788 resultados para 130212 Science Technology and Engineering Curriculum and Pedagogy


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Recent findings provide evidence of inflammasome critical role in the predisposition to autoimmune disorders. The involvement of inflammasome in the pathogenesis of systemic lupus erythematosus (SLE) has been hypothesized even if no significant association within inflammasome genes mutations or polymorphisms and lupus has been reported yet. We analyzed 14 single nucleotide polymorphisms (SNPs) within 7 inflammasome genes (NLRP1, NLRP3, NLRC4, AIM2, CARD8, CASP1, IL1B) in 144 patients affected by systemic lupus erythematosus and in 158 healthy controls from Southern Brazilian (state of Sao Paulo) with the aim of disclosing the possible role of inflammasome genes in the susceptibility of SLE. Our results demonstrated that NLRP1 rs2670660 SNP and the NLRP1 rs12150220-rs2670660 A-G haplotype were associated with SLE in our study population, and in particular with the development of nephritis, rash and arthritis. These findings are concordant with previously reported association of NLRP1 with vitiligo and type-1 diabetes underlining once more the involvement of NALP1 inflammasome in the pathogenesis of autoimmune disorders.

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The subject of this research, the medicalization of the gendered body, is a shifting object. It has changed its medical name from Intersex to DSD (Disorders -or Divergence- of Sex Development), since the beginning of this research project. Loosely speaking it addresses the gendered components of the body, and their subsequent consideration. Drawing closer, it addresses how modern medicine treats people who manifest variations of one of the gendered components of the body, inserting their bodies into pathological categories now called DSD. This shifting terrain of different modes of viewing the gendered body has grown to include many variations, no longer solely interested in the mythical hermaphrodite. The locus of this investigation is in the interaction between these patient groups and doctors in Italy.

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The present study aims at assessing the innovation strategies adopted within a regional economic system, the Italian region Emilia-Romagna, as it faced the challenges of a changing international scenario. As the strengthening of the regional innovative capabilities is regarded as a keystone to foster a new phase of economic growth, it is important also to understand how the local industrial, institutional, and academic actors have tackled the problem of innovation in the recent past. In this study we explore the approaches to innovation and the strategies adopted by the main regional actors through three different case studies. Chapter 1 provides a general survey of the innovative performance of the regional industries over the past two decades, as it emerges from statistical data and systematic comparisons at the national and European levels. The chapter also discusses the innovation policies that the regional government set up since 2001 in order to strengthen the collaboration among local economic actors, including universities and research centres. As mechanics is the most important regional industry, chapter 2 analyses the combination of knowledge and practices utilized in the period 1960s-1990s in the design of a particular kind of machinery produced by G.D S.p.A., a world-leader in the market of tobacco packaging machines. G.D is based in Bologna, the region’s capital, and is at the centre of the most important Italian packaging district. In chapter 3 the attention turns to the institutional level, focusing on how the local public administrations, and the local, publicly-owned utility companies have dealt with the creation of new telematic networks on the regional territory during the 1990s and 2000s. Finally, chapter 4 assesses the technology transfer carried out by the main university of the region – the University of Bologna – by focusing on the patenting activities involving its research personnel in the period 1960-2010.

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La specificità dell'acquisizione di contenuti attraverso le interfacce digitali condanna l'agente epistemico a un'interazione frammentata, insufficiente da un punto di vista computazionale, mnemonico e temporale, rispetto alla mole informazionale oggi accessibile attraverso una qualunque implementazione della relazione uomo-computer, e invalida l'applicabilità del modello standard di conoscenza, come credenza vera e giustificata, sconfessando il concetto di credenza razionalmente fondata, per formare la quale, sarebbe invece richiesto all'agente di poter disporre appunto di risorse concettuali, computazionali e temporali inaccessibili. La conseguenza è che l'agente, vincolato dalle limitazioni ontologiche tipiche dell'interazione con le interfacce culturali, si vede costretto a ripiegare su processi ambigui, arbitrari e spesso più casuali di quanto creda, di selezione e gestione delle informazioni che danno origine a veri e propri ibridi (alla Latour) epistemologici, fatti di sensazioni e output di programmi, credenze non fondate e bit di testimonianze indirette e di tutta una serie di relazioni umano-digitali che danno adito a rifuggire in una dimensione trascendente che trova nel sacro il suo più immediato ambito di attuazione. Tutto ciò premesso, il presente lavoro si occupa di costruire un nuovo paradigma epistemologico di conoscenza proposizionale ottenibile attraverso un'interfaccia digitale di acquisizione di contenuti, fondato sul nuovo concetto di Tracciatura Digitale, definito come un un processo di acquisizione digitale di un insieme di tracce, ossia meta-informazioni di natura testimoniale. Tale dispositivo, una volta riconosciuto come un processo di comunicazione di contenuti, si baserà sulla ricerca e selezione di meta-informazioni, cioè tracce, che consentiranno l'implementazione di approcci derivati dall'analisi decisionale in condizioni di razionalità limitata, approcci che, oltre ad essere quasi mai utilizzati in tale ambito, sono ontologicamente predisposti per una gestione dell'incertezza quale quella riscontrabile nell'istanziazione dell'ibrido informazionale e che, in determinate condizioni, potranno garantire l'agente sulla bontà epistemica del contenuto acquisito.

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Il presente lavoro si rivolge all’analisi del ruolo delle forme metaforiche nella divulgazione della fisica contemporanea. Il focus è sugli aspetti cognitivi: come possiamo spiegare concetti fisici formalmente complessi ad un audience di non-esperti senza ‘snaturarne’ i significati disciplinari (comunicazione di ‘buona fisica’)? L’attenzione è sulla natura stessa della spiegazione e il problema riguarda la valutazione dell’efficacia della spiegazione scientifica a non-professionisti. Per affrontare tale questione, ci siamo orientati alla ricerca di strumenti formali che potessero supportarci nell’analisi linguistica dei testi. La nostra attenzione si è rivolta al possibile ruolo svolto dalle forme metaforiche nella costruzione di significati disciplinarmente validi. Si fa in particolare riferimento al ruolo svolto dalla metafora nella comprensione di nuovi significati a partire da quelli noti, aspetto fondamentale nel caso dei fenomeni di fisica contemporanea che sono lontani dalla sfera percettiva ordinaria. In particolare, è apparsa particolarmente promettente come strumento di analisi la prospettiva della teoria della metafora concettuale. Abbiamo allora affrontato il problema di ricerca analizzando diverse forme metaforiche di particolare rilievo prese da testi di divulgazione di fisica contemporanea. Nella tesi viene in particolare discussa l’analisi di un case-study dal punto di vista della metafora concettuale: una analogia di Schrödinger per la particella elementare. I risultati dell’analisi suggeriscono che la metafora concettuale possa rappresentare uno strumento promettente sia per la valutazione della qualità delle forme analogiche e metaforiche utilizzate nella spiegazione di argomenti di fisica contemporanea che per la creazione di nuove e più efficaci metafore. Inoltre questa prospettiva di analisi sembra fornirci uno strumento per caratterizzare il concetto stesso di ‘buona fisica’. Riteniamo infine che possano emergere altri risultati di ricerca interessanti approfondendo l’approccio interdisciplinare tra la linguistica e la fisica.

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Questo studio propone un'esplorazione dei nessi tra processi migratori ed esperienze di salute e malattia a partire da un'indagine sulle migrazioni provenienti dall'America latina in Emilia-Romagna. Contemporaneamente indaga i termini del dibattito sulla diffusione della Malattia di Chagas, “infezione tropicale dimenticata” endemica in America centro-meridionale che, grazie all'incremento dei flussi migratori transnazionali, viene oggi riconfigurata come 'emergente' in alcuni contesti di immigrazione. Attraverso i paradigmi teorico-metodologici disciplinari dell'antropologia medica, della salute globale e degli studi sulle migrazioni, si è inteso indagare la natura della relazione tra “dimenticanza” ed “emergenza” nelle politiche che caratterizzano il contesto migratorio europeo e italiano nello specifico. Si sono analizzate questioni vincolate alla legittimità degli attori coinvolti nella ridefinizione del fenomeno in ambito pubblico; alle visioni che informano le strategie sanitarie di presa in carico dell'infezione; alle possibili ricadute di tali visioni nelle pratiche di cura. Parte della ricerca si è realizzata all'interno del reparto ospedaliero ove è stato implementato il primo servizio di diagnosi e trattamento per l'infezione in Emilia-Romagna. È stata pertanto realizzata una etnografia fuori/dentro al servizio, coinvolgendo i principali soggetti del campo di indagine -immigrati latinoamericani e operatori sanitari-, con lo scopo di cogliere visioni, logiche e pratiche a partire da un'analisi della legislazione che regola l'accesso al servizio sanitario pubblico in Italia. Attraverso la raccolta di narrazioni biografiche, lo studio ha contribuito a far luce su peculiari percorsi migratori e di vita nel contesto locale; ha permesso di riflettere sulla validità di categorie come quella di “latinoamericano” utilizzata dalla comunità scientifica in stretta correlazione con il Chagas; ha riconfigurato il senso di un approccio attento alle connotazioni culturali all'interno di un più ampio ripensamento delle forme di inclusione e di partecipazione finalizzate a dare asilo ai bisogni sanitari maggiormente percepiti e alle esperienze soggettive di malattia.

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The death of a mother in childbirth leaving a newborn deserted is a sort of a desecration. This was a frequent event for early physicians. It was felt to be caused by miasmas or punishment from the gods. DaVinci felt the cause was milk stasis, Hippocrates - lochia, Virchow - weather. Then came Semmelweis, Pasteur and Lister. They started a battle with ignorance, hospital administration, budget and academic politics. Ending with the murder of Semmelweis!

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In an age of medical advances and specialization, Jean-Martin Charcot (1825-1893) helped found the discipline of neurology and in 1882 was appointed the first professor of Diseases of the Nervous System in France. As an investigator with broad interests and vast knowledge Charcot contributed to several other disciplines. An early mentor and dominant figure in Charcot's formative years was Pierre Rayer (1793-1867), famous for his seminal contributions to the study of the kidney, who gifted Charcot with his passion for clinical pathological correlations and likely a yearning for the study of kidney diseases. Famous for the clarity and incisiveness of his formal teaching presentations, Charcot lectured on the kidney at the Faculty of Medicine in Paris in 1877. Translated into English and published as a book titled Lectures on Bright's Disease, they became widely accessible and quoted in the literature through the present. In addition, at a time that he was already concentrating on the study of neurological disorders, Charcot maintained his life-long interest in the kidney and published original studies on the pathological changes of the kidney in gout and experimental lead poisoning, as well as supporting a study of hysterical ischuria by his students.

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William C. Moloney MD kept a personal journal, with photographs, for much of his two years in Japan with the Atomic Bomb Casualty Commission. In January of 1986, Dr.Moloney donated his journal, correspondence and diary pages to the Harris County Medical Archive. He died in 1998 at the age of 91. His first contribution was a set of ten reprints representing his work with the ABCC from 1952 to 1954. Dr.Moloney's journal is a fine document, one which will be of great use to historians. It is an important record of personal impressions, thoughts and details of events. The journal gives new insights into the work of the ABCC and into the people who participated in that work. Dr. Moloney wrote in his journal from April 1952 to February 1954. The Korean War was on and there was a great deal of military activity in southern Japan. The collection is open for research. The collection consists of a handwritten journal, loose calendar or notebook pages and some reprints. The journal is in generally fair condition. The paper is slightly acidic and the binding is loose. There are numerous photos glued onto the pages. The collection encompasses the years 1952-1954 and is 0.25 cubic feet (1 box).

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The Howard B. Hamilton, MD, papers, MS 66, includes material from 1945-1997 related to the Atomic Bomb Casualty Commission (ABCC) and the Radiation Effects Research Foundation (RERF). Hamilton was the Chief of Clinical Laboratories for the Atomic Bomb Casualty Commission from 1956 until its dissolution in 1975. He served in the same capacity for the Radiation Effects Research Foundation, which succeeded the ABCC, until 1984. This collection encompasses this period of time in Dr. Hamilton's career, as well as his related scholarly work after his retirement from RERF. Dr. Hamilton donated his collection of letters, reprints, newspaper articles, photographs, memos, and ephemera to the John P. McGovern Historical Collections and Research Center between 1985 and 2002. The collection is in good condition and consists of 3.75 cubic feet (10 boxes).