57 resultados para parthenogenesis
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
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Reprinted from various sources.
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Includes bibliographical references.
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Bound with his: Observationes quaedam entomologicae de oxybelo uniglume atque miltogramma conica. Erlangae : Typis Kunstmannianis, 1841, and, Ueber Parthenogenesis. München : Auf Kosten der K. Akademie, 1862.
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Mode of access: Internet.
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Properties relevant to the ovipositional activity and lifetime productivity of Coccidoxenoides peregrinus (Timberlake) were assessed in the laboratory, to determine the potential of this species as a biocontrol agent against the citrus mealybug, Planococcus citri (Risso). In general, this species has not performed well in orchards, except for a few localities on different continents. The mode of reproduction of C peregrinus is almost entirely thelytokous, with males produced sporadically and at low frequency. The females have both pro-ovigenic and synovigenic traits, which raises questions of the utility of this distinction. The females have a high reproductive potential with 10-20 eggs per day available within the first two days (after a short (12 h) pre-oviposition period), and 80-150 eggs per day thereafter until death at about eight days. Mean lifetime fecundity was 239.2 +/- 34.3 eggs. C peregrinus oviposits across a range of P. citri instars, but productivity relies predominantly on second instar hosts. Second stage (N2) hosts received most eggs in choice (about 52%) and no-choice (about 50%) tests. Most eggs deposited into N2 hosts (82%) reached adult stage whereas only a few of those deposited into N1 and N3 (about 5% each) developed successfully. The haemolymph of parasitised reproductive mealybugs contained granular structures and no parasitoid eggs were found 24 h after exposure to ovipositing wasps. Also, no wasps emerged from parasitised adult hosts that were kept alive. Parasitoid eggs deposited into adult hosts were presumed encapsulated and destroyed, as control mealybugs (not exposed to female wasps) had no granular structures in their haemolymph. Wasps exposed to an abundance of hosts soon started ovipositing, but only for a relatively short time each day (about 2.5 h out of a 7 h exposure). They stopped ovipositing despite eggs judged to be mature in their ovaries. The reproductive output of C peregrinus is discussed in relation to the ecological factors that could influence this output, and the implications for biocontrol are discussed. (C) 2003 Elsevier Inc. All rights reserved.
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Wolbachia is an endosymbiont of diverse arthropod lineages that can induce various alterations of host reproduction for its own benefice. Cytoplasmic incompatibility (CI) is the most common phenomenon, which results in embryonic lethality when males that bear Wolbachia are mated with females that do not. In the cherry fruit fly, Rhagoletis cerasi, Wolbachia seems to be responsible for previously reported patterns of incompatibility between populations. Here we report on the artificial transfer of two Wolbachia variants (wCer1 and wCer2) from R. cerasi into Drosophila simulans, which was performed with two major goals in mind: first, to isolate wCer1 from wCer2 in order to individually test their respective abilities to induce Cl in the new host; and, second, to test the theoretical prediction that recent Wolbachia-host associations should be characterized by high levels of CI, fitness costs to the new host, and inefficient transmission from mothers to offspring. wCer1 was unable to develop in the new host, resulting in its rapid loss after successful injection, while wCer2 was established in the new host. Transmission rates of wCer2 were low, and the infection showed negative fitness effects, consistent with our prediction, but CI levels were unexpectedly lower in the new host. Based on these parameter estimates, neither wCer1 nor wCer2 could be naturally maintained in D. simulans. The experiment thus suggests that natural Wolbachia transfer between species might be restricted by many factors, should the ecological barriers be bypassed.
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Wolbachia bacteria are common intracellular symbionts of arthropods and have been extensively studied in Drosophila. Most research focuses on two Old Word hosts, Drosophila melanogaster and Drosophila simulans, and does not take into account that some of the Wolbachia associations in these species may have evolved only after their fast global expansion and after the exposure to Wolbachia of previously isolated habitats. Here we looked at Wolbachia of Neotropical Drosophila species. Seventy-one lines of 16 Neotropical Drosophild species sampled in different regions and at different time points were analyzed. Wolbachia is absent in lines of Drosophild willistoni collected before the 1970s, but more recent samples are infected with a strain designated wWiL Wolbachia is absent in all other species of the willistoni group. Polymorphic wWil-related strains were detected in some saltans group species, with D. septentriosaltans being coinfected with at least four variants. Based on wsp and ftsZ sequence data, wWil of D. willistoni is identical to wAu, a strain isolated from D. simulans, but can be discriminated when using a polymorphic minisatellite marker. In contrast to wAu, which infects both germ line and somatic tissues of D. simulans, wWil is found exclusively in the primordial germ line cells of D. willistoni embryos. We report on a pool of closely related Wolbachia strains in Neotropical Drosophila species as a potential source for the wAu strain in D. simulans. Possible evolutionary scenarios reconstructing the infection history of wAu-like Wolbachia in Neotropical Drosophild species and the Old World species D. simulans are discussed.
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Recently shown in some termites, Asexual Queen Succession (AQS) is a reproductive strategy in which the primary queen is replaced by numerous parthenogenetically-produced neotenic queens that mate with the primary king. In contrast, the workforce and alate dispersers are produced sexually. If the primary king is replaced by a sexually-produced neotenic son, the matings between neotenic male and females beget asymmetries in the reproductive value of alates, promoting a female-biased alate sex-ratio. Cavitermes tuberosus (Termitidae: Termitinae) is a soil-feeding tropical species, which shows parthenogenetically-produced neotenics and an AQS syndrome. Our work aims to characterize the reproductive strategies in this species by determining (i) the developmental scheme, (ii) the genetic origin of sexuals, (iii) the level of genetic structure (analysis of 65 nests distributed in 14 sites) and (iv) the alate sex-ratio.Our results show that (i) neotenic females develop from the third or fourth nymphal instar; (ii) the majority of neotenic females (82%) are parthenogenetically-produced while only 2% of female alates are so; (iii) nests are differentiated within sites, indicating that the foundation of new nests mainly occurs by nuptial flights; (iv) numerical sex-ratio of alate-destined sexuals is balanced (SRN=0.509, IC95%=0.497-0.522) while investment sex-ratio is slightly female-biased (SRE=0.529, IC95%=0.517-0.542). Altogether, our results demonstrate AQS and its implications in C. tuberosus, and reveal particularities compared to other species in which AQS has been demonstrated: neotenic-headed nests are less frequent than primary-headed ones and neotenic females never become physogastric. AQS is found in various ecological contexts and seems phylogenetically more widespread than previously thought. This strategy shows some evolutionary advantages but these seem to differ depending on species.
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The spread of invasive organisms is one of the greatest threats to ecosystems and biodiversity worldwide. Understanding the evolutionary and ecological factors responsible for the transport, introduction, establishment and spread of invasive species will assist the development of control strategies. The New Zealand mudsnail, Potamopyrgus antipodarum (Gray 1843) (Gastropoda: Hydrobiidae), is a global freshwater invader, with populations established in Europe, Asia, the Americas and Australia. While sexual and asexual P. antipodarum coexist in the native range, invasive populations reproduce by parthenogenesis, producing dense populations that compete for resources with native species. Potamopyrgus antipodarum is a natural model system for the study of evolutionary and ecological processes underlying invasion. This thesis assesses the invasion history, genetic diversity and ecology of P. antipodarum in Australia, with particular focus on: a) potential source populations, b) distribution and structure of populations, and c) species traits related to the establishment, persistence and spread of invasive P. antipodarum. Genetic analyses were carried out on specimens collected for this study from New Zealand and Australia, along with existing museum samples. In combination with published data, the analyses revealed low genetic diversity among and within invasive populations in south-eastern Australia, relative to New Zealand populations. Phylogenetic relationships inferred from mitochondrial sequences indicated that the Australian populations belong to clades dominated by parthenogenetic haplotypes that are known to be present in Europe and the US. These ‘invasive clades’ are likely to originate from the North Island of New Zealand, and suggest a role for selection in determining genetic composition of invasive populations. The genotypic diversity of Australian P. antipodarum was low, with few, closely related clones distributed across south-eastern Australia. The pattern of clone distribution was not consistent with any assessed geographical or abiotic factors; instead a few, widely-distributed clones were present in high frequencies at most sites. Differences in clone frequencies were found, which may indicate differential success of clonal lineages. A range of traits have been proposed as facilitators of invasion success, and within-species variation in these traits can promote differential success of genotypes. Using laboratory-based experiments, the performance of the three most common Australian clones was tested across a suite of invasion-relevant traits. Ecologically-relevant variation in traits was found among the clones. These differences may have determined the spatial distribution of clones, and may continue to do so into the future. This thesis found that the P. antipodarum invasion of Australia is the result of few introductions of a small number of globally-invasive genotypes that vary in ecologically-relevant traits. From a source of considerable genetic diversity in the native range, very few genotypes have become invasive. Those that are invasive appear to be very successful at continental scales. These findings highlight a capacity in asexual invaders to successfully invade, and potentially adapt to, a broad range of ecosystems. The P. antipodarum invasion system is amenable to research using combinations of field-based studies, molecular and laboratory approaches, and is likely to yield significant, broadly-applicable insights into invasion.
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Background: Partially clonal organisms are very common in nature, yet the influence of partial asexuality on the temporal dynamics of genetic diversity remains poorly understood. Mathematical models accounting for clonality predict deviations only for extremely rare sex and only towards mean inbreeding coefficient (F-IS) over bar < 0. Yet in partially clonal species, both F-IS < 0 and F-IS > 0 are frequently observed also in populations where there is evidence for a significant amount of sexual reproduction. Here, we studied the joint effects of partial clonality, mutation and genetic drift with a state-and-time discrete Markov chain model to describe the dynamics of F-IS over time under increasing rates of clonality. Results: Results of the mathematical model and simulations show that partial clonality slows down the asymptotic convergence to F-IS = 0. Thus, although clonality alone does not lead to departures from Hardy-Weinberg expectations once reached the final equilibrium state, both negative and positive F-IS values can arise transiently even at intermediate rates of clonality. More importantly, such "transient" departures from Hardy Weinberg proportions may last long as clonality tunes up the temporal variation of F-IS and reduces its rate of change over time, leading to a hyperbolic increase of the maximal time needed to reach the final mean (F-IS,F-infinity) over bar value expected at equilibrium. Conclusion: Our results argue for a dynamical interpretation of F-IS in clonal populations. Negative values cannot be interpreted as unequivocal evidence for extremely scarce sex but also as intermediate rates of clonality in finite populations. Complementary observations (e.g. frequency distribution of multiloci genotypes, population history) or time series data may help to discriminate between different possible conclusions on the extent of clonality when mean (F-IS) over bar values deviating from zero and/or a large variation of F-IS over loci are observed.
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No funding agencies or grants indicated in the publication.