816 resultados para SKELETON


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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This paper describes a new program developed to the SISTEMAT expert system, the SISOCBOT program. This program employs the botanical data analysis and predicts, at the end of analysis, the probable skeleton of a compound based on the input of family or genus names. The SISOCBOT program was tested with 78 samples involving 302 substances, pertaining to 38 carbon skeletons, and showed a high hit index on skeleton prediction, thus emphasizing the potential importance of these data for structural determination of natural products. © 2002 Elsevier Science Ltd. All rights reserved.

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Sixty female Wistar rats were submitted to a daily intake of ration doped with uranium from weaning to adulthood. Uranium in bone was quantified by the SSNTD (solid state nuclear track detection) technique, and bone mineral density (BMD) analysis performed. Uranium concentration as a function of age exhibited a sharp rise during the first week of the experiment and a drastic drop of 70% in the following weeks. Data interpretation indicates that uranium mimics calcium. Results from BMD suggest that radiation emitted by the incorporated Uranium could induce death of bone cells. © 2013 Elsevier Ltd.

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Máster Oficial en Cultivos Marinos. VI Máster Internacional en Acuicultura. Trabajo presentado como requisito parcial para la obtención del Título de Máster Oficial en Cultivos Marinos, otorgado por la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria (ULPGC), el Instituto Canario de Ciencias Marinas (ICCM), y el Centro Internacional de Altos Estudios Agronómicos Mediterráneos de Zaragoza (CIHEAM)

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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

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Lo studio delle malattie che colpiscono i coralli rappresenta un campo di ricerca nuovo e poche sono le ricerche concentrate nell’Oceano Indo-Pacifico, in particolare nella Repubblica delle Maldive. Lo scopo di questa ricerca è stato approfondire le conoscenze riguardo distribuzione, prevalenza e host range della Skeleton Eroding Band (SEB) nell’atollo di Faafu. Durante il lavoro, svolto in campo tra il novembre e il dicembre 2013, sono state indagate le isole di: Magoodhoo, Filitheyo e Adangau al fine di rilevare differenze nei livelli di prevalenza della SEB in relazione ai diversi gradi di utilizzo da parte dell’uomo delle 3 isole. Il piano di campionamento ha previsto la scelta casuale, in ciascuna delle isole, di 4 siti in cui sono stati realizzati 3 belt transect e 3 point intercept transect a 2 profondità predefinite. La SEB è stata ritrovata con una prevalenza media totale di 0,27%. Dai risultati dell’analisi statistica le differenze fra le isole non sono apparse significative, facendo ipotizzare che i livelli di prevalenza differiscano a causa di oscillazioni casuali di carattere naturale e che quindi non siano dovute a dinamiche legate al diverso sfruttamento da parte dell’uomo. I generi Acropora e Pocillopora sono risultati quelli maggiormente colpiti con valori di prevalenza totale di 0,46% e 1,33%. Infine è stata rilevata una correlazione positiva tra il numero di colonie di madrepore affette dalla SEB e il numero di colonie in cui la malattia è associata alla presenza di lesioni provocate da danni meccanici. I dati di prevalenza ottenuti e le previsioni di cambiamenti climatici in grado di aumentare distribuzione, host range, abbondanza della patologia, pongono l’accento sulla necessità di chiarire il ruolo delle malattie dei coralli nel deterioramento, resilienza e recupero dei coral reefs, al fine di attuare politiche di gestione adatte alla protezione di questi fragili ecosistemi.

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To clarify the patterns of frontobasal and frontosinal fractures in children and teenagers and to analyze whether the patterns relate to developmental stage of the facial skeleton.

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Bone research is limited by the methods available for detecting changes in bone metabolism. While dual X-ray absorptiometry is rather insensitive, biochemical markers are subject to significant intra-individual variation. In the study presented here, we evaluated the isotopic labeling of bone using 41Ca, a long-lived radiotracer, as an alternative approach. After successful labeling of the skeleton, changes in the systematics of urinary 41Ca excretion are expected to directly reflect changes in bone Ca metabolism. A minute amount of 41Ca (100 nCi) was administered orally to 22 postmenopausal women. Kinetics of tracer excretion were assessed by monitoring changes in urinary 41Ca/40Ca isotope ratios up to 700 days post-dosing using accelerator mass spectrometry and resonance ionization mass spectrometry. Isotopic labeling of the skeleton was evaluated by two different approaches: (i) urinary 41Ca data were fitted to an established function consisting of an exponential term and a power law term for each individual; (ii) 41Ca data were analyzed by population pharmacokinetic (NONMEM) analysis to identify a compartmental model that describes urinary 41Ca tracer kinetics. A linear three-compartment model with a central compartment and two sequential peripheral compartments was found to best fit the 41Ca data. Fits based on the use of the combined exponential/power law function describing urinary tracer excretion showed substantially higher deviations between predicted and measured values than fits based on the compartmental modeling approach. By establishing the urinary 41Ca excretion pattern using data points up to day 500 and extrapolating these curves up to day 700, it was found that the calculated 41Ca/40Ca isotope ratios in urine were significantly lower than the observed 41Ca/40Ca isotope ratios for both techniques. Compartmental analysis can overcome this limitation. By identifying relative changes in transfer rates between compartments in response to an intervention, inaccuracies in the underlying model cancel out. Changes in tracer distribution between compartments were modeled based on identified kinetic parameters. While changes in bone formation and resorption can, in principle, be assessed by monitoring urinary 41Ca excretion over the first few weeks post-dosing, assessment of an intervention effect is more reliable approximately 150 days post-dosing when excreted tracer originates mainly from bone.

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Glycosylphosphatidylinositol-specific phospholipase D (GPI-PLD) is abundant in serum and has a well-characterized biochemistry; however, its physiological role is completely unknown. Previous investigations into GPI-PLD have focused on the adult animal or on in vitro systems and a putative role in development has been neither proposed nor investigated. We describe the first evidence of GPI-PLD expression during mouse embryonic ossification. GPI-PLD expression was detected predominantly at sites of skeletal development, increasing during the course of gestation. GPI-PLD was observed during both intramembraneous and endochondral ossification and localized predominantly to the extracellular matrix of chondrocytes and to primary trabeculae of the skeleton. In addition, the mouse chondrocyte cell line ATDC5 expressed GPI-PLD after experimental induction of differentiation. These results implicate GPI-PLD in the process of bone formation during mouse embryogenesis.

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Background: Statistical shape models are widely used in biomedical research. They are routinely implemented for automatic image segmentation or object identification in medical images. In these fields, however, the acquisition of the large training datasets, required to develop these models, is usually a time-consuming process. Even after this effort, the collections of datasets are often lost or mishandled resulting in replication of work. Objective: To solve these problems, the Virtual Skeleton Database (VSD) is proposed as a centralized storage system where the data necessary to build statistical shape models can be stored and shared. Methods: The VSD provides an online repository system tailored to the needs of the medical research community. The processing of the most common image file types, a statistical shape model framework, and an ontology-based search provide the generic tools to store, exchange, and retrieve digital medical datasets. The hosted data are accessible to the community, and collaborative research catalyzes their productivity. Results: To illustrate the need for an online repository for medical research, three exemplary projects of the VSD are presented: (1) an international collaboration to achieve improvement in cochlear surgery and implant optimization, (2) a population-based analysis of femoral fracture risk between genders, and (3) an online application developed for the evaluation and comparison of the segmentation of brain tumors. Conclusions: The VSD is a novel system for scientific collaboration for the medical image community with a data-centric concept and semantically driven search option for anatomical structures. The repository has been proven to be a useful tool for collaborative model building, as a resource for biomechanical population studies, or to enhance segmentation algorithms.

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The Hox gene products are transcription factors involved in specifying regional identity along the anteroposterior body axis. In Drosophila, where these genes are known as HOM-C (Homeotic-complex) genes and where they have been most extensively studied, they are expressed in restricted domains along the anteroposterior axis with different anterior limits. Genetic analysis of a large number of gain- and loss-of-function alleles of these genes has revealed that these genes are important in specifying segmental identity at their anterior limits of expression. Furthermore, there is a functional dominance of posterior genes over anterior genes, such that posterior genes can dominantly specify their developmental programs in spite of the expression of more anterior genes in the same segment. In the mouse, there are four clusters of HOM-C genes, called Hox genes. Thus, there may be up to four genes, called paralogs, that are more highly homologous to each other and to their Drosophila homolog than they are to the other mouse Hox genes. The single mutants for two paralogous genes, hoxa-4 and hoxd-4, presented in this dissertation, are similar to several other mouse Hox mutants in that they show partial, incompletely penetrant homeotic transformations of vertebrae at their anterior limit of expression. These mutants were then bred with hoxb-4 mutants (Ramirez-Solis, et al. 1993) to generate the three possible double mutant combinations as well as the triple mutant. The skeletal phenotypes of these group 4 Hox compound mutants displayed clear alterations in regional identity, such that a nearly complete transformation towards the morphology of the first cervical vertebra occurs. These results suggest a certain degree of functional redundancy among paralogous genes in specifying regional identity. Furthermore, there was a remarkable dose-dependent increase in the number of vertebrae transformed to a first cervical vertebra identity, including the second through the fifth cervical vertebrae in the triple mutant. Thus, these genes are required in a larger anteroposterior domain than is revealed by the single mutant phenotypes alone, such that multiple mutations in these genes result in transformations of vertebrae that are not at their anterior limit of expression. ^