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Many educators have a history of sexual education characterized by sexual repression. Considering that the way people deal with their own sexuality may be related to the way they will approach the theme in the classroom, it is necessary to work with their sexual reeducation. Therefore, the present study aimed to investigate educators´s memory about childhood and adolescence sex education. For this purpose, eight educators wrote a redaction about his memories of family and school sex education. As a result, it could be seen that most of the participants described that their sexual education by family have been omissive and understanding the school was the place where they learned about the topic in biology classes and in informal conversations.

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Questa tesi di dottorato di ricerca ha come oggetto la nozione di fatto urbano elaborata e presentata da Aldo Rossi nel libro L’architettura della città edito nel 1966. Ne L’architettura della città sono molteplici le definizioni e le forme con cui è enunciata la nozione di fatto urbano. Nel corso della tesi si è indagato come la costruzione nel tempo di questo concetto è stata preceduta da diversi studi giovanili intrapresi dal 1953, poi riorganizzati e sintetizzati a partire dal 1963 in un quaderno manoscritto dal titolo “Manuale di urbanistica”, in diversi appunti e in due quaderni manoscritti. Il lavoro di ricerca ha ricostruito la formulazione della nozione di fatto urbano attraverso gli scritti di Rossi. In questa direzione la rilevazione della partecipazione di Rossi a dibattiti, seminari, riviste, corsi universitari o ricerche accademiche è apparsa di fondamentale importanza, per comprendere la complessità di un lavoro non riconducibile a dei concetti disciplinari, ma alla formazione di una teoria trasmissibile. Il tentativo di comprendere e spiegare la nozione di fatto urbano ha condotto ad esaminare l’accezione con cui Rossi compone L’architettura della città, che egli stesso assimila ad un trattato. L’analisi ha identificato come la composizione del libro non è direttamente riferibile ad un uso classico della stesura editoriale del trattato, la quale ha tra i riferimenti più noti nel passato la promozione di una pratica corretta come nel caso vitruviano o un’impalcatura instauratrice di una nuova categoria come nel caso dell’Alberti. La mancanza di un sistema globale e prescrittivo a differenza dei due libri fondativi e il rimando non immediato alla stesura di un trattato classico è evidente ne L’architettura della città. Tuttavia la possibilità di condurre la ricerca su una serie di documenti inediti ha permesso di rilevare come negli scritti a partire dal 1953, sia maturata una trattazione delle questioni centrali alla nozione di fatto urbano ricca di intuizioni, che aspirano ad un’autonomia, sintetizzate, seppure in modo non sistematico, nella stesura del celebre libro. Si è così cercato di mettere in luce la precisazione nel tempo della nozione di fatto urbano e della sua elaborazione nei molteplici scritti antecedenti la pubblicazione de L’architettura della città, precisando come Rossi, pur costruendo su basi teoriche la nozione di fatto urbano, ne indichi una visione progressiva, ossia un uso operativo sulla città. La ricerca si è proposta come obiettivo di comprendere le radici culturali della nozione di fatto urbano sia tramite un’esplorazione degli interessi di Rossi nel suo percorso formativo sia rispetto alla definizione della struttura materiale del fatto urbano che Rossi individua nelle permanenze e che alimenta nella sua definizione con differenti apporti derivanti da altre discipline. Compito di questa ricerca è stato rileggere criticamente il percorso formativo compiuto da Rossi, a partire dal 1953, sottolinearne gli ambiti innovativi e precisarne i limiti descrittivi che non vedranno mai la determinazione di una nozione esatta, ma piuttosto la strutturazione di una sintesi complessa e ricca di riferimenti ad altri studi. In sintesi la tesi si compone di tre parti: 1. la prima parte, dal titolo “La teoria dei fatti urbani ne L’architettura della città”, analizza il concetto di fatto urbano inserendolo all’interno del più generale contesto teorico contenuto nel libro L’architettura della città. Questo avviene tramite la scomposizione del libro, la concatenazione delle sue argomentazioni e la molteplicità delle fonti esplicitamente citate da Rossi. In questo ambito si precisa la struttura del libro attraverso la rilettura dei riferimenti serviti a Rossi per comporre il suo progetto teorico. Inoltre si ripercorre la sua vita attraverso le varie edizioni, le ristampe, le introduzioni e le illustrazioni. Infine si analizza il ruolo del concetto di fatto urbano nel libro rilevando come sia posto in un rapporto paritetico con il titolo del libro, conseguendone un’accezione di «fatto da osservare» assimilabile all’uso proposto dalla geografia urbana francese dei primi del Novecento. 2. la seconda parte, dal titolo “La formazione della nozione di fatto urbano 1953-66”, è dedicata alla presentazione dell’elaborazione teorica negli scritti di Rossi prima de L’architettura della città, ossia dal 1953 al 1966. Questa parte cerca di descrivere le radici culturali di Rossi, le sue collaborazioni e i suoi interessi ripercorrendo la progressiva definizione della concezione di città nel tempo. Si è analizzato il percorso maturato da Rossi e i documenti scritti fin dagli anni in cui era studente alla Facoltà di Architettura Politecnico di Milano. Emerge un quadro complesso in cui i primi saggi, gli articoli e gli appunti testimoniano una ricerca intellettuale tesa alla costruzione di un sapere sullo sfondo del realismo degli anni Cinquanta. Rossi matura infatti un impegno culturale che lo porta dopo la laurea ad affrontare discorsi più generali sulla città. In particolare la sua importante collaborazione con la rivista Casabella-continuità, con il suo direttore Ernesto Nathan Rogers e tutto il gruppo redazionale segnano il periodo successivo in cui compare l’interesse per la letteratura urbanistica, l’arte, la sociologia, la geografia, l’economia e la filosofia. Seguono poi dal 1963 gli anni di lavoro insieme al gruppo diretto da Carlo Aymonino all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e in particolare le ricerche sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, che portano Rossi a compiere una sintesi analitica per la fondazione di una teoria della città. Dall’indagine si rileva infatti come gli scritti antecedenti L’architettura della città sviluppano lo studio dei fatti urbani fino ad andare a costituire il nucleo teorico di diversi capitoli del libro. Si racconta così la genesi del libro, la cui scrittura si è svolta nell’arco di due anni, e le aspirazioni che hanno portato quello che era stato concepito come un “manuale d’urbanistica” a divenire quello che Rossi definirà “l’abbozzo di un trattato” per la formulazione di una scienza urbana. 3. la terza parte, dal titolo “La struttura materiale dei fatti urbani: la teoria della permanenza”, indaga monograficamente lo studio della città come un fatto materiale, un manufatto, la cui costruzione è avvenuta nel tempo e del tempo mantiene le tracce. Sul tema della teoria della permanenza è stato importante impostare un confronto con il dibattito vivo negli anni della ricostruzione dopo la guerra intorno ai temi delle preesistenze ambientali nella ricostruzione negli ambienti storici. Sono emersi fin da subito importanti la relazione con Ernesto Nathan Rogers, le discussioni sulle pagine di Casabella-Continuità, la partecipazione ad alcuni dibatti e ricerche. Si è inoltre Rilevato l’uso di diversi termini mutuati dalle tesi filosofiche di alcune personalità come Antonio Banfi e Enzo Paci, poi elaborati dal nucleo redazionale di Casabella-Continuità, di cui faceva parte anche Rossi. Sono così emersi alcuni spostamenti di senso e la formulazione di un vocabolario di termini all’interno della complessa vicenda della cultura architettonica degli anni Cinquanta e Sessanta. 1. Si è poi affrontato questo tema analizzando le forme con cui Rossi presenta la definizione della teoria della permanenza e i contributi desunti da alcuni autori per la costruzione scientifica di una teoria dell’architettura, il cui fine è quello di essere trasmissibile e di offrire strumenti di indagine concreti. Questa ricerca ha permesso di ipotizzare come il lavoro dei geografi francesi della prima metà del XX secolo, e in particolare il contributo più rilevante di Marcel Poëte e di Pierre Lavedan, costituiscono le fonti principali e il campo d’indagine maggiormente esplorato da Rossi per definire la teoria della permanenza e i monumenti. Le permanenze non sono dunque presentate ne L’architettura della città come il “tutto”, ma emergono da un metodo che sceglie di isolare i fatti urbani permanenti, consentendo così di compiere un’ipotesi su “ciò che resta” dopo le trasformazioni continue che operano nella città. Le fonti su cui ho lavorato sono state quelle annunciate da Rossi ne L’architettura della città, e più precisamente i testi nelle edizioni da lui consultate. Anche questo lavoro ha permesso un confronto dei testi che ha fatto emergere ne L’architettura della città l’uso di termini mutuati da linguaggi appartenenti ad altre discipline e quale sia l’uso di concetti estrapolati nella loro interezza. Presupposti metodologici Della formulazione della nozione di fatto urbano si sono indagate l’originalità dell’espressione, le connessioni presunte o contenute negli studi di Rossi sulla città attraverso la raccolta di fonti dirette e indirette che sono andate a formare un notevole corpus di scritti. Le fonti dirette più rilevanti sono state trovare nelle collezioni speciali del Getty Research Institute di Los Angeles in cui sono conservati gli Aldo Rossi Papers, questo archivio comprende materiali inediti dal 1954 al 1988. La natura dei materiali si presenta sotto forma di manoscritti, dattiloscritti, quaderni, documenti ciclostilati, appunti sparsi e una notevole quantità di corrispondenza. Negli Aldo Rossi Papers si trovano anche 32 dei 47 Quaderni Azzurri, le bozze de L’architettura della città e dell’ Autobiografia Scientifica. Per quanto riguarda in particolare L’architettura della città negli Aldo Rossi Papers sono conservati: un quaderno con il titolo “Manuale d’urbanistica, giugno 1963”, chiara prima bozza del libro, degli “Appunti per libro urbanistica estate/inverno 1963”, un quaderno con la copertina rossa datato 20 settembre 1964-8 agosto 1965 e un quaderno con la copertina blu datato 30 agosto 1965-15 dicembre 1965. La possibilità di accedere a questo archivio ha permesso di incrementare la bibliografia relativa agli studi giovanili consentendo di rileggere il percorso culturale in cui Rossi si è formato. E’ così apparsa fondamentale la rivalutazione di alcune questioni relative al realismo socialista che hanno portato a formare un più preciso quadro dei primi scritti di Rossi sullo sfondo di un complesso scenario intellettuale. A questi testi si è affiancata la raccolta delle ricerche universitarie, degli articoli pubblicati su riviste specializzate e degli interventi a dibattiti e seminari. A proposito de L’architettura della città si è raccolta un’ampia letteratura critica riferita sia al testo in specifico che ad una sua collocazione nella storia dell’architettura, mettendo in discussione alcune osservazioni che pongono L’architettura della città come un libro risolutivo e definitivo. Per quanto riguarda il capitolo sulla teoria della permanenza l’analisi è stata svolta a partire dai testi che Rossi stesso indicava ne L’architettura della città rivelando i diversi apporti della letteratura urbanistica francese, e permettendo alla ricerca di precisare le relazioni con alcuni scritti centrali e al contempo colti da Rossi come opportunità per intraprendere l’elaborazione dell’idea di tipo. Per quest’ultima parte si può precisare come Rossi formuli la sua idea di tipo in un contesto culturale dove l’interesse per questo tema era fondamentale. Dunque le fonti che hanno assunto maggior rilievo in quest’ultima fase emergono da un ricco panorama in cui Rossi compie diverse ricerche sia con il gruppo redazionale di Casabella-continuità, sia all’interno della scuola veneziana negli anni Sessanta, ma anche negli studi per l’ILSES e per l’Istituto Nazionale d’Urbanistica. RESEARCH ON THE NOTION OF URBAN ARTIFACT IN THE ARCHITECTURE OF THE CITY BY ALDO ROSSI. Doctoral candidate: Letizia Biondi Tutor: Valter Balducci The present doctoral dissertation deals with the notion of urban artifact that was formulated and presented by Aldo Rossi in his book The Architecture of the City, published in 1966. In The Architecture of the City, the notion of urban artifact is enunciated through a wide range of definitions and forms. In this thesis, a research was done on how the construction of this concept over time was preceded by various studies started in 1953 during the author’s youth, then re-organized and synthesized since 1963 in a manuscript titled “Manual of urban planning” and in two more manuscripts later on. The work of research re-constructed the formulation of the notion of urban artifact through Rossi’s writings. In this sense, the examination of Rossi’s participation in debates, seminars, reviews, university courses or academic researches was of fundamental importance to understand the complexity of a work which is not to be attributed to disciplinary concepts, but to the formulation of a communicable theory. The effort to understand and to explain the notion of urban artifact led to an examination of the meaning used by Rossi to compose The Architecture of the City, which he defines as similar to a treatise. Through this analysis, it emerged that the composition of the book is not directly ascribable to the classical use of editorial writing of a treatise, whose most famous references in the past are the promotion of a correct practice as in the case of Vitruvio’s treatise, or the use of a structure that introduces a new category as in the Alberti case. Contrary to the two founding books, the lack of a global and prescriptive system and the not immediate reference to the writing of a classical treatise are evident in The Architecture of the City. However, the possibility of researching on some unpublished documents allowed to discover that in the writings starting from 1953 the analysis of the questions that are at the core of the notion of urban artifact is rich of intuitions, that aim to autonomy and that would be synthesized, even though not in a systematic way, in his famous book. The attempt was that of highlighting the specification over time of the notion of urban artifact and its elaboration in the various writings preceding the publication of The Architecture of the City. It was also specified that, despite building on theoretical grounds, Rossi indicates a progressive version of the notion of urban artifact, that is a performing use in the city. The present research aims to understand the cultural roots of the notion of urban artifact in two main directions: analyzing, firstly, Rossi’s interests along his formation path and, secondly, the definition of material structure of an urban artifact identified by Rossi in the permanences and enriched by various contributions from other disciplines. The purpose of the present research is to revise the formation path made by Rossi in a critical way, starting by 1953, underlining its innovative aspects and identifying its describing limits, which will never lead to the formulation of an exact notion, but rather to the elaboration of a complex synthesis, enriched by references to other studies. In brief, the thesis is composed of three parts: 1. The first part, titled “The Theory of urban artifacts in The Architecture of the City”, analyzes the concept of urban artifact in the more general theoretical context of the book The Architecture of the City. Such analysis is done by “disassembling” the book, and by linking together the argumentations and the multiplicity of the sources which are explicitly quoted by Rossi. In this context, the book’s structure is defined more precisely through the revision of the references used by Rossi to compose his theoretical project. Moreover, the author’s life is traced back through the various editions, re-printings, introductions and illustrations. Finally, it is specified which role the concept of urban artifact has in the book, pointing out that it is placed in an equal relation with the book’s title; by so doing, the concept of urban artifact gets the new meaning of “fact to be observed”, similar to the use that was suggested by the French urban geography at the beginning of the 20th century. 2. The second part, titled “The formation of the notion of urban artifact 1953-66”, introduces the theoretical elaboration in Rossi’s writings before The Architecture of the City, that is from 1953 to 1966. This part tries to describe Rossi’s cultural roots, his collaborations and his interests, tracing back the progressive definition of his conception of city over time. The analysis focuses on the path followed by Rossi and on the documents that he wrote since the years as a student at the Department of Architecture at the Politecnico in Milan. This leads to a complex scenario of first essays, articles and notes that bear witness to the intellectual research aiming to the construction of a knowledge on the background of the Realism of the 1950s. Rossi develops, in fact, a cultural engagement that leads him after his studies to deal with more general issues about the city. In particular, his important collaboration with the architecture magazine “Casabella-continuità”, with the director Ernesto Nathan Rogers and with the whole redaction staff mark the following period when he starts getting interested in city planning literature, art, sociology, geography, economics and philosophy. Since 1963, Rossi has worked with the group directed by Carlo Aymonino at the “Istituto Universitario di Architettura” (University Institute of Architecture) in Venice, especially researching on building typologies and urban morphology. During these years, Rossi elaborates an analytical synthesis for the formulation of a theory about the city. From the present research, it is evident that the writings preceding The Architecture of the City develop the studies on urban artifacts, which will become theoretical core of different chapters of the book. In conclusion, the genesis of the book is described; written in two years, what was conceived to be an “urban planning manual” became a “treatise draft” for the formulation of an urban science, as Rossi defines it. 3. The third part is titled “The material structure of urban artifacts: the theory of permanence”. This research is made on the study of the city as a material fact, a manufacture, whose construction was made over time, bearing the traces of time. As far as the topic of permanence is concerned, it was also important to draw a comparison with the debate about the issues of environmental pre-existence of re-construction in historical areas, which was very lively during the years of the Reconstruction. Right from the beginning, of fundamental importance were the relationship with Ernesto Nathan Rogers, the discussions on the pages of Casabella-Continuità and the participation to some debates and researches. It is to note that various terms were taken by the philosophical thesis by some personalities such as Antonio Banfi and Enzo Paci, and then re-elaborated by the redaction staff at Casabella-Continuità, which Rossi took part in as well. Through this analysis, it emerged that there were some shifts in meaning and the formulation of a vocabulary of terms within the complex area of the architectonic culture in the 1950s and 1960s. Then, I examined the shapes in which Rossi introduces the definition of the theory of permanence and the references by some authors for the scientific construction of an architecture theory whose aim is being communicable and offering concrete research tools. Such analysis allowed making a hypothesis about the significance for Rossi of the French geographers of the first half of the 20th century: in particular, the work by Marcel Poëte and by Pierre Lavedan is the main source and the research area which Rossi mostly explored to define the theory of permanence and monuments. Therefore, in The Architecture of the City, permanencies are not presented as the “whole”, but they emerge from a method which isolates permanent urban artifacts, in this way allowing making a hypothesis on “what remains” after the continuous transformations made in the city. The sources examined were quoted by Rossi in The Architecture of the City; in particular I analyzed them in the same edition which Rossi referred to. Through such an analysis, it was possible to make a comparison of the texts with one another, which let emerge the use of terms taken by languages belonging to other disciplines in The Architecture of the City and which the use of wholly extrapolated concepts is. Methodological premises As far as the formulation of the notion of urban artifact is concerned, the analysis focuses on the originality of the expression, the connections that are assumed or contained in Rossi’s writings about the city, by collecting direct and indirect sources which formed a significant corpus of writings. The most relevant direct sources were found in the special collections of the Getty Research Institute in Los Angeles, where the “Aldo Rossi Papers” are conserved. This archive contains unpublished material from 1954 to 1988, such as manuscripts, typescripts, notebooks, cyclostyled documents, scraps and notes, and several letters. In the Aldo Rossi Papers there are also 32 out of the 47 Light Blue Notebooks (Quaderni Azzurri), the rough drafts of The Architecture of the City and of the “A Scientific Autobiography”. As regards The Architecture of the City in particular, the Aldo Rossi Papers preserve: a notebook by the title of “Urban planning manual, June, 1963”, which is an explicit first draft of the book; “Notes for urban planning book summer/winter 1963”; a notebook with a red cover dated September 20th, 1964 – August 8th, 1965; and a notebook with a blue cover dated August 30th, 1965 – December 15th, 1965. The possibility of accessing this archive allowed to increase the bibliography related to the youth studies, enabling a revision of the cultural path followed by Rossi’s education. To that end, it was fundamental to re-evaluate some issues linked to the socialist realism which led to a more precise picture of the first writings by Rossi against the background of the intellectual scenario where he formed. In addition to these texts, the collection of university researches, the articles published on specialized reviews and the speeches at debates and seminars were also examined. About The Architecture of the City, a wide-ranging critical literature was collected, related both to the text specifics and to its collocation in the story of architecture, questioning some observations which define The Architecture of the City as a conclusive and definite book. As far as the chapter on the permanence theory is concerned, the analysis started by the texts that Rossi indicated in The Architecture of the City, revealing the different contributions from the French literature on urban planning. This allowed to the present research a more specific definition of the connections to some central writings which, at the same time, were seen by Rossi as an opportunity to start up the elaboration of the idea of type. For this last part, it can be specified that Rossi formulates his idea of type in a cultural context where the interest in this topic was fundamental. Therefore, the sources which played a central role in this final phase emerge from an extensive panorama in which Rossi researched not only with the redaction staff at Casablanca-continuità and within the School of Venice in the 1960s, but also in his studies for the ILSES (Institute of the Region Lombardia for Economics and Social Studies) and for the National Institute of Urban Planning.

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Utilizzando fonti della più diversa tipologia (liturgiche, agiografiche, storiche, letterarie, archeologiche ed epigrafiche), lo studio condotto sulla Passio s. Prisci e sulla Vita s. Castrensis, entrambe con ogni probabilità composte da monaci benedettini a Capua tra X e XI secolo, si concentra innanzitutto sulle vicende che in quell'arco di tempo resero possibile la permanenza delle comunità di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno nel centro campano e sul riflesso che la loro presenza ebbe sulla vita politica e culturale della città. La Passio s. Prisci acquista una valenza non solo religiosa ma anche politica se messa in relazione con la quasi contemporanea istituzione della metropolia capuana; la Vita s. Castrensis, per la netta prevalenza dell'elemento fantastico e soprannaturale che la caratterizza, appare meno legata alle contingenze storico-politiche e più vicina ai topoi della tradizione agiografica e popolare. I capitoli centrali della tesi sono dedicati alla figura di Quodvultdeus, vescovo cartaginese esiliato dai Vandali nel V secolo, la cui vicenda, narrata da Vittore di Vita nell'Historia persecutionis africanae provinciae ha funto da modello per le agigrafie campane. La ricerca prende dunque in considerazione le fonti letterarie, i ritrovamenti archeologici e le testimonianze epigrafiche che confermerebbero la testimonianza di Vittore, riflettendo inoltre sui rapporti di natura commerciale che nel V secolo intercorsero tra Africa e Campania e sul forte legame esistente, già a partire dal secolo precedente, tra le Chiese delle due regioni, fattori che potrebbero aver facilitato l'arrivo degli esuli cartaginesi a Napoli. L'ultima parte del lavoro è volta a rintracciare le ragioni storiche e letterarie che possono aver spinto gli autori dei testi a trasformare due santi di sicura origine campana in vescovi africani venuti dal mare, favorendo la diffusione del topos nell'agiografia campana medievale.

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El manuscrito P (Biblioteca Nacional de Francia) del Libro del cavallero Zifar es un códice de fines del siglo XV que, debido a las cerca de 240 ilustraciones que contiene, permite apreciar la dinámica particular de producción y recepción de aquellos manuscritos medievales en los que se conjugan el texto y la imagen como configuradores de sentido. A través de la focalización de un grupo de ilustraciones miniadas que dan cuenta de la dinámica de la aventura caballeresca, centrada tanto en Zifar como en su familia, el presente trabajo postula la relación de esas imágenes con el texto en una retórica deudora tanto de la redacción inicial del texto como de su recepción más de un siglo y medio después

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El manuscrito P (Biblioteca Nacional de Francia) del Libro del cavallero Zifar es un códice de fines del siglo XV que, debido a las cerca de 240 ilustraciones que contiene, permite apreciar la dinámica particular de producción y recepción de aquellos manuscritos medievales en los que se conjugan el texto y la imagen como configuradores de sentido. A través de la focalización de un grupo de ilustraciones miniadas que dan cuenta de la dinámica de la aventura caballeresca, centrada tanto en Zifar como en su familia, el presente trabajo postula la relación de esas imágenes con el texto en una retórica deudora tanto de la redacción inicial del texto como de su recepción más de un siglo y medio después

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El manuscrito P (Biblioteca Nacional de Francia) del Libro del cavallero Zifar es un códice de fines del siglo XV que, debido a las cerca de 240 ilustraciones que contiene, permite apreciar la dinámica particular de producción y recepción de aquellos manuscritos medievales en los que se conjugan el texto y la imagen como configuradores de sentido. A través de la focalización de un grupo de ilustraciones miniadas que dan cuenta de la dinámica de la aventura caballeresca, centrada tanto en Zifar como en su familia, el presente trabajo postula la relación de esas imágenes con el texto en una retórica deudora tanto de la redacción inicial del texto como de su recepción más de un siglo y medio después

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El trabajo se enmarca dentro de los proyecto INTEGRATE y EURECA, cuyo objetivo es el desarrollo de una capa de interoperabilidad semántica que permita la integración de datos e investigación clínica, proporcionando una plataforma común que pueda ser integrada en diferentes instituciones clínicas y que facilite el intercambio de información entre las mismas. De esta manera se promueve la mejora de la práctica clínica a través de la cooperación entre instituciones de investigación con objetivos comunes. En los proyectos se hace uso de estándares y vocabularios clínicos ya existentes, como pueden ser HL7 o SNOMED, adaptándolos a las necesidades particulares de los datos con los que se trabaja en INTEGRATE y EURECA. Los datos clínicos se representan de manera que cada concepto utilizado sea único, evitando ambigüedades y apoyando la idea de plataforma común. El alumno ha formado parte de un equipo de trabajo perteneciente al Grupo de Informática de la UPM, que a su vez trabaja como uno de los socios de los proyectos europeos nombrados anteriormente. La herramienta desarrollada, tiene como objetivo realizar tareas de homogenización de la información almacenada en las bases de datos de los proyectos haciendo uso de los mecanismos de normalización proporcionados por el vocabulario médico SNOMED-CT. Las bases de datos normalizadas serán las utilizadas para llevar a cabo consultas por medio de servicios proporcionados en la capa de interoperabilidad, ya que contendrán información más precisa y completa que las bases de datos sin normalizar. El trabajo ha sido realizado entre el día 12 de Septiembre del año 2014, donde comienza la etapa de formación y recopilación de información, y el día 5 de Enero del año 2015, en el cuál se termina la redacción de la memoria. El ciclo de vida utilizado ha sido el de desarrollo en cascada, en el que las tareas no comienzan hasta que la etapa inmediatamente anterior haya sido finalizada y validada. Sin embargo, no todas las tareas han seguido este modelo, ya que la realización de la memoria del trabajo se ha llevado a cabo de manera paralela con el resto de tareas. El número total de horas dedicadas al Trabajo de Fin de Grado es 324. Las tareas realizadas y el tiempo de dedicación de cada una de ellas se detallan a continuación:  Formación. Etapa de recopilación de información necesaria para implementar la herramienta y estudio de la misma [30 horas.  Especificación de requisitos. Se documentan los diferentes requisitos que ha de cumplir la herramienta [20 horas].  Diseño. En esta etapa se toman las decisiones de diseño de la herramienta [35 horas].  Implementación. Desarrollo del código de la herramienta [80 horas].  Pruebas. Etapa de validación de la herramienta, tanto de manera independiente como integrada en los proyectos INTEGRATE y EURECA [70 horas].  Depuración. Corrección de errores e introducción de mejoras de la herramienta [45 horas].  Realización de la memoria. Redacción de la memoria final del trabajo [44 horas].---ABSTRACT---This project belongs to the semantic interoperability layer developed in the European projects INTEGRATE and EURECA, which aims to provide a platform to promote interchange of medical information from clinical trials to clinical institutions. Thus, research institutions may cooperate to enhance clinical practice. Different health standards and clinical terminologies has been used in both INTEGRATE and EURECA projects, e.g. HL7 or SNOMED-CT. These tools have been adapted to the projects data requirements. Clinical data are represented by unique concepts, avoiding ambiguity problems. The student has been working in the Biomedical Informatics Group from UPM, partner of the INTEGRATE and EURECA projects. The tool developed aims to perform homogenization tasks over information stored in databases of the project, through normalized representation provided by the SNOMED-CT terminology. The data query is executed against the normalized version of the databases, since the information retrieved will be more informative than non-normalized databases. The project has been performed from September 12th of 2014, when initiation stage began, to January 5th of 2015, when the final report was finished. The waterfall model for software development was followed during the working process. Therefore, a phase may not start before the previous one finishes and has been validated, except from the final report redaction, which has been carried out in parallel with the others phases. The tasks that have been developed and time for each one are detailed as follows:  Training. Gathering the necessary information to develop the tool [30 hours].  Software requirement specification. Requirements the tool must accomplish [20 hours].  Design. Decisions on the design of the tool [35 hours].  Implementation. Tool development [80 hours].  Testing. Tool evaluation within the framework of the INTEGRATE and EURECA projects [70 hours].  Debugging. Improve efficiency and correct errors [45 hours].  Documenting. Final report elaboration [44 hours].

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A dissertação objetiva estudar o papel que o apocalipsismo, desempenhou na história e no contexto da redação do oráculo isaiano em Isaías 24,1-6. A proposta é de que sua função foi de grande importância no processo de formação do judaísmo pós-exílico, fomentando uma nova reidentificação e reetnização dos israelitas-judaítas num contexto de frustração nacionalista e religiosa que gerou uma grande heterogeneidade teológica. Identificamos este contexto como sendo o ambiente em que se deu um complexo processo de transição sócio-teológica na história dos judaitas no período de dominação persa. O apocalipsismo, enquanto fenômeno religioso e sócio-histórico, se mostrou como resultado de uma realidade hostil e desumanizadora na qual a identidade teológico-cultural e os relacionamentos sócioeconômicos das pessoas foram extremamente ameaçados e violentados gerando uma contraposição aos desígnios de Yahweh expressos na aliança firmada por ele para com seu povo. Através da pesquisa e análise exegética de Isaías 24,1-6, a presente dissertação propõe que, a partir dessa realidade conflituosa, a profecia apocalipsista isaiana se manifesta contra as estruturas e suas articulações geradoras de segregação e desumanidade, lançando uma esperança no ato transformador por intermédio de Yahweh, o senhor da história, que possibilita um reverso histórico, a partir do qual será possível reconstruir relacionamentos favoráveis no âmbito social e espiritual.(AU)

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A dissertação objetiva estudar o papel que o apocalipsismo, desempenhou na história e no contexto da redação do oráculo isaiano em Isaías 24,1-6. A proposta é de que sua função foi de grande importância no processo de formação do judaísmo pós-exílico, fomentando uma nova reidentificação e reetnização dos israelitas-judaítas num contexto de frustração nacionalista e religiosa que gerou uma grande heterogeneidade teológica. Identificamos este contexto como sendo o ambiente em que se deu um complexo processo de transição sócio-teológica na história dos judaitas no período de dominação persa. O apocalipsismo, enquanto fenômeno religioso e sócio-histórico, se mostrou como resultado de uma realidade hostil e desumanizadora na qual a identidade teológico-cultural e os relacionamentos sócioeconômicos das pessoas foram extremamente ameaçados e violentados gerando uma contraposição aos desígnios de Yahweh expressos na aliança firmada por ele para com seu povo. Através da pesquisa e análise exegética de Isaías 24,1-6, a presente dissertação propõe que, a partir dessa realidade conflituosa, a profecia apocalipsista isaiana se manifesta contra as estruturas e suas articulações geradoras de segregação e desumanidade, lançando uma esperança no ato transformador por intermédio de Yahweh, o senhor da história, que possibilita um reverso histórico, a partir do qual será possível reconstruir relacionamentos favoráveis no âmbito social e espiritual.(AU)

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Torna-se muito importante demonstrar as experiências cristãs que existiram e coexistiram juntas ou/e imersas nas culturas extrapalestinenses e que exerceram protagonismo no anúncio do querigma. São experiências cristãs vividas e realizadas no período do cristianismo primitivo, e que, sem dúvida, contribuíram significativamente para o seu processo de expansão. Apresentamos a perícope Atos 8,26-40. Trata-se do episódio de Filipe e o Etíope. Acontece um deslocamento do eixo geográfico-missionário de Samaria ao caminho que desce de Jerusalém a Gaza , retornando a Cesaréia. O texto abre o horizonte das experiências cristãs a outros povos e nações, representadas nesta perícope pela figura do Etíope eunuco. Partindo de Atos 8,26-40, na perspectiva da redação lucana como ponto de partida, por meio dos procedimentos exegéticos e dos recursos histórico- literários, apoiado no referencial teórico dos conceitos de etnicidade e fronteiras étnicas, nós pretendemos investigar a possibilidade de uma experiência cristã vivenciada na Etiópia, que se constrói etnicamente desde as identidades que interagem na perícope e que apontam ao imaginário do universo simbólico do Etíope. Assim, resgataremos na exegese bíblica pautas hermenêuticas para a nossa prática teológico-bíblica-pastoral no horizonte das identidades e fronteiras étnicas do universo afro americano e caribenho.

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Torna-se muito importante demonstrar as experiências cristãs que existiram e coexistiram juntas ou/e imersas nas culturas extrapalestinenses e que exerceram protagonismo no anúncio do querigma. São experiências cristãs vividas e realizadas no período do cristianismo primitivo, e que, sem dúvida, contribuíram significativamente para o seu processo de expansão. Apresentamos a perícope Atos 8,26-40. Trata-se do episódio de Filipe e o Etíope. Acontece um deslocamento do eixo geográfico-missionário de Samaria ao caminho que desce de Jerusalém a Gaza , retornando a Cesaréia. O texto abre o horizonte das experiências cristãs a outros povos e nações, representadas nesta perícope pela figura do Etíope eunuco. Partindo de Atos 8,26-40, na perspectiva da redação lucana como ponto de partida, por meio dos procedimentos exegéticos e dos recursos histórico- literários, apoiado no referencial teórico dos conceitos de etnicidade e fronteiras étnicas, nós pretendemos investigar a possibilidade de uma experiência cristã vivenciada na Etiópia, que se constrói etnicamente desde as identidades que interagem na perícope e que apontam ao imaginário do universo simbólico do Etíope. Assim, resgataremos na exegese bíblica pautas hermenêuticas para a nossa prática teológico-bíblica-pastoral no horizonte das identidades e fronteiras étnicas do universo afro americano e caribenho.

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"Mit der bearbeitung und redaction der vorliegenden reisebeschreibung in deutscher und englischer sprache wurde Herr dr. Karl v. Scherzer beauftragt."--Vorwort.

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Includes proceedings of various congresses and societies on hypnotism.

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