990 resultados para gruppo fondamentale


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

La tesi tratta dei gruppi semplici sporadici, in particolar modo dei gruppi di Mathieu. Sono state ripercorse tappe storiche fondamentali, a partire dalla semplicità del gruppo alterno An, n>4, nota a Galois, fino a giungere al teorema di classificazione dei gruppi semplici, di cui i gruppi sporadici rappresentano un caso particolare. Vengono poi proposte diverse costruzioni dei gruppi di Mathieu, passando dall'algebra alla geometria fino alla teoria dell'informazione. Quindi vengono discusse le proprietà principali dei gruppi di Mathieu, e infine si presentano congetture in cui i gruppi di Mathieu, o più in generale i gruppi sporadici, giocano un ruolo fondamentale, come ad esempio nella congettura "moonshine". Al termine della tesi vengono presentati i gruppi di Mathieu in ambiti diversi dal mondo matematico, dal gioco alla musica.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

La salute orale dei soggetti affetti da patologie sistemiche responsabili di disabilità fisiche e/o psichiche, in particolare in età evolutiva, è un obiettivo da perseguire di primaria importanza al fine di migliorare la qualità della vita del bambino e garantirgli un buon inserimento nel contesto sociale. Ricerche sperimentali e cliniche hanno individuato i momenti eziopatogenetici delle diverse problematiche che si riscontrano a carico del cavo orale, con una frequenza superiore nei pazienti disabili rispetto alla restante popolazione, attribuendo ai batteri formanti la placca e a quelli con la capacità di indurre un danno parodontale un ruolo chiave. Diversi sono stati i protocolli di prevenzione e terapia proposti nel tempo, costruiti proprio in relazione all’età del soggetto ed alla tipologia della disabilità; tuttavia risulta di fondamentale importanza chiarire il complesso rapporto tra la popolazione microbica orale e l'ospite nello stato di malattia. In un contesto del genere, intento del lavoro di ricerca è proprio quello di portare a termine un progetto di bonifica dentaria su un gruppo di pazienti in età compresa tra i 2 e i 17 anni, affetti da patologie sistemiche e patologie del cavo orale, sulla base di un profilo microbiologico, a partire da tamponi salivari e prelievi parodontali. Stilando il profilo microbiologico del “gruppo campione” e confrontandolo con quello di un gruppo di pazienti di controllo, lo studio si propone di riuscire a delineare i miglioramenti, qualora ci fossero, post terapia odontostomatologica e di riuscire a trovare una base microbiologica alle patologie extra -orali annesse.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

L’aumento dei costi in sanità, l’aumentata prevalenza delle patologie croniche, le disuguaglianze attuali, evidenziano la domanda crescente di una popolazione fragile che richiede una risposta globale ai bisogni della persona nel suo insieme, attraverso la costruzione di un sistema sanitario integrato che ne garantisca una presa in carico efficace. Riuscire a gestire le patologie croniche in modo appropriato è la sfida a cui sono chiamati i professionisti socio-sanitari; ma quali sono gli elementi per riuscirci? Le evidenze scientifiche dimostrano che è fondamentale l’integrazione tra i professionisti e lo sviluppo dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). In quest’ottica, in Italia e in particolare in Emilia-Romagna e nell’Azienda USL di Bologna si sono succeduti, e ancora si stanno evolvendo, diversi modelli di organizzazione per migliorare la gestione appropriata delle patologie croniche e l’aderenza alle linee guida e/o ai PDTA. Il ruolo del medico di medicina generale (MMG) è ancora fondamentale e il suo contributo integrato a quello degli gli altri professionisti coinvolti sono imprescindibili per una buona gestione e presa in carico del paziente cronico. Per questo motivo, l’Azienda USL di Bologna ha sviluppato e implementato una politica strategica aziendale volta a disegnare i PDTA e incoraggiato la medicina generale a lavorare sempre di più in gruppo, rispetto al modello del singolo medico. Lo studio ha individuato nelle malattie cardiovascolari, che rimangono la causa principale di morte e morbilità, il suo focus prendendo in esame, in particolare,lo scompenso cardiaco e il post-IMA. L’obiettivo è verificare se e quanto il modello organizzativo, le caratteristiche del medico e del paziente influiscono sul buon management delle patologie croniche in esame valutando la buona adesione alla terapia farmacologica raccomandata dalle linee guida e/o PDTA dello scompenso cardiaco e post-IMA.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Il lavoro concerne il gruppo delle trecce, il suo legame con i link e si concentra sui teoremi di Markov e Alexander.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Questo lavoro si occupa di studiare l’effetto delle rappresentazioni sociali della musica degli studenti universitari che diventeranno insegnanti di scuola dell’infanzia e in particolare i cambiamenti che intervengono durante il periodo di formazione universitaria sia italiana sia venezuelana. Obiettivo fondamentale è quindi realizzare un’analisi comparativa sulle seguenti tematiche: bambino musicale, competenze dell’insegnante e finalità dell’educazione musicale. Questo lavoro si è inserito all’interno del progetto “Il sapere musicale come rappresentazione sociale” (Addessi-Carugati 2010). L’ipotesi guida è che le concezioni implicite della musica funzionino come rappresentazioni sociali che influenzano le pratiche dell’insegnamento e dell’educazione musicale. Il primo capitolo, affronta i temi dei bambini, degli insegnanti e dell’educazione musicale nella scuola dell’infanzia in Italia e Venezuela. Nel secondo vengono presentati gli studi sui saperi musicali; la teoria delle rappresentazioni sociali (Moscovici 1981) e il progetto pilota realizzato presso l’Università di Bologna “Il sapere musicale come Rappresentazione Sociale”. Il capitolo successivo presenta l'analisi e l'interpretazione dell’indagine empirica effettuata su un gruppo di studenti dei corsi di formazione per insegnanti dell’Università di Mérida (Venezuela). Nel quarto capitolo si sviluppano riflessioni e discussioni riguardo i risultati dello studio comparativo; i piani e programmi di studio universitari e il profilo professionale musicale dell’insegnante. Le conclusioni finali illustrano come l’ipotesi iniziale sia effettivamente confermata: dall’analisi e interpretazione dei dati sembra che le concezioni implicite sui saperi musicali possedute dagli studenti influiscano sulla loro pratica professionale in qualità di futuri insegnanti. Si è anche osservato che le differenze incontrate sembrano essere dovute ai diversi tipi di variabili del contesto dove si trova l’insegnante di educazione musicale; e soprattutto ai significati espressi dai programmi di studi, dai contenuti didattici diversi, dai contesti sociali e culturali e dal curriculum universitario.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Il forte incremento della popolazione mondiale, la continua crescita del tenore di vita e del livello di consumi hanno portato negli ultimi decenni ad un enorme aumento della richiesta mondiale di energia. Diviene pertanto fondamentale ricercare nuovi metodi altamente efficienti di produzione, trasporto ed utilizzo di energia, che migliorino la qualità della vita dell’uomo e nello stesso tempo salvaguardino il clima e l’ambiente. Proprio a questo proposito, in questi ultimi anni, vi è un crescente interesse nei riguardi della molecola di idrogeno, H2. Ad oggi è impossibile sostituire i combustibili fossili con l’idrogeno, per motivi prettamente tecnologici (difficoltà nello stoccaggio e nel trasporto) e per motivi legati alla sua produzione. Infatti, l’idrogeno è sì uno degli elementi più presenti in natura, ma non come sostanza gassosa pura bensì in forma combinata, generalmente acqua, quindi per produrlo è necessario rompere il legame con l’elemento con cui è combinato, consumando energia; questo spiega il motivo per cui l’idrogeno viene considerato un vettore di energia e non una fonte di energia. La produzione di idrogeno, o meglio del suo equivalente costituito da un flusso di elettroni e protoni, dall’acqua è un processo che avviene in natura, precisamente nelle cellule vegetali durante la prima fase della fotosintesi clorofilliana. Tale processo mostra l’importanza dei complessi bio-inorganici che vi partecipano, ai quali si ispira la ricerca di nuovi efficienti catalizzatori per la produzione di idrogeno mediante scissione catalitica dell’acqua (water splitting). Una classe di enzimi particolarmente studiata, in quest’ambito, è costituita dalle idrogenasi; la maggior parte di questi enzimi contengono un frame dinucleare Ni-Fe o Fe-Fe. Numerosi gruppi di ricerca sono fortemente impegnati nell’obiettivo di sintetizzare complessi simili a questi enzimi (enzyme mimics), e con prestazioni paragonabili, in modo da produrre idrogeno in modo efficiente e rispettando i principi di sostenibilità ambientale ed economica. Il gruppo di ricerca presso il quale è stato svolto il tirocinio oggetto del presente elaborato si occupa dello studio di complessi metallorganici caratterizzati dalla presenza di un “core” metallico costituito da due atomi di Ferro adiacenti coordinati tra loro mediante leganti a ponte diversamente funzionalizzati. Obiettivo del tirocinio è stato quello di verificare l’efficienza catalitica di alcuni di questi complessi nel promuovere il processo di interconversione H+/H2; per fare ciò, si è fatto ricorso ad un approccio elettrochimico, sfruttando la tecnica della voltammetria ciclica.