75 resultados para Sicilian Maghrebides
Resumo:
The present study deal with the population structure and connectivity of the Mediterranean endemic starry ray Raja asterias (Delaroche, 1809) in the Western and Eastern Mediterranean basin. A panel of eight microsatellite loci which cross-amplify in Rajidae (El Nagar, 2010) was used to assess population connectivity and structure. Those aims were investigated by analyzing the genetic variation of 9 population sample for a total of 185 individuals collected during past scientific surveys (MEDITS, GRUND), commercial trawling and also directly at fish markets. The purpose of this thesis is to estimate the genetic divergence occurring between the Mediterranean populations and, in particular, to assess the presence of any barrier (geographic, hydrogeological and biological) to gene flow for this species. Different statistical approaches were performed to reach this aim evaluating both the genetic diversity (nucleotide diversity, allelic richness, observed and expected heterozygosity and Hardy-Weinberg equilibrium test) and the population differentiation patterns (pairwise Fst estimated and population structure analysis). The results obtained from the analysis of the microsatellite dataset suggest a geographic and genetic separation between the starry ray populations of the Mediterranean basin into three or four distinct groups: Western and Eastern Mediterranean basins and Sicilian coast always clustering as an independent group and Algeria which could be or not considered another separate group. The data were discussed from both an evolutionary and a conservation point of view and in relation to previous results obtained by the analysis of mitochondrial marker. A comparison with other Mediterranean demersal skate species was performed in order to better contextualise our results. Finally, our results could offer useful information to protect vulnerable species as R. asterias and developing effective conservation plans in the Mediterranean.
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Il progetto di ricerca si è posto l'obiettivo di analizzare una serie di manufatti egizî e di tradizione egizia della Sicilia preromana e di evidenziare le eventuali sopravvivenze della cultura egittizzante sull’isola fino all'età tardoantica. La realizzazione di un corpus, aggiornato sulla scorta di nuovi rinvenimenti, di recenti riletture e di studi su materiali inediti custoditi nei musei siciliani, ha contribuito a tracciare una mappa distributiva delle aree di rinvenimento e di attestazione, con particolare riferimento alle diverse etnie che recepiscono tali prodotti e alla possibilità di ricostruire l’ambientazione storica della domanda diretta o indiretta. Si è scelto di privilegiare lo studio tipologico, iconografico e iconologico di alcune “categorie” di materiali maggiormente documentati sull’isola, quali amuleti, scarabei e scaraboidi, cretule, ushabti, gioielli, bronzi figurati, gemme, con l’individuazione di riscontri in ambito mediterraneo. La documentazione delle testimonianze antiquarie contenenti notizie su reperti oggi non più reperibili ha permesso, infine, non solo l’acquisizione d’informazioni spesso ritenute perse, ma anche una comprensione storicizzata delle dinamiche del collezionismo siciliano e del suo ruolo nel più vasto ambito europeo dal XVII al XIX secolo. È stato importante, infatti, chiarire anche alcuni aspetti della cultura egittologica del periodo, legata in genere alla circolazione di stereotipi e alla mancanza di una conoscenza diretta della realtà faraonica.
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In Sicilia lo strumento principale che ha caratterizzato le modalità d’intervento dei poteri pubblici in economia è stato quello della partecipazione diretta o indiretta, quello cioè della Regione che si propone come ente fautore del sostegno allo sviluppo dell’industria e successivamente come soggetto imprenditore. Le formule organizzative attraverso le quali si è concretizzato l’intervento regionale in economia furono la società per azioni a partecipazione regionale, l’azienda autonoma regionale e l’ente pubblico regionale1. La storia dello sviluppo economico siciliano nel secondo dopoguerra conferma come il ricorso allo strumento dell’ente pubblico economico sia stato molto frequente nella realtà locale come, peraltro, anche in altre Regioni d’Italia. Tracce, queste, di una vicenda storica che intuiamo subito avere complesse implicazioni tali da generare la necessità di interrogarsi sul modo nel quale le istituzioni politiche hanno influito sulle dinamiche economiche siciliane nel secondo dopoguerra; per quanto noti e approfonditi siano stati infatti gli elementi caratterizzanti e i percorsi peculiari dello sviluppo economico siciliano, rimangono scarsamente approfonditi il tenore dei rapporti e i nessi politici, istituzionali ed economici tra centro e periferia, in altre parole rimane ancora parzialmente inesplorata quella parte dell’indagine inerente l’evoluzione dei processi di industrializzazione della Sicilia nel secondo dopoguerra attuata parallelamente dalle autorità regionali e dallo Stato attraverso i loro enti e strumenti. È lecito chiedersi quali siano stati i tempi, le modalità, gli ostacoli e gli eventuali risultati delle azioni di pianificazione intraprese dai poteri pubblici centrali e regionali nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio; il coordinamento delle azioni di promozione del progresso industriale si presentava in tal senso, sin dall’inizio, come una delle sfide fondamentali per un adeguato e consistente rilancio economico delle aree più arretrate del Mezzogiorno italiano; ecco che lo studio dei provvedimenti legislativi emanati rappresenta un approfondimento indispensabile e obiettivo primario di questo lavoro.
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A multi-proxy chronological framework along with sequence-stratigraphic interpretations unveils composite Milankovitch cyclicity in the sedimentary records of the Last GlacialeInterglacial cycle at NE Gela Basin on the Sicilian continental margin. Chronostratigraphic data (including foraminifera-based eco-biostratigraphy and d18O records, tephrochronological markers and 14C AMS radiometric datings) was derived from the shallow-shelf drill sites GeoB14403 (54.6 m recovery) and GeoB14414 (27.5 m), collected with both gravity and drilled MeBo cores in 193 m and 146 m water depth, respectively. The recovered intervals record Marine Isotope Stages and Substages (MIS) from MIS 5 to MIS 1, thus comprising major stratigraphic parts of the progradational deposits that form the last 100-ka depositional sequence. Calibration of shelf sedimentary units with borehole stratigraphies indicates the impact of higher-frequency (20-ka) sea level cycles punctuating this 100-ka cycle. This becomes most evident in the alternation of thick interstadial highstand (HST) wedges and thinner glacial forced-regression (FSST) units mirroring seaward shifts in coastal progradation. Albeit their relatively short-lived depositional phase, these subordinate HST units form the bulk of the 100-ka depositional sequence. Two mechanisms are proposed that likely account for enhanced sediment accumulation ratios (SAR) of up to 200 cm/ka during these intervals: (1) intensified activity of deep and intermediate Levantine Intermediate Water (LIW) associated to the drowning of Mediterranean shelves, and (2) amplified sediment flux along the flooded shelf in response to hyperpycnal plumes that generate through extreme precipitation events during overall arid conditions. Equally, the latter mechanism is thought to be at the origin of undulated features resolved in the acoustic records of MIS 5 Interstadials, which bear a striking resemblance to modern equivalents forming on late-Holocene prodeltas of other Mediterranean shallow-shelf settings.
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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales
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Este estudio parte de la caracterización del fenómeno del bandolerismo siciliano en la temprana Edad Moderna que la historiografía reciente nos ofrece, a partir del modelo general de bandolerismo mediterráneo, y adelanta el marco temporal de análisis hasta el final del dominio español en la isla. En concreto, el trabajo centra su interés en comprobar hasta qué punto el comportamiento del bandolerismo siciliano se ajusta al patrón de evolución del bandolerismo mediterráneo comúnmente aceptado por la historiografía, según el cual el carácter político y faccional de la actividad bandolera, vinculada a los intereses de las oligarquías -los grandes señores feudales en el caso de Sicilia-, se fue diluyendo a partir de mediados del siglo XVII, por motivos diversos relacionados con el avance del poder monárquico, para pasar a caracterizarse como una expresión de desorden social, protagonizada por miembros de los sectores más débiles y peor integrados de la sociedad con objetivos propios que no iban más allá del mero botín económico
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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales
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Este estudio parte de la caracterización del fenómeno del bandolerismo siciliano en la temprana Edad Moderna que la historiografía reciente nos ofrece, a partir del modelo general de bandolerismo mediterráneo, y adelanta el marco temporal de análisis hasta el final del dominio español en la isla. En concreto, el trabajo centra su interés en comprobar hasta qué punto el comportamiento del bandolerismo siciliano se ajusta al patrón de evolución del bandolerismo mediterráneo comúnmente aceptado por la historiografía, según el cual el carácter político y faccional de la actividad bandolera, vinculada a los intereses de las oligarquías -los grandes señores feudales en el caso de Sicilia-, se fue diluyendo a partir de mediados del siglo XVII, por motivos diversos relacionados con el avance del poder monárquico, para pasar a caracterizarse como una expresión de desorden social, protagonizada por miembros de los sectores más débiles y peor integrados de la sociedad con objetivos propios que no iban más allá del mero botín económico
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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales
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Este estudio parte de la caracterización del fenómeno del bandolerismo siciliano en la temprana Edad Moderna que la historiografía reciente nos ofrece, a partir del modelo general de bandolerismo mediterráneo, y adelanta el marco temporal de análisis hasta el final del dominio español en la isla. En concreto, el trabajo centra su interés en comprobar hasta qué punto el comportamiento del bandolerismo siciliano se ajusta al patrón de evolución del bandolerismo mediterráneo comúnmente aceptado por la historiografía, según el cual el carácter político y faccional de la actividad bandolera, vinculada a los intereses de las oligarquías -los grandes señores feudales en el caso de Sicilia-, se fue diluyendo a partir de mediados del siglo XVII, por motivos diversos relacionados con el avance del poder monárquico, para pasar a caracterizarse como una expresión de desorden social, protagonizada por miembros de los sectores más débiles y peor integrados de la sociedad con objetivos propios que no iban más allá del mero botín económico
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Adrogenesis, development from paternal but not maternal chromosomes, can be induced to occur in some organisms, including vertebrates, but has only been reported to occur naturally in interspecific hybrids of the Sicilian stick insect. Androgenesis has not been described previously in Drosophila. We now report the recovery of androgenetic offspring from Drosophila melanogaster females mutant for a gene that affects an oocyte- and embryo-specific alpha-tubulin. The androgenetic exceptions are X,X diploid females that develop from haploid embryos and express paternal markers on all 4 chromosomes. The exceptional females arise by fusion of haploid cleavage nuclei or failure of newly replicated haploid chromosomes to segregate, rather than fusion of two inseminating sperm. The frequency of androgenetic offspring is greatly enhanced by a partial loss-of-function mutant of the NCD (nonclaret disjunctional) microtubule motor protein, suggesting that wild-type NCD functions is pronuclear fusion. Diploidization of haploid paternal chromosome complements results in complete genetic homozygosity, which could facilitate studies of gene variation and mutational load in populations.