1000 resultados para Rilassometria con Risonanza Magnetica Nucleare, cobaltismo da artroprotesi, Cobalto, NMRD
Resumo:
Si tratta di uno studio osservazionale analitico di coorte prospettico volto a rilevare disfunzioni neuropsicologiche nei pazienti affetti da epilessia frontale notturna, attraverso una batteria di test che esplora i seguenti domini cognitivi: intelligenza generale, memoria, linguaggio, funzioni esecutive, attenzione, vigilanza, tempi di reazione, percezione della qualità della vita ed eventuale presenza di sintomi psichiatrici. Lo studio ha un follow up medio di 20 anni e riporta, per la prima volta in letteratura, lâevoluzione clinica dei soggetti che hanno avuto un esordio dellâepilessia in età evolutiva. Fino ad ora, lâepilessia frontale notturna è stata associata a disfunzioni cognitive nei soli casi di famiglie affette e nelle quali è stato possibile rilevare il difetto genetico. Questo studio ha rilevato la prevalenza di disturbi cognitivi e psichici in un campione di 24 soggetti affetti, mediante la somministrazione di una batteria di test specifica. I risultati sono stati analizzati con il programma statistico SPSS. Tutti i soggetti presentano abilità cognitive inferiori alla media in uno o più test ma il quoziente intellettivo risulta normale nei tre quarti del campione. Il ritardo mentale è più frequente e più grave nei soggetti idiopatici rispetto a quelli con alterazioni morfologiche frontali rilevate alla risonanza magnetica. Sono risultati più frequenti i disturbi della memoria, soprattutto quella a lungo termine e del linguaggio rispetto a quelli di tipo disesecutivo. Tutti i soggetti, che non hanno ottenuto un controllo delle crisi, manifestano una percezione della qualità della vita inferiore alla media. Eâ stata valutata lâinfluenza delle variabili cliniche (età di esordio dellâepilessia, frequenza e semeiologia delle crisi, durata della malattia e terapia antiepilettica), le anomalie elettroencefalografiche e le anomalie rilevate alla risonanza magnetica. Le variabili che sono in rapporto con un maggiore numero di disfunzioni neuropsicologiche sono: lâelevata frequenza di crisi allâesordio, lâassociazione con crisi in veglia, la presenza di crisi parziali secondariamente generalizzate e lâassunzione di una politerapia. I disturbi psichici prevalgono nei soggetti con anomalie elettroencefalografiche frontali sinistre. I dati neuropsicologici suggeriscono una disfunzione cognitiva prevalentemente fronto-temporale e, assieme ai dati clinici ed elettroencefalografici, sembrano confermare lâorigine mesiale e orbitale frontale delle anomalie epilettiche nellâepilessia frontale notturna.
Resumo:
Argomento del presente lavoro è l’analisi di dati fMRI (functional Magnetic Resonance Imaging) nell’ambito di uno studio EEG-fMRI su pazienti affetti da malattia di Parkinson idiopatica. L’EEG-fMRI combina due diverse tecniche per lo studio in vivo dell’attività cerebrale: l'elettroencefalografia (EEG) e la risonanza magnetica funzionale. La prima registra l’attività elettrica dei neuroni corticali con ottima risoluzione temporale; la seconda misura indirettamente l’attività neuronale registrando gli effetti metabolici ad essa correlati, con buona risoluzione spaziale. L’acquisizione simultanea e la combinazione dei due tipi di dati permettono di sfruttare i vantaggi di ciascuna tecnica. Scopo dello studio è l’indagine della connettività funzionale cerebrale in condizioni di riposo in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica ad uno stadio precoce. In particolare, l’interesse è focalizzato sulle variazioni della connettività con aree motorie primarie e supplementari in seguito alla somministrazione della terapia dopaminergica. Le quattro fasi principali dell’analisi dei dati sono la correzione del rumore fisiologico, il pre-processing usuale dei dati fMRI, l’analisi di connettività “seed-based “ e la combinazione dei dati relativi ad ogni paziente in un’analisi statistica di gruppo. Usando ’elettrocardiogramma misurato contestualmente all’EEG ed una stima dell’attività respiratoria, è stata effettuata la correzione del rumore fisiologico, ottenendo risultati consistenti con la letteratura. L’analisi di connettività fMRI ha mostrato un aumento significativo della connettività dopo la somministrazione della terapia: in particolare, si è riscontrato che le aree cerebrali maggiormente connesse alle aree motorie sono quelle coinvolte nel network sensorimotorio, nel network attentivo e nel default mode network. Questi risultati suggeriscono che la terapia dopaminergica, oltre ad avere un effetto positivo sulle performance motorie durante l’esecuzione del movimento, inizia ad agire anche in condizioni di riposo, migliorando le funzioni attentive ed esecutive, componenti integranti della fase preparatoria del movimento. Nel prossimo futuro questi risultati verranno combinati con quelli ottenuti dall’analisi dei dati EEG.
Resumo:
Gleno-humeral joint (GHJ) is the most mobile joint of the human body. This is related to theincongr uence between the large humeral head articulating with the much smaller glenoid (ratio 3:1). The GHJ laxity is the ability of the humeral head to be passively translated on the glenoid fossa and, when physiological, it guarantees the normal range of motion of the joint. Three-dimensional GHJ linear displacements have been measured, both in vivo and in vitro by means of different instrumental techniques. In vivo gleno-humeral displacements have been assessed by means of stereophotogrammetry, electromagnetic tracking sensors, and bio-imaging techniques. Both stereophotogrammetric systems and electromagnetic tracking devices, due to the deformation of the soft tissues surrounding the bones, are not capable to accurately assess small displacements, such as gleno-humeral joint translations. The bio-imaging techniques can ensure for an accurate joint kinematic (linear and angular displacement) description, but, due to the radiation exposure, most of these techniques, such as computer tomography or fluoroscopy, are invasive for patients. Among the bioimaging techniques, an alternative which could provide an acceptable level of accuracy and that is innocuous for patients is represented by magnetic resonance imaging (MRI). Unfortunately, only few studies have been conducted for three-dimensional analysis and very limited data is available in situations where preset loads are being applied. The general aim of this doctoral thesis is to develop a non-invasive methodology based on open-MRI for in-vivo evaluation of the gleno-humeral translation components in healthy subjects under the application of external loads.
Resumo:
L'esame clinico della palpazione manuale dei tessuti è ancora oggi l'indagine preliminare più diffusa per l'identificazione e la diagnosi delle lesioni superficiali. L'esame è infatti in grado di fornire al medico esaminatore una valutazione qualitativa circa le proprietà meccaniche dei tessuti indagati, in particolare per quanto concerne la rigidità. I limiti fondamentali e intrinseci della palpazione sono l'impossibilità di raggiungere i tessuti in profondità, limitando quindi l'analisi agli elementi anatomici superficiali, e la grandezza delle lesioni rilevabili. L'elastografia si inserisce in tale contesto come strumento diagnostico in grado di valutare le proprietà meccaniche dei tessuti in funzione della profondità, con una risoluzione spaziale non ottenibile attraverso la semplice palpazione. L'elastosonografia rappresenta la metodologia elastografica attualmente più diffusa, caratterizzata da numerose tecnologie specializzate nell'indagine di diversi elementi anatomici. Il vantaggio fondamentale dell'elastosonografia rispetto ad altre metodiche come l'elastografia a risonanza magnetica o l'elastografia tattile risiede nell'integrazione efficace con la tradizionale indagine ecografica. L'elaborato si pone l'obiettivo di descrivere e valutare le varianti implementative dell'elastosonografia e la loro efficacia come strumento diagnostico. La prima parte (parte I) riassume i concetti fondamentali alla base dell'indagine ecografica, fornendo le nozioni teoriche ed un contesto adeguato alla comprensione dell'elastosonografia. Entrambe le indagini sono infatti basate principalmente sull'emissione e ricezione di ultrasuoni. La parte centrale (parte II) dell'elaborato analizza le principali tecniche elastosonografiche attualmente esistenti. I metodi descritti, a prescindere dal principio di funzionamento specifico, sono accomunati dalla medesima dinamica fondamentale che comprende una eccitazione meccanica del tessuto e l'osservazione della relativa risposta, per fornire una misura qualitativa o quantitativa della rigidità del tessuto in esame. L'ultima parte (parte III) analizza alcuni casi applicativi di particolare rilevanza, soffermandosi sulla valutazione dal punto di vista statistico del contributo fornito dalla specifica tecnica elastosonografica rispetto alle indagini tradizionali.
Resumo:
L’imaging ad ultrasuoni è una tecnica di indagine utilizzata comunemente per molte applicazioni diagnostiche e terapeutiche. La tecnica ha numerosi vantaggi: non è invasiva, fornisce immagini in tempo reale e l’equipaggiamento necessario è facilmente trasportabile. Le immagini ottenute con questa tecnica hanno tuttavia basso rapporto segnale rumore a causa del basso contrasto e del rumore caratteristico delle immagini ad ultrasuoni, detto speckle noise. Una corretta segmentazione delle strutture anatomiche nelle immagini ad ultrasuoni è di fondamentale importanza in molte applicazioni mediche . Nella pratica clinica l’identificazione delle strutture anatomiche è in molti casi ancora ottenuta tramite tracciamento manuale dei contorni. Questo processo richiede molto tempo e produce risultati scarsamente riproducibili e legati all’esperienza del clinico che effettua l’operazione. In ambito cardiaco l’indagine ecocardiografica è alla base dello studio della morfologia e della funzione del miocardio. I sistemi ecocardiografici in grado di acquisire in tempo reale un dato volumetrico, da pochi anni disponibili per le applicazioni cliniche, hanno dimostrato la loro superiorità rispetto all’ecocardiografia bidimensionale e vengono considerati dalla comunità medica e scientifica, la tecnica di acquisizione che nel futuro prossimo sostituirà la risonanza magnetica cardiaca. Al fine di sfruttare appieno l’informazione volumetrica contenuta in questi dati, negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi metodi di segmentazione automatici o semiautomatici tesi alla valutazione della volumetria del ventricolo sinistro. La presente tesi descrive il progetto, lo sviluppo e la validazione di un metodo di segmentazione ventricolare quasi automatico 3D, ottenuto integrando la teoria dei modelli level-set e la teoria del segnale monogenico. Questo approccio permette di superare i limiti dovuti alla scarsa qualità delle immagini grazie alla sostituzione dell’informazione di intensità con l’informazione di fase, che contiene tutta l’informazione strutturale del segnale.
Resumo:
Il cancro della prostata (PCa) è il tumore maligno non-cutaneo più diffuso tra gli uomini ed è il secondo tumore che miete più vittime nei paesi occidentali. La necessità di nuove tecniche non invasive per la diagnosi precoce del PCa è aumentata negli anni. 1H-MRS (proton magnetic resonance spectroscopy) e 1H-MRSI (proton magnetic resonance spectroscopy imaging) sono tecniche avanzate di spettroscopia in risonanza magnetica che permettono di individuare presenza di metaboliti come citrato, colina, creatina e in alcuni casi poliammine in uno o più voxel nel tessuto prostatico. L’abbondanza o l’assenza di uno di questi metaboliti rende possibile discriminare un tessuto sano da uno patologico. Le tecniche di spettroscopia RM sono correntemente utilizzate nella pratica clinica per cervello e fegato, con l’utilizzo di software dedicati per l’analisi degli spettri. La quantificazione di metaboliti nella prostata invece può risultare difficile a causa del basso rapporto segnale/rumore (SNR) degli spettri e del forte accoppiamento-j del citrato. Lo scopo principale di questo lavoro è di proporre un software prototipo per la quantificazione automatica di citrato, colina e creatina nella prostata. Lo sviluppo del programma e dei suoi algoritmi è stato portato avanti all’interno dell’IRST (Istituto Romagnolo per lo Studio e la cura dei Tumori) con l’aiuto dell’unità di fisica sanitaria. Il cuore del programma è un algoritmo iterativo per il fit degli spettri che fa uso di simulazioni MRS sviluppate con il pacchetto di librerie GAMMA in C++. L’accuratezza delle quantificazioni è stata testata con dei fantocci realizzati all’interno dei laboratori dell’istituto. Tutte le misure spettroscopiche sono state eseguite con il nuovo scanner Philips Ingenia 3T, una delle machine di risonanza magnetica più avanzate per applicazioni cliniche. Infine, dopo aver eseguito i test in vitro sui fantocci, sono stati acquisiti gli spettri delle prostate di alcuni volontari sani, per testare se il programma fosse in grado di lavorare in condizioni di basso SNR.
Resumo:
In questo lavoro di tesi, si cerca di studiare una reazione in grado di generare doppi legami sulla catena polimerica di un fluoroelastomero e analizzare le caratteristiche del polimero così ottenuto. I siti di insaturazione generati potranno essere sfruttati per successive reazioni di funzionalizzazione del polimero o per un eventuale processo di vulcanizzazione radicalico. La reazione utilizzata consiste in una deidrofluorurazione in ambiente alcalino di un copolimero VDF/HFP di produzione industriale. Essa è stata condotta sia in un sistema bifasico, sia in una fase omogenea, a 24 tempi e temperature diversi. La formazione dei doppi legami è stata analizzata tramite spettroscopia di risonanza magnetica al nucleo di fluoro (19F-NMR) e spettroscopia infrarossa. La possibilità di poter sfruttare le insaturazioni generate è stata studiata mediante prove di reticolazione via perossido indotta da radiazione UV, radiazione visibile ed energia termica. Nei primi due casi, il fenomeno è stato monitorato con spettri IR e UV-Vis, nel secondo caso la reazione è stata seguita per via reometrica (ODR: Oscillating Disk Reometer). Il lavoro è stato svolto in collaborazione con Elastomers Union srl, azienda con stabilimento di produzione a Castel Guelfo, specializzata nella preparazione di compound a base fluoroelastomerica e fluorosiliconica.
Resumo:
La Fibrillazione Atriale (FA) è una delle aritmie più frequentemente riscontrate nella pratica clinica, ma i meccanismi che la generano e che la sostengono non sono ancora oggi ben chiari. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è indagare il substrato aritmogeno della FA con particolare attenzione al legame tra rimodellamento elettrico e strutturale. La tecnica di riferimento per la valutazione della fibrosi è la risonanza magnetica con iniezione di mezzo di contrasto e acquisizione ritardata. Tipicamente, però, la presenza di fibrosi viene valutata durante la procedura di ablazione transcatetere mediante l’analisi dei potenziali elettrici rilevati, considerando le zone a basso potenziale indicative della presenza di alterazioni strutturali. In questo lavoro sono stati elaborati dati di Risonanza Magnetica (RM), in particolare sequenze Angio-RM e DE-RM. Dalle sequenze Angio-RM è stato ricostruito un modello 3D paziente-specifico dell’atrio, mentre dalle sequenze DE-RM sono state ricavate informazioni relative alla presenza di tessuto atriale fibrotico. Al modello 3D è stata poi sovrapposta l’informazione sull’intensità di grigio del dato DE-RM per poter visualizzare la localizzazione delle zone di fibrosi sulla superficie 3D dell’atrio. Sono stati anche esportati dal sistema di mappaggio elettroanatomico EnSite NavX (St. Jude Medical) i dati relativi alla geometria dell’atrio e ai potenziali registrati durante lo svolgimento della procedura di ablazione. Da questi dati è stato possibile ricostruire in ambiente Matlab le mappe di voltaggio raffiguranti i potenziali registrati durante la procedura. Per poter studiare e valutare il legame esistente tra rimodellamento elettrico e strutturale, sono state confrontate le mappe di voltaggio e le superfici raffiguranti fibrosi. Questo lavoro di tesi è stato svolto in collaborazione con l’U.O. di Cardiologia dell’Ospedale Bufalini di Cesena e la St. Jude Medical.
Resumo:
La geometria frattale descrive la complessità strutturale di oggetti che presentano, entro certi limiti, invarianza a fattori di scala. Obiettivo di questa tesi è l’analisi di indici frattali della morfologia cerebrale e cerebellare da immagini di risonanza magnetica (MRI) pesate T1 e della loro correlazione con l’età. A tale scopo sono state analizzate la dimensione frattale (D0) e la lacunarità (λs), indice di eterogeneità strutturale, della sostanza grigia (GM) e bianca (WM), calcolate mediante algoritmi di box counting e di differential gliding box, implementati in linguaggio C++, e regressione lineare con scelta automatica delle scale spaziali. Gli algoritmi sono stati validati su fantocci 3D ed è stato proposto un metodo per compensare la dipendenza di λs dalle dimensioni dell’immagine e dalla frazione di immagine occupata. L’analisi frattale è stata applicata ad immagini T1 a 3T del dataset ICBM (International Consortium for Brain Mapping) composto da 86 soggetti (età 19-85 anni). D0 e λs sono state rispettivamente 2.35±0.02 (media±deviazione standard) e 0.41±0.05 per la GM corticale, 2.34±0.03 e 0.35±0.05 per la WM cerebrale, 2.19±0.05 e 0.17±0.02 per la GM cerebellare, 1.95±0.06 e 0.30±0.04 per la WM cerebellare. Il coefficiente di correlazione lineare tra età e D0 della GM corticale è r=−0.38 (p=0.003); tra età e λs, r=0.72 (p<0.001) (mostrando che l’eterogeneità strutturale aumenta con l’invecchiamento) e tra età e λs compensata rispetto al volume della GM cerebrale (GMV), r=0.51 (p<0.001), superiore in valore assoluto a quello tra età e GMV (r=−0.45, p<0.001). In un modello di regressione lineare multipla, dove l’età è stata modellata da D0, λ e GMV della GM corticale, λs è risultato l’unico predittore significativo (r parziale=0.62, p<0.001). La lacunarità λs è un indice sensibile alle variazioni strutturali dovute all’invecchiamento cerebrale e si candida come biomarcatore nella valutazione della complessità cerebrale nelle malattie neurodegenerative.
Resumo:
Il cervello umano è composto da una rete complessa, formata da fasci di assoni, che connettono le diverse aree cerebrali. Il fascio arcuato collega l’area imputata alla com- prensione del linguaggio con quella dedicata alla sua produzione. Il fascio arcuato è presente in entrambi gli emisferi cerebrali, anche se spesso è utilizzato prevalente- mente il sinistro. In questa tesi sono state valutate, in un campione di soggetti sani, le differenze tra fascio arcuato destro e sinistro, utilizzando la trattografia, metodica avanzata e non invasiva che permette la ricostruzione della traiettoria delle fibre con immagini RM (Risonanza Magnetica) pesate in diffusione. A questo scopo ho utilizzato un algoritmo probabilistico, che permette la stima di probabilità di connessione della fibra in oggetto con le diverse aree cerebrali, anche nelle sedi di incrocio con fibre di fasci diversi. Grazie all’implementazione di questo metodo, è stato possibile ottenere una ricostruzione accurata del fascio arcuato, an- che nell’emisfero destro dove è spesso critica, tanto da non essere possibile con altri algoritmi trattografici. Parametrizzando poi la geometria del tratto ho diviso il fascio arcuato in venti seg- menti e ho confrontato i parametri delle misure di diffusione, valutate nell’emisfero destro e sinistro. Da queste analisi emerge un’ampia variabilità nella geometria dell’arcuato, sia tra diversi soggetti che diversi emisferi. Nell’emisfero destro l’arcuato incrocia maggiormente fibre appartenenti ad altri fasci. Nell’emisfero sinistro le fibre dell’arcuato sono più compatte e si misura anche una maggiore connettività con altre aree del cervello coinvolte nelle funzioni linguistiche. Nella seconda fase dello studio ho applicato la stessa metodica in due pazienti con lesioni cerebrali, con l’obiettivo di testare il danno del fascio arcuato ipsilaterale alla lesione e stimare se nell’emisfero controlaterale si innescassero meccanismi di plastic- ità strutturale. Questa metodica può essere implementata, in un gruppo di pazienti omogenei, per identificare marcatori RM diagnostici nella fase di pianificazione pre- chirurgica e marcatori RM prognostici di recupero funzionale del linguaggio.
Resumo:
La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence Tomography, OCT) rappresenta fondamentalmente una nuova modalità di diagnostica per immagini non invasiva e ad alta risoluzione. L’OCT fornisce immagini, sotto forma di sezioni trasversali o tomografiche, delle microstrutture dei tessuti biologici tramite la misura del ritardo dell’eco e dell’intensità della luce retrodiffusa o riflessa dal campione in analisi. L’OCT è una potente tecnica poiché fornisce in tempo reale immagini in situ delle strutture tissutali normali o patologiche, con una risoluzione da 1 a 15 micron, che è da uno a due ordini di grandezza maggiore rispetto alle tecniche per immagini convenzionali come ultrasuoni, risonanza magnetica o tomografia computerizzata. Tutto questo senza la necessità di ottenere e analizzare un campione tramite biopsia e studio istopatologico. Sin dall’inizio della sua utilizzazione nel 1991, l’OCT è stata impiegata in un vasto spettro di applicazioni cliniche, principalmente l'oftalmologia. In strutture non trasparenti, diverse da quelle oculari, la profondità massima esplorabile è limitata a 2-3 mm a causa dei fenomeni di attenuazione secondari e alla dispersione della luce. Inoltre, i numerosi sviluppi fatti dalla tecnologia OCT hanno portato ad alte velocità di acquisizione e, grazie all’utilizzo di sorgenti laser di ultima generazione, risoluzioni assiali dell’ordine di 1 micrometro. Dunque, la tomografia a coerenza ottica può essere sfruttata: - Quando la biopsia escissionale è pericolosa o impossibile. - Quando si rischiano errori di campionamento, come guida alla biopsia in modo da ridurre errori nel prelievo del campione. - Come guida alla procedura d’intervento, in associazione alle procedure di cateterismo, endoscopia e laparoscopia.
Resumo:
In questo lavoro di tesi vengono prese in esame le principali anomalie cerebrali fetali a carico del complesso anteriore, formato dal cavo del setto pellucido e dai corni frontali dei ventricoli laterali. Si è poi concentrata l’attenzione sull’oloprosencefalia e sull’obliterazione del cavo del setto pellucido, analizzando i casi che sono stati riferiti c/o la U.O. di Ostetricia e Medicina dell’Età Prenatale del Policlinico di S. Orsola – IRCCS. L’oloprosencefalia racchiude in sé uno spettro di anomalie cerebrali caratterizzate da un difetto di formazione della linea mediana con forme variabili di fusione degli emisferi cerebrali. Le forme alobari mostrano una distorsione della anatomia cerebrale, con un singolo ventricolo e sono spesso associate ad anomalie extracerebrali e del cariotipo. Nelle forme semilobari e lobari il setto pellucido è generalmente assente nei piani assiali, con corni frontali fusi ed ipoplasici, ma queste caratteristiche possono essere di difficile interpretazione ad un esame di screening. Le anomalie facciali sono invece più sfuggenti. L’obliterazione del cavo del setto consiste in un suo aspetto ecogeno, normalmente disteso da fluido; è ritenuta una variante della norma, ma queste conclusioni sono basate su casistiche limitate. Anche in questo caso abbiamo riportato l’eventuale presenza di anomalie associate ed abbiamo poi rivalutato questi bambini mediante una visita specialistica presso la U.O. di Neuropsichiatria Infantile. Nella nostra esperienza di 16 casi, la neurosonografia è stata in grado di definire la presenza o meno di anomalie cerebrali associate (1 caso di cisti interemisferiche e corpo calloso disgenetico) al pari della risonanza magnetica. Nei casi apparentemente isolati, in circa il 20% tale reperto è stato transitorio nel corso della gravidanza e non sono state riportate anomalie del cariotipo. Tutte le visite di follow up eseguite nel contesto dello studio (risultati parziali di 7/15 bambini) hanno dimostrato uno sviluppo nella norma per l’età del bambino.
Resumo:
La geometria frattale permette di definire un indice di complessitá strutturale di oggetti che presentano, fino a un certo livello d’ingrandimento, caratteristiche di auto-similaritá: il cervello umano ha un alto livello di complessitá, che cambia durante il corso della vita e con l’insorgenza di patologie. Tale complessitá puó essere descritta tramite la dimensione frattale (FD). L’obiettivo di questo elaborato ́e sviluppare un metodo di calcolo della FD surface-based, partendo dalla ricostruzione mediante mesh triangolari della superficie cerebrale. A questo scopo ́e stata implementata una procedura che utilizza gli strumenti di analisi di neuroimmagini, come FSL e FreeSurfer; l’algoritmo ́e stato validato su fantocci tridimensionali e testato su immagini di risonanza magnetica pesate in T1 del dataset International Consortium for Brain Mapping (ICBM), composto da 86 soggetti sani con etá compresa tra i 19 e gli 85 anni. Dalla ricerca condotta é emerso che il calcolo della FD surface-based restituisce valori accurati per i fantocci e permette di differenziare significativamnete gli uomini dalle donne. Concludendo, riteniamo che la FD surface-based si possa candidare come marcatore di complessitá strutturale nelle neuroimmagini, in modo complementare agli indici morfologici convenzionali.
Resumo:
L’amiloidosi cardiaca è l’esempio tipico di cardiomiopatia infiltrativa. La diagnosi presuppone un alto indice di sospetto. Nella pratica clinica le cause più frequenti di amiloidosi sistemica sono: amiloidosi AL (secondaria alla deposizione di catene leggere libere circolanti delle immunoglobuline nel contesto di discrasia plasmocellulare), amiloidosi da deposizione di transtiretina mutata (amiloidosi ereditaria ATTR) e da deposizione di transtiretina nativa, “wild-type” (amiloidosi senile). L’ecocardiogramma, la lettura integrata ECG-ecocardiogramma e la risonanza magnetica forniscono importanti elementi per il sospetto diagnostico. La diagnosi finale deve essere necessariamente eziologica per poter orientare al meglio le strategie terapeutiche. L’amiloidosi ereditaria da mutazione della transtiretina (ATTRm) ha una espressione clinica prevalentemente neurologica. L’interessamento cardiaco è relativamente frequente (soprattutto nelle mutazioni diverse dalla Val30Met), ma è in genere successivo all’espressione del fenotipo neurologico. Se la cronologia di espressione dei due fenotipi si inverte, la probabilità di mancare la diagnosi di ATTRm è elevata. Nella realtà più del 10% dei pazienti affetti da ATTRm ha una espressione fenotipica prevalentemente o esclusivamente cardiologica. Questo sottogruppo si caratterizza per una netta prevalenza del sesso maschile, per una diagnosi in età più avanzata e per una frequenza particolarmente elevata della mutazione Ile68Leu. La consapevolezza dell’esistenza di queste forme di ATTRm è essenziale per una diagnosi corretta, soprattutto in ambito cardiologico.
Resumo:
Nei Roditori e nei Primati, studi di immunoistochimica condotti sulla formazione ippocampale hanno dimostrato che le proteine leganti il calcio (parvalbumina, calbindina-D28k e calretinina) sono dei marker che consentono di identificare differenti sottopopolazioni di neuroni. Nel presente studio è stata analizzata la distribuzione di queste proteine nella formazione ippocampale di cane. L’immunoreattività per la parvalbumina è stata localizzata in neuroni multipolari presenti nello strato polimorfo e nei campi CA3-CA1, così come in alcuni neuroni presumibilmente inibitori localizzati nel campo CA1 e nel subicolo. I granuli e le fibre muschiate presentavano una forte immunoreattività per la calbindina-D28k. Tale immunoreattività era evidente anche nei neuroni piramidali del campo CA1 e del subicolo ed in alcuni interneuroni, presumibilmente inibitori, distribuiti nella formazione ippocampale. L’immunoreatività per la calretinina era relativamente bassa in tutta la formazione ippocampale. Le analisi immunoistochimiche hanno evidenziato, nel giro dentato e nel campo CA1, una riduzione età-dipendente dell’immunoreattività per la parvalbumina e la calretinina. Le analisi condotte mediante risonanza magnetica hanno inoltre dimostrato una riduzione volumetrica età-dipendente della formazione ippocampale di cane.