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Resumo:
La domanda mondiale di energia è in costante aumento e le attuali tecnologie per la produzione di energia dai combustibili fossili emettono anidride carbonica (CO2). La combinazione di idrogeno ed elettricità è un’incoraggiante soluzione verso la realizzazione di un futuro a “zero emissioni” basato sull’energia sostenibile. L’idrogeno molecolare è un elemento scarso in natura; la sua produzione è quasi esclusivamente da fonti fossili. Se prodotto tramite elettrolisi da fonti di energia naturali è possibile produrre idrogeno senza significative emissioni di anidride carbonica ma con costi ancora troppo elevati; tali metodologie al giorno d’oggi sono ancora poco sviluppate e non in grado di competere con le tecniche industriali più consolidate di derivazione dell’ idrogeno dalle fonti fossili. Un altro ostacolo risiede nella difficoltà di immagazzinarlo e trasportarlo; viene stoccato con sicurezza in grandi contenitori industriali o in recipienti ad alta pressione. Occorre garantire una sufficiente capacità di stoccaggio nelle applicazioni per autoveicoli, così da ottenere un buon equilibrio tra autonomia di guida e spazio di stoccaggio. Nell’autotrazione possono essere utilizzate le fuel cells che assicurano un uso efficiente dell’idrogeno; convertono l’energia chimica dell’idrogeno in energia elettrica, acqua e calore, assicurando rendimenti di conversione energetica molto alti, oltre a garantire una notevole silenziosità dovuta essenzialmente all’assenza di organi rotanti. Le fuel cells possono essere applicate anche ai veicoli dedicati al trasporto pubblico locale, garantendo l’abbattimento delle emissioni nocive nelle aeree urbane al fine del benessere dei cittadini. Tper è da anni attiva sul fronte della mobilità sostenibile; vanta una delle flotte di autobus più “verdi” d’Italia e in un futuro molto prossimo incrementerà ancora di più la percentuale di autobus a basse emissioni puntando soprattutto all’acquisto di autobus ad idrogeno.
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La presente ricerca ha avuto come obbietivo studiare come stia avvenendo l'adattamento dei tradizionali laboratori fotochimici di film alle tecniche digitali attraverso l'analisi delle politiche di preservazione, del restauro, dei costi relativi all’acquisto di nuove apparecchiature e della migrazione ai nuovi media presso il British Film Institute (BFI), lo Svenska Filminstitutet (SFI), l’Eye Filmmuseum, L'Immagine Ritrovata e ANIM - Cinemateca Portuguesa. A questo scopo è stato utilizzato il metodo dello studio di caso, in cui sono state effettuate interviste con gestori e tecnici delle istituzioni citate al fine di rispondere al quesito della presente ricerca: quali sono l’impatto e le implicazioni di questo adattamento? Quali sono i risultati raggiunti con le nuove attrezzature e metodi di restauro e preservazione? Per arrivare a rispondere a queste domande lo studio è stato diviso in due sezioni. Nella prima parte, sono riportate le interviste svolte presso SFI, BFI, Eye e L'Immagine Ritrovata, realizzate al fine di ottenere dati che permettessero di formulare un'intervista più completa e approfondita. Successivamente, questa intervista più dettagliata è stata condotta con una sola istituzione, la Cinemateca Portuguesa. Pertanto, nella seconda parte dello studio di caso, sono state realizzate interviste a tecnici e dirigenti di ANIM - Cinemateca Portuguesa e dei suoi laboratori partner. L'analisi dei risultati comprende tutte le informazioni provenienti dalle cinque istituzioni intervistate. È stato notato che l'adattamento al digitale ha effettivamente apportato miglioramenti nella preservazione e nel recupero del materiale fotochimico, ma ciò ha anche fatto sorgere alcuni dilemmi nei laboratori. C'è apprensione per la scarsità di materiale della filiera fotochimica e per una sua ipotetica fine nel prossimo futuro, poiché non ci sono ancora sufficienti conoscenze sulla filiera digitale e sul comportamento di questi media con il passare del tempo. Gli intervistati hanno altresì dimostrato positività riguardo alle tecnologie digitali.
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Questo studio affronta il tema della partecipazione comunitaria e del suo ruolo nella riorganizzazione dei servizi socio-sanitari della Regione Emilia-Romagna in una prospettiva antropologica. La partecipazione comunitaria è considerata ormai diffusamente un elemento importante per l’organizzazione dei servizi e in particolare nell’ambito delle cure primarie: si tratta infatti del comparto dell’assistenza più prossimo ai territori di vita delle persone, sebbene sia fortemente indebolito, a causa di un progressivo definanziamento e di una profonda svalutazione culturale. Nel contesto italiano, il tema della partecipazione comunitaria in salute ha informato l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, numerosi contributi hanno messo in luce come la partecipazione delle comunità nell’ambito della sanità sia un proposito rimasto da allora irrealizzato; altri hanno evidenziato come, in un’epoca in cui i nostri sistemi di welfare sono in crisi, la partecipazione venga talvolta strumentalizzata per esternalizzare i costi del lavoro di cura sulle comunità, anziché per promuovere la salute delle persone. Adottando i quadri teorici della Primary Health Care e della Salute Collettiva, il lavoro di ricerca si basa su un’etnografia multisituata e realizzata in tre diversi contesti: un progetto di cooperazione internazionale volto a sviluppare strumenti gestionali e organizzativi per la costruzione degli Ospedali di Comunità nella Regione Emilia-Romagna; un progetto inter-istituzionale che mira ad affrontare le disuguaglianze sociali nella città di Bologna; un progetto promosso da un ambulatorio di Medicina Generale di Ferrara che, sulla base di una proposta di riforma delle cure primarie avanzata da una gruppo di giovani professionisti/e della salute, ha avviato un percorso di partecipazione comunitaria. Questo studio mette in luce come la partecipazione possa contribuire alla costruzione di una “comunità di cura”, capace di negoziare affettivamente i percorsi di assistenza, co-gestire le risorse per la produzione di beni comuni e rigenerare la fiducia nei confronti delle cure primarie.
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Lo scenario contemporaneo con il dirompente progresso tecnologico, i considerevoli mutamenti socio-sanitari post-pandemici, politici e culturali in atto è pervaso dall’impellente esigenza di ricercare e sperimentare stili di vita alternativi, più liberi e autonomi. Il nomadismo è un fenomeno in crescente aumento. Alla base del nomadismo riscontriamo tematiche trasversali quali la semplicità volontaria e il minimalismo, una maggiore capacità di ascolto e di attenzione verso il prossimo, queste si pongono in opposizione ai condizionamenti sociali e all’omologazione che caratterizzano lo scenario contemporaneo. La ricerca di tesi pone le basi sulla comprensione del nomadismo nella storia dell’evoluzione umana, degli aspetti socio-culturali e antropologici della figura nomade, dell’evoluzione dell’architettura mobile e infine trattando il recente fenomeno dei nomadi digitali. Il progetto di servizio è il risultato dell’applicazione delle metodologie del Service Design, di Design Thinking e di Human Centred Design applicate all’ambito di ricerca degli stili di vita nomadi. Nòmasi si propone come un servizio per nuove comunità nomadi sinergiche e cooperative. Con il seguente progetto di servizio si propone di soddisfare, in maniera innovativa, i bisogni emersi durante la fase di ricerca a sostegno di stili di vita che spesso vengono ritenuti marginali ed erroneamente associati a scenari di degrado, poichè distanti dalle dinamiche di incasellamento sociale caratteristiche della società stanziale. Nòmasi consiste in una rete di orti sinergici radicata in maniera diffusa sul territorio Italiano che permetta, attraverso le tecniche di coltura sinergica e la conversione del tempo dedicato a questi spazi in monete virtuali, di aumentare l’autonomia alimentare degli utenti creando sinergia tra gli utenti. L’elaborato di tesi si conclude con la definizione dei touchpoint, stabilendo il funzionamento della piattaforma digitale e l’interazioni degli attori.
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Il tema centrale di questa tesi è il Machine Learning e la sua applicabilità nella ricostruzione di immagini biomediche, nello specifico di immagini mammarie. Il metodo attualmente più diffuso per la rilevazione del tumore al seno è la Mammografia 2D digitale, ma l’interesse mostrato ultimamente verso la Tomosintesi ha dimostrato una migliore capacità di diagnosi tumorale, anche ai primi stadi. Sebbene le due tecniche combinate siano in grado di rilevare anche la minima lesione, questo comporta una sovraesposizione alle radiazioni. Lo scopo finale, perciò, è quello di fornire un valido strumento di supporto per la caratterizzazione automatica di masse e opacità in immagini di tomosintesi, così da sottoporre il paziente ad un singolo esame radiografico. L'obiettivo è stato dunque ricostruire, tramite reti neurali Convoluzionali, immagini sintetiche di Tomosintesi di qualità superiore e il più possibile vicine a quelle di mammografia 2D. Sono state presentate nel dettaglio le due tecniche di imaging, le problematiche ad esse legate ed un approfondito confronto dosimetrico. Dopo una trattazione teorica dei principi delle CNN, sono state riportate le caratteristiche delle architetture di rete realizzate nella parte progettuale dell’elaborato. Sono stati valutati i comportamenti dei differenti modelli neurali per uno stesso Dataset di immagini di Tomosintesi, individuandone il migliore in termini di prestazioni finali nelle immagini di Test. Dagli studi effettuati è stata provata la possibilità, in un futuro sempre più prossimo, di applicare la Tomosintesi, con l’ausilio delle reti Convoluzionali, come tecnica unica di screening e di rilevazione del tumore al seno.
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L’Intelligenza Artificiale negli ultimi anni sta plasmando il futuro dell’umanità in quasi tutti i settori. È già il motore principale di diverse tecnologie emergenti come i big data, la robotica e l’IoT e continuerà ad agire come innovatore tecnologico nel futuro prossimo. Le recenti scoperte e migliorie sia nel campo dell’hardware che in quello matematico hanno migliorato l’efficienza e ridotto i tempi di esecuzione dei software. È in questo contesto che sta evolvendo anche il Natural Language Processing (NLP), un ramo dell’Intelligenza Artificiale che studia il modo in cui fornire ai computer l'abilità di comprendere un testo scritto o parlato allo stesso modo in cui lo farebbe un essere umano. Le ambiguità che distinguono la lingua naturale dalle altre rendono ardui gli studi in questo settore. Molti dei recenti sviluppi algoritmici su NLP si basano su tecnologie inventate decenni fa. La ricerca in questo settore è quindi in continua evoluzione. Questa tesi si pone l'obiettivo di sviluppare la logica di una chatbot help-desk per un'azienda privata. Lo scopo è, sottoposta una domanda da parte di un utente, restituire la risposta associata presente in una collezione domande-risposte. Il problema che questa tesi affronta è sviluppare un modello di NLP in grado di comprendere il significato semantico delle domande in input, poiché esse possono essere formulate in molteplici modi, preservando il contenuto semantico a discapito della sintassi. A causa delle ridotte dimensioni del dataset italiano proprietario su cui testare il modello chatbot, sono state eseguite molteplici sperimentazioni su un ulteriore dataset italiano con task affine. Attraverso diversi approcci di addestramento, tra cui apprendimento metrico, sono state raggiunte alte accuratezze sulle più comuni metriche di valutazione, confermando le capacità del modello proposto e sviluppato.
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Il settore del mobile è frammentato, caratteristica che non ha mai permesso una completa digitalizzazione dei suoi comparti: la comunicazione è risultata spesso difficoltosa, responsabile di incomprensioni e spesso mancanza di puntualità, con conseguente dispendio di risorse. Nel mio progetto di tesi analizzo principalmente la filiera degli imbottiti e quella tessile, collaterale ad essa. Il target di mio interesse sono le aziende produttrici di arredi che si servono di configuratori per la presentazione dei prodotti ai propri clienti. Ho ipotizzato un workflow suddivisibile in due fasi, una attuabile nel presente ed una seconda che implica una variazione attuabile nel futuro prossimo. Per la prima fase ho studiato un workflow agile al fine di digitalizzare le texture a partire da acquisizioni fotografiche. Analizzando il comportamento di vari tessuti ed elaborando un metodo di riproduzione digitale, ho sperimentato una metodologia per una resa superficiale degli imbottiti accurata e fotorealistica sia su piattaforme web che in realtà aumentata. Lo studio nasce dall’esigenza di apportare migliorie agli attuali configuratori e renderli effettivamente utili al fine per cui sono stati pensati: garantire una semplificazione del processo di acquisto rispondendo alle necessità degli utenti di vedere in anteprima l’aspetto finale del proprio arredo, collocato nello spazio abitativo. Il configuratore che ne deriva, restituirà una visualizzazione fedele dei tessuti anche in realtà aumentata. L’intelligenza artificiale fungerà da supporto nel processo decisionale dell’utente e la scelta dei materiali che compongono l’arredo sarà guidata in maniera tale da generare nell’utente un senso di consapevolezza circa gli impatti sull’ambiente. Per la seconda fase propongo una modalità di creazione dei tessuti completamente digitalizzata, a favore di una filiera sostenibile che riesce in questo modo ad abbattere costi e sprechi, con conseguente risparmio di risorse.
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Il presente elaborato analizza le rese del sistema di interpretazione automatica WT2 Plus di Timekettle in un reale contesto didattico. Nello specifico, sono state condotte tre sperimentazioni presso l’Accademia Europea di Manga utilizzando due modalità di interpretazione supportate dal dispositivo. L’obiettivo è valutare la qualità di un sistema di interpretazione automatica in un contesto reale, dato che allo stato attuale mancano studi che valutino la performance di questi dispositivi nei reali contesti per i quali sono stati sviluppati. Il primo capitolo ripercorre la storia dell’interpretazione automatica, cui fa seguito la spiegazione della tecnologia alla base dei sistemi disponibili sul mercato, di cui poi si presenta lo stato dell’arte. Successivamente si delinea in breve il prossimo passaggio evolutivo nell’interpretazione automatica e si analizzano tre casi studio simili a quello proposto. Il capitolo si conclude con l’approccio scelto per valutare la performance del dispositivo. Il secondo capitolo, dedicato alla metodologia, si apre con una panoramica su WT2 Plus e sull’azienda produttrice per poi descrivere il metodo usato nelle sperimentazioni. Nello specifico, le sperimentazioni sono state condotte durante alcune delle attività previste nel normale svolgimento delle lezioni presso l’Accademia Europea di Manga con il coinvolgimento di uno studente anglofono e di due membri del personale accademico. I dati raccolti sono analizzati e discussi rispettivamente nei capitoli 3 e 4. I risultati ottenuti sembrano suggerire che il dispositivo non sia, allo stato attuale, compatibile con un reale contesto didattico, per via del quasi mancato funzionamento di una delle modalità prescelte, per il servizio di interpretazione, che risulta ancora troppo letterale, la monotonia dell’intonazione della voce automatica e infine per la traduzione quasi completamente errata della terminologia tecnica.