972 resultados para UN-Habitat


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Scopo della tesi è la realizzazione di rilievi fitosociologici nel SIC “IT4080008 Balze di Verghereto, Monte Fumaiolo, Ripa della Moia” (provincia di Forlì-Cesena). Il gruppo montuoso del Monte Fumaiolo, posto al confine tra le Vallate del Savio e del Tevere, è stato proposto nel 1995 come Sito di Importanza Comunitaria. E' un'area colonizzata già nell'antichità dall'uomo e comprende una grande estensione di pascoli montani, con rupi calcaree e rilievi comprendenti faggete, abetine artificiali, rimboschimenti e prati pascoli. Nell'ambito di una ricerca sulla distribuzione degli habitat di maggior pregio in questo sito sono stati realizzati campionamenti, basati sul metodo Braun Blanquet, nel periodo tra Lunglio e Settembre 2013. I dati raccolti sono stati successivamente elaborati tramite software Matlab versione 7.10.0.282 creando due dendrogrammi allo scopo di descrivere sia la qualità naturale del SIC, sia dal punto di vista degli habitat. Dalle informazioni raccolte è stata possibile la definizione di due tipologie di vegetazione: le formazioni forestali e gli ambienti aperti. I risultati mostrano 57 rilievi inerenti ai boschi divisi in ulteriori sottogruppi rappresentanti boschi a faggio, situazioni miste con Fagus sylvatica e Abies alba, querceti misti e rimboschimenti a Pinus nigra. I 27 rilievi degli ambienti aperti mostrano invece una predominanza di prati-pascolo e pascoli con situazioni di evoluzione ad arbusteti a Cytisus scoparius e Juniperus communis. Sono state campionate anche le vegetazioni a succulente presenti su affioramenti rocciosi. Le informazioni ottenute ed elaborate possono essere utili per studi futuri e per la creazione di una carta fitosociologica sulla base dei rilievi effettuati e della pregressa carta della vegetazione su base fisionomica (Barlotti 2013).

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Il presente lavoro di tesi si propone di confrontare la risposta delle comunità bentoniche associate a una macroalga “habitat-former”, Cystoseira crinita (Duby), sottoposte a diverse intensità e frequenze di calpestio, tramite un esperimento di manipolazione in campo. Tale simulazione si è svolta in un tratto di costa rocciosa nel SIC (Sito di Importanza Comunitaria) di “Berchida-Bidderosa”, Sardegna Nord-Orientale. I risultati di questo esperimento mostrano come, in conseguenza del calpestio, si possa osservare una significativa perdita di biomassa di Cystoseira crinita. La perdita di biomassa si registra principalmente nei campioni sottoposti a calpestio con frequenze/intensità maggiori di 50 passi per unità di area. Le aree sottoposte a medio-alta frequenza/intensità di calpestio non mostrano nel breve periodo un significativo recupero della biomassa algale. Nel presente studio il confronto tra intensità e frequenze di calpestio rivela che il calpestio ripetuto in più giornate non mostra differenze significative rispetto a quello effettuato in un unica giornata. Il fattore che sembra incidere maggiormente sulla perdita di biomassa di Cystoseira crinita è dunque l’intensità di calpestio. L’analisi dei campioni meiobentonici ha rivelato una ricca comunità animale associata a Cystoseira crinita, con 29 taxa identificati. Analizzando gli effetti del calpestio si osserva come la meiofauna risenta negativamente dell’effetto del calpestio in termini di perdita di densità totale e di riduzione del numero di taxa, anche a basse intensità. I campioni meiofaunali sottoposti a medio alte intensità di calpestio non mostrano un recupero nel breve periodo. I risultati ottenuti sull’insieme dei popolamenti, in termini multivariati mostrano un evoluzione della struttura di comunità nel tempo, indicando una variazione delle relazioni di dominanza fra i taxa, che si modificano fra i diversi trattamenti e tempi. Anche nel caso delle analisi condotte sulla meiofauna non si riscontrano differenze tra intensità di calpestio e frequenze. Per valutare quanto la risposta dei popolamenti meiobentonici sia correlata alle variazioni di biomassa di Cystoseira crinita rispetto che ad un effetto diretto del calpestio, tutte le analisi sono state condotte pesando le densità dei diversi taxa in funzione della biomassa algale. Le analisi multivariate mostrano una chiara correlazione tra la biomassa algale e struttura della comunità meiobentoniche. L’effetto del calpestio riduce le abbondanze di organismi meiobentonici in maniera diretta, mentre il successivo ripopolamento dei differenti taxa è legato al recupero o meno di biomassa di Cystoseira crinita. In conclusione, i risultati di questo studio confermano che il calpestio umano sulle coste rocciose possa danneggiare una specie considerata ad alto valore ecologico, come Cystoseira crinita, producendo inoltre effetti negativi diretti ed indiretti sui popolamenti meiobentonici ad essa associati.

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Recentemente molti studi in ambiente marino sono stati focalizzati sui possibili impatti dovuti alle variazioni del pH degli oceani, causato dall’aumento delle immissioni di CO2 nell’atmosfera. Tra i possibili effetti nocivi, l’acidificazione oceanica può indurre cambiamenti nelle abbondanze e nelle distribuzioni delle engeneer species, con conseguenti ripercussioni sulla fauna associata. Esempio tipico di engeneer species sono le macroalghe che sono capaci di creare, lungo le coste rocciose, habitat diversi a seconda della specie che riesce ad attecchire. Tra le specie animali che dominano in questi habitat troviamo i copepodi Arpacticoidi, piccoli crostacei che svolgono un ruolo chiave all’interno delle reti trofiche. Per questi motivi lo scopo di questo lavoro è valutare possibili effetti dell’acidificazione sulle taxocenosi a copepodi Arpacticoidi associate alle macroalghe. Lo studio è stato svolto ad Ischia, nella zona nei pressi del Castello Aragonese, dove vi sono dei vents di origine vulcanica che emettono CO2 e formano un gradiente naturale di acidificazione lungo un’area di circa 300m, suddivisibile in 3 stazioni a differenti valori medi di pH. L’analisi delle taxocenosi è stata svolta a livello di generi e famiglie di Arpacticoidi, in termini di abbondanze e di struttura di comunità, su differenti specie algali raccolte lungo il gradiente di acidificazione. Mentre non si notano differenze significative per le famiglie, la struttura di comunità analizzata a livello di generi di copepodi Arpacticoidi mostra una suddivisione in due comunità ben distinte, delle quali una appartenente alla stazione acidificata e un'altra alle stazioni di controllo e moderatamente acidificata. Tale suddivisione si conferma anche prendendo in considerazione la diversa complessità strutturale delle alghe. Per quanto riguarda le abbondanze, sia a livello di famiglie che di generi, queste mostrano generalmente valori più elevati nella stazione moderatamente acidificata e valori più bassi nella stazione più acidificata. C’è però da considerare che se non si tiene conto della complessità algale queste differenze sono significative per le famiglie Ectinosomatidae, Thalestridae e per il genere Dactylopusia, mentre, se si tiene conto della complessità algale, vi sono differenze significative per la famiglia Miraciidae e per i generi Amonardia e Dactylopusia. In definitiva questo studio sembrerebbe evidenziare che le taxocenosi a copepodi Arpacticoidi siano influenzate sia dalla differente complessità algale, che dall’acidificazione oceanica. Inoltre mostra che, in prospettiva di studi futuri, potrebbe essere necessario focalizzarsi su specie algali ben definite e su un'analisi tassonomica dei copepodi Arpacticoidi approfondita fino al livello di specie.

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L’utilizzo del Multibeam Echo sounder (MBES) in ambienti di transizione poco profondi, con condizioni ambientali complesse come la laguna di Venezia, è ancora in fase di studio e i dati biologici e sedimentologici inerenti ai canali della laguna di Venezia sono attualmente scarsi e datati in letteratura. Questo studio ha lo scopo di mappare gli habitat e gli oggetti antropici di un canale della laguna di Venezia in un intervallo di profondità tra 0.3 e 20 m (Canale San Felice) analizzando i dati batimetrici e di riflettività (backscatter) acquisiti da ISMAR-Venezia nell’ambito del progetto RITMARE. A tale scopo il fondale del canale San Felice (Venezia) è stato caratterizzato dal punto di vista geomorfologico, sedimentologico e biologico; descrivendo anche l’eventuale presenza di oggetti antropici. L’ecoscandaglio utilizzato è il Kongsberg EM2040 Dual-Compact Multibeam in grado di emettere 800 beam (400 per trasduttore) ad una frequenza massima di 400kHZ e ci ha consentito di ricavare ottimi risultati, nonostante le particolari caratteristiche degli ambienti lagunari. I dati acquisiti sono stati processati tramite il software CARIS Hydrographic information processing system (Hips) & Sips, attraverso cui è possibile applicare le correzioni di marea e velocità del suono e migliorare la qualità dei dati grezzi ricavati da MBES. I dati sono stati quindi convertiti in ESRI Grid, formato compatibile con il software ArcGIS 10.2.1 (2013) che abbiamo impiegato per le interpretazioni e per la produzione delle mappe. Tecniche di ground-truthing, basate su riprese video e prelievi di sedimento (benna Van Veen 7l), sono state utilizzate per validare il backscatter, dimostrandosi molto efficaci e soddisfacenti per poter descrivere i fondali dal punto di vista biologico e del substrato e quindi degli habitat del canale lagunare. Tutte le informazioni raccolte durante questo studio sono state organizzate all’interno di un geodatabase, realizzato per i dati relativi alla laguna di Venezia.

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El objetivo del proyecto es formular lineamientos base para propuestas de mejoramiento del hábitat en La Angostura en el Valle del Tafí, favoreciendo su actual proceso de desarrollo y fortalecimiento comunitario como pueblo indígena. La Comunidad se encuentra en un proceso de construcción y reafirmación de su identidad como pueblo originario, lo que involucra reivindicaciones ligadas a la preservación de su hábitat, la reconstrucción de su historia, su desarrollo económico, social y el fortalecimiento comunitario en un momento de ocupación descontrolada del territorio por sectores privados para explotar turísticamente la zona; dejando a la comunidad fuera de los procesos de explotación y producción, usando los recursos del área y condenándola a un estado de dominación y dependencia. El 22 de Mayo de 2006 la Convención Constituyente para la reforma de la Constitución de Tucumán incorporó la propuesta de 21 comunidades indígenas que reconoce los derechos como Pueblos Originarios. La Comunidad cuenta con personería jurídica desde el año 2004 y está organizada de acuerdo a las pautas de los pueblos originarios. Un equipo interdisciplinario integrado por profesionales y estudiantes de Arquitectura, Medicina, Historia, Psicología y Psicología Social estudia las condiciones concretas de existencia y el proceso histórico de la comunidad, la migración de jóvenes que no encuentran fuentes de trabajo o estudio, los adultos y viejos que regresan al valle desde la Capital de la Provincia o del País y vuelcan las influencias recibidas, instalando una idea de progreso situada fuera de su pago.

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La necesidad de estudiar la presencia de metales pesados en el suelo radica en su impacto como indicador de contaminación ambiental. Se determinó la presencia de Cu, Zn, Pb y Cd en suelos donde se distribuyen especies vegetales en un corredor ecológico. Entre los municipios de Soledad de Graciano Sánchez y San Luis Potosí (México) fueron establecidos 30 puntos distribuidos en cinco prácticas dominantes de usos de suelo: agropecuario, residencial rural, comercio y servicios, residencial urbano y minero. Los muestreos se realizaron en cuatro épocas durante 2009 y 2010 (verano, otoño, invierno y primavera). Se encontró un efecto significativo del uso del suelo en cuanto a los niveles de Cu (p = 0,000), Pb (p = 0,043) y Cd (p = 0,010). En el caso del Zn, el uso del suelo (p = 0,000) y la estación (p = 0,059) fueron significativos. El uso del suelo minero mostró las mayores concentraciones de metales y el agrícola las menores. Los niveles de los cuatro metales se encuentran en el rango marcado como alto por la EPA y por otras fuentes técnicas. En el caso de Pb y Cd no rebasan los estándares NOM-147- SEMARNAT-SSA1. Estos resultados reflejan el potencial indicativo del uso del suelo en la evaluación de la calidad ambiental, sin embargo, se requiere continuar con un monitoreo de metales pesados en la zona.

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Los procesos naturales, como las actividades humanas, cambian los paisajes. Esta realidad no es ajena a los humedales (mallines) en Patagonia. Los mallines son importantes ecosistemas naturales que sirven como recurso forrajero para la ganadería extensiva. Los mismos representan el 4 de la superficie patagónica. Los períodos húmedos y secos modifican la dinámica hidrológica del mallín. Esto repercute en la evolución de los parches, corredores y matriz, que se agrava con la actividad antrópica. En una secuencia temporal se puede apreciar la fragmentación del hábitat: en la variación y tamaño del número de parches, su forma, conectividad y aislamiento, que entre otros factores inciden sobre numerosos procesos ecológicos. El conocimiento de la dinámica temporal y espacial de los parches, corredores y matriz entre un período húmedo y uno seco en un humedal permite la planificación del uso del recurso vegetación, ya que los patrones espaciales controlan fuertemente sus movimientos, flujos y cambios.

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Los procesos naturales, como las actividades humanas, cambian los paisajes. Esta realidad no es ajena a los humedales (mallines) en Patagonia. Los mallines son importantes ecosistemas naturales que sirven como recurso forrajero para la ganadería extensiva. Los mismos representan el 4 de la superficie patagónica. Los períodos húmedos y secos modifican la dinámica hidrológica del mallín. Esto repercute en la evolución de los parches, corredores y matriz, que se agrava con la actividad antrópica. En una secuencia temporal se puede apreciar la fragmentación del hábitat: en la variación y tamaño del número de parches, su forma, conectividad y aislamiento, que entre otros factores inciden sobre numerosos procesos ecológicos. El conocimiento de la dinámica temporal y espacial de los parches, corredores y matriz entre un período húmedo y uno seco en un humedal permite la planificación del uso del recurso vegetación, ya que los patrones espaciales controlan fuertemente sus movimientos, flujos y cambios.

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Los procesos naturales, como las actividades humanas, cambian los paisajes. Esta realidad no es ajena a los humedales (mallines) en Patagonia. Los mallines son importantes ecosistemas naturales que sirven como recurso forrajero para la ganadería extensiva. Los mismos representan el 4 de la superficie patagónica. Los períodos húmedos y secos modifican la dinámica hidrológica del mallín. Esto repercute en la evolución de los parches, corredores y matriz, que se agrava con la actividad antrópica. En una secuencia temporal se puede apreciar la fragmentación del hábitat: en la variación y tamaño del número de parches, su forma, conectividad y aislamiento, que entre otros factores inciden sobre numerosos procesos ecológicos. El conocimiento de la dinámica temporal y espacial de los parches, corredores y matriz entre un período húmedo y uno seco en un humedal permite la planificación del uso del recurso vegetación, ya que los patrones espaciales controlan fuertemente sus movimientos, flujos y cambios.

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La gestión de hábitat orientada a la conservación de polinizadores en los agro-ecosistemas requiere una selección de especies vegetales atendiendo fundamentalmente a dos criterios: i) el potencial atractivo de sus flores a los polinizadores; y ii) la simplicidad en su manejo agronómico. Además de estas premisas, es necesario considerar la capacidad invasora de estas especies vegetales, debido a que algunas de las más atractivas pueden resultar invasoras en determinados agro-ecosistemas. Por lo tanto, es preciso determinar qué especies vegetales son las más indicadas para ser implementadas en cada agro-ecosistema. En la presente tesis doctoral se plantea la búsqueda de las especies vegetales adecuadas para atraer polinizadores en los agro-ecosistemas del centro de España. En una primera aproximación, se ha evaluado la atracción y expansión espacial (potencial invasivo) de seis plantas perennes de la familia Lamiaceae (aromáticas), elegidas por ser nativas de la región mediterránea. La elección de las especies vegetales se ha llevado a cabo con el fin de crear márgenes funcionales basados en la mezcla de especies vegetales con distintos periodos de floración, de modo que prolonguen la disponibilidad de recursos florales en el tiempo. Tras un primer año dedicado al establecimiento de las especies aromáticas, en los dos años siguientes se ha estudiado la atracción individual y combinada de las especies vegetales sobre los polinizadores, y como ésta se ve afectada por la densidad y la morfología floral, utilizando para ello un diseño experimental en bloques al azar. Los resultados de este estudio han puesto de manifiesto que la morfología floral no tuvo influencia sobre la atracción de las especies vegetales, pero si la densidad floral, puesto que las especies vegetales con mayor densidad de flores (Nepeta tuberosa e Hyssopus officinalis) han mostrado mayor atracción a polinizadores. Cabe destacar que de las seis especies consideradas, dos especies de verano (Melissa officinalis y Thymbra capitata) no han contribuido de forma efectiva a la atracción de la mezcla hacia los polinizadores, mostrando una reducción significativa de este parámetro respecto a las otras especies aromáticas a lo largo del verano. Se ha observado que ninguna de las especies aromáticas evaluadas ha mostrado tendencia invasora a lo largo del estudio. En base a estos resultados, se puede concluir que entre las especies aromáticas estudiadas, N. tuberosa, H. officinalis y Salvia verbenaca son las que ofrecen mayor potencial para ser utilizadas en la conservación de polinizadores. De forma similar al caso de las plantas aromáticas, se ha llevado a cabo una segunda experimentación que incluía doce plantas anuales con floración de primavera, en la que se evaluó la atracción a polinizadores y su comportamiento agronómico. Este estudio con especies herbáceas se ha prolongado durante dos años, utilizando un diseño experimental de bloques aleatorios. Las variables analizadas fueron: el atractivo de las distintas especies vegetales a los polinizadores, su eficiencia de atracción (calculada como una combinación de la duración de la floración y las visitas de insectos), su respuesta a dos tipos de manejo agronómico (cultivo en mezcla frente a monocultivo; laboreo frente a no-laboreo) y su potencial invasivo. Los resultados de esta segunda experimentación han mostrado que las flores de Borago officinalis, Echium plantagineum, Phacelia tanacetifolia y Diplotaxis tenuifolia son atractivas a las abejas, mientras que las flores de Calendula arvensis, Coriandrum sativum, D. tenuifolia y Lobularia maritima son atractivas a los sírfidos. Con independencia del tipo de polinizadores atraídos por cada especie vegetal, se ha observado una mayor eficiencia de atracción en parcelas con monocultivo de D. tenuifolia respecto a las parcelas donde se cultivó una mezcla de especies herbáceas, si bien en estas últimas se observó mayor eficiencia de atracción que en la mayoría de parcelas mono-específicas. Respecto al potencial invasivo de las especies herbáceas, a pesar de que algunas de las más atractivas a polinizadores (P. tanacetifolia and C. arvensis) mostraron tendencia a un comportamiento invasor, su capacidad de auto-reproducción se vio reducida con el laboreo. En resumen, D. tenuifolia es la única especie que presentó una alta eficiencia de atracción a distintos tipos de polinizadores, conjuntamente con una alta capacidad de auto-reproducción pero sin mostrar carácter invasor. Comparando el atractivo de las especies vegetales utilizadas en este estudio sobre los polinizadores, D. tenuifolia es la especie más recomendable para su cultivo orientado a la atracción de polinizadores en agro-ecosistemas en el centro de España. Esta especie herbácea, conocida como rúcula, tiene la ventaja añadida de ser una especie comercializada para el consumo humano. Además de su atractivo a polinizadores, deben considerarse otros aspectos relacionados con la fisiología y el comportamiento de esta especie vegetal en los agro-ecosistemas antes de recomendar su cultivo. Dado que el cultivo en un campo agrícola de una nueva especie vegetal implica unos costes de producción, por ejemplo debidos a la utilización de agua de riego, es necesario evaluar el incremento en dichos costes en función de demanda hídrica específica de esa especie vegetal. Esta variable es especialmente importante en zonas dónde se presentan sequías recurrentes como es el caso del centro y sur-este de la península Ibérica. Este razonamiento ha motivado un estudio sobre los efectos del estrés hídrico por sequía y el estrés por déficit moderado y severo de riego sobre el crecimiento y floración de la especie D. tenuifolia, así como sobre la atracción a polinizadores. Los resultados muestran que tanto el crecimiento y floración de D. tenuifolia como su atracción a polinizadores no se ven afectados si la falta de riego se produce durante un máximo de 4 días. Sin embargo, si la falta de riego se extiende a lo largo de 8 días o más, se observa una reducción significativa en el crecimiento vegetativo, el número de flores abiertas, el área total y el diámetro de dichas flores, así como en el diámetro y longitud del tubo de la corola. Por otro lado, el estudio pone de manifiesto que un déficit hídrico regulado permite una gestión eficiente del agua, la cual, dependiendo del objetivo final del cultivo de D. tenuifolia (para consumo o solo para atracción de polinizadores), puede reducir su consumo entre un 40 y un 70% sin afectar al crecimiento vegetativo y desarrollo floral, y sin reducir significativamente el atractivo a los polinizadores. Finalmente, esta tesis aborda un estudio para determinar cómo afecta el manejo de hábitat a la producción de los cultivos. En concreto, se ha planteado una experimentación que incluye márgenes mono-específicos y márgenes con una mezcla de especies atractivas a polinizadores, con el fin de determinar su efecto sobre la producción del cultivo de cilantro (C. sativum). La elección del cultivo de cilantro se debe a que requiere la polinización de insectos para su reproducción (aunque, en menor medida, puede polinizarse también por el viento), además de la facilidad para estimar su producción en condiciones semi-controladas de campo. El diseño experimental consistía en la siembra de márgenes mono-específicos de D. tenuifolia y márgenes con mezcla de seis especies anuales situados junto al cultivo de cilantro. Estos cultivos con márgenes florales fueron comparados con controles sin margen floral. Además, un segundo grupo de plantas de cilantro situadas junto a todos los tratamientos, cuyas flores fueron cubiertas para evitar su polinización, sirvió como control para evaluar la influencia de los polinizadores en la producción del cultivo. Los resultados muestran que la presencia de cualquiera de los dos tipos de margen floral mejora el peso y el porcentaje de germinación de las semillas de cilantro frente al control sin margen. Si se comparan los dos tipos de margen, se ha observado un mayor número de semillas de cilantro junto al margen con mezcla de especies florales respecto al margen mono-específico, probablemente debido al mayor número visitas de polinizadores. Puesto que el experimento se realizó en condiciones de campo semi-controladas, esto sugiere que las visitas de polinizadores fueron el factor determinante en los resultados. Por otro lado, los resultados apuntan a que la presencia de un margen floral (ya sea mono-especifico o de mezcla) en cultivos de pequeña escala puede aumentar la producción de cilantro en más de un 200%, al tiempo que contribuyen a la conservación de los polinizadores. ABSTRACT Habitat management, aimed to conserve pollinators in agro-ecosystems, requires selection of the most suitable plant species in terms of their attractiveness to pollinators and simplicity of agronomic management. However, since all flowers are not equally attractive to pollinators and many plant species can be weedy or invasive in the particular habitat, it is important to test which plant species are the most appropriate to be implemented in specific agro-ecosystems. For that reason, this PhD dissertation has been focused on determination of the most appropriate aromatic and herbaceous plants for conservation of pollinators in agro-ecosystems of Central Spain. Therefore, in a first approximation, spatial expansion (i.e. potential weediness) and attractiveness to pollinators of six aromatic perennial plants from the Lamiaceae family, native and frequent in the Mediterranean region, were evaluated. Preliminary plant selection was based on designing a functional mixed margins consisting of plants attractive to pollinators and with different blooming periods, in order to extend the availability of floral resources in the field. After a year of vegetative growth, the next two years the plant species were studied in a randomized block design experiment in order to estimate their attractiveness to pollinators in Central Spain and to investigate whether floral morphology and density affect attractiveness to pollinators. The final aim of the study was to evaluate how their phenology and attractiveness to pollinators can affect the functionality of a flowering mixture of these plants. In addition, the spatial expansion, i.e. potential weediness, of the selected plant species was estimated under field conditions, as the final purpose of the studied plants is to be implemented within agro-ecosystems. The results of the experiment showed that floral morphology did not affect the attractiveness of plants to pollinators, but floral density did, as plant species with higher floral density (i.e. Nepeta tuberosa and Hyssopus officinalis) showed significantly higher attractiveness to pollinators. In addition, of six plant species, two summer species (Melissa officinalis and Thymbra capitata) did not efficiently contribute to the attractiveness of the mixture to pollinators, which reduced its attractiveness during the summer period. Finally, as none of the plants showed weedy behaviour under field conditions, the attractive plant species, i.e. N. tuberosa, H. officinalis and the early spring flowering Salvia verbenaca, showed good potential to conserve the pollinators. Similarly, in a second approximation, the attractiveness to pollinators and agronomic behaviour of twelve herbaceous plants blooming in spring were studied. This experiment was conducted over two years in a randomized block design in order to evaluate attractiveness of preselected plant species to pollinators, as well as their attractiveness efficiency (a combination of duration of flowering and insect visitation), their response to two different agronomic management practices (growing in mixed vs. mono-specific plots; tillage vs. no-tillage), and their potential weediness. The results of this experiment showed that the flowers of Borago officinalis, Echium plantagineum, Phacelia tanacetifolia and Diplotaxis tenuifolia were attractive to bees, while Calendula arvensis, Coriandrum sativum, D. tenuifolia and Lobularia maritima were attractive to hoverflies. In addition, floral mixture resulted in lower attractiveness efficiency to pollinators than mono-specific D. tenuifolia, but higher than most of the mono-specific stands. On the other hand, although some of the most attractive plant species (e.g. P. tanacetifolia and C. arvensis) showed potential weediness, their self-seeding was reduced by tillage. After comparing attractiveness efficiency of various herbaceous species to pollinators and their potential weediness, the results indicated that D. tenuifolia showed the highest attractiveness efficiency to pollinators and efficient self-reproduction, making it highly recommended to attract bees and hoverflies in agro-ecosystems of Central Spain. In addition, this plant, commonly known as wild rocket, has a supplementary economic value as a commercialized crop. The implementation of a new floral margin in agro-ecosystems means increased production costs, especially in regions with frequent and long droughts (as it is Central and South-East area of Iberian Peninsula), where the principal agricultural cost is irrigation. Therefore, before recommending D. tenuifolia for sustainable habitat management within agro-ecosystems, it is necessary to study the effect of drought stress and moderate and severe deficit irrigation on its growth, flower development and attractiveness to pollinators. The results of this experiment showed that in greenhouse conditions, potted D. tenuifolia could be without irrigation for 4 days without affecting its growth, flowering and attractiveness to pollinators. However, lack of irrigation for 8 days or longer significantly reduced the vegetative growth, number of open flowers, total floral area, flower diameter, corolla tube diameter and corolla tube length of D. tenuifolia. This study showed that regulated deficit irrigation can improve water use efficiency, and depending on the purpose of growing D. tenuifolia, as a crop or as a beneficial plant to attract pollinators, it can reduce water consumption by 40% to 70% without affecting its vegetative and floral development and without reducing its attractiveness to pollinators. Finally, the following experiment was developed in order to understand how habitat management can influence on the agricultural production. For this purpose, it was evaluated if the vicinity of mixed and mono-specific field margins, preselected to conserve pollinators within agro-ecosystems, can improve seed production in coriander (C. sativum). The selection of this plant species for the experiment was based on its necessity for insect pollination for production of seeds (even though some pollen can be transmitted from one flower to another by wind) and the fact that under semi-controlled field conditions established in the field it is possible to estimate its total seed production. Since D. tenuifolia is attractive for both bees and hoverflies in Central Spain, the main objective of this experiment was to estimate the impact of two different types of field margins, i.e. mono-specific margin with D. tenuifolia and mixed margin with six herbaceous species, on the seed production of potted coriander. For that reason, it was tested: i) if open pollination (control without proximate field margin and treatments with nearby mono-specific and mixed margin) increases the seed production of coriander when compared with no-pollination (covered inflorescences of coriander) under field conditions; ii) if frequency of pollinator visitation to the flowers of coriander was higher in the presence of field margins than in the control without field margin; and iii) if seed production was higher in the presence of field margins than in control plants of coriander without field margin. The results showed that the proximity of both types of floral margins (mixed and mono-specific) improved the seed quality of coriander plants, as seed weight and germination rate were higher than in control plants without field margin. Furthermore, the number of seeds produced was significantly higher in coriander plants grown near mixed margins than near mono-specific margin, probably due to an increase in pollinator visits. Since the experiment was conducted under semi-controlled field conditions, it can be concluded that pollinator visits was the main factor that biased the results, and that presence of both mixed or mono-specific (D. tenuifolia) margins can improve the production of coriander for more than 200% in small-scale gardens and, in addition, conserve the local pollinators.

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Las poblaciones de salmónidos en la Península Ibérica (trucha común, Salmo trutta; y salmón atlántico, Salmo salar) se encuentran cerca del límite meridional de sus distribuciones naturales, y por tanto tienen una gran importancia para la conservación de estas especies. En la presente Tesis se han investigado algunos aspectos de la reproducción y de la gestión del hábitat, con el objeto de mejorar el conocimiento acerca de estas poblaciones meridionales de salmónidos. Se ha estudiado la reproducción de la trucha común en el río Castril (Andalucía, sur de España), donde se ha observado que la freza ocurre desde diciembre hasta abril con el máximo de actividad en febrero. Este hecho representa uno de los periodos reproductivos más tardíos y con mayor duración de toda la distribución natural de la especie. Además, actualmente se sabe que el resto de poblaciones andaluzas tienen periodos de reproducción similares (retrasados y extendidos). Análisis en la escala de la distribución natural de la trucha común, han mostrado que la latitud explica parcialmente tanto la fecha media de reproducción (R2 = 62.8%) como la duración del periodo de freza (R2 = 24.4%) mediante relaciones negativas: a menor latitud, la freza ocurre más tarde y durante más tiempo. Es verosímil que un periodo de freza largo suponga una ventaja para la supervivencia de las poblaciones de trucha en hábitats impredecibles, y por tanto se ha propuesto la siguiente hipótesis, que deberá ser comprobada en el futuro: la duración de la freza es mayor en hábitats impredecibles que en aquellos más predecibles. La elevada tasa de solapamiento de frezaderos observada en el río Castril no se explica únicamente por una excesiva densidad de reproductores. Las hembras de trucha eligieron lugares específicos para construir sus frezaderos en vez de dispersarse aleatoriamente dentro del hábitat adecuado para la freza que tenían disponible. Estas observaciones sugieren que las hembras tienen algún tipo de preferencia por solapar sus frezaderos. Además, en ríos calizos como el Castril, las gravas pueden ser muy cohesivas y difíciles de excavar, por lo que el solapamiento de frezaderos puede suponer una ventaja para la hembra, porque la excavación en sustratos que han sido previamente removidos por frezas anteriores requerirá menos gasto de energía que en sustratos con gravas cohesivas que no han sido alteradas. Por tanto, se ha propuesto la siguiente hipótesis, que deberá ser comprobada en el futuro: las hembras tienen una mayor preferencia por solapar sus frezaderos en ríos con sustratos cohesivos que en ríos con sustratos de gravas sueltas. En el marco de la gestión del hábitat, se han empleado dos enfoques diferentes para la evaluación del hábitat físico, con el objeto de cuantificar los cambios potenciales en la disponibilidad de hábitat, antes de la implementación real de determinadas medidas sobre el hábitat. En primer lugar, se ha evaluado el hábitat físico del salmón atlántico en el río Pas (Cantabria, norte de España), en la escala del microhábitat, empleando la metodología IFIM junto con un modelo hidráulico bidimensional (River2D). Se han simulado una serie de acciones de mejora del hábitat y se han cuantificado los cambios en el hábitat bajo estas acciones. Los resultados mostraron un aumento muy pequeño en la disponibilidad de hábitat, por lo que no sería efectivo implementar estas acciones en este tramo fluvial. En segundo lugar, se ha evaluado el hábitat físico de la trucha común en el río Tajuña (Guadalajara, centro de España), en la escala del mesohábitat, empleando la metodología MesoHABSIM. Actualmente, el río Tajuña está alterado por los usos agrícolas de sus riberas, y por tanto se ha diseñado una restauración para mitigar estos impactos y para llevar al río a un estado más natural. Se ha cuantificado la disponibilidad de hábitat tras la restauración planteada, y los resultados han permitido identificar los tramos en los que la restauración resultaría más eficaz. ABSTRACT Salmonid populations in the Iberian Peninsula (brown trout, Salmo trutta; and Atlantic salmon, Salmo salar) are close to the southern limit of their natural ranges, and therefore they are of great importance for the conservation of the species. In the present dissertation, some aspects of spawning and habitat management have been investigated, in order to improve the knowledge on these southern salmonid populations. Brown trout spawning have been studied in the river Castril (Andalusia, southern Spain), and it has been observed that spawning occurs from December until April with the maximum activity in February. This finding represents one of the most belated and protracted spawning periods within the natural range of the species. Furthermore, it is now known that the rest of Andalusian populations show similar (belated and extended) spawning periods. Broad-scale analyses throughout the brown trout natural range showed that latitude partly explained both spawning mean time (R2 = 62.8%) and spawning duration (R2 = 24.4%) by negative relationships: the lower the latitude, the later the spawning time and the longer the spawning period. It is plausible that a long spawning period would be an advantage for survival of trout populations in unpredictable habitats, and thus the following hypothesis has been proposed, which is yet to be tested: spawning duration is longer in unpredictable than in predictable habitats. High rate of redd superimposition observed in the river Castril was not only caused by high density of spawners. Trout females chose specific sites for redd construction instead of randomly dispersing over the suitable spawning habitat. These observations suggest that female spawners have some kind of preference for superimposing redds. Moreover, in limestone streams such as Castril, unused gravels can be very cohesive and hard to dig, and thus redd superimposition may be an advantage for female, because digging may require less energy expenditure in already used redd sites than in cohesive and embedded unused sites. Hence, the following hypothesis has been proposed, which is yet to be tested: females have a higher preference for superimposing redds in streambeds with cohesive and embedded substrates than in rivers with loose gravels. Within the topic of habitat management, two different approaches have been used for physical habitat assessment, in order to quantify the potential change in habitat availability, prior to the actual implementation of proposed habitat measures. Firstly, physical habitat for Atlantic salmon in the river Pas (Cantabria, northern Spain) has been assessed at the microhabitat scale, using the IFIM approach along with a two dimensional hydraulic model (River2D). Proposed habitat enhancement actions have been simulated and potential habitat change has been quantified. Results showed a very small increasing in habitat availability and therefore it is not worth to implement these measures in this stream reach. Secondly, physical habitat for brown trout in the river Tajuña (Guadalajara, central Spain) has been assessed at the mesohabitat scale, using the MesoHABSIM approach. The river Tajuña is currently impacted by surrounding agricultural uses, and thus restoration was designed to mitigate these impacts and to drive the river to a more natural state. Habitat availability after the planned restoration has been quantified, and the results have permitted to identify in which sites the restoration will be more effective.

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La habitabilidad precaria (HaP) constituye hoy el primer problema mundial del urbanismo, la ordenación del territorio y varias otras disciplinas, como la arquitectura y varias ingenierías que, en conjunto, estructuran e impulsan el sector de la construcción mundial que se centra en atender el alojamiento humano en su diversidad de funciones. En la Conferencia Habitat II, celebrada en 1996 en Estambul, ante el desmesurado crecimiento cuantitativo de la HaP mundial, se planteó la prioridad de prevenir el problema de los nuevos asentamientos precarios: “paliar los problemas relacionados con los asentamientos humanos espontáneos mediante programas y políticas que se anticipen a los asentamientos no planeados”1, sin embargo, tras casi veinte años, aún no existe una herramienta sustantiva y específica que facilite a los políticos responsables de gestionar el desarrollo urbano en ciudades con bajos recursos de países en desarrollo, tomar decisiones que transformen de la forma más eficiente posible el fenómeno de la proliferación de asentamientos informales en una oportunidad de progreso y prosperidad para sus ciudades. La presente tesis parte de la convicción, que trata de fundamentar objetivamente a lo largo del desarrollo de su documentación, de que dicha herramienta fundamental ha de buscarse, a partir de la teoría Habitabilidad Básica, como un soporte esencial con el que reconducir los futuros procesos de ocupación espontánea periurbana. El propósito de la investigación se concreta en caracterizar, y conocer la óptima aplicabilidad, de un instrumento operativo elemental que ayude en la toma de decisiones estratégicas de las autoridades responsables sobre la mejor ubicación de los asentamientos que, hasta la existencia y aplicabilidad de este instrumento, se consideran espontáneos. Asentamientos espontáneos éstos que, en condiciones normales quedarían sujetos durante años a la precariedad mientras que por medio de tal instrumento abandonarían su génesis espontánea para acceder a través de planificación elemental a condiciones de Habitabilidad Básica. La materialización concreta de esta herramienta sería un plano sintético de directrices de ordenación territorial y urbana denominado Plano de Elección del Sitio (PES). Diseñado como un Modelo Teórico Elemental, su aplicación estaría preferentemente orientada a ciudades pequeñas de países en desarrollo que presenten escaso nivel institucional, limitada capacidad económica y técnica, así como ausencia o ineficacia en su planeamiento. A través de un proceso de investigación basado en: la mencionada teoría de la Habitabilidad Básica, la literatura científica de la materia y las experiencias de casos recientes de planificación urbana mediante la aplicación de sistemas de información del suelo, se propone una caracterización y aplicabilidad preliminar de la herramienta. Tras analizar pormenorizadamente sus fortalezas y debilidades y contando con la participación de un grupo de expertos independientes, el trabajo concluye con una nueva caracterización de la herramienta y la reformulación de la hipótesis inicial. ABSTRACT Nowadays, the precarious habitability (PHa) is the main problem of urbanism around the world, land-use planning and several other disciplines such as architecture and different engineering studies that, as a whole, structure and boost the global construction sector which focuses on meeting the Human accommodation in its functional diversity. In the Habitat II Conference in Istanbul in 1996, in light of the excessive quantitative growth of the global PHa, the priority of preventing the problem of new squatter settlements was raised: "to alleviate the problems related to spontaneous human settlements through programs and policies that anticipate unplanned settlements"2, however, after nearly twenty years, there is still no substantive and specific tool to facilitate policy makers to manage urban development for towns with low-income in developing countries, taking decisions that transform as efficiently as possible the phenomenon of the proliferation of informal settlements into an opportunity for progress and prosperity for their cities. This thesis is based on the conviction, which tries to objectively substantiate along the development of its documentation, that this fundamental tool has to be sought from the Basic Habitability theory as an essential support to redirect the future processes of peri-urban spontaneous occupation. The purpose of the research is carried out to characterize, and know the optimum applicability of a basic operational tool to assist in the strategic decisions making of the responsible authorities on the best location of settlements that, until the existence and applicability of this instrument, are considered spontaneous. Spontaneous settlements which, under normal conditions would be subject to the precariousness for years while under that instrument they would abandon their spontaneous genesis for accessing by elemental planning to the Basic Habitability. The concretionary materialization of this tool would be a synthetic guidelines plan of territorial and urban planning called Site Election Plan (SEP). Designed as a Elementary Theoretical Model, its application would preferably be oriented for small towns in developing countries that represent a low institutional, economic and technical limited capacity, as well as the absence or ineffectiveness in their planning. Throughout a research process based on: the aforementioned theory of Basic Habitability, the scientific literature of the subject and the experiences of recent cases of urban planning through the application of soil information systems, characterization and preliminary applicability of the tool is proposed. After attentively analyzing their strengths and weaknesses and with the participation of a group of independent experts, the paper concludes with a new characterization of the tool and the reformulation of the initial hypothesis.

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Helicobacter pylori è un batterio patogeno che infetta e abita lo stomaco umano. La sua diffusione è ubiquitaria nel mondo ed esso è responsabile di varie patologie, sia gastriche che extra-gastriche. Vista l’estrema ostilità del suo habitat, H. pylori necessita di specifici adattamenti che lo rendono unico nella sua capacità di tollerare l’estrema acidità dello stomaco umano, oltre ad evitare la risposta immunitaria dell’ospite. In questa tesi verranno adottati degli approcci bioinformatici per cercare di individuare quali possano essere gli adattamenti e le caratteristiche del genoma di questo batterio correlati con la sopravvivenza nell’ambiente gastrico e l’adattamento all’ospite umano.

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Le vingtième siècle a vu apparaître un fait nouveau jamais connu des générations précédentes: le vieillissement accéléré de sa population. Le phénomène aura des répercussions importantes dans toute la société. Il exigera notamment de la part de tous les paliers gouvernementaux, des transformations importantes au niveau des programmes sociaux, pour répondre aux besoins et aux attentes de la population vieillissante. La présente étude a été réalisée auprès de trois municipalités de la Municipalité régionale de comté de Drummond, située dans la région administrative Mauricie-Bois-Francs. Elle avait pour but, en premier lieu, d'élaborer un programme de sensibilisation et d'information sur les besoins des personnes âgées au regard de l'habitat, des loisirs, de la sécurité et des transports à l'intention des élus municipaux. Elle visait également l'évaluation du programme sur les connaissances et les attitudes des participants quant aux besoins de la population âgée. Des élus municipaux, des représentants des organismes sociaux et exécutifs de l'âge d'or, au nombre de 54 ont assisté aux deux ateliers d'une durée de deux heures chacun, tenus dans chacune des trois municipalités rurales. Les résultats nous montrent d'une part, l'intérêt des décideurs municipaux à entrer en communication avec les personnes âgées de leur municipalité et à répondre à leurs besoins; et d'autre part, une amélioration significative des connaissances. Par ailleurs, les attitudes vis-à-vis des personnes âgées, mesurées à l'aide du Différentiel sémantique ont, elles aussi, changé de manière positive, mais sans toutefois atteindre le seuil de signification statistique. La rencontre des maires et des exécutifs de l'âge d'or tenue dix-huit (18) mois après l'expérimentation, a confirmé l'importance de poursuivre une telle démarche auprès de tous les partenaires concernés par la qualité de vie des personnes âgées en milieu rural.

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L'accélération rapide de la croissance urbaine est l'une des caractéristiques les plus spectaculaires de l'Afrique actuelle. Elle détermine une nouvelle distribution du peuplement. Le glissement de population des villages vers les centres urbains entretient, d'une manière continue, le développement des capitales et la multiplication des "petites" villes. Elle impose un remaniement rapide des structures sociales, Elle contribue à l'élaboration d'une nouvelle culture africaine, "Le milieu urbain est le chantier où se construisent les sociétés africaines modernes". Étudier, dans ce processus d'accélération, les conditions de l'habitat et son évolution, ainsi que le rapport habitat-population, me paraît donc important, d'actualité et d'avenir. Le terrain choisi pour cette étude est celui de Niamey, capitale de la République du Niger. Village encore en 1927, agglomération urbaine approchant les 100 000 habitants aujourd'hui, peut-être métropole de 500 000 habitants en l'an 2000, Niamey, comme toutes les villes africaines, a grandi trop rapidement et, parfois, d'une façon anarchique. Une prise de conscience du développement rapide de cette ville a déjà provoqué des études de sociologie et d'urbanisme, des plans d'aménagement de l'espace urbain ont été élaborés (dès 1930) et souvent corrigés et améliorés, des projets d'avenir prennent corps avec le nouveau Conseil Municipal. Cette étude voudrait situer les problèmes de la population de Niamey face à son habitat dans un grand mouvement, celui amorcé en 1927, date de la fondation de Niamey, celui vécu aujourd'hui, d'une manière parfois très aiguë par la majeure partie de la population, celui de l'avenir qui résulte de la prise de conscience actuelle et de la volonté d'apporter des solutions durables. […]