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Gewindebohren ist ein spanabhebendes Innengewinde-Fertigungsverfahren. Der Prozess des Gewindebohrens ist technologisch hoch anspruchsvoll, da der Span zwischen Bauteil und Werkzeug entgegen der Vorschubrichtung abgeführt werden muss. Die Bearbeitung von schwer zerspanbaren Werkstoffen führt zu steigenden Anforderungen an den Gewindebohrer, insbesondere an dessen Schneidkanten. Diese Arbeit beschreibt die technologischen und werkzeugspezifischen Belastungszustände unterschiedlicher Gewindebohrer, die bei der Bearbeitung der Werkstoffe γ-Titanaluminid, 42CrMo4 (höher vergütet) und GJV-400 auftreten. Die Ermittlung der Schneidkantenbelastung erfolgt methodisch anhand von konventionellen Zerspanungsversuchen, FEM-Analysen, Analogie-Experimenten sowie einer 3D-CAD-Parameterstudie. Die unterschiedlichen Ergebnisse fließen in eine leistungssteigernde Werkzeugmodifikation ein, die zu einer Erhöhung der Standzeit führt.

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Diese Arbeit beschäftigt sich mit der Frage, wie sich in einer Familie von abelschen t-Moduln die Teilfamilie der uniformisierbaren t-Moduln beschreiben lässt. Abelsche t-Moduln sind höherdimensionale Verallgemeinerungen von Drinfeld-Moduln über algebraischen Funktionenkörpern. Bekanntermaßen lassen sich Drinfeld-Moduln in allgemeiner Charakteristik durch analytische Tori parametrisieren. Diese Tatsache überträgt sich allerdings nur auf manche t-Moduln, die man als uniformisierbar bezeichnet. Die Situation hat eine gewisse Analogie zur Theorie von elliptischen Kurven, Tori und abelschen Varietäten über den komplexen Zahlen. Um zu entscheiden, ob ein t-Modul in diesem Sinne uniformisierbar ist, wendet man ein Kriterium von Anderson an, das die rigide analytische Trivialität der zugehörigen t-Motive zum Inhalt hat. Wir wenden dieses Kriterium auf eine Familie von zweidimensionalen t-Moduln vom Rang vier an, die von Koeffizienten a,b,c,d abhängen, und gelangen dabei zur äquivalenten Fragestellung nach der Konvergenz von gewissen rekursiv definierten Folgen. Das Konvergenzverhalten dieser Folgen lässt sich mit Hilfe von Newtonpolygonen gut untersuchen. Schließlich erhält man durch dieses Vorgehen einfach formulierte Bedingungen an die Koeffizienten a,b,c,d, die einerseits die Uniformisierbarkeit garantieren oder andererseits diese ausschließen.

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L’utilizzo di materiali compositi come i calcestruzzi fibrorinforzati sta diventando sempre più frequente e diffuso. Tuttavia la scelta di nuovi materiali richiede una approfondita analisi delle loro caratteristiche e dei loro comportamenti. I vantaggi forniti dall’aggiunta di fibre d’acciaio ad un materiale fragile, quale il calcestruzzo, sono legati al miglioramento della duttilità e all'aumento di assorbimento di energia. L’aggiunta di fibre permette quindi di migliorare il comportamento strutturale del composito, dando vita ad un nuovo materiale capace di lavorare non solo a compressione ma anche in piccola parte a trazione, ma soprattutto caratterizzato da una discreta duttilità ed una buona capacità plastica. Questa tesi ha avuto come fine l’analisi delle caratteristiche di questi compositi cementizi fibrorinforzati. Partendo da prove sperimentali classiche quali prove di trazione e compressione, si è arrivati alla caratterizzazione di questi materiali avvalendosi di una campagna sperimentale basata sull’applicazione della norma UNI 11039/2003. L’obiettivo principale di questo lavoro consiste nell’analizzare e nel confrontare calcestruzzi rinforzati con fibre di due diverse lunghezze e in diversi dosaggi. Studiando questi calcestruzzi si è cercato di comprendere meglio questi materiali e trovare un riscontro pratico ai comportamenti descritti in teorie ormai diffuse e consolidate. La comparazione dei risultati dei test condotti ha permesso di mettere in luce differenze tra i materiali rinforzati con l’aggiunta di fibre corte rispetto a quelli con fibre lunghe, ma ha anche permesso di mostrare e sottolineare le analogie che caratterizzano questi materiali fibrorinforzati. Sono stati affrontati inoltre gli aspetti legati alle fasi della costituzione di questi materiali sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista pratico. Infine è stato sviluppato un modello analitico basato sulla definizione di specifici diagrammi tensione-deformazione; i risultati di questo modello sono quindi stati confrontati con i dati sperimentali ottenuti in laboratorio.

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La tesi di Dottorato espone i risultati dell’analisi condotta su alcune tipologie di canto profano a due parti, osservate nella tradizione orale di specifiche aree rurali: le espressioni diafoniche oggetto di indagine sono state individuate in diverse regioni, prevalentemente nell’Italia centro-meridionale e in Sicilia, con alcune propaggini nell’Italia nord-orientale e in alcune aree europee abitate da minoranze italiane (Istria slovena e croata). I documenti analizzati sono stati reperiti grazie alla ricerca sul campo e rintracciati anche nelle pubblicazioni discografiche, nei cataloghi dei più importanti archivi pubblici e privati italiani. Sono stati definiti i caratteri formali dei repertori e l’indagine realizzata ha inoltre condotto a una mappatura attestante la presenza di repertori vocali simili in diverse sub-aree della Penisola, confermando la estesa diffusione di pratiche diafoniche tradizionali in Italia. Sulla base di analogie e ricorrenze è stato rilevato che le espressioni diafoniche italiane possono essere attribuite a una remota tradizione comune: sebbene le peculiarità relative a ciascun repertorio siano in molti casi abbastanza marcate, le connotazioni strutturali e i modi performativi che distinguono tali repertori pare vogliano indicare di essere di fronte a testimonianze di una tradizione musicale arcaica, in cui è possibile individuare procedure e attitudini diafoniche simili e condivise. L’ultima parte dell’indagine espone alcune riflessioni emerse dal confronto tra le forme diafoniche analizzate e repertori polifonici conservati nella tradizione scritta, prendendo come punto di partenza gli studi di Nino Pirrotta: ne emergono considerazioni per l’individuazione e l’analisi di possibili comuni occorrenze all’interno di pratiche performative localmente convergenti, pur se subordinate a modi di trasmissione diversi (tradizione scritta e non scritta della musica).

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Nella ricerca condotta sulle Osservazioni muratoriane alle Rime petrarchesche, si è tentato di mettere in luce la ‘scienza del commento’, ad esse sottesa, cui contribuivano gli snodi teorici, l’accertamento filologico, le strategie argomentative, i debiti esegetici. Tra difesa e riforma della poesia, il commento muratoriano si pone infatti, in piena età arcadica, al vertice della coniunctio tra esigenza conoscitiva e visione morale. Il «buon cammino» del Muratori, passando per le vie del Petrarca, sanciva di fatto una superiore giurisdizione letteraria, a cui rimettere come ad un foro esterno, censure e difese: colpisce, infatti, il suo vaglio tecnico-argomentativo delle Rime del Petrarca, valutate secondo concordanze, rinvii a commenti storici, connessioni intertestuali, analogie contenutistiche e stilistiche, struttura metrica, uso delle immagini di fantasia e loro mescidazione rispetto al verosimile. È insomma l’idea di un commento ‘ben proporzionato’, situato oltretutto in una zona di percorrenza mista, tra riuso e canonizzazione (come dimostra la sua ricezione nelle storiografie letterarie della seconda metà del XVIII secolo), diviso tra attenzione all’usus scribendi dell’autore e appelli collaborativi al lettore, quello che, grazie al Muratori, in piena età arcadica, riporterà al centro il petrarchismo: un petrarchismo potenziato, promosso ad insegnamento attivo e a sistema storicocritico che il buon gusto ridisegnava secondo nuove coperture normative ed esigenze metodologiche, ordinandolo, secondo uno stilema tipico della riflessione filosofico-religiosa muratoriana, ad una ‘regolata lettura’.

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Le prove non distruttive che sono state studiate in questa tesi sono il monitoraggio termografico, le prove soniche, la tecnica tomografica sonica e l’indagine tramite georadar. Ogni capitolo di applicazione in sito o in laboratorio è sempre preceduto da un capitolo nel quale sono spiegati i principi fondamentali della tecnica applicata. I primi cinque capitoli riguardano un problema molto diffuso nelle murature, cioè la risalita capillare di umidità o di soluzione salina all’interno delle stesse. Spiegati i principi alla base della risalita capillare in un mezzo poroso e della tecnica termografica, sono state illustrate le tre prove svolte in laboratorio: una prova di risalita (di umidità e di salamoia) su laterizi, una prova di risalita di salamoia su tripletta muraria monitorata da sensori e una prova di risalita di umidità su muretto fessurato monitorata tramite termografia ad infrarossi. Nei capitoli 6 e 7 sono stati illustrati i principi fondamentali delle prove soniche ed è stata presentata un’analisi approfondita di diverse aree del Duomo di Modena in particolare due pareti esterne, un pilastro di muratura e una colonna di pietra. Nelle stesse posizioni sono state effettuate anche prove tramite georadar (Capitoli 11 e 12) per trovare analogie con le prove soniche o aggiungere informazioni che non erano state colte dalle prove soniche. Nei capitoli 9 e 10 sono stati spiegati i principi della tomografia sonica (tecnica di inversione dei tempi di volo e tecnica di inversione delle ampiezze dei segnali), sono stati illustrati i procedimenti di elaborazione delle mappe di velocità e sono state riportate e commentate le mappe ottenute relativamente ad un pilastro di muratura del Duomo di Modena (sezioni a due quote diverse) e ad un pilastro interno di muratura della torre Ghirlandina di Modena.

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Trent’anni or sono il concetto di ottimalità venne formulato in senso teorico da Lévy, ma solo un decennio dopo Lamping riesce a darne elegante implementazione algoritmica. Realizza un sistema di riduzione su grafi che si scoprirà poi avere interessanti analogie con la logica lineare presentata nello stesso periodo da Girard. Ma l’ottimalità è davvero ottimale? In altre parole, l’implementazione ottimale del λ calcolo realizzata attraverso i grafi di condivisione, è davvero la migliore strategia di riduzione, in termini di complessità? Dopo anni di infondati dubbi e di immeritato oblìo, alla conferenza LICS del 2007, Baillot, Coppola e Dal Lago, danno una prima risposta positiva, seppur parziale. Considerano infatti il caso particolare delle logiche affini elementare e leggera, che possiedono interessanti proprietà a livello di complessità intrinseca e semplificano l’arduo problema. La prima parte di questa tesi presenta, in sintesi, la teoria dell’ottimalità e la sua implementazione condivisa. La seconda parte affronta il tema della sua complessità, a cominciare da una panoramica dei più importanti risultati ad essa legati. La successiva introduzione alle logiche affini, e alle relative caratteristiche, costituisce la necessaria premessa ai due capitoli successivi, che presentano una dimostrazione alternativa ed originale degli ultimi risultati basati appunto su EAL e LAL. Nel primo dei due capitoli viene definito un sistema intermedio fra le reti di prova delle logiche e la riduzione dei grafi, nel secondo sono dimostrate correttezza ed ottimalità dell’implementazione condivisa per mezzo di una simulazione. Lungo la trattazione sono offerti alcuni spunti di riflessione sulla dinamica interna della β riduzione riduzione e sui suoi legami con le reti di prova della logica lineare.

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I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.

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Kolloidale Suspensionen aus identischen kugelförmigen, geladenen Partikeln in wässrigen Medien stellen ein ideales Modellsystem zur Untersuchung des Gleichgewichtsverhaltens, aber auch des Nicht-Gleichgewichtsverhaltens Weicher Materie dar. So bilden derartige Systeme bei hinreichend starker und langreichweitiger elektrostatischer Repulsion fluid und kristallin geordnete Strukturen aus, die wegen der weitreichenden Analogie zu atomar kondensierter Materie als kolloidale Fluide und Kristalle bezeichnet werden. Von großem Vorteil ist dabei die Möglichkeit zur kontrollierten Einstellung der Wechselwirkung und die gute optische Zugänglichkeit für Mikroskopie und Lichtstreuung sowie die Weichheit der Materialien, aufgrund derer sich auch Zustände fernab des mechanischen Gleichgewichts gezielt präparieren lassen. Themenstellung der vorliegenden Arbeit ist die Untersuchung des Phasenverhaltens und der Fließmechanismen kolloidaler Kristalle in einer Rohrströmung. Im ersten Teil der Arbeit wird gezeigt, dass beim Fluss durch eine zylindrische Röhre Mehrphasenkoexistenz auftritt, wobei ein polykristalliner Kern von einer isotropen Scherschmelze umgeben ist. Zusätzlich treten an der Grenze zwischen diesen Phasen und an der Rohrwand Phasen hexagonal geordneter übereinander hinweggleitender Lagen auf. Der Vergleich zwischen auf der Basis der Navier-Stokes-Gleichung theoretisch berechneten und gemessenen Geschwindigkeitsprofilen zeigt, dass jede dieser Phasen für sich Newtonsches Fließverhalten aufweist. Die Gesamtviskosität ist hingegen durch die mit dem Durchsatz veränderliche Phasenzusammensetzung Nicht-Newtonsch. Damit gelang es, die erstmalig von Würth beschriebene Scherverdünnung auf eine Veränderung der Phasenzusammensetzung zurückzuführen. Im zweiten Teil der Arbeit wurde erstmals das Fließverhalten der Lagenphasen mittels Lichtstreuung und Korrelationsanalyse untersucht. Dafür wurde ein im Prinzip einfacher, aber leistungsstarker Aufbau realisiert, der es erlaubt, die zeitliche Veränderung der Bragg-Reflexe der Lagenphase in radialer und azimutaler Richtung zu verfolgen und mittels Fourieranalyse zu analysieren. In Abhängigkeit vom Durchsatz geht die zunächst rastend gleitende Lagenphase in eine frei gleitende Lagenphase über, wobei charakteristische Veränderungen der Spektren sowie der Korrelationsfunktionen auftreten, die detailliert diskutiert werden. Der Übergang im Gleitmechanismus ist mit einem Verlust der Autokorrelation der Rotationskomponente der periodischen Intra-Lagenverzerrung verbunden, während die Kompressionskomponente erhalten bleibt. Bei hohen Durchflüssen lassen die Reflexbewegungen auf das Auftreten einer Eigenschwingung der frei gleitenden Lagen schließen. Diese Schwingung lässt sich als Rotationsbewegung, gekoppelt mit einer transversalen Auslenkung in Vortexrichtung, beschreiben. Die Ergebnisse erlauben eine detaillierte Diskussion von verschiedenen Modellvorstellungen anderer Autoren.

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Ausgehend von den Naturstoffen Netropsin und Distamycin A, antitumoraktiven Pyrrolcarboxamiden, die selektiv an AT-reiche Sequenzen in der kleinen Rinne (Minor-Groove) der DNA binden, sollten neue Nucleobasen- bzw. Interkalator-gekoppelte Derivate (letztere werden als „Combilexine“ bezeichnet) synthetisiert und biologisch evaluiert werden. Unter Zuhilfenahme quantenchemischer AM1-Rechnungen sollten Struktur-Wirkungs-Beziehungen abgeleitet werden. Als Grundgerüst diente die Mono- bzw. Bispyrrolcarboxamid-Einheit mit C-terminaler N,N-Dimethyl-1,3-diaminopropan-Seitenkette, die die ebenfalls basische Amidinstruktur der Leitsubstanzen imitieren sollte. Variationen erfolgten ausschließlich am N-terminalen Ende. Hierbei wurden zunächst Adenin-, Thymin- und Uracil-alkancarbonsäuren mit variabler Kettenlänge synthetisiert und über verschiedene Amidkupplungsverfahren an die Aminofunktion des Pyrrolcarboxamid-Grundgerüstes geknüpft. In Analogie hierzu folgte die Synthese von Combilexinen mit Acridon, (Nitro-)Naphthalimid und Iminostilben als Interkalatorkomponenten. Im 3. synthetischen Teil der Arbeit wurden Carbonsäure- und Sulfonylchloride des Interkalators Acridin und des Interkalators und Photosensibilisators Anthrachinon über die aliphatischen Linker ß-Alanin und -Aminobuttersäure an das Pyrrolcarboxamidgrundgerüst gebunden. Testungen von Verbindungen aller 3 Serien auf Zytotoxizität beim National Cancer Institute, USA, und DNA-Bindestudien und Topoisomerase-Hemmtests im Laboratory of Pharmacology, INSERM in Lille, Frankreich, schlossen sich an. Bei allen Verbindungen mit mindestens 3 Carboxamid-Funktionen zeigte sich gute bis ausgezeichnete DNA-Bindung; einige wiesen Topoisomerase II - Hemmung auf. Beide Parameter korrelierten allerdings nicht mit der Zytotoxizität, was vor allem an der mangelhaften Zellmembranpermeation einiger Verbindungen aufgrund zu geringer Lipophilie liegen dürfte. Quantenchemische Rechnungen ergaben ebenfalls wenige Gesetzmäßigkeiten. Ein elektronenarmer N-terminaler Rest (wie im Falle des hochpotenten Iminostilben-Derivates) scheint aber die Zytotoxizität einer Substanz ebenso wie zunehmende Linkerlänge zu begünstigen. Eine Ausnahme bilden hier die Anthrachinonderivate. Die drei zytotoxisch aktivsten Vertreter dieser Gruppe besitzen als Linker ß-Alanin, was eine aus der sonst bei Minor-Groove-Bindern üblichen Kurvature herausragende Konformation zur Folge hat. Diese ermöglicht vermutlich eine besonders gute Interaktion mit der DNA.

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Il lavoro svolto durante il dottorato di ricerca ha permesso lo sviluppo e la verifica della attendibilità di marcatori molecolari neutrali (loci microsatelliti) specifici per Aristeus antennatus. Tali marcatori sono stati poi utilizzati per studiare la struttura genetica di popolazione della specie del Mediterraneo occidentale e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli di un progetto di ricerca parallelo su Aristeaomorpha foliacea, analizzando differenze ed analogie fra le due specie. I risultati delle analisi su Aristeus antennatus hanno evidenziato una completa assenza di struttura di popolazione e come i due sessi contribuiscano in modo diverso al flusso genico. La specie infatti presenta un sex-ratio a favore dei maschi oltre gli 800m, mentre tale rappoorto è a favore delle femmine in strati più superficiali, dove sono probabilmente soggette a condizioni oceanografiche più dispersive. Tramite test genetici appropriati è stato possibile valutare indirettamente il grado di dospersione dei sessi dimostrando che nell'area analizzati i maschi erano rappresentati maggiormente da individui stanziali, mentre gli individui di sesso femminile erano migranti. Le femmine appaiono pertanto giocare un ruolo preminente rispetto ai maschi nel determinare l'entità del flusso genico. Il confronto dei risultati ottenuti in Aristeus antennatus con quelli di Aristaeomorpha foliacea ha evidenziato la relazione fra alta capacità dispersiva, sia allo stato larvale che adulto, e completo rimescolamento genetico nei gamberi aristeidi nel Mediterraneo occidentale anche se in quest'ultima specie non ci sono evidenze di dispersione genetica mediata dal sesso. E' pertanto di forte interesse (dato anche il valore economico di questi organismi) come una struttura di popolazione qualitativamente e quantitavamente comporabile venga raggiunta con dinamiche di popolazione molto diverse.

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Über die Sekundärstruktur von LI-Cadherin ist bislang wenig bekannt. Es gibt keine Röntgenanalysen und keine NMR-spektroskopische Untersuchungen. Man kann nur aufgrund der Sequenzhomologien zu den bereits untersuchten klassischen Cadherinen vermuten, daß im LI-Cadherin ähnliche Verhältnisse in der entscheidenden Wechselwirkungsdomäne vorliegen. In Analogie zum E-Cadherin wurde angenommen, daß es im LI-Cadherin eine „homophile Erkennungsregion“ gibt, die in einer typischen beta-Turn-Struktur mit anschließenden Faltblattbereichen vorliegen sollte. Um den Einfluß verschiedener Saccharid-Antigene auf die Turn-Bildung zu untersuchen, wurden im ersten Teil der vorliegenden Arbeit verschiedene Saccharid-Antigen-Bausteine synthetisiert, mit denen dann im zweiten Teil der Arbeit durch sequentielle Festphasensynthese entsprechende Glycopeptidstrukturen aus dieser Region des LI-Cadherins aufgebaut wurden. Zur Synthese sämtlicher Antigen-Bausteine ging man von D-Galactose aus, die über das Galactal und eine Azidonitratisierung in vier Stufen zum Azidobromid umgesetzt wurde. In einer Koenigs-Knorr-Glycosylierung wurde dieses dann auf die Seitenkette eines geschützten Serin-Derivats übertragen. Reduktion und Schutzgruppenmanipulationen lieferten den TN Antigen-Baustein. Ein TN-Antigen-Derivat war Ausgangspunkt für die Synthesen der weiteren Glycosyl-Serin-Bausteine. So ließ sich mittels der Helferich-Glycosylierung der T Antigen-Baustein herstellen, und der STN-Antigen-Baustein wurde durch eine Sialylierungsreaktion und weitere Schutzgruppenmanipulationen erhalten. Da die Route über das T-Antigen-Derivat den Hauptsyntheseweg für die weiteren komplexeren Antigene bildete, wurden verschiedene Schutzgruppenmuster getestet. Darauf aufbauend ließen sich durch verschiede Glycosylierungsreaktionen und Schutzgruppenmanipulationen der komplexe (2->6)-ST-Antigen-Baustein, (2->3)-Sialyl-T- und Glycophorin-Antigen-Baustein synthetisieren. Im nächsten Abschnitt der Doktorarbeit wurden die synthetisierten Saccharid-Antigen-Serin-Konjugate in Festphasen-Glycopeptidsynthesen eingesetzt. Zunächst wurde ein mit dem TN Antigen glycosyliertes Tricosapeptid hergestellt. Mittels NMR-spektroskopischen Untersuchungen und folgenden Energieminimierungsberechnungen konnte eine dreidimensionale Struktur ermittelt werden. Die Peptidsequenz des Turn-bildenden Bereichs wurde für die folgenden Synthesen gewählt. Die Abfolge der einzelnen Reaktionsschritte für die Festphasensynthesen mit den verschiedenen Saccharid-Antigen-Bausteinen war ähnlich. Insgesamt verlief die Festphasen-Glycopeptidsynthese in starker Abhängigkeit vom sterischen Anspruch der Saccharid-Bausteine. Sämtliche so synthetisierten Glycopeptide wurden NMR spektroskopisch charakterisiert und mittels NOE-Experimenten hinsichtlich ihrer Konformation untersucht. Durch diese Bestimmung der räumlichen Protonen-Protonen-Kontakte konnte mittels Rechnungen zur Energieminimierung, basierend auf MM2 Kraftfeldern, eine dreidimensionale Struktur für die Glycopeptide postuliert werden. Sämtliche synthetisierten Glycopeptide weisen eine schleifenartige Konformation auf. Der Einfluß der Saccharid-Antigene ist unterschiedlich, und läßt sich in drei Gruppen einteilen.

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UML è ampiamente considerato lo standard de facto nella fase iniziale di modellazione di sistemi software basati sul paradigma Object-Oriented; il suo diagramma delle classi è utilizzato per la rappresentazione statica strutturale di entità e relazioni che concorrono alla definizione delle specifiche del sistema; in questa fase viene utilizzato il linguaggio OCL per esprimere vincoli semantici sugli elementi del diagramma. Il linguaggio OCL però soffre della mancanza di una verifica formale sui vincoli che sono stati definiti. Il linguaggio di modellazione Alloy, inserendosi in questa fase, concettualmente può sopperire a questa mancanza perchè può descrivere con le sue entità e relazioni un diagramma delle classi UML e, tramite propri costrutti molto vicini all'espressività di OCL, può specificare vincoli semantici sul modello che verranno analizzati dal suo ambiente l'Alloy Analyzer per verificarne la consistenza. In questo lavoro di tesi dopo aver dato una panoramica generale sui costrutti principali del linguaggio Alloy, si mostrerà come è possibile creare una corrispondenza tra un diagramma delle classi UML e un modello Alloy equivalente. Si mostreranno in seguito le analogie che vi sono tra i costrutti Alloy e OCL per la definizione di vincoli formali, e le differenze, offrendo nel complesso soluzioni e tecniche che il modellatore può utilizzare per sfruttare al meglio questo nuovo approccio di verifica formale. Verranno mostrati anche i casi di incompatibilità. Infine, come complemento al lavoro svolto verrà mostrata, una tecnica per donare una dinamicità ai modelli statici Alloy.

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Les théories du post-industrialisation utilisent comme une preuve empirique du changement du processus historique l’entrée dans une nouvelle structure sociale que, par ailleurs, se distingue par le déplacement des biens et des services et par la formation de nouvelles structures professionnelles et de la gestion. Dans ce contexte, en premier lieu, c’est très intéressant à comprendre comme les nouvelles formes de l’organisation économique et sociale ont reussies à influer sur les systèmes de la fiscalité directe de l’État italien et de l’État français à la formation et au perfectionnement de la notion de revenu du travail indépendant et aussi à la formation et au perfectionnement des modèles de la taxation directe des revenus du travail indépendant. Par conséquent, la recherche, dans le principe, se concentre sur le processus de la construction et de l’évolution de la notion de revenu du travail indépendant et aussi de la construction et de l’évolution des formes nationales de la taxation directe des revenus du travail indépendant; un processus dévelopé au cours de l’Époque Moderne et de l’Époque Contemporaine que, du point de vue historique-fiscale, s’encadre comme l’époque des grands changements en ce qui concerne aussi à la fiscalité directe des revenus de la richesse mobilière. En second lieu, c’est très important à préciser si existe la possibilité de reconstruire les notions actuelles des revenus du travail indépendant en vue de l’aproximation des modalitès de la taxation directe de cette catégorie de revenus de la richesse mobilière avec les modalitès de la taxation directe des revenus de l’entreprise adoptées dans les systèmes italien et français de la fiscalitè directe; par conséquent, la recherche s’oriente vers la déscrition et l’analyse des questions en ce qui concerne à la définition fiscale objective et subjective des revenus du travail indépendant, à la direction vers laquelle on doit s’adresser actuellement les modèles nationaux de la taxation directe des revenus du travail indépendant et les raisons que la justifient. En autre, la recherche s’étendre vers une analyse comparative laquelle évidence les éléments de la convergence et de la divergence nécessaires pour tirer avec exactitude des conclusions sur l’approximation au niveau national et européen des notions des revenus du travail indépendant et des principes et modalités de la taxation directe des revenus du travail indépendant à fin de garantir les libertés de l’établissement et de la prestation des services et les principes de non-dicrimination et de la non-différenciation fiscale des travailleurs indépendants transfrontières dans le marché intérieur. En troisième lieu, c’est très intéressant à préciser avec cette recherche si dans le cadre conventionnel et européen existe une notion de revenu du travail indépendant ou non et si existe un modèle européen unifié ou, au contraire, il s’agit d’une approximation des modèles nationales de la taxation directe des revenus du travail indépendant. Par conséquent, un’autre argument de la recherce est l’analyse de la normative conventionnelle et de la législation européenne et aussi de la jurisprudence de la Cour de la Justice de l’Union Européenne relatives à la construction d’une notion conventionnelle et aussi européenne du travail indépendant au matiere de la fiscalité directe et l’incidence de principes conventionnels et aussi de libertés européenne de l’établissement et de la prestation des services à la taxation directe des revenus des travailleurs indépendants par rapport aux principes de non-discrimination et de la non-différenciation fiscale; une analyse laquelle évidence l’absence d’un modèle conventionnel et d’un modèle européen harmonisé relativement à la taxation directe des revenus du travail indépendant à raison de la prévalence du principe de la souveranité fiscale au domaine de la fiscalitè directe et pour cette raison en peut parler seulement d’une approximation des modèles nationales de la taxation directe des revenus du travail indépendant à fin de garantir les libertés européenne de l’établissement et de la prestation des services des travailleurs indépendants et les principes conventionnels de non-discrimination et de la non-différenciation fiscale. À la fin, c’est très intéressant à préciser si existe une corrélation entre les Traités fiscales et le Droit fiscal européen en ce qui concerne à la notion de revenus du travail indépendant et les principes fiscales. Par conséquent, la recherche se compléte avec l’analyse du régime fiscale des revenus du travail indépendant évidencé dans le Modèle de la Convention de l’OCDE et dans la Convention Italie-France concernant à l’élimination de la double imposition; une analyse laquelle, en analogie avec le droit fiscal européen, précise l’approximation des revenus du travail indépendant avec les revenus de l’entreprise en se référant le Modèle de la Convention de l’OCDE et l’absence d’un modèle conventionel de la taxation directe des revenus du travail indépendant, mais, à différence du droit fiscal européen, évidence la présence des certains critéres adoptés par la normative conventionnelle à fin de garantir l’arrêt de la double imposition et le principe de la non-discrimination que, en substance, sont points de convérgence avec le droit fiscal européen. En autre, l’analyse de la normative conventionnelle de l’OCDE, à différence de la normative conventionnelle relative à la Convention de l’élimination de la double imposition finalisée par l’Italie et la France, évidence une évolution de la fiscalitè directe en ce qui concerne aux travailleurs indépendants laquelle se vérifie à l’adoption des critéres de la fiscalitè directe des revenus des sociétés et de la quelle en se dérive l’approximation de la notion des revenus du travail indépendant avec la notion des revenus de l’entreprise, en substance, revenus provenant par les activités économiques. Compte tenu de ce qui précède, c’est clair la convérgence parmis les législations nationales de la taxation directe des revenus du travail indépendant et la normative conventionnelle du Modèle de la Convention de l’OCDE et la normative europénne; une convérgence que confirme la nouvelle diréction vers la quelle s’adressent les notions et les modèles de la taxation directe des revenus du travail indépendant dans les systèmes nationals de la taxation directe: l’approximation avec les modèles nationales de la taxation directe des revenus des sociétés en vue de l’approximation des notions des revenus dérives par les activités économiques.

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Uno dei temi più discussi ed interessanti nel mondo dell’informatica al giorno d’oggi è sicuramente il Cloud Computing. Nuove organizzazioni che offrono servizi di questo tipo stanno nascendo ovunque e molte aziende oggi desiderano imparare ad utilizzarli, migrando i loro centri di dati e le loro applicazioni nel Cloud. Ciò sta avvenendo anche grazie alla spinta sempre più forte che stanno imprimendo le grandi compagnie nella comunità informatica: Google, Amazon, Microsoft, Apple e tante altre ancora parlano sempre più frequentemente di Cloud Computing e si stanno a loro volta ristrutturando profondamente per poter offrire servizi Cloud adeguandosi così a questo grande cambiamento che sta avvenendo nel settore dell’informatica. Tuttavia il grande movimento di energie, capitali, investimenti ed interesse che l’avvento del Cloud Computing sta causando non aiuta a comprendere in realtà che cosa esso sia, al punto tale che oggi non ne esiste ancora una definizione univoca e condivisa. La grande pressione inoltre che esso subisce da parte del mondo del mercato fa sì che molte delle sue più peculiari caratteristiche, dal punto di vista dell’ingegneria del software, vengano nascoste e soverchiate da altre sue proprietà, architetturalmente meno importanti, ma con un più grande impatto sul pubblico di potenziali clienti. L’obbiettivo che ci poniamo con questa tesi è quindi quello di esplorare il nascente mondo del Cloud Computing, cercando di comprenderne a fondo le principali caratteristiche architetturali e focalizzando l’attenzione in particolare sullo sviluppo di applicazioni in ambiente Cloud, processo che sotto alcuni aspetti si differenzia molto dallo sviluppo orientato ad ambienti più classici. La tesi è così strutturata: nel primo capitolo verrà fornita una panoramica sul Cloud Computing nella quale saranno date anche le prime definizioni e verranno esposti tutti i temi fondamentali sviluppati nei capitoli successivi. Il secondo capitolo costituisce un approfondimento su un argomento specifico, quello dei Cloud Operating System, componenti fondamentali che permettono di trasformare una qualunque infrastruttura informatica in un’infrastruttura Cloud. Essi verranno presentati anche per mezzo di molte analogie con i classici sistemi operativi desktop. Con il terzo capitolo ci si addentra più a fondo nel cuore del Cloud Computing, studiandone il livello chiamato Infrastructure as a Service tramite un esempio concreto di Cloud provider: Amazon, che fornisce i suoi servizi nel progetto Amazon Web Services. A questo punto, più volte nel corso della trattazione di vari temi saremo stati costretti ad affrontare le problematiche relative alla gestione di enormi moli di dati, che spesso sono il punto centrale di molte applicazioni Cloud. Ci è parso quindi importante approfondire questo argomento in un capitolo appositamente dedicato, il quarto, supportando anche in questo caso la trattazione teorica con un esempio concreto: BigTable, il sistema di Google per la gestione della memorizzazione di grandi quantità di dati. Dopo questo intermezzo, la trattazione procede risalendo lungo i livelli dell’architettura Cloud, ricalcando anche quella che è stata l’evoluzione temporale del Cloud Computing: nel quinto capitolo, dal livello Infrastructure as a Service si passa quindi a quello Platform as a Service, tramite lo studio dei servizi offerti da Google Cloud Platform. Il sesto capitolo costituisce invece il punto centrale della tesi, quello che ne soddisfa l’obbiettivo principale: esso contiene infatti uno studio approfondito sullo sviluppo di applicazioni orientate all’ambiente Cloud. Infine, il settimo capitolo si pone come un ponte verso possibili sviluppi futuri, analizzando quali sono i limiti principali delle tecnologie, dei modelli e dei linguaggi che oggi supportano il Cloud Computing. In esso viene proposto come possibile soluzione il modello ad attori; inoltre viene anche presentato il framework Orleans, che Microsoft sta sviluppando negli ultimi anni con lo scopo appunto di supportare lo sviluppo di applicazioni in ambiente Cloud.