994 resultados para carbon footprint, sostenibilità ambientale, impatto climatico degli aeroporti


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Negli ultimi quindici anni il traffico aereo passeggeri in Italia è stato interessato da un cospicuo incremento: si è passati dai 91 milioni di passeggeri nel 2000 ai 150 milioni nel 2014. Le previsioni di crescita per il Paese indicano il possibile raddoppio del traffico entro il 2030, quando si dovrebbe raggiungere la soglia dei 300 milioni di passeggeri, con un aumento soprattutto della quota parte internazionale. Non vi può essere sviluppo economico di uno Stato senza crescita del traffico aereo, la quale si può realizzare solo con un adeguamento e un potenziamento delle capacità delle infrastrutture aeroportuali compatibile con le condizioni ambientali e un’efficace interconnessione degli scali con gli altri modi di trasporto. Infatti la pianificazione e la progettazione degli aeroporti non può prescindere da un’analisi approfondita sugli impatti ambientali prodotti dalle attività svolte all’interno degli scali. Inoltre l’incremento del numero medio di passeggeri per movimento (dal 75 pax/mov nel 2000 a 106 pax/mov nel 2011, dato riferito al traffico nazionale) rappresenta un dato positivo dal punto di vista ambientale: nei cieli vola un minor numero di aeromobili, ma in grado di trasportare un maggior numero di passeggeri, con conseguente diminuzione del numero dei movimenti, quindi del rumore, delle emissioni e dell’inquinamento ambientale provocato dalle operazioni necessarie a garantire l’operatività di ciascun volo. La salvaguardia dell’ambiente per un aeroporto è un compito difficile e oneroso, poiché può creare problemi ambientali come inquinamento acustico, dell’aria, delle acque fondiarie e trattamento dei rifiuti. In particolare, scopo di questo elaborato è studiare l’impatto che le operazioni svolte in air-side provocano sulla qualità delle acque di dilavamento, osservando e analizzando le attività che avvengono presso l’Aeroporto G. Marconi di Bologna. Si intende svolgere un censimento delle operazioni che influenzano la qualità delle acque (sia direttamente sia a seguito del dilavamento delle pavimentazioni aeroportuali), indagando quali siano i soggetti coinvolti, le procedure da eseguire, la frequenza e gli eventuali mezzi impiegati. Poi si vogliono eseguire analisi chimiche e granulometriche con un duplice obiettivo: conoscere la qualità delle acque raccolte dalle caditoie presenti nel piazzale e a bordo pista e verificare l’efficacia delle operazioni eseguite anche per ridurre il build up, cioè il tasso di accumulo in tempo secco e, di conseguenza, l’apporto di inquinanti riversato nelle acque di dilavamento. Infine si propongono interventi volti a incrementare la sostenibilità ambientale dell’infrastruttura aeroportuale, con particolare attenzione alla riduzione dell’inquinamento idrico.

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Global demand for mobility is increasing and the environmental impact of transport has become an important issue in transportation network planning and decision-making, as well as in the operational management phase. Suitable methods are required to assess emissions and fuel consumption reduction strategies that seek to improve energy efficiency and furthering decarbonization. This study describes the development and application of an improved modeling framework – the HERA (Highway EneRgy Assessment) methodology – that enables to assess the energy and carbon footprint of different highways and traffic flow scenarios and their comparison. HERA incorporates an average speed consumption model adjusted with a correction factor which takes into account the road gradient. It provides a more comprehensive method for estimating the footprint of particular highway segments under specific traffic conditions. It includes the application of the methodology to the Spanish highway network to validate it. Finally, a case study shows the benefits from using this methodology and how to integrate the objective of carbon footprint reductions into highway design, operation and scenario comparison.

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L'elaborato si impegna ad esporre i risultati derivanti da una revisione estensiva della letteratura riguardante le pratiche di misurazione della sostenibilità in azienda. Si è scelto un approccio al problema di impostazione bibliometrico, consistente in analisi statistiche di dati bibliografici ricavabili osservando le relazioni tra documenti. Si sono utilizzati strumenti di clustering per categorizzare la letteratura ed individuare le aree di maggior interesse potenziali per aziende che desiderino investire con successo nella sostenibilità. Come risultato, si è ottenuta una chiara identificazione delle principali tematiche che devono essere tenute in considerazione nell’affrontare valutazioni relative alla misurazione e valorizzazione dei concetti di sostenibilità e impatto ambientale in ambito aziendale. Il presente lavoro si presenta inoltre come guida metodologica per un approccio quantitativo alla revisione della letteratura, adattabile ed applicabile in maniera iterativa per un continuo monitoraggio del tema o per indagini in altri ambiti. Questa tesi si pone dunque come base per ricerche e analisi successive finalizzate alla comprensione della letteratura.

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Our cities are constantly evolving, and the necessity to improve the condition and safety of the urban infrastructures is fundamental. However, on the roads, the specific needs of cyclists and pedestrians are often neglected. The Vulnerable Road Users (VRUs), among whom cyclists and pedestrians are, rarely benefit from the most innovative safety measures. Inspired by playgrounds and aiming to reduce VRUs injuries, the Impact-Absorbing Pavements (IAP) developed as novel sidewalks, and bike lanes surface layers may help decrease injuries, fatalities, and the related societal costs. To achieve this goal, the End-of-Life Tyres (ELTs) crumb rubber (CR) is used as a primary resource, bringing its elastic properties into the surface layer. The thesis is divided into five main chapters. The first concerns the formulation and the definition of a feasible mix. The second explores the mechanical and environmental properties in detail, and the ageing effect is also assessed. The third describes the modelling of the material to simulate accidents and measure the injury reduction, especially on the head. The fourth chapter is reserved for the field trial. The last gives some perspectives on the research and proposes a way to optimize and improve the data and results collected during the doctoral research. It was observed that the specimens made with cold protocol have noticeable performances and reduce the overall carbon footprint impact of this material. The material modelling and the accident simulation proved the performance of the IAP against head injuries, and the field trial confirmed the good results obtained in the laboratory for the cold-made material. Finally, the outcomes of this thesis opened many prospective to the IAP development, such as the use of a plant-based binder or recycled aggregates and gave a positive prospect of an innovative material to the urban road infrastructures.

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Parallelamente al progressivo emergere delle esternalità negative prodotte dal paradigma economico predominante a livello globale, si è fatto strada il paradigma dello sviluppo sostenibile, che si prefigge di tenere conto in misura congiunta di tre dimensioni (economica, sociale e ambientale). Tuttavia, tale paradigma non coincide necessariamente con il più ampio e controverso concetto di sostenibilità ambientale. L’applicazione di tale concetto ai sistemi alimentari consente di leggere trasversalmente e collegare i temi che oggigiorno occupano i primi posti nelle agende politiche, nelle strategie aziendali e nel dibattito pubblico. La diffusione sempre maggiore del paradigma della sostenibilità ha portato il mondo aziendale a mettere a punto strategie di green marketing; tuttavia, determinate pratiche possono risultare ingannevoli nei confronti dei consumatori, traducendosi nel cosiddetto greenwashing. Alla luce di tale deriva negativa, si rende evidente l’importanza di ricostruire le filiere dei prodotti alimentari per poter attuare scelte di consumo più consapevoli. Nell’ambito dei sistemi alimentari, da una parte si è affermato a livello globale un modello agroindustriale, dall’altra è emerso un modello di filiera corta che si è declinato nelle molteplici forme dei cosiddetti alternative food networks. Considerando sia il mondo attuale che gli scenari futuri che si prospettano, in un mondo sempre più sovrappopolato, segnato da un progressivo aumento della domanda globale di cibo, dalla vulnerabilità che segue alla comparsa di sconvolgimenti di varia natura, dall’intensificarsi dei processi legati al cambiamento climatico e dalle innumerevoli sfide a questi connessi, scaturisce un cruciale interrogativo: quale sarà la strada più sostenibile da intraprendere, con una visione di lungo termine? Esiste una risposta esaustiva e una soluzione univoca, o bisognerà adottare una visione sistemica che guidi azioni compartecipate su più livelli?

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L’innovazione tecnologica nell’ambito alimentare ha portato alla realizzazione di nuovi prodotti al fine di far fronte all’incremento demografico e ai numerosi problemi che ne conseguono, come ad esempio quello della sostenibilità ambientale. Tra questi prodotti troviamo sia alternative che si basano su proteine già esistenti in natura, come ad esempio prodotti a base di insetti, sia nuove fonti di proteine prodotte in laboratorio: questo è il caso della carne coltivata in vitro, tessuto muscolare ricavato a partire da colture cellulari in grado di ridurre drasticamente il numero di animali allevati e macellati. In questo elaborato vengono discusse le principali tecnologie produttive per la realizzazione della carne in vitro e si analizzano gli aspetti critici legati all’accettazione di questo tipo di prodotti da parte dei consumatori. Per valutare l’opinione dei consumatori è stato somministrato un sondaggio che includeva 12 brevi domande a 343 potenziali consumatori di carne coltivata . Dall’analisi dei dati raccolti, emerge una generale “neofobia” nei confronti della carne coltivata, che può essere causata da motivi legati alla scarsa informazione e alla conseguente mancanza di fiducia riguardo alle tecnologie produttive innovative. Un importante aspetto emerso nel corso dello studio è rappresentato dalla differenza delle opinioni di consumatori appartenenti a diverse categorie, come ad esempio i consumatori abituali di prodotti a base di carne e, dall’altra parte, le persone che hanno eliminato dalla loro dieta abituale i prodotti di origine animale. È essenziale comprendere le radici della neofobia che le diverse categorie di consumatori possono manifestare nei confronti di alimenti innovativi come la carne coltivata, per realizzare un’efficace strategia comunicativa che faccia leva sulle maggiori barriere psicologiche delle persone, sostituendole con informazioni riguardo ai benefici che una transizione verso questo tipo di prodotti potrebbe apportare.

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Il dibattito sulla questione ambientale, ormai in continua crescita da decenni, sta conducendo ad un incremento di interesse da parte della società in merito allo sviluppo sostenibile, il quale riguarda, in modo interconnesso, l’ambito ambientale, economico e sociale. Nascono in questa ottica le certificazioni ambientali, attestati nei quali viene certificato l’impegno di un’organizzazione per la tutela dell’ambiente. L’azienda, che su base volontaria decide di ottenere la certificazione, è obbligata a dotarsi di un Sistema di Gestione Ambientale, il quale deve essere verificato da parte di un ente accreditato. La norma ISO14001 in particolare stabilisce i criteri da rispettare per l'attuazione di un efficace Sistema di Gestione Ambientale. Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato durante un tirocinio svolto presso un’azienda operante nel settore delle bonifiche del suolo, sottosuolo ed acque sotterranee, con sede a Bologna. Lo scopo di questo elaborato è quello di applicare i requisiti della norma UNI EN ISO14001 nell’ambito di tale attività di bonifica per il controllo degli impatti ambientali. In particolare, la prima parte del tirocinio è stata dedicata all’aggiornamento ed all’ottimizzazione del Sistema di Gestione Ambientale implementato dalla società per il calcolo degli impatti ambientali delle attività aziendali, in particolare di caratterizzazione e bonifica ambientale. Successivamente l’attenzione è stata posta ad un caso di studio attualmente gestito dalla società per valutare possibili miglioramenti, dal punto di vista ambientale, degli impatti generati dalle attività di bonifica applicate al sito. Lo strumento utilizzato per questa analisi è l’applicativo “Spreadsheets for Environmental Footprint Analysis” (SEFA), sviluppato da US EPA nel 2012.

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Customers are more and more interested in the environmental impacts of the products they purchase. Different labels give the required environmental information to consumers and the labels might affect to the consuming decisions. The European Union has set a plan for sustainable consuming, which encourages industry and commerce to calculate carbon footprints for the products. A term “carbon footprint” means carbon dioxide emissions across the product lifecycle. In this thesis, carbon footprints are calculated for two different fibre-based packages. In the end, greenhouse gas emissions from fibre-package production are compared to greenhouse gas emissions from PET bottle production. The data for mill processes is exact and monitored in the mill. In addition, data was gathered from raw material and material suppliers, customers, official records, KCL-eco databases and literature. The data for PET bottle is sourced from literature. End-of-life operations affect greatly on the carbon footprint of a fibre-based package. The results show that the carbon footprint is smallest when used packages are recycled. Recycling saves also natural resources. If used packages are not recyclable for some reason, it is recommended to use them in energy production. Through waste incineration fossil fuels could be substituted and greenhouse gas emissions avoided.

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Concern for the environmental impact of organizations’ activities has led to the recognition and demand for organizations to manage and report on their carbon footprint. However, there is no limit as to the areas of carbon footprints required in such annual environmental reports. To deliver improvements in the quality of carbon footprint management and reporting, there is a need to identify the main elements of carbon footprint strategy that can be endorsed, supported and encouraged by facility managers. The study investigates carbon footprint elements managed and reported upon by facility manager in the UK. Drawing on a questionnaire survey of 256 facility managers in the UK, the key elements of carbon footprints identified in carbon footprint reports are examined. The findings indicate that the main elements are building energy consumption, waste disposal and water consumption. Business travel in terms of using public transport, air travel and company cars are also recognized as important targets and objectives for the carbon footprint strategy of several FM (facilities management) organizations.

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Countless cities are rapidly developing across the globe, pressing the need for clear urban planning and design recommendations geared towards sustainability. This article examines the intersections of Jane Jacobs’ four conditions for diversity with low-carbon and low-energy use urban systems in four cities around the world: Lyon (France), Chicago (United-States), Kolkata (India), and Singapore (Singapore). After reviewing Jacobs’ four conditions for diversity, we introduce the four cities and describe their historical development context. We then present a framework to study the cities along three dimensions: population and density, infrastructure development/use, and climate and landscape. These cities differ in many respects and their analysis is instructive for many other cities around the globe. Jacobs’ conditions are present in all of them, manifested in different ways and to varying degrees. Overall we find that the adoption of Jacobs' conditions seems to align well with concepts of low-carbon urban systems, with their focus on walkability, transit-oriented design, and more efficient land use (i.e., smaller unit sizes). Transportation sector emissions seems to demonstrate a stronger influence from the presence of Jacobs' conditions, while the link was less pronounced in the building sector. Kolkata, a low-income, developing world city, seems to possess many of Jacobs' conditions, while exhibiting low per capita emissions - maintaining both of these during its economic expansion will take careful consideration. Greenhouse gas mitigation, however, is inherently an in situ problem and the first task must therefore be to gain local knowledge of an area before developing strategies to lower its carbon footprint.

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Inspired by the commercial desires of global brands and retailers to access the lucrative green consumer market, carbon is increasingly being counted and made knowable at the mundane sites of everyday production and consumption, from the carbon footprint of a plastic kitchen fork to that of an online bank account. Despite the challenges of counting and making commensurable the global warming impact of a myriad of biophysical and societal activities, this desire to communicate a product or service's carbon footprint has sparked complicated carbon calculative practices and enrolled actors at literally every node of multi-scaled and vastly complex global supply chains. Against this landscape, this paper critically analyzes the counting practices that create the ‘e’ in ‘CO2e’. It is shown that, central to these practices are a series of tools, models and databases which, in building upon previous work (Eden, 2012 and Star and Griesemer, 1989) we conceptualize here as ‘boundary objects’. By enrolling everyday actors from farmers to consumers, these objects abstract and stabilize greenhouse gas emissions from their messy material and social contexts into units of CO2e which can then be translated along a product's supply chain, thereby establishing a new currency of ‘everyday supply chain carbon’. However, in making all greenhouse gas-related practices commensurable and in enrolling and stabilizing the transfer of information between multiple actors these objects oversee a process of simplification reliant upon, and subject to, a multiplicity of approximations, assumptions, errors, discrepancies and/or omissions. Further the outcomes of these tools are subject to the politicized and commercial agendas of the worlds they attempt to link, with each boundary actor inscribing different meanings to a product's carbon footprint in accordance with their specific subjectivities, commercial desires and epistemic framings. It is therefore shown that how a boundary object transforms greenhouse gas emissions into units of CO2e, is the outcome of distinct ideologies regarding ‘what’ a product's carbon footprint is and how it should be made legible. These politicized decisions, in turn, inform specific reduction activities and ultimately advance distinct, specific and increasingly durable transition pathways to a low carbon society.

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Soil tillage and other methods of soil management may influence CO 2 emissions because they accelerate the mineralization of organic carbon in the soil. This study aimed to quantify the CO2 emissions under conventional tillage (CT), minimum tillage (MT) and reduced tillage (RT) during the renovation of sugarcane fields in southern Brazil. The experiment was performed on an Oxisol in the sugarcane-planting area with mechanical harvesting. An undisturbed or no-till (NT) plot was left as a control treatment. The CO2 emissions results indicated a significant interaction (p < 0.001) between tillage method and time after tillage. By quantifying the accumulated emissions over the 44 days after soil tillage, we observed that tillage-induced emissions were higher after the CT system than the RT and MT systems, reaching 350.09 g m-2 of CO2 in CT, and 51.7 and 5.5 g m-2 of CO2 in RT and MT respectively. The amount of C lost in the form of CO2 due to soil tillage practices was significant and comparable to the estimated value of potential annual C accumulation resulting from changes in the harvesting system in Brazil from burning of plant residues to the adoption of green cane harvesting. The CO 2 emissions in the CT system could respond to a loss of 80% of the potential soil C accumulated over one year as result of the adoption of mechanized sugarcane harvesting. Meanwhile, soil tillage during the renewal of the sugar plantation using RT and MT methods would result in low impact, with losses of 12% and 2% of the C that could potentially be accumulated during a one year period. © 2013 IOP Publishing Ltd.

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Con questo studio si è volto effettuare un confronto tra la generazione di energia termica a partire da cippato e da pellet, con particolare riferimento agli aspetti di carattere ambientale ed economico conseguenti la produzione delle due differenti tipologie di combustibile. In particolare, si sono ipotizzate due filire, una di produzione del cippato, una del pellet, e per ciascuna di esse si è condotta un'Analisi del Ciclo di Vita, allo scopo di mettere in luce, da un lato le fasi del processo maggiormente critiche, dall'altro gli impatti sulla salute umana, sugli ecosistemi, sul consumo di energia e risorse. Quest'analisi si è tradotta in un confronto degli impatti generati dalle due filiere al fine di valutare a quale delle due corrisponda il minore. E' stato infine effettuato un breve accenno di valutazione economica per stimare quale tipologia di impianto, a cippato o a pellet, a parità di energia prodotta, risulti più conveniente.

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L’obiettivo dell’elaborato è analizzare la fattibilità tecnica ed economica di un impianto di prelievo d’acqua da falda artesiana per lo scambio termico nell’impianto frigorifero centralizzato dell’ospedale civile nuovo di Imola. Esso provvede a fornire acqua refrigerata a tutte le unità di trattamento aria (u.t.a.) del complesso ospedaliero ed è finalizzato a garantire per ogni locale le specifiche condizioni igrometriche , nonchè il benessere degli operatori e dei pazienti della struttura. Il lavoro di progettazione ha riguardato il dimensionamento di componenti e reti idrauliche con l’ausilio del software “EPANET” (programma per la simulazione di reti idrauliche). L’idea che ha guidato il presente elaborato è stata la creazione di un “ciclo” dell’acqua tale per cui l’acqua di scarto delle torri evaporative viene utilizzata per l’irrigazione degli orti nei pressi dei quale sorge il pozzo e successivamente, va ad alimentare la falda stessa. Le scelte progettuali hanno quindi dovuto considerare questo importante vincolo e sono state tese alla minimizzazione dei consumi d’acqua e , quindi, alla sostenibilità ambientale dell’intero impianto. In generale, infatti non è detto che la soluzione economicamente più vantaggiosa lo sia anche dal punto di vista ambientale. La soluzione adottata con rilancio dell’acqua agli orti limita il prelievo medio giornaliero d’acqua di falda di 20 m3/gg durante il periodo estivo. E’stato dimostrato come il progetto sia tecnicamente fattibile e generi valore per l’impresa con indice di rendimento IR(VAN/Capitale investito) pari a 1,29 per i primi 20 anni e pari a 2,06 per n anni di funzionamento dell’impianto con un tempo di recupero del capitale investito pari a sei anni.

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“Tecnologie sostenibili per il social housing”: la mia tesi affronta il tema dell’edilizia sociale cercando di capire se può ancora diventare un campo di ricerca e sperimentazione architettonica come lo è stato in più occasioni nell’ultimo secolo. La ricerca si è sviluppata in due fasi: una prima attività di studio della vicenda storica dell’abitazione sociale in Italia, con alcuni confronti europei, fino ad analizzare il nuovo quadro che si è andato delineando dalla fine degli anni ’90 e che caratterizza la situazione attuale. Successivamente, la progettazione di un piccolo intervento di edilizia abitativa che si propone di rispondere agli attuali profili della domanda, puntando a scelte tipologiche e costruttive coerenti. Nel trentennio 1950-’80, nell’Europa uscita dalla Seconda guerra mondiale, e in Italia in particolare, l’edilizia popolare ha vissuto un periodo dinamico, ricco di interventi normativi da parte dello Stato, (su tutte la legge Fanfani, e le norme Gescal) che hanno permesso di realizzare molti degli edifici ancora oggi utilizzati, accelerando la ripresa economica e sociale. Dopo gli anni ’80, le ricerche e le sperimentazioni in campo architettonico si spostano verso altri temi; superata la necessità di fornire una casa a milioni di persone, il tema dell’alloggio sembra perdere il forte rilievo sociale che aveva avuto nei decenni precedenti. Fino a ritenere che il tema dell’alloggio e in particolare dell’alloggio sociale, non avesse più la necessità di essere sperimentato e approfondito. Oggi la situazione riguardante la sperimentazione non è molto diversa: sono ancora molto limitati, infatti, gli studi e le ricerche sul tema dell’alloggio sociale. Ciò che è nuovamente mutata, invece, è l’emergenza di una nuova domanda di casa e la drammatica esigenza sociale di fornire un alloggio a milioni di famiglie che non se lo possono permettere. Le dinamiche che guidano questa nuova ondata di richiesta di alloggi sono molteplici, sia di natura sociale che economica. Sul piano sociale: - l’aumento del numero delle famiglie, passate da 22.226.000 nel 200o a 24.642.000 nel 2010, con un aumento del 9,8% in un solo decennio; - la “nuclearizzazione” delle famiglie e la loro contrazione dimensionale, fino agli attuali 2,4 componenti per nucleo; - l’invecchiamento della popolazione; - l’aumento della popolazione straniera, con oltre 3.900.000 di immigrati regolari. Su quello economico: - l’aumento della povertà assoluta: in Italia 1.162.000 famiglie (4,7%) corrispondenti a 3.074.000 individui vivono sotto la soglia di povertà; - l’aumento della povertà relativa, che investe oggi 2.657.000 famiglie (9,3%) e l’aumento delle famiglie a rischio di povertà (920.000 famiglie, pari al 3,7% dei nuclei). Questi dati evidenziano la dimensione del problema abitativo e smentiscono l’opinione che si tratti di una questione marginale: nel 2010 in Italia almeno 1.162.000 non hanno le risorse per pagare un affitto, nemmeno a canone agevolato, e 4.739.000 famiglie non riescono a pagare un affitto ai prezzi del libero mercato, ma non hanno la possibilità di entrare nelle graduatorie per l’assegnazione di un alloggio sociale. Da questa panoramica sulle dimensioni del disagio abitativo, prende spunto la progettazione del mio sistema costruttivo, che si pone come obiettivo quello di ridurre i costi di costruzione tramite la standardizzazione dei componenti, consentendo di conseguenza, un minor costo di costruzione e quindi la possibilità di canoni di affitto ridotti, mantenendo buoni standard di qualità degli alloggi, sostenibilità ambientale e risparmio energetico. Le linee guida che hanno portato alla progettazione del sistema sono: - modularità degli spazi abitativi - zonizzazione funzionale - razionalizzazione impiantistica - illuminazione naturale - industrializzazione dei sistema costruttivo - standardizzazione dei componenti. Il risultato è un catalogo di alloggi di diverse metrature, aggregabili secondo tre tipologie residenziali. - a ballatoio - in linea - a torre Messo a punto questo sistema costruttivo, è stato progettato un intervento in un contesto specifico, per verificare l’applicabilità delle soluzioni sviluppate ed esplorarne alcune possibilità.