67 resultados para Rigidité symplectique


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L'esame clinico della palpazione manuale dei tessuti è ancora oggi l'indagine preliminare più diffusa per l'identificazione e la diagnosi delle lesioni superficiali. L'esame è infatti in grado di fornire al medico esaminatore una valutazione qualitativa circa le proprietà meccaniche dei tessuti indagati, in particolare per quanto concerne la rigidità. I limiti fondamentali e intrinseci della palpazione sono l'impossibilità di raggiungere i tessuti in profondità, limitando quindi l'analisi agli elementi anatomici superficiali, e la grandezza delle lesioni rilevabili. L'elastografia si inserisce in tale contesto come strumento diagnostico in grado di valutare le proprietà meccaniche dei tessuti in funzione della profondità, con una risoluzione spaziale non ottenibile attraverso la semplice palpazione. L'elastosonografia rappresenta la metodologia elastografica attualmente più diffusa, caratterizzata da numerose tecnologie specializzate nell'indagine di diversi elementi anatomici. Il vantaggio fondamentale dell'elastosonografia rispetto ad altre metodiche come l'elastografia a risonanza magnetica o l'elastografia tattile risiede nell'integrazione efficace con la tradizionale indagine ecografica. L'elaborato si pone l'obiettivo di descrivere e valutare le varianti implementative dell'elastosonografia e la loro efficacia come strumento diagnostico. La prima parte (parte I) riassume i concetti fondamentali alla base dell'indagine ecografica, fornendo le nozioni teoriche ed un contesto adeguato alla comprensione dell'elastosonografia. Entrambe le indagini sono infatti basate principalmente sull'emissione e ricezione di ultrasuoni. La parte centrale (parte II) dell'elaborato analizza le principali tecniche elastosonografiche attualmente esistenti. I metodi descritti, a prescindere dal principio di funzionamento specifico, sono accomunati dalla medesima dinamica fondamentale che comprende una eccitazione meccanica del tessuto e l'osservazione della relativa risposta, per fornire una misura qualitativa o quantitativa della rigidità del tessuto in esame. L'ultima parte (parte III) analizza alcuni casi applicativi di particolare rilevanza, soffermandosi sulla valutazione dal punto di vista statistico del contributo fornito dalla specifica tecnica elastosonografica rispetto alle indagini tradizionali.

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In questa tesi viene affrontato il problema della stabilità delle strutture stellari da un punto di vista relativistico. La stella è approssimata ad un fluido perfetto a simmetria sferica, e le equazioni che ne governano la struttura vengono ricavate grazie alle risoluzione delle equazioni di campo della relatività generale in questo caso particolare. L'approssimazione di fluido perfetto permette anche di ricavare un'equazione di stato che lega densità di energia e pressione tramite un parametro, detto parametro di rigidità. Un'analisi del comportamento della materia al variare della densità consente di stabilire l'andamento di questo parametro, mentre uno studio delle piccole oscillazioni radiali della stella permette di stabilire quali sono i valori del parametro che consentono un equilibrio stabile. La stabilità risulta possibile in due differenti intervalli di densità, che corrispondono ai due tipici stadi finali dell'evoluzione stellare: nana bianca e stella di neutroni. Grazie alle equazioni che descrivono la struttura stellare è possibile stabilire, nei due intervalli di densità, quale sia il valore che la massa della stella non può superare: si ricavano il limite di Chandrasekhar e il limite di Oppenheimer-Volkoff. Infine viene mostrato come la relatività generale imponga un limite assoluto alla stabilità di una distribuzione di materia, sostenuta da una qualsiasi forza della natura: superato questo confine, la materia non può fare altro che collassare in un buco nero.

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Basato su interviste con i principali attori tedeschi e su un’analisi della letteratura, l’articolo analizza lo sviluppo recente dell’economia tedesca e la strategia tedesca nell’affrontare la crisi dell’eurozona. La Germania è uno stato commerciale (trading state), la cui crescita è fortemente trainata dalle esportazioni. Fino agli anni novanta, rigidità istituzionali forti, nel sistema di relazioni industriali e nel sistema di protezione sociale, contribuivano a conciliare lo sviluppo delle esportazioni con una crescita armonica dei consumi interni, contribuendo cosi a ingabbiare la «tigre» tedesca. A partire dagli anni novanta, sia le relazioni industriali sia la protezione sociale sono state fortemente liberalizzate, stimolando ulteriormente la competitività estera e indebolendo i consumi interni. Il modello economico tedesco, cosi come è venuto profilandosi negli ultimi dieci anni, è alla base delle politiche di austerità che la Germania impone all’Europa. Tali politiche sono fortemente condivise dai partiti politici, dagli attori sociali e dall’opinione pubblica, e le probabilità che la strategia tedesca cambi sono minime.

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Nel cuore di Bologna c’è un posto che attende silenziosamente di essere scoperto per diventare un’occasione di ripensamento della città. BoOM! (Bologna Ospedale Militare) vuole essere una proposta che riesca a coinvolgere in maniera sostenibile le energie del pubblico e del privato con l’intento di riappropriarsi, da parte della città, di un bene comune dalle grandi potenzialità. Il percorso che si sviluppa all’interno di questa tesi parte analizzando la criticità dei vuoti urbani e alcuni tentativi di risposta sperimentati dalle città nel tentativo di ricrearsi un’identità a partire da essi. Alle diverse esperienze in ambito nazionale e internazionale si è poi passati ad un analisi mirata sulla realtà urbana di Bologna, sia dal punto di vista del tessuto socio-economico, che dal punto di vista delle politiche, delle strategie e dei nuovi strumenti legislativi rivolti alla rigenerazione della città. La proposta progettuale che ne scaturisce si concretizza in una metodologia scandita in tre fasi basata su interventi caratterizzati da una loro temporaneità, inseriti in una visione più ampia che si discosta dalla rigidità e dalla lentezza della pianificazione tradizionale. Utilizzare il progetto stesso come strumento di un’analisi che si sviluppa dinamicamente alla ricerca di nuove vocazioni d’uso e per indagare la possibilità di generare nuove relazioni è l’idea che ha dettato lo sviluppo delle prime due fasi progettuali: l’apertura durante gli eventi e l’apertura permanente. La terza fase, ovvero l’intervento sullo spazio esterno, si configura come risposta operativa alle analisi precedenti e come strumento di rammendo urbano nella rete degli spazi pubblici e della mobilità dolce del centro storico. L’ambizione di BoOM! è quella di essere una scintilla in grado di riattivare e rinnovare le energie di questo vuoto nel cuore di Bologna.

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Thèse numérisée par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.

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Travaux d'études doctorales réalisées conjointement avec les travaux de recherches doctorales de Nicolas Leduc, étudiant au doctorat en génie informatique à l'École Polytechnique de Montréal.

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Thèse numérisée par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.

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Cette thèse se compose de trois articles sur les politiques budgétaires et monétaires optimales. Dans le premier article, J'étudie la détermination conjointe de la politique budgétaire et monétaire optimale dans un cadre néo-keynésien avec les marchés du travail frictionnels, de la monnaie et avec distortion des taux d'imposition du revenu du travail. Dans le premier article, je trouve que lorsque le pouvoir de négociation des travailleurs est faible, la politique Ramsey-optimale appelle à un taux optimal d'inflation annuel significativement plus élevé, au-delà de 9.5%, qui est aussi très volatile, au-delà de 7.4%. Le gouvernement Ramsey utilise l'inflation pour induire des fluctuations efficaces dans les marchés du travail, malgré le fait que l'évolution des prix est coûteuse et malgré la présence de la fiscalité du travail variant dans le temps. Les résultats quantitatifs montrent clairement que le planificateur s'appuie plus fortement sur l'inflation, pas sur l'impôts, pour lisser les distorsions dans l'économie au cours du cycle économique. En effet, il ya un compromis tout à fait clair entre le taux optimal de l'inflation et sa volatilité et le taux d'impôt sur le revenu optimal et sa variabilité. Le plus faible est le degré de rigidité des prix, le plus élevé sont le taux d'inflation optimal et la volatilité de l'inflation et le plus faible sont le taux d'impôt optimal sur le revenu et la volatilité de l'impôt sur le revenu. Pour dix fois plus petit degré de rigidité des prix, le taux d'inflation optimal et sa volatilité augmentent remarquablement, plus de 58% et 10%, respectivement, et le taux d'impôt optimal sur le revenu et sa volatilité déclinent de façon spectaculaire. Ces résultats sont d'une grande importance étant donné que dans les modèles frictionnels du marché du travail sans politique budgétaire et monnaie, ou dans les Nouveaux cadres keynésien même avec un riche éventail de rigidités réelles et nominales et un minuscule degré de rigidité des prix, la stabilité des prix semble être l'objectif central de la politique monétaire optimale. En l'absence de politique budgétaire et la demande de monnaie, le taux d'inflation optimal tombe très proche de zéro, avec une volatilité environ 97 pour cent moins, compatible avec la littérature. Dans le deuxième article, je montre comment les résultats quantitatifs impliquent que le pouvoir de négociation des travailleurs et les coûts de l'aide sociale de règles monétaires sont liées négativement. Autrement dit, le plus faible est le pouvoir de négociation des travailleurs, le plus grand sont les coûts sociaux des règles de politique monétaire. Toutefois, dans un contraste saisissant par rapport à la littérature, les règles qui régissent à la production et à l'étroitesse du marché du travail entraînent des coûts de bien-être considérablement plus faible que la règle de ciblage de l'inflation. C'est en particulier le cas pour la règle qui répond à l'étroitesse du marché du travail. Les coûts de l'aide sociale aussi baisse remarquablement en augmentant la taille du coefficient de production dans les règles monétaires. Mes résultats indiquent qu'en augmentant le pouvoir de négociation du travailleur au niveau Hosios ou plus, les coûts de l'aide sociale des trois règles monétaires diminuent significativement et la réponse à la production ou à la étroitesse du marché du travail n'entraîne plus une baisse des coûts de bien-être moindre que la règle de ciblage de l'inflation, qui est en ligne avec la littérature existante. Dans le troisième article, je montre d'abord que la règle Friedman dans un modèle monétaire avec une contrainte de type cash-in-advance pour les entreprises n’est pas optimale lorsque le gouvernement pour financer ses dépenses a accès à des taxes à distorsion sur la consommation. Je soutiens donc que, la règle Friedman en présence de ces taxes à distorsion est optimale si nous supposons un modèle avec travaie raw-efficace où seule le travaie raw est soumis à la contrainte de type cash-in-advance et la fonction d'utilité est homothétique dans deux types de main-d'oeuvre et séparable dans la consommation. Lorsque la fonction de production présente des rendements constants à l'échelle, contrairement au modèle des produits de trésorerie de crédit que les prix de ces deux produits sont les mêmes, la règle Friedman est optimal même lorsque les taux de salaire sont différents. Si la fonction de production des rendements d'échelle croissant ou decroissant, pour avoir l'optimalité de la règle Friedman, les taux de salaire doivent être égales.

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Les maladies cardiovasculaires sont la première cause de mortalité dans le monde et les anévrismes de l’aorte abdominale (AAAs) font partie de ce lot déplorable. Un anévrisme est la dilatation d’une artère pouvant conduire à la mort. Une rupture d’AAA s’avère fatale près de 80% du temps. Un moyen de traiter les AAAs est l’insertion d’une endoprothèse (SG) dans l’aorte, communément appelée la réparation endovasculaire (EVAR), afin de réduire la pression exercée par le flux sanguin sur la paroi. L’efficacité de ce traitement est compromise par la survenue d’endofuites (flux sanguins entre la prothèse et le sac anévrismal) pouvant conduire à la rupture de l’anévrisme. Ces flux sanguins peuvent survenir à n’importe quel moment après le traitement EVAR. Une surveillance par tomodensitométrie (CT-scan) annuelle est donc requise, augmentant ainsi le coût du suivi post-EVAR et exposant le patient à la radiation ionisante et aux complications des contrastes iodés. L’endotension est le concept de dilatation de l’anévrisme sans la présence d’une endofuite apparente au CT-scan. Après le traitement EVAR, le sang dans le sac anévrismal coagule pour former un thrombus frais, qui deviendra progressivement un thrombus plus fibreux et plus organisé, donnant lieu à un rétrécissement de l’anévrisme. Il y a très peu de données dans la littérature pour étudier ce processus temporel et la relation entre le thrombus frais et l’endotension. L’étalon d’or du suivi post-EVAR, le CT-scan, ne peut pas détecter la présence de thrombus frais. Il y a donc un besoin d’investir dans une technique sécuritaire et moins coûteuse pour le suivi d’AAAs après EVAR. Une méthode récente, l’élastographie dynamique, mesure l’élasticité des tissus en temps réel. Le principe de cette technique repose sur la génération d’ondes de cisaillement et l’étude de leur propagation afin de remonter aux propriétés mécaniques du milieu étudié. Cette thèse vise l’application de l’élastographie dynamique pour la détection des endofuites ainsi que de la caractérisation mécanique des tissus du sac anévrismal après le traitement EVAR. Ce projet dévoile le potentiel de l’élastographie afin de réduire les dangers de la radiation, de l’utilisation d’agent de contraste ainsi que des coûts du post-EVAR des AAAs. L’élastographie dynamique utilisant le « Shear Wave Imaging » (SWI) est prometteuse. Cette modalité pourrait complémenter l’échographie-Doppler (DUS) déjà utilisée pour le suivi d’examen post-EVAR. Le SWI a le potentiel de fournir des informations sur l’organisation fibreuse du thrombus ainsi que sur la détection d’endofuites. Tout d’abord, le premier objectif de cette thèse consistait à tester le SWI sur des AAAs dans des modèles canins pour la détection d’endofuites et la caractérisation du thrombus. Des SGs furent implantées dans un groupe de 18 chiens avec un anévrisme créé au moyen de la veine jugulaire. 4 anévrismes avaient une endofuite de type I, 13 avaient une endofuite de type II et un anévrisme n’avait pas d’endofuite. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été réalisés à l’implantation, puis 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois après le traitement EVAR. Une angiographie, un CT-scan et des coupes macroscopiques ont été produits au sacrifice. Les régions d’endofuites, de thrombus frais et de thrombus organisé furent identifiées et segmentées. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions furent comparées. Celles-ci furent différentes de façon significative (P < 0.001). Également, le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (1) et le DUS (3) ont échoué. Dans la continuité de ces travaux, le deuxième objectif de ce projet fut de caractériser l’évolution du thrombus dans le temps, de même que l’évolution des endofuites après embolisation dans des modèles canins. Dix-huit anévrismes furent créés dans les artères iliaques de neuf modèles canins, suivis d’une endofuite de type I après EVAR. Deux gels embolisants (Chitosan (Chi) ou Chitosan-Sodium-Tetradecyl-Sulfate (Chi-STS)) furent injectés dans le sac anévrismal pour promouvoir la guérison. Des examens échographiques, DUS et SWI ont été effectués à l’implantation et après 1 semaine, 1 mois, 3 mois et 6 mois. Une angiographie, un CT-scan et un examen histologique ont été réalisés au sacrifice afin d’évaluer la présence, le type et la grosseur de l’endofuite. Les valeurs du module d’élasticité des régions d’intérêts ont été identifiées et segmentées sur les données pathologiques. Les régions d’endofuites et de thrombus frais furent différentes de façon significative comparativement aux autres régions (P < 0.001). Les valeurs d’élasticité du thrombus frais à 1 semaine et à 3 mois indiquent que le SWI peut évaluer la maturation du thrombus, de même que caractériser l’évolution et la dégradation des gels embolisants dans le temps. Le SWI a pu détecter des endofuites où le DUS a échoué (2) et, contrairement au CT-scan, détecter la présence de thrombus frais. Finalement, la dernière étape du projet doctoral consistait à appliquer le SWI dans une phase clinique, avec des patients humains ayant déjà un AAA, pour la détection d’endofuite et la caractérisation de l’élasticité des tissus. 25 patients furent sélectionnés pour participer à l’étude. Une comparaison d’imagerie a été produite entre le SWI, le CT-scan et le DUS. Les valeurs de rigidité données par le SWI des différentes régions (endofuite, thrombus) furent identifiées et segmentées. Celles-ci étaient distinctes de façon significative (P < 0.001). Le SWI a détecté 5 endofuites sur 6 (sensibilité de 83.3%) et a eu 6 faux positifs (spécificité de 76%). Le SWI a pu détecter la présence d’endofuites où le CT-scan (2) ainsi que le DUS (2) ont échoué. Il n’y avait pas de différence statistique notable entre la rigidité du thrombus pour un AAA avec endofuite et un AAA sans endofuite. Aucune corrélation n’a pu être établie de façon significative entre les diamètres des AAAs ainsi que leurs variations et l’élasticité du thrombus. Le SWI a le potentiel de détecter les endofuites et caractériser le thrombus selon leurs propriétés mécaniques. Cette technique pourrait être combinée au suivi des AAAs post-EVAR, complémentant ainsi l’imagerie DUS et réduisant le coût et l’exposition à la radiation ionisante et aux agents de contrastes néphrotoxiques.

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Le byssus est un amas de fibres que les moules produisent afin de s’ancrer aux surfaces immergées sous l’eau. Ces fibres sont pourvues de propriétés mécaniques impressionnantes combinant rigidité, élasticité et ténacité élevées. De plus, elles possèdent un comportement d’auto-guérison de leurs propriétés mécaniques en fonction du temps lorsque la contrainte initialement appliquée est retirée. Les propriétés mécaniques de ces fibres sont le résultat de l’agencement hiérarchique de protéines de type copolymère blocs riches en collagène et de la présence de métaux formant des liens sacrificiels réversibles avec certains acides aminés comme les DOPA et les histidines. Bien que cette fibre soit très intéressante pour la production de matériaux grâce à son contenu élevé en collagène potentiellement biocompatible, cette ressource naturelle est traitée comme un déchet par les mytiliculteurs. L’objectif de cette thèse était de valoriser cette fibre en extrayant les protéines pour générer une nouvelle classe de matériaux biomimétiques. Un hydrolysat de protéines de byssus (BPH) riche en acides aminés chargés, i.e. ~30 % mol, et permettant de former des films a pu être généré. Lorsque solubilisé à pH 10.5, le BPH forme un hydrogel contenant des structures en triple hélice de collagène et des feuillets β anti-parallèles intra- et inter-moléculaires. Suite à l’évaporation de l’eau, le film de BPH résultant est insoluble en milieu aqueux à cause des structures secondaires très stables agissant comme points de réticulation effectifs. Les propriétés mécaniques des films de BPH sont modulables en fonction du pH. Au point isoélectrique (pI = 4.5), les interactions électrostatiques entre les charges opposées agissent comme points de réticulation et augmentent la rigidité des films et leur contrainte à la rupture sans affecter la déformation à la rupture. À pH plus élevé ou plus bas que le pI, les performances mécaniques des films sont plus faibles à cause de la répulsion entre les groupements fonctionnels de même charge qui interagissent plutôt avec les molécules d’eau et causent le gonflement de la matrice protéique des films. Le BPH contenant un nombre élevé d’acides aminés chargés et réactifs, nous avons pu réticuler les films de manière covalente à l’aide d’EDC ou de glutaraldéhyde. Les propriétés mécaniques des films sont modulables en fonction de la concentration d’EDC utilisée lors de la réticulation ou en employant du glutaraldéhyde comme agent réticulant. Les films sont à la fois plus rigides et plus forts avec un degré de réticulation élevé, mais perdent leur extensibilité à mesure que les segments libres de s’étirer lors d’une traction deviennent entravés par les points de réticulation. La réticulation augmente également la résistance à la dégradation enzymatique par la collagénase, les films les plus fortement réticulés lui étant pratiquement insensibles. La spectroscopie infrarouge montre enfin que la réticulation entraîne une transition de feuillets β anti-parallèles inter-moléculaires vers des structures de type hélices de collagène/PPII hydratées. Des liens sacrificiels ont été formés dans les films de BPH par traitement au pI et/ou avec différents métaux, i.e. Na+, Ca2+, Fe3+, afin de moduler les propriétés mécaniques statiques et d’évaluer le rôle de ces traitements sur le comportement d’auto-guérison lors de tests mécaniques cycliques avec différents temps de repos. Plus la valence des ions métalliques ajoutés augmente, plus les propriétés mécaniques statiques affichent un module, une contrainte à la rupture et une ténacité élevés sans toutefois affecter la déformation à la rupture, confirmant la formation de liens sacrificiels. Les tests mécaniques cycliques montrent que les traitements au pI ou avec Ca2+ créent des liens sacrificiels ioniques réversibles qui mènent à un processus d’auto-guérison des performances mécaniques dépendant du pH. L’ajout de Fe3+ à différentes concentrations module les performances mécaniques sur un plus large intervalle et la nature plus covalente de son interaction avec les acides aminés permet d’atteindre des valeurs nettement plus élevées que les autres traitements étudiés. Le Fe3+ permet aussi la formation de liens sacrificiels réversibles menant à l’auto-guérison des propriétés mécaniques. Les spectroscopies Raman et infrarouge confirment que le fer crée des liaisons avec plusieurs acides aminés, dont les histidines et les DOPA. Les résultats dans leur ensemble démontrent que les films de BPH sont des hydrogels biomimétiques du byssus qui peuvent être traités ou réticulés de différentes façons afin de moduler leurs performances mécaniques. Ils pourraient ainsi servir de matrices pour des applications potentielles dans le domaine pharmaceutique ou en ingénierie tissulaire.

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Avec le vieillissement des infrastructures routières au Québec, plusieurs ponts de courte portée devront être reconstruits à neuf au cours des prochaines années. La pratique usuelle est de les concevoir entièrement en béton ou en systèmes mixtes acier-béton. Toutefois, avec l’avancement de la recherche dans le domaine du bois, le système hybride bois-béton est envisageable. Le but est de tirer profit des avantages de chaque matériau en les disposant aux endroits appropriés. Le tablier du pont est constitué d’une dalle de béton qui agit en compression et protège des intempéries les poutres en bois lamellé-collé qui résistent en traction. L’enjeu est la capacité de lier efficacement ces deux matériaux pour qu’ils puissent reprendre les efforts dus aux charges de conception avec un glissement d’interface minimal. De nombreux chercheurs ont proposé diverses méthodes pour répondre à cette problématique. Les connecteurs locaux (vis, clous) sont moins rigides et se déforment beaucoup à l’ultime. À l’inverse, les connecteurs continus offrent une rigidité très élevée, de petits déplacements à rupture sans négliger la plasticité du système. Pour cette raison, le connecteur choisi est le HBV Shear, une mince bande d’acier de 90mm de hauteur perforée de trous de 10mm. Sa moitié inférieure est collée dans une fente pratiquée dans la poutre et la partie supérieure est immergée dans le béton. Pour caractériser le comportement du connecteur, dix essais en cisaillement simple ont été effectués. Ils ont permis de quantifier la rigidité et d’apprécier la ductilité qui s’installe dans le système par l’ajout de l’acier. Par la suite, six poutres hybrides simple de 4 m, deux systèmes à poutres double de 4m et deux poutres hybrides de 12m de portée ont été amenées à la rupture en flexion. Ces essais ont montré que le connecteur se brisait sous l’effort de manière ductile avant la rupture fragile de la poutre en bois. Les résultats ont aussi prouvé que les méthodes de calculs utilisées estiment correctement la séquence de rupture ainsi que le comportement du système avec une très grande efficacité. Finalement, un tablier de pont composite a été conçu pour résister aux efforts à l’ultime, en service et à long terme.

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Abstract: Highway bridges have great values in a country because in case of any natural disaster they may serve as lines to save people’s lives. Being vulnerable under significant seismic loads, different methods can be considered to design resistant highway bridges and rehabilitate the existing ones. In this study, base isolation has been considered as one efficient method in this regards which in some cases reduces significantly the seismic load effects on the structure. By reducing the ductility demand on the structure without a notable increase of strength, the structure is designed to remain elastic under seismic loads. The problem associated with the isolated bridges, especially with elastomeric bearings, can be their excessive displacements under service and seismic loads. This can defy the purpose of using elastomeric bearings for small to medium span typical bridges where expansion joints and clearances may result in significant increase of initial and maintenance cost. Thus, supplementing the structure with dampers with some stiffness can serve as a solution which in turn, however, may increase the structure base shear. The main objective of this thesis is to provide a simplified method for the evaluation of optimal parameters for dampers in isolated bridges. Firstly, performing a parametric study, some directions are given for the use of simple isolation devices such as elastomeric bearings to rehabilitate existing bridges with high importance. Parameters like geometry of the bridge, code provisions and the type of soil on which the structure is constructed have been introduced to a typical two span bridge. It is concluded that the stiffness of the substructure, soil type and special provisions in the code can determine the employment of base isolation for retrofitting of bridges. Secondly, based on the elastic response coefficient of isolated bridges, a simplified design method of dampers for seismically isolated regular highway bridges has been presented in this study. By setting objectives for reduction of displacement and base shear variation, the required stiffness and damping of a hysteretic damper can be determined. By modelling a typical two span bridge, numerical analyses have followed to verify the effectiveness of the method. The method has been used to identify equivalent linear parameters and subsequently, nonlinear parameters of hysteretic damper for various designated scenarios of displacement and base shear requirements. Comparison of the results of the nonlinear numerical model without damper and with damper has shown that the method is sufficiently accurate. Finally, an innovative and simple hysteretic steel damper was designed. Five specimens were fabricated from two steel grades and were tested accompanying a real scale elastomeric isolator in the structural laboratory of the Université de Sherbrooke. The test procedure was to characterize the specimens by cyclic displacement controlled tests and subsequently to test them by real-time dynamic substructuring (RTDS) method. The test results were then used to establish a numerical model of the system which went through nonlinear time history analyses under several earthquakes. The outcome of the experimental and numerical showed an acceptable conformity with the simplified method.

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Le stress oxydatif peut provenir de sources exogènes comme les UVA ou de sources endogènes comme la chaîne respiratoire (OXPHOS). L’oxydation des composants cellulaires a été associée avec la dégénération, des phénotypes de vieillissement et des pertes de fonctionnalités des tissus. Les UVA sont les plus efficaces des rayons UV à induire de l’oxydation, tel que démontré par la formation de dommages oxydatifs à l’ADN et par l’apparition de délétions mitochondriales qui en résultent. La délétion mitochondriale de 4977 pb (ADNmtCD4977), la plus commune, et celle de 3895 pb (ADNmt3895) sont deux délétions reliées au photovieillissement cutané et à l’exposition au stress oxydant. Le phénomène de vieillissement dans la peau est bien documenté et se traduit par une dégradation de la matrice extracellulaire, une perte d’élasticité et la formation de rides. Toutefois, peu d’études portent sur la cornée humaine alors qu’elle est un tissu exposé directement aux rayonnements UV au même titre que la peau. Nous avons donc tenté mieux comprendre l’effet de l’oxydation exogène et endogène sur cette structure. L’analyse de la localisation des délétions ADNmtCD4977 et ADNmtCD4977 dans l’oeil humain a permis de révéler qu’elles se concentrent principalement dans le stroma cornéen et s’accumule avec l’âge. Le stroma cornéen est la couche cellulaire qui confère la transparence et la rigidité à la cornée humaine. Ces résultats nous ont suggéré une implication des UVA dans le photovieillissement de la cornée. Nous avons donc entrepris de vérifier les changements liés à l’exposition aux UVA dans le stroma cornéen puisque les UVA sont connus pour causer des altérations à la matrice extracellulaire (ECM) au niveau cutané. Nous avons donc créé un modèle de photovieillisement par une exposition chronique aux UVA sur des kératocytes avec lesquels nous avons fait sécréter une ECM. Nos résultats nous ont démontré qu’une exposition chronique aux UVA cause des altérations à l’ECM cornéen semblable à des phénotypes de photvieillissement. En effet, nous avons dénoté des changements transcriptomiques et protéomiques pour certains collagènes et protéoglycans. Une atteinte aux collagènes par le vieillissement cornéen se traduit entre autres par une rigidification, une opacification et un changement dans son pouvoir réfractif qui mène à une perte de la vision. Par ailleurs, notre avons également investigué l’implication du stress oxydatif dans la dystrophie cornéenne endothéliale de Fuchs (FECD), une maladie dégénérative de l’endothélium cornéen, qui mène à une perte de vision et est une cause principale de greffe cornéenne. L’étiologie de la maladie est encore inconnue, mais le stress oxydatif est soupçonné de jouer un rôle important dans la pathogenèse. Nos résultats ont amené de nouvelles évidences de l’implication de l’oxydation dans la maladie par l’augmentation de la quantité d’ADN mitochondrial et un raccourcissement des télomères dans des explants de cornées pathologiques. Nos résultats nous ont également démontré que la mise en culture de cellules FECD permettait la sélection de cellules fonctionnelles et comparables à des cellules saines en termes de quantité d’ADN mitochondrial et de son intégrité, de sensibilité à l’oxydation et de longueur télomérique. Les résultats obtenus soutiennent ainsi la possibilité d’employer les cellules FECD fonctionnelles sélectionnées pour utilisation en génie tissulaire afin de créer des cornées autologues pour pallier aux manques de greffes cornéennes. Enfin, nos résultats apportent de nouvelles évidences quant à l’implication du stress oxydatif dans le photovieillissement cornéen et dans l’étiologie de la FECD.

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Le béton conventionnel (BC) a de nombreux problèmes tels que la corrosion de l’acier d'armature et les faibles résistances des constructions en béton. Par conséquent, la plupart des structures fabriquées avec du BC exigent une maintenance fréquent. Le béton fibré à ultra-hautes performances (BFUP) peut être conçu pour éliminer certaines des faiblesses caractéristiques du BC. Le BFUP est défini à travers le monde comme un béton ayant des propriétés mécaniques, de ductilité et de durabilité supérieures. Le BFUP classique comprend entre 800 kg/m³ et 1000 kg/m³ de ciment, de 25 à 35% massique (%m) de fumée de silice (FS), de 0 à 40%m de poudre de quartz (PQ) et 110-140%m de sable de quartz (SQ) (les pourcentages massiques sont basés sur la masse totale en ciment des mélanges). Le BFUP contient des fibres d'acier pour améliorer sa ductilité et sa résistance aux efforts de traction. Les quantités importantes de ciment utilisées pour produire un BFUP affectent non seulement les coûts de production et la consommation de ressources naturelles comme le calcaire, l'argile, le charbon et l'énergie électrique, mais affectent également négativement les dommages sur l'environnement en raison de la production substantielle de gaz à effet de serre dont le gas carbonique (CO[indice inférieur 2]). Par ailleurs, la distribution granulométrique du ciment présente des vides microscopiques qui peuvent être remplis avec des matières plus fines telles que la FS. Par contre, une grande quantité de FS est nécessaire pour combler ces vides uniquement avec de la FS (25 à 30%m du ciment) ce qui engendre des coûts élevés puisqu’il s’agit d’une ressource limitée. Aussi, la FS diminue de manière significative l’ouvrabilité des BFUP en raison de sa surface spécifique Blaine élevée. L’utilisation du PQ et du SQ est également coûteuse et consomme des ressources naturelles importantes. D’ailleurs, les PQ et SQ sont considérés comme des obstacles pour l’utilisation des BFUP à grande échelle dans le marché du béton, car ils ne parviennent pas à satisfaire les exigences environnementales. D’ailleurs, un rapport d'Environnement Canada stipule que le quartz provoque des dommages environnementaux immédiats et à long terme en raison de son effet biologique. Le BFUP est généralement vendu sur le marché comme un produit préemballé, ce qui limite les modifications de conception par l'utilisateur. Il est normalement transporté sur de longues distances, contrairement aux composantes des BC. Ceci contribue également à la génération de gaz à effet de serre et conduit à un coût plus élevé du produit final. Par conséquent, il existe le besoin de développer d’autres matériaux disponibles localement ayant des fonctions similaires pour remplacer partiellement ou totalement la fumée de silice, le sable de quartz ou la poudre de quartz, et donc de réduire la teneur en ciment dans BFUP, tout en ayant des propriétés comparables ou meilleures. De grandes quantités de déchets verre ne peuvent pas être recyclées en raison de leur fragilité, de leur couleur, ou des coûts élevés de recyclage. La plupart des déchets de verre vont dans les sites d'enfouissement, ce qui est indésirable puisqu’il s’agit d’un matériau non biodégradable et donc moins respectueux de l'environnement. Au cours des dernières années, des études ont été réalisées afin d’utiliser des déchets de verre comme ajout cimentaire alternatif (ACA) ou comme granulats ultrafins dans le béton, en fonction de la distribution granulométrique et de la composition chimique de ceux-ci. Cette thèse présente un nouveau type de béton écologique à base de déchets de verre à ultra-hautes performances (BEVUP) développé à l'Université de Sherbrooke. Les bétons ont été conçus à l’aide de déchets verre de particules de tailles variées et de l’optimisation granulaire de la des matrices granulaires et cimentaires. Les BEVUP peuvent être conçus avec une quantité réduite de ciment (400 à 800 kg/m³), de FS (50 à 220 kg/m³), de PQ (0 à 400 kg/m³), et de SQ (0-1200 kg/m³), tout en intégrant divers produits de déchets de verre: du sable de verre (SV) (0-1200 kg/m³) ayant un diamètre moyen (d[indice inférieur 50]) de 275 µm, une grande quantité de poudre de verre (PV) (200-700 kg/m³) ayant un d50 de 11 µm, une teneur modérée de poudre de verre fine (PVF) (50-200 kg/m³) avec d[indice inférieur] 50 de 3,8 µm. Le BEVUP contient également des fibres d'acier (pour augmenter la résistance à la traction et améliorer la ductilité), du superplastifiants (10-60 kg/m³) ainsi qu’un rapport eau-liant (E/L) aussi bas que celui de BFUP. Le remplacement du ciment et des particules de FS avec des particules de verre non-absorbantes et lisse améliore la rhéologie des BEVUP. De plus, l’utilisation de la PVF en remplacement de la FS réduit la surface spécifique totale nette d’un mélange de FS et de PVF. Puisque la surface spécifique nette des particules diminue, la quantité d’eau nécessaire pour lubrifier les surfaces des particules est moindre, ce qui permet d’obtenir un affaissement supérieur pour un même E/L. Aussi, l'utilisation de déchets de verre dans le béton abaisse la chaleur cumulative d'hydratation, ce qui contribue à minimiser le retrait de fissuration potentiel. En fonction de la composition des BEVUP et de la température de cure, ce type de béton peut atteindre des résistances à la compression allant de 130 à 230 MPa, des résistances à la flexion supérieures à 20 MPa, des résistances à la traction supérieure à 10 MPa et un module d'élasticité supérieur à 40 GPa. Les performances mécaniques de BEVUP sont améliorées grâce à la réactivité du verre amorphe, à l'optimisation granulométrique et la densification des mélanges. Les produits de déchets de verre dans les BEVUP ont un comportement pouzzolanique et réagissent avec la portlandite générée par l'hydratation du ciment. Cependant, ceci n’est pas le cas avec le sable de quartz ni la poudre de quartz dans le BFUP classique, qui réagissent à la température élevée de 400 °C. L'addition des déchets de verre améliore la densification de l'interface entre les particules. Les particules de déchets de verre ont une grande rigidité, ce qui augmente le module d'élasticité du béton. Le BEVUP a également une très bonne durabilité. Sa porosité capillaire est très faible, et le matériau est extrêmement résistant à la pénétration d’ions chlorure (≈ 8 coulombs). Sa résistance à l'abrasion (indice de pertes volumiques) est inférieure à 1,3. Le BEVUP ne subit pratiquement aucune détérioration aux cycles de gel-dégel, même après 1000 cycles. Après une évaluation des BEVUP en laboratoire, une mise à l'échelle a été réalisée avec un malaxeur de béton industriel et une validation en chantier avec de la construction de deux passerelles. Les propriétés mécaniques supérieures des BEVUP a permis de concevoir les passerelles avec des sections réduites d’environ de 60% par rapport aux sections faites de BC. Le BEVUP offre plusieurs avantages économiques et environnementaux. Il réduit le coût de production et l’empreinte carbone des structures construites de béton fibré à ultra-hautes performances (BFUP) classique, en utilisant des matériaux disponibles localement. Il réduit les émissions de CO[indice inférieur 2] associées à la production de clinkers de ciment (50% de remplacement du ciment) et utilise efficacement les ressources naturelles. De plus, la production de BEVUP permet de réduire les quantités de déchets de verre stockés ou mis en décharge qui causent des problèmes environnementaux et pourrait permettre de sauver des millions de dollars qui pourraient être dépensés dans le traitement de ces déchets. Enfin, il offre une solution alternative aux entreprises de construction dans la production de BFUP à moindre coût.

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Dans la dernière décennie, la robotique souple a connu un gain de popularité considérable. Elle est, de façon inhérente, sécuritaire pour les humains et l’environnement qui l’entourent. Grâce à sa faible rigidité, la robotique souple est idéale pour manipuler des objets fragiles et elle est en mesure de s’adapter à son environnement. Les caractéristiques uniques de la robotique souple font de cette technologie un tremplin vers la conception d’appareils médicaux novateurs, plus particulièrement pour des outils permettant le positionnement d’aiguilles dans le but de faire des interventions percutanées, notamment au niveau du foie. Toutefois, la souplesse de cette technologie induit, du même coup, quelques désagréments. Elle procure un comportement sécuritaire, mais entraîne aussi un manque de rigidité limitant les applications de la robotique souple. Sans une rigidité minimale, il est impossible d’accomplir des opérations repérables et précises. La robotique souple a en fait un compromis majeur entre la capacité de chargement et la plage d’utilisation. Pour utiliser cette technologie dans le domaine médical, il est primordial d’ajouter un système permettant de moduler la rigidité du système pour inhiber ce compromis. Couplée avec un système de freinage granulaire, la robotique souple semble comporter l’ensemble des caractéristiques permettant d’accomplir des interventions au foie. Cette étude tend à démontrer que couplée à un système modulant la rigidité, la robotique souple peut être utilisée pour accomplir des opérations d’une façon précise et repérable, tout en demeurant sécuritaire. Le positionneur d’aiguilles développé est 100 % compatible avec l’Imagerie à Résonance Magnétique (IRM). La plage d’insertion du système permet de rejoindre l’entièreté du foie (1500 cm³), tout en maintenant une rigidité suffisante (3 N/mm) et en étant aussi précis que l’outil d’imagerie utilisée (1 mm). L’approche hybride consistant à développer un système activé de façon souple couplée à un module régulant sa rigidité permet d’obtenir à la fois les avantages d’une robotique compliante (souple) et conventionnelle (dure).