al contesto in cui si trova.

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Il tema oggetto della tesi riguarda la riqualificazione del nuovo waterfront per la città di Pondicherry situata nell'India del sud. Dopo una attenta analisi sulla città, comprendente un'ampia analisi storica e cartografica, l'analisi del verde e dell'acqua, del tessuto edilizio e dell'emergenza abitativa che la città si trova ad affrontare, è stato scelto di progettare una nuova darsena come polo attrattivo al cui interno fossero previsti spazi per la comunità ed il turismo: un museo del mare, un hotel, un parco pubblico, un sistema di piazze e zone di sosta all'aperto, un complesso residenziale di espansione.

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The present doctoral dissertation deals with two significant case studies of Italian holiday camps which appear as interesting architectural experiences that reflect both the pedagogic and educational programmes of the fascist regime, and the discussion on the constructive and expressive principles that characterize the Italian architecture during the Thirties. The research explains the colony "XXVIII October for the sons of the Italian workers living abroad", today known as "Le Navi" ("The Ships"), built in Cattolica in 1934 and projected by the Roman architect Clemente Busiri Vici, and the feminine colony "for the sons of the Italian workers living abroad" built in 1934 in Tirrenia and projected by the architects Mario Paniconi and Giulio Pediconi. These holiday camps are the sole buildings commissioned directly by the Department in the Italian Foreign Office with the aim of offering a seaside stay to the sons of the Italians living in the colonies who, probably, could visit Italy only one time in their life. Firstly, the work illustrates the most relevant themes concerning these holiday camps, such as the representative intents that the buildings evoked to the children attending the places. Sun-bathing and group gymnastics were some of the rituals in the communal life, where order and discipline gave a precise internal organization to the spaces. Over the correspondence to practical functions, the figures and the forms of the different spaces of the buildings involve the children in an educational dimension. Subsequently, the function of the Department in the Italian Foreign Office and the planning and constructive ideas of the two colonies will be introduced. These colonies were conceived by a precise social project with educational, welfare and therapeutic aims. The elements, the spaces and the volumes create a fixed and theatrical scene of the life, full of ideological, political and celebratory overtones. Finally, the research shows that the relation between the architectural shape of the buildings and the rituals performed by fascist tutors produces an ideal space, extraneous to the external world that could influence the behavior of the children. The plan is to transmit to the children an image of Italy that will remain engraved in their minds once they have returned to their countries. In these projects there is the intent to transmit the image of "italianity" abroad. The way to do this was to plan for them a scenery which contains all the architectural elements of Italian cities. The holiday camps are proposed a sort of microcosm that appears as an "evocation" of the places and the spaces of Italian cities. The buildings appear as veritable "cities of childhood".

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La ricerca ha avuto come obiettivo l’analisi delle residenze lungo la rue Mallet-Stevens, a Parigi, realizzate da Robert Mallet-Stevens negli anni 1925-1930. Si tratta di un intervento pensato unitariamente, i cui dispositivi spaziali sono rivelatori tanto del concetto spazio-forma, quanto del processo d’ideazione dello stesso nell’ambito dei paradigmi gestaltici e compositivi della modernità. All’epoca la necessità di espressione e affermazione di un simile concetto si tradusse nell’interpretazione spaziale dalla scala dell’abitazione alla scala della città. Le residenze, realizzate nella zona di Auteuil (16 arrondissement), occupano l’area di una nuova lottizzazione, da cui il successivo nome dell’intervento: case su rue Mallet-Stevens. Il programma comprendeva cinque abitazioni, commissionate da artisti e ricchi borghesi, una piccola maison per il guardiano del confinante parco, e un progetto, mai realizzato che nella prima versione comprendeva due interventi: un hôtel particulier e un edificio per appartamenti. La rue Mallet-Stevens si costituì come frammento di città possibile, ove si manifestava un’idea di urbanità chiaramente ispirata al modello della città giardino e ai valori del vivere moderno. I volumi “stereometrici” sono la cifra dell’idea di spazio che, a quel punto della sua attività, Mallet-Stevens aveva maturato sia come architetto, sia come scenografo. La metodologia di analisi critica dell’oggetto architettonico adottata in questa ricerca, si è servita di una lettura incrociata del testo (l’oggetto architettonico), del paratesto (ciò che l’autore ha scritto di sé e della propria opera) e dell’intertesto, in altre parole l’insieme di quelle relazioni che possono ricondurre sia ad altre opere dello stesso autore, sia ai modelli cui l’architetto ha fatto riferimento. Il ridisegno bidimensionale e tridimensionale degli edifici della rue Mallet-Stevens ha costituito lo strumento fondamentale di analisi per la comprensione dei temi architettonici. Le conclusioni cui la ricerca è giunta mostrano come la posizione culturale di Mallet-Stevens si è arricchita di molteplici influenze creative, sulla scia di una consapevole e costante strategia di contaminazione. Mallet-Stevens, osservando i linguaggi a lui contemporanei, si appropriò della componente morfologica del progetto, privilegiandola rispetto a quella sintattica, per poi giungere ad una personalissima sintesi delle stesse.

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Il lavoro di tesi è incentrato sulla valutazione del degrado del suolo dovuto a fenomeni di inquinamento da metalli pesanti aerodispersi, ovvero apportati al suolo mediante deposizioni atmosferiche secche ed umide, in ambiente urbano. Lo scopo della ricerca è legato principalmente alla valutazione dell’efficienza del metodo di monitoraggio ideato che affianca al campionamento e all’analisi pedologica l’utilizzo di bioindicatori indigeni, quali il muschio, il cotico erboso, le foglie di piante arboree e il materiale pulverulento depositatosi su di esse. Una semplice analisi pedologica infatti non permette di discriminare la natura dei contaminanti in esso ritrovati. I metalli pesanti possono raggiungere il suolo attraverso diverse vie. In primo luogo questi elementi in traccia si trovano naturalmente nei suoi; ma numerose sono le fonti antropiche: attività industriali, traffico veicolare, incenerimento dei rifiuti, impianti di riscaldamento domestico, pratiche agricole, utilizzo di acque con bassi requisiti di qualità, ecc. Questo fa capire come una semplice analisi del contenuto totale o pseudo - totale di metalli pesanti nel suolo non riesca a rispondere alla domanda su quale si la fonte di provenienza di queste sostanze. Il metodo di monitoraggio integrato suolo- pianta è stato applicato a due diversi casi di studio. Il primo denominato “Progetto per il monitoraggio e valutazione delle concentrazioni in metalli pesanti e micro elementi sul sistema suolo - pianta in aree urbane adibite a verde pubblico dell’Emilia – Romagna” ha permesso di valutare l’insorgenza di una diminuzione della qualità dell’ecosistema parco urbano causata dalla ricaduta di metalli pesanti aerotrasportati, in tre differenti realtà urbane dell’Emilia Romagna: le città di Bologna, Ferrara e Cesena. Le città presentano caratteristiche pedologiche, ambientali ed economico-sociali molto diverse tra loro. Questo ha permesso di studiare l’efficienza del metodo su campioni di suolo e di vegetali molto diversi per quanto riguarda le aliquote di metalli pesanti riscontrate. Il secondo caso di studio il “Monitoraggio relativo al contenuto in metalli pesanti e microelementi nel sistema acqua-suolo-pianta delle aree circostanti l’impianto di termovalorizzazione e di incenerimento del Frullo (Granarolo dell’Emilia - BO)” è stato invece incentrato sulla valutazione della qualità ambientale delle aree circostanti l’inceneritore. Qui lo scenario si presentava più omogeneo dal punto di vista pedologico rispetto al caso di studio precedente, ma molto più complesso l’ecosistema di riferimento (urbano, extra-urbano ed agricolo). Seppure il metodo suolo-pianta abbia permesso di valutare gli apporti di metalli pesanti introdotti per via atmosferica, non è stato possibile imputarne l’origine alle sole emissioni prodotte dall’inceneritore.

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Gli organismi biologici mostrano ricorrenti dinamiche di auto-organizzazione nei processi morfogenetici che sono alla base di come la materia acquisisce gerarchia e organizzazione.L’omeostasi è la condizione con la quale un corpo raggiunge il proprio equilibrio (termico, pressione, ecc.); un processo attraverso il quale questi sistemi stabilzzano le reazioni fisiologiche. Una delle caratteristiche fondamentali esibite da tali organismi è la capacità della materia di instaurare processi di auto-organizzazione, responsabile dei processi di ottimizzazione che guidano all’uso efficiente dell’energia nella lotta per la sopravvivenza. Questa ottimizzazione non mira al raggiungimento di un risultato globale deterministico e “chiuso” (precedentemente stabilito e poi perseguito ad ogni costo), quanto piuttosto al raggiungimento di un’efficienza di processi locali con obiettivi multipli e necessità divergenti; tali processi interagiscono organizzando sistemi nei quali proprietà peculiari uniche emergono dalle interazioni descritte. Le esigenze divergenti non sono negoziate sulla base di un principio di esclusività (una esigenza esclude o elimina le altre) ma da un principio di prevalenza, dove le necessità non prevalenti non cessano di esistere ma si modificano in funzione di quelle prevalenti (il proprio campo di espressione è vincolato dai percorsi tracciati in quello delle esigenze prevalenti). In questa tesi si descrive un’applicazione ad uno specifico caso di studio di progettazione architettonica: un parco con spazi polifunzionali nella città di Bologna. L’obiettivo principale del progetto Homeostatic Pattern è quello di dimostrare come questo tipo di processi possano essere osservati, compresi e traslati in architettura: come per gli organismi biologici, in questo progetto gli scambi di materia ed energia (stabilità, respirazione, porosità alla luce) sono regolati da sistemi integrati efficienti piuttosto che da raggruppamenti di elementi mono-ottimizzati. Una specifica pipeline di software è stata costituita allo scopo di collegare in modo bidirezionale e senza soluzione di continuità un software di progettazione parametrica generativa (Grasshopper®) con software di analisi strutturale ed ambientale (GSA Oasys®, Autodesk® Ecotect® analysis), riconducendo i dati nella stessa struttura attraverso cicli di feedback. Il sistema così ottenuto mostra caratteristiche sia a scala macroscopica, come la possibilità di utilizzo della superficie esterna che permette anche un’estensione dell’area verde (grazie alla continuità della membrana), sia alla scala del componente, come la propria capacità di negoziare, tra le altre, la radiazione solare e la modulazione della luce, così come la raccolta capillare delle acque meteoriche. Un sistema multiperformante che come tale non persegue l’ottimizzazione di una singola proprietà ma un miglioramento complessivo per una maggiore efficienza.

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Oggetto di questa tesi di laurea è la riqualificazione funzionale ed energetica di un'autorimessa per corriere costruita a Forlì nel 1935 dal geom. Alberto Flamigni e di proprietà dell' ATR, Agenzia per la Mobilità della provincia di Forlì-Cesena. Al deposito per corriere sono annessi dei piccoli capanni adibiti a magazzini ed una palazzina per uffici costruita negli anni '50, non facente parte del progetto originale. Oggi l'intero complesso risulta in disuso e la richiesta espressa dall'Amministrazione Comunale di Forlì è quella di adattare il comparto per ospitare funzioni musicali, d'intrattenimento e cultura, pensando anche ad un collegamento col manufatto storico dell'Arena Forlivese; quest'ultima, costruita negli anni '20, è situata ai margini del lotto in esame, risulta di proprietà privata ed oggi versa in condizioni di grave degrado. Uno dei fini del progetto, sul filo conduttore delle richieste dell'Amministrazione, è quello di mantenere l'involucro originale dell'edificio, su cui grava anche un vincolo storico, essendo stato progettato durante il periodo fascista ed avendo forti richiami alle soluzioni architettoniche adottate da Marcello Piacentini. Si è quindi deciso di lavorare al suo interno, al fine di creare dei nuclei indipendenti che ospitano le nuove funzioni di auditorium, mediateca, spazio espositivo, sale prova, camerini, mantenendo invece intatto il perimetro in mattoni facciavista con basamento in travertino. Il fronte esposto a sud, essendo stato originariamente pensato come mero elemento di chiusura, senza basamento e sistema di rivestimento ma semplicemente intonacato, si distacca dal resto dell'involucro ed è stato perciò oggetto di maggiori modifiche, in relazione anche al nuovo orientamento d'ingresso pensato per il comparto: l'Amministrazione Comunale ha infatti espresso il desiderio di modificare il percorso di accesso all'edificio, dal fronte nord su piazza Savonarola al fronte ovest su via Ugo Bassi. Il progetto ha adottato un approccio integrato dal punto di vista formale e costruttivo, ponendo particolare attenzione al rispetto e alla valorizzazione della struttura esistente: uno dei punti forti dell'ex deposito è infatti la sua copertura in travi reticolari in c.a. con shed vetrati orientati a nord. Tale sistema di copertura è stato mantenuto per favorire l'illuminazione degli spazi interni, isolato termicamente ed integrato con dei pannelli diffusori che garantiscono una luce uniforme e ben distribuita. Dal punto di vista funzionale e distributivo il progetto ha risposto a criteri di massima flessibilità e fruibilità degli ambienti interni, assecondando le esigenze dell'utenza. Mantenendo la finalità del minimo intervento sull'involucro esistente, nel piano terra si è adottata una tipologia di ambienti open space che delimitano il doppio volume dello spazio espositivo, pensato come un semplice e neutro contenitore, allestibile in base al tipo di mostra ed alla volontà degli organizzatori. Particolare attenzione è stata rivolta alla scelta della tipologia costruttiva per l'auditorium ed i volumi adibiti a sale prova, camerini e depositi, adottando elementi prefabbricati in legno assemblati a secco. Si sono studiati anche i sistemi impiantistici al fine di garantire un elevato livello di comfort interno e nel contempo un considerevole risparmio dal punto di vista energetico. Durante le varie fasi di avanzamento e messa a punto del progetto è stata posta grande attenzione all'aspetto acustico, dalla scelta della forma della sala al trattamento superficiale per garantire un'ottima resa prestazionale, parametro imprescindibile nella progettazione di un adeguato spazio musicale. Altro elemento preso in considerazione a scala locale e urbana è stato quello della sistemazione del cortile a sud, oggi asfaltato ed utilizzato come semplice parcheggio di autobus, al fine di trasformarlo in parco pubblico fruibile dagli utenti del complesso culturale e nel contempo elemento di connessione con l'Arena, tramite un nuovo sistema di orientamenti e percorsi.

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Il progetto di un parco archeologico a Verucchio si sviluppa a partire dall'analisi territoriale, paesaggistica, archeologica, del sito. Il sistema vuole restituire alla città spazi museografici idonei all'importanza del patrimonio rinvenuto. Il progetto, basandosi sull'idea del museo diffuso, si dimensiona con la città e si colloca ai margini di un sistema già definito. Il tema del rapporto col suolo risulta basilare nella composizione sia dal punto di vista delle caratteristiche geologiche del sito sia dal punto di vista progettuale. Il progetto si concretizza in tre edifici principali a carattere museografico, multimediale e ricettivo che si mimetizzano nel paesaggio senza alterare l'equilibrio esistente.

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Progetto di un parco archeologico all'interno del territorio della Valmarecchia. Il progetto comprende un percorso museografico che mette a sistema il patrimonio storico e archeologico del territorio verucchiese.Vengono inseriti all'interno del percorso: un edificio polifunzionale identificato come unità introduttiva, un edificio posto sull'area di scavo e un edificio esplositivo che pone in mostra il patrimonio villanoviano.

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Studio sull'ampliamento dell'attuale Museo Archeologico Civico di Verucchio, ormai saturo di reperti. Lo studio va a coinvolgere anche l'area del parco e degli scavi effettuati nell'ultima campagna che hanno lasciato una ferita sul territorio, oltre che dislocarsi sull'altra faccia di Verucchio per poter coinvolgere l'intero centro cittadino e non solo le sue pendici, ampliando il servizio non solo al museo archeologico ma al turismo in maniera più ampia.

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L’intenzione che ha mosso la ricerca è stata quella di ridare valore alla casa pubblica, perché è un’opportunità per la popolazione, soprattutto per le fasce sociali più deboli e perché non può non essere espressione di qualità architettonica, urbanistica e sociale. A ciò si aggiunge la scelta di un modo di operare sostenibile, dove alle nuove costruzioni si predilige l’idea del recupero. Ecco da dove nasce l’idea di ripartire dall’esistente, scegliendo un’area del sistema urbano di proprietà pubblica, per definire, in una prospettiva di miglioramento, un sistema di strategie di intervento e un progetto di riqualificazione. Capire come agire su un’area di questo tipo, ha stimolato ad una lettura degli interventi statali sul tema dell’edilizia pubblica attraverso le azioni in campo legislativo. La ricerca ha preso poi avvio da una lettura dell’evoluzione del quadro normativo nazionale in materia, per poi concentrarsi sul contesto locale con il racconto dei fatti storici della città di Faenza fino ai giorni nostri attraverso le sue vicende urbanistiche. Una considerazione sulla legislazione passata dà la possibilità di vedere come lo Stato abbia nel tempo prestato attenzione e risposto in maniera diversa al problema della casa. In ogni periodo le iniziative dell’Amministrazione in merito alla programmazione, si mostrano come risultati di una risposta sociale e culturale, rilanciando poi, a seconda del momento, varie tematiche, ieri la carenza degli alloggi, oggi il tema della qualità urbana, del recupero e la necessità di contenere i costi e i consumi energetici. Lo studio si è quindi spostato e concentrato sulle tappe ed i risvolti della programmazione a livello locale, cercando di comprendere, anche sulle carte, il risultato di queste azioni amministrative, si legge come il susseguirsi delle diverse politiche urbanistiche abbia lasciato tracce e segni nel disegno della città. Nel loro esito formale gli interventi hanno assunto un valore nella vicenda della città poiché ne hanno determinato l’espansione in un certo modo. Dopo un lavoro di ricerca di documenti, consultando anche diversi archivi, gli interventi in materia di edilizia residenziale pubblica presenti a Faenza sono stati schedati al fine di creare un repertorio di informazioni riguardanti la localizzazione, la data di costruzione e informazioni riguardanti il tipo di intervento a livello normativo, in questo modo si è potuto inquadrare ciascun quartiere in una determinata stagione di politiche abitative. Queste informazioni sono state poi tradotte in schemi che comprendono tutto il territorio della città fino ad ottenere una visione d’insieme e cogliere le relazioni che i singoli interventi intrattengono con il resto della città. Si esplorano poi le relazioni in base alle stagioni delle politiche abitative e in base ai soggetti che ne hanno promosso la costruzione. La ricerca si propone quindi di riflettere sugli strumenti con cui agire nei casi di degrado, assecondando la logica del recupero e del riuso. Il processo per definire il "come" intervenire ha portato alla creazione di un abaco di possibili strategie di riqualificazione suddivise per grandi tematiche (connessione e mobilità, mixitè funzionale e verde, risparmio energetico, nuovi modi dell’abitare e relazioni e identità). Ogni tematica viene poi declinata in sottotemi che descrivono le operazioni possibili per la rigenerazione, correlati da una definizione e da piccoli progetti applicativi. Ciascun progetto schematizzato è pensato su un’area di edilizia residenziale pubblica di Faenza. Le strategie vengono poi effettivamente applicate ad un caso studio: il PEEP Orto Paganella. Il progetto di riqualificazione si struttura in due parti. Una riguarda l’impianto del quartiere, inserendo un nuovo volume destinato a servizi, l’altra si concentra su un edificio esistente per un progetto di recupero allo scopo di ridare valore al manufatto, riscattarne l’immagine e creare un’offerta abitativa adeguata, che assicuri abitazioni in affitto e tipi di alloggi destinati a nuovi soggetti della popolazione, con le loro specifiche esigenze. Il progetto di riqualificazione si sviluppa a partire dall’orientamento dell’edificio e dei suoi affacci. Viene sviluppato il tema dell’involucro, che circonda l’edificio e si declina sui diversi fronti in modo diverso. La proposta della facciata verso sud, trasparente e aperta sul parco pubblico ritrova la giusta considerazione per l’orientamento, sfruttandone le potenzialità e aprendosi alla vista del parco, mentre il fronte a nord rimane chiuso e protetto. Creando nuovi spazi e nuovi affacci e restituendo una nuova immagine dell’edificio si cerca di stimolare una riappropriazione del senso di appartenenza al quartiere.

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La mia tesi propone un progetto di restauro e rifunzionalizzazione dell’Ex Stabilimento SITA di Forli costruito nel 1935. Attualmente l’edificio, al confine fra centro storico e tessuto urbano moderno, crea un grande vuoto urbano. L’obiettivo principale del progetto è il restauro e il consolidamento del manufatto, nonché una sua successiva rifunzionalizzazione. L’obbiettivo è la creazione di un centro culturale pubblico, di aggregazione e di incontro, che stimoli un nuovo impulso vitale ed economico nella zona circostante. La nuova funzione è quella di un centro culturale polifunzionale, gestito da una fondazione che fornisca spazi di utilizzo ampi, flessibili ed intercambiabili. Nello specifico si intende: spazi per conferenze cittadine, spettacoli teatrali temporanei, fiere, mercatini, mostre con particolari esigenze di dimensioni, concerti e festival organizzati sia dal privato che dalla pubblica amministrazione. Concludendo la parola chiave e il fine di questa tesi sono il restauro e la conservazione, e gli strumenti che si utilizzeranno per raggiungerli sono il consolidamento e la rifunzionalizzazione. Per questo motivo gli spazi e la struttura subiscono i minimi cambiamenti necessari per le nuove funzioni, seppur nei limiti imposti dal preesistente.

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Il mio lavoro di Tesi prende in considerazione la possibilità di riportare alla vita un antico luogo che ha smarrito il suo senso nella città contemporanea. Si tratta dell’area della vasca dello Hauz-i-Shamsi,suggestiva per il legame forte con l’elemento acqua. Il tema progettuale è quello di mantenere questa zona come fonte attrattiva turistica poiché sede del Museo della città di Delhi, riconnettendolo con le altre aree di interesse e con i villaggi circostanti, diventando insieme al parco archeologico di Mehrauli un grande luogo socio culturale della collettività. Risulta evidente di conseguenza, che l'architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente edificio pubblico, si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. In tal senso l'analisi storica è il primo momento di un lavoro che tende a definirsi nell'ambito più propriamente disciplinare, progettuale, attraverso l'analisi del ruolo urbano di tali edifici. Per questo motivo i capitoli sono così suddivisi: nel primo si riportano brevi cenni sulla storia dell’India, per poi concentrarsi sulla storia delle evoluzioni urbane di Delhi fino ad arrivare alla progettazione nel XX secolo di Nuova Delhi, esempio di città di fondazione. Nel secondo capitolo si riporta un’analisi dell’area di Mehrauli con un breve elenco dei principali monumenti, fondamentali per capire l’importanza del Parco archeologico, luogo indicato come Patrimonio dell’UNESCO. Ritengo che il viaggio in India sia per un architetto un’esperienza travolgente: non a caso questa tappa ha segnato profondamente le opere e il lavoro di due maestri quali Louis I. Kahn e Le Corbusier. Ho dedicato, infatti, il terzo capitolo ad alcune considerazioni su quest’argomento. Il quarto capitolo vuole essere un’analisi delle principali architetture indiane quali padiglioni, moschee, templi sacri. Nella cultura indiana l’architettura è legata alle religioni del paese e credo che si possano capire le architetture solo dopo aver compreso la complessità del panorama religioso. Si sono analizzati anche i principi compositivi in particolare il ruolo delle geometrie sia nelle architetture tipiche, sia nella pianificazione delle città di fondazione. Il quinto capitolo è un approfondimento sul rapporto architettura-acqua. Prima con brevi cenni e foto suggestive sul rapporto nella storia dell’architettura, poi con spiegazioni sul ruolo sacro dell’acqua in India. Il sesto capitolo, infine, è un approfondimento sul progetto del Museo della città di Delhi.

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Nel percorso di tesi si è affrontato il tema del museo e dell'auditorium in architettura. Pesaro è la città oggetto della progettazione. Il centro storico di questa era difeso da mura medioevali di forma pentagonale. A seguito di sventramenti ne sopravvivono due soli. Uno di questi, il bastione Miralfiore, si configura come area di progetto per un museo rossiniano e città della musica a Pesaro. Le preesistenze principali da considerarsi nella progettazione di questi, sono: le mura difensive del bastione che perimetrano buona parte dell'area, il Teatro Rossini oggetto di ampliamento e di integrazione tramite lo sviluppo di due nuove sale per lo spettacolo e Piazza Lazzarini da un secolo inconclusa e ora governata dal traffico cittadino. Si affronta anche il tema della residenza che si interpone tra città storica e parco urbano ricavato dal bastione.