998 resultados para Prescrizione dalla decadenza


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I terreni di Treporti, nella laguna di Venezia, sono caratterizzati da una fitta alternanza di strati con caratteristiche di compressibilità fortemente variabili, pertanto risulta alquanto complessa la determinazione e la scelta di parametri appropriati per la progettazione. La costruzione del terrapieno sperimentale, ed il contemporaneo impiego dell'assestimetro a basi multiple, ha permesso di misurare il comportamento deformativo del terreno in sito e le analisi retrospettive hanno simulato, in base a parametri di tentativo, il comportamento nel tempo dei terreni di fondazione. L'analisi a posteriori delle deformazioni è stata confrontata con le misure effettuate nel corso degli anni precedenti la fase di scarico, mentre oltre questa fase è stata eseguita una previsione confrontata con le tre misure eseguite dopo la fase di scarico, ottenendo in entrambi i casi un buon accordo tra simulazioni e misure. L’aderenza quasi perfetta ottenuta tra le curve ε-t calcolate e le corrispondenti curve ε-t sperimentali, fa ritenere che tutti i parametri geotecnici ottenuti dal modello, rispecchino con buona approssimazione quelli realmente mobilitati dai 40 m di sottosuolo interessati dal carico. Pertanto anche i risultati ottenuti in ordine all'influenza della consolidazione secondaria sugli abbassamenti totali, debbono ritenersi con buona approssimazione vicini al comportamento reale. Il modello è anche in grado di descrivere molto bene i cedimenti dei diversi strati di terreno e quello del piano di posa.

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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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This study aims at analysing Brian O'Nolans literary production in the light of a reconsideration of the role played by his two most famous pseudonyms ,Flann Brien and Myles na Gopaleen, behind which he was active both as a novelist and as a journalist. We tried to establish a new kind of relationship between them and their empirical author following recent cultural and scientific surveys in the field of Humour Studies, Psychology, and Sociology: taking as a starting point the appreciation of the comic attitude in nature and in cultural history, we progressed through a short history of laughter and derision, followed by an overview on humour theories. After having established such a frame, we considered an integration of scientific studies in the field of laughter and humour as a base for our study scheme, in order to come to a definition of the comic author as a recognised, powerful and authoritative social figure who acts as a critic of conventions. The history of laughter and comic we briefly summarized, based on the one related by the French scholar Georges Minois in his work (Minois 2004), has been taken into account in the view that humorous attitude is one of man’s characteristic traits always present and witnessed throughout the ages, though subject in most cases to repression by cultural and political conservative power. This sort of Super-Ego notwithstanding, or perhaps because of that, comic impulse proved irreducible exactly in its influence on the current cultural debates. Basing mainly on Robert R. Provine’s (Provine 2001), Fabio Ceccarelli’s (Ceccarelli 1988), Arthur Koestler’s (Koestler 1975) and Peter L. Berger’s (Berger 1995) scientific essays on the actual occurrence of laughter and smile in complex social situations, we underlined the many evidences for how the use of comic, humour and wit (in a Freudian sense) could be best comprehended if seen as a common mind process designed for the improvement of knowledge, in which we traced a strict relation with the play-element the Dutch historian Huizinga highlighted in his famous essay, Homo Ludens (Huizinga 1955). We considered comic and humour/wit as different sides of the same coin, and showed how the demonstrations scientists provided on this particular subject are not conclusive, given that the mental processes could not still be irrefutably shown to be separated as regards graduations in comic expression and reception: in fact, different outputs in expressions might lead back to one and the same production process, following the general ‘Economy Rule’ of evolution; man is the only animal who lies, meaning with this that one feeling is not necessarily biuniquely associated with one and the same outward display, so human expressions are not validation proofs for feelings. Considering societies, we found that in nature they are all organized in more or less the same way, that is, in élites who govern over a community who, in turn, recognizes them as legitimate delegates for that task; we inferred from this the epistemological possibility for the existence of an added ruling figure alongside those political and religious: this figure being the comic, who is the person in charge of expressing true feelings towards given subjects of contention. Any community owns one, and his very peculiar status is validated by the fact that his place is within the community, living in it and speaking to it, but at the same time is outside it in the sense that his action focuses mainly on shedding light on ideas and objects placed out-side the boundaries of social convention: taboos, fears, sacred objects and finally culture are the favourite targets of the comic person’s arrow. This is the reason for the word a(rche)typical as applied to the comic figure in society: atypical in a sense, because unconventional and disrespectful of traditions, critical and never at ease with unblinkered respect of canons; archetypical, because the “village fool”, buffoon, jester or anyone in any kind of society who plays such roles, is an archetype in the Jungian sense, i.e. a personification of an irreducible side of human nature that everybody instinctively knows: a beginner of a tradition, the perfect type, what is most conventional of all and therefore the exact opposite of an atypical. There is an intrinsic necessity, we think, of such figures in societies, just like politicians and priests, who should play an elitist role in order to guide and rule not for their own benefit but for the good of the community. We are not naïve and do know that actual owners of power always tend to keep it indefinitely: the ‘social comic’ as a role of power has nonetheless the distinctive feature of being the only job whose tension is not towards stability. It has got in itself the rewarding permission of contradiction, for the very reason we exposed before that the comic must cast an eye both inside and outside society and his vision may be perforce not consistent, then it is satisfactory for the popularity that gives amongst readers and audience. Finally, the difference between governors, priests and comic figures is the seriousness of the first two (fundamentally monologic) and the merry contradiction of the third (essentially dialogic). MPs, mayors, bishops and pastors should always console, comfort and soothe popular mood in respect of the public convention; the comic has the opposite task of provoking, urging and irritating, accomplishing at the same time a sort of control of the soothing powers of society, keepers of the righteousness. In this view, the comic person assumes a paramount importance in the counterbalancing of power administration, whether in form of acting in public places or in written pieces which could circulate for private reading. At this point comes into question our Irish writer Brian O'Nolan(1911-1966), real name that stood behind the more famous masks of Flann O'Brien, novelist, author of At Swim-Two-Birds (1939), The Hard Life (1961), The Dalkey Archive (1964) and, posthumously, The Third Policeman (1967); and of Myles na Gopaleen, journalist, keeper for more than 25 years of the Cruiskeen Lawn column on The Irish Times (1940-1966), and author of the famous book-parody in Irish An Béal Bocht (1941), later translated in English as The Poor Mouth (1973). Brian O'Nolan, professional senior civil servant of the Republic, has never seen recognized his authorship in literary studies, since all of them concentrated on his alter egos Flann, Myles and some others he used for minor contributions. So far as we are concerned, we think this is the first study which places the real name in the title, this way acknowledging him an unity of intents that no-one before did. And this choice in titling is not a mere mark of distinction for the sake of it, but also a wilful sign of how his opus should now be reconsidered. In effect, the aim of this study is exactly that of demonstrating how the empirical author Brian O'Nolan was the real Deus in machina, the master of puppets who skilfully directed all of his identities in planned directions, so as to completely fulfil the role of the comic figure we explained before. Flann O'Brien and Myles na Gopaleen were personae and not persons, but the impression one gets from the critical studies on them is the exact opposite. Literary consideration, that came only after O'Nolans death, began with Anne Clissmann’s work, Flann O'Brien: A Critical Introduction to His Writings (Clissmann 1975), while the most recent book is Keith Donohue’s The Irish Anatomist: A Study of Flann O'Brien (Donohue 2002); passing through M.Keith Booker’s Flann O'Brien, Bakhtin and Menippean Satire (Booker 1995), Keith Hopper’s Flann O'Brien: A Portrait of the Artist as a Young Post-Modernist (Hopper 1995) and Monique Gallagher’s Flann O'Brien, Myles et les autres (Gallagher 1998). There have also been a couple of biographies, which incidentally somehow try to explain critical points his literary production, while many critical studies do the same on the opposite side, trying to found critical points of view on the author’s restless life and habits. At this stage, we attempted to merge into O'Nolan's corpus the journalistic articles he wrote, more than 4,200, for roughly two million words in the 26-year-old running of the column. To justify this, we appealed to several considerations about the figure O'Nolan used as writer: Myles na Gopaleen (later simplified in na Gopaleen), who was the equivalent of the street artist or storyteller, speaking to his imaginary public and trying to involve it in his stories, quarrels and debates of all kinds. First of all, he relied much on language for the reactions he would obtain, playing on, and with, words so as to ironically unmask untrue relationships between words and things. Secondly, he pushed to the limit the convention of addressing to spectators and listeners usually employed in live performing, stretching its role in the written discourse to come to a greater effect of involvement of readers. Lastly, he profited much from what we labelled his “specific weight”, i.e. the potential influence in society given by his recognised authority in determined matters, a position from which he could launch deeper attacks on conventional beliefs, so complying with the duty of a comic we hypothesised before: that of criticising society even in threat of losing the benefits the post guarantees. That seemingly masochistic tendency has its rationale. Every representative has many privileges on the assumption that he, or she, has great responsibilities in administrating. The higher those responsibilities are, the higher is the reward but also the severer is the punishment for the misfits done while in charge. But we all know that not everybody accepts the rules and many try to use their power for their personal benefit and do not want to undergo law’s penalties. The comic, showing in this case more civic sense than others, helped very much in this by the non-accessibility to the use of public force, finds in the role of the scapegoat the right accomplishment of his task, accepting the punishment when his breaking of the conventions is too stark to be forgiven. As Ceccarelli demonstrated, the role of the object of laughter (comic, ridicule) has its very own positive side: there is freedom of expression for the person, and at the same time integration in the society, even though at low levels. Then the banishment of a ‘social’ comic can never get to total extirpation from society, revealing how the scope of the comic lies on an entirely fictional layer, bearing no relation with facts, nor real consequences in terms of physical health. Myles na Gopaleen, mastering these three characteristics we postulated in the highest way, can be considered an author worth noting; and the oeuvre he wrote, the whole collection of Cruiskeen Lawn articles, is rightfully a novel because respects the canons of it especially regarding the authorial figure and his relationship with the readers. In addition, his work can be studied even if we cannot conduct our research on the whole of it, this proceeding being justified exactly because of the resemblances to the real figure of the storyteller: its ‘chapters’ —the daily articles— had a format that even the distracted reader could follow, even one who did not read each and every article before. So we can critically consider also a good part of them, as collected in the seven volumes published so far, with the addition of some others outside the collections, because completeness in this case is not at all a guarantee of a better precision in the assessment; on the contrary: examination of the totality of articles might let us consider him as a person and not a persona. Once cleared these points, we proceeded further in considering tout court the works of Brian O'Nolan as the works of a unique author, rather than complicating the references with many names which are none other than well-wrought sides of the same personality. By putting O'Nolan as the correct object of our research, empirical author of the works of the personae Flann O'Brien and Myles na Gopaleen, there comes out a clearer literary landscape: the comic author Brian O'Nolan, self-conscious of his paramount role in society as both a guide and a scourge, in a word as an a(rche)typical, intentionally chose to differentiate his personalities so as to create different perspectives in different fields of knowledge by using, in addition, different means of communication: novels and journalism. We finally compared the newly assessed author Brian O'Nolan with other great Irish comic writers in English, such as James Joyce (the one everybody named as the master in the field), Samuel Beckett, and Jonathan Swift. This comparison showed once more how O'Nolan is in no way inferior to these authors who, greatly celebrated by critics, have nonetheless failed to achieve that great public recognition O’Nolan received alias Myles, awarded by the daily audience he reached and influenced with his Cruiskeen Lawn column. For this reason, we believe him to be representative of the comic figure’s function as a social regulator and as a builder of solidarity, such as that Raymond Williams spoke of in his work (Williams 1982), with in mind the aim of building a ‘culture in common’. There is no way for a ‘culture in common’ to be acquired if we do not accept the fact that even the most functional society rests on conventions, and in a world more and more ‘connected’ we need someone to help everybody negotiate with different cultures and persons. The comic gives us a worldly perspective which is at the same time comfortable and distressing but in the end not harmful as the one furnished by politicians could be: he lets us peep into parallel worlds without moving too far from our armchair and, as a consequence, is the one who does his best for the improvement of our understanding of things.

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Oggetto della ricerca sono l’esame e la valutazione dei limiti posti all’autonomia privata dal divieto di abuso della posizione dominante, come sancito, in materia di tutela della concorrenza, dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, a sua volta modellato sull’art. 82 del Trattato CE. Preliminarmente, si è ritenuto opportuno svolgere la ricognizione degli interessi tutelati dal diritto della concorrenza, onde individuare la cerchia dei soggetti legittimati ad avvalersi dell’apparato di rimedi civilistici – invero scarno e necessitante di integrazione in via interpretativa – contemplato dall’art. 33 della legge n. 287/1990. È così emerso come l’odierno diritto della concorrenza, basato su un modello di workable competition, non possa ritenersi sorretto da ragioni corporative di tutela dei soli imprenditori concorrenti, investendo direttamente – e rivestendo di rilevanza giuridica – le situazioni soggettive di coloro che operano sul mercato, indipendentemente da qualificazioni formali. In tal senso, sono stati esaminati i caratteri fondamentali dell’istituto dell’abuso di posizione dominante, come delineatisi nella prassi applicativa non solo degli organi nazionali, ma anche di quelli comunitari. Ed invero, un aspetto importante che caratterizza la disciplina italiana dell’abuso di posizione dominante e della concorrenza in generale, distinguendola dalle normative di altri sistemi giuridici prossimi al nostro, è costituito dal vincolo di dipendenza dal diritto comunitario, sancito dall’art. 1, quarto comma, della legge n. 287/1990, idoneo a determinare peculiari riflessi anche sul piano dell’applicazione civilistica dell’istituto. La ricerca si è quindi spostata sulla figura generale del divieto di abuso del diritto, onde vagliarne i possibili rapporti con l’istituto in esame. A tal proposito, si è tentato di individuare, per quanto possibile, i tratti essenziali della figura dell’abuso del diritto relativamente all’esercizio dell’autonomia privata in ambito negoziale, con particolare riferimento all’evoluzione del pensiero della dottrina e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema, che hanno valorizzato il ruolo della buona fede intesa in senso oggettivo. Particolarmente interessante è parsa la possibilità di estendere i confini della figura dell’abuso del diritto sì da ricomprendere anche l’esercizio di prerogative individuali diverse dai diritti soggettivi. Da tale estensione potrebbero infatti discendere interessanti ripercussioni per la tutela dei soggetti deboli nel contesto dei rapporti d’impresa, intendendosi per tali tanto i rapporti tra imprenditori in posizione paritaria o asimmetrica, quanto i rapporti tra imprenditori e consumatori. È stato inoltre preso in considerazione l’aspetto dei rimedi avverso le condotte abusive, alla luce dei moderni contributi sull’eccezione di dolo generale, sulla tutela risarcitoria e sull’invalidità negoziale, con i quali è opportuno confrontarsi qualora si intenda cercare di colmare – come sembra opportuno – i vuoti di disciplina della tutela civilistica avverso l’abuso di posizione dominante. Stante l’evidente contiguità con la figura in esame, si è poi provveduto ad esaminare, per quanto sinteticamente, il divieto di abuso di dipendenza economica, il quale si delinea come figura ibrida, a metà strada tra il diritto dei contratti e quello della concorrenza. Tale fattispecie, pur inserita in una legge volta a disciplinare il settore della subfornitura industriale (art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192), ha suscitato un vasto interessamento della dottrina. Si sono infatti levate diverse voci favorevoli a riconoscere la portata applicativa generale del divieto, quale principio di giustizia contrattuale valevole per tutti i rapporti tra imprenditori. Nel tentativo di verificare tale assunto, si è cercato di individuare la ratio sottesa all’art. 9 della legge n. 192/1998, anche in considerazione dei suoi rapporti con il divieto di abuso di posizione dominante. Su tale aspetto è d’altronde appositamente intervenuto il legislatore con la legge 5 marzo 2001, n. 57, riconoscendo la competenza dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a provvedere, anche d’ufficio, sugli abusi di dipendenza economica con rilevanza concorrenziale. Si possono così prospettare due fattispecie normative di abusi di dipendenza economica, quella con effetti circoscritti al singolo rapporto interimprenditoriale, la cui disciplina è rimessa al diritto civile, e quella con effetti negativi per il mercato, soggetta anche – ma non solo – alle regole del diritto antitrust; tracciare una netta linea di demarcazione tra i reciproci ambiti non appare comunque agevole. Sono stati inoltre dedicati brevi cenni ai rimedi avverso le condotte di abuso di dipendenza economica, i quali involgono problematiche non dissimili a quelle che si delineano per il divieto di abuso di posizione dominante. Poste tali basi, la ricerca è proseguita con la ricognizione dei rimedi civilistici esperibili contro gli abusi di posizione dominante. Anzitutto, è stato preso in considerazione il rimedio del risarcimento dei danni, partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’abutente e vagliando criticamente le diverse ipotesi proposte in dottrina, anche con riferimento alle recenti elaborazioni in tema di obblighi di protezione. È stata altresì vagliata l’ammissibilità di una visione unitaria degli illeciti in questione, quali fattispecie plurioffensive e indipendenti dalla qualifica formale del soggetto leso, sia esso imprenditore concorrente, distributore o intermediario – o meglio, in generale, imprenditore complementare – oppure consumatore. L’individuazione della disciplina applicabile alle azioni risarcitorie sembra comunque dipendere in ampia misura dalla risposta al quesito preliminare sulla natura – extracontrattuale, precontrattuale ovvero contrattuale – della responsabilità conseguente alla violazione del divieto. Pur non sembrando prospettabili soluzioni di carattere universale, sono apparsi meritevoli di approfondimento i seguenti profili: quanto all’individuazione dei soggetti legittimati, il problema della traslazione del danno, o passing-on; quanto al nesso causale, il criterio da utilizzare per il relativo accertamento, l’ammissibilità di prove presuntive e l’efficacia dei provvedimenti amministrativi sanzionatori; quanto all’elemento soggettivo, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 2600 c.c. e gli aspetti collegati alla colpa per inosservanza di norme di condotta; quanto ai danni risarcibili, i criteri di accertamento e di prova del pregiudizio; infine, quanto al termine di prescrizione, la possibilità di qualificare il danno da illecito antitrust quale danno “lungolatente”, con le relative conseguenze sull’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale. In secondo luogo, è stata esaminata la questione della sorte dei contratti posti in essere in violazione del divieto di abuso di posizione dominante. In particolare, ci si è interrogati sulla possibilità di configurare – in assenza di indicazioni normative – la nullità “virtuale” di detti contratti, anche a fronte della recente conferma giunta dalla Suprema Corte circa la distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto. È stata inoltre esaminata – e valutata in senso negativo – la possibilità di qualificare la nullità in parola quale nullità “di protezione”, con una ricognizione, per quanto sintetica, dei principali aspetti attinenti alla legittimazione ad agire, alla rilevabilità d’ufficio e all’estensione dell’invalidità. Sono poi state dedicate alcune considerazioni alla nota questione della sorte dei contratti posti “a valle” di condotte abusive, per i quali non sembra agevole configurare declaratorie di nullità, mentre appare prospettabile – e, anzi, preferibile – il ricorso alla tutela risarcitoria. Da ultimo, non si è trascurata la valutazione dell’esperibilità, avverso le condotte di abuso di posizione dominante, di azioni diverse da quelle di nullità e risarcimento, le sole espressamente contemplate dall’art. 33, secondo comma, della legge n. 287/1990. Segnatamente, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di imporre a carico dell’impresa in posizione dominante un obbligo a contrarre a condizioni eque e non discriminatorie. L’importanza del tema è attestata non solo dalla discordanza delle pronunce giurisprudenziali, peraltro numericamente scarse, ma anche dal vasto dibattito dottrinale da tempo sviluppatosi, che investe tuttora taluni aspetti salienti del diritto delle obbligazioni e della tutela apprestata dall’ordinamento alla libertà di iniziativa economica.

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La presente Tesi di Laurea Specialistica considera, partendo da un'analisi della normativa vigente e delle procedure aziendali interne, il Sistema di Gestione Integrato Qualità  Sicurezza Ambiente (SGI QSA) di HERA SpA con particolare attenzione alle tematiche relative alla Prevenzione e Protezione sul luogo di lavoro in riferimento al Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs 81/2008) . Nello specifico, l'elaborato si basa sull'esperienza maturata durante cinque mesi di stage effettuati presso l'ufficio "Servizio Prevenzione e Protezione" della Struttura Operativa Territoriale (SOT) Bologna. Durante la mia permanenza in HERA SpA, ho avuto modo di osservare e prendere parte alle attività  quotidianamente svolte sia in ufficio che presso gli impianti dislocati nel territorio della provincia di Bologna con particolare riguardo alla raccolta, gestione e fruibilità  dei dai inerenti la sicurezza dei luoghi di lavoro. Nell'ambito dello stage, ho avuto anche la possibilità , estremamente formativa, di prendere visione dei processi, delle tecnologie e delle modalità  operative sottostanti l'erogazione di servizi da parte di una Multiutility; acquisire consapevolezza e know how in merito alle energie messe in campo per effettuare attività  quali la raccolta e lo smaltimento di rifiuti piuttosto che rendere disponibile alle utenze la fornitura di acqua e gas. Ritengo che questo possa darmi un valore aggiunto sia da un punto di vista professionale che da un punto di vista umano. Scopo primario di questa trattazione è effettuare l'istantanea di un'azienda complessa e in rapida evoluzione come HERA a partire della Salute e Sicurezza dei Lavoratori con l'obiettivo di indicare le attività  eseguite durante lo stage e il contributo fornito allo sviluppo e al mantenimento del SGS (Sistema di Gestione per la Salute e la sicurezza). Per meglio evidenziare la diversa natura delle informazioni riportate, l'elaborato risulta diviso in due parti fondamentali: La I PARTE riguarda lo studio della normativa che regola il settore con particolare riferimento al TUSL Testo Unico per la Sicurezza sui Luoghi di Lavoro (norma vigente in Italia) e allo standard britannico OHSAS 18001 a cui possono fare riferimento le organizzazioni che intendono certificare il proprio sistema di gestione in materia di sicurezza. In seguito si andranno ad analizzare le norme ISO 9001e ISO14001 che riguardano rispettivamente la possibilità  di certificare il proprio sistema di gestione in merito a Qualità  del servizio e tutela dell'Ambiente. Infine saranno proposte alcune riflessioni riguardanti la necessità  di sviluppare un sistema di gestione integrato e certificato che permetta di avere una visione unitaria di Qualità  Sicurezza e Ambiente. Nella II PARTE si entrerà  nel merito delle attività  svolte dall'ufficio Prevenzione e Protezione: a partire dalle procedure aziendali che fungono da punto di contatto fra gli obblighi normativi e la necessità  di regolare l'operatività  dei lavoratori, saranno descritte le mansioni che mi sono state affidate e le attività  svolte durante lo stage.

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Sociology of work in Italy revived at the end of WWII, after thirty years of forced oblivion. This thesis examines the history of discipline by considering three paths that it followed from its revival up to its institutionalization: the influence of the productivity drive, the role of trade unions and the activity of early young researchers. European Productivity Agency's Italian office Comitato Nazionale per la Produttività propagandised studies on management and on the effects of the industrialization on work and society. Academicians, technicians, psychologists who worked for CNP started rethinking sociology of work, but the managerial use of sociology was unacceptable for both trade unions and young researchers. So “free union” CISL created a School in Florence with an eager attention to social sciences as a medium to become a new model union, while Marxist CGIL, despite its ideological aversion to sociology, finally accepted the social sciences lexicon in order to explain the work changes and to resist against the employers' association offensive. On the other hand, political and social engagement led a first generation of sociologists to study social phenomenon in the recently industrialized Italy by using the sociological analysis. Finally, the thesis investigate the cultural transfers from France, whose industrial sociology (sociologie du travail) was considered as a reference in continental Europe. Nearby the wide importance of French sociologie, financially aided by planning institutions in order to employ it in the industrial reconstruction, other minor experiences such as the social surveys accomplished by worker-priests in the suburbs of industrial cities and the heterodox Marxism of the review “Socialisme ou Barbarie” influenced Italian sociology of work.

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(U-Th)/He and fission-track analyses of apatite along deep-seated tunnels crossing high-relief mountain ranges offer the opportunity to investigate climate and tectonic forcing on the topographic evolution. In this study, the thermochronologic analysis of a large set of samples collected in the Simplon railway tunnel (western-central Alps; Italy and Switzerland) and along its surface trace, coupled with kinematic and structural analysis of major fault zones intersecting the tunnel, constrains the phenomena controlling the topographic and structural evolution, during the latest stage of exhumation of the Simplon Massif, and the timing in which they operated. The study area is located at the western margin of the Lepontine metamorphic dome where a complex nappe-stack pertaining to the Penninic and Ultrahelvetic domains experienced a fast exhumation from the latest Oligocene onward. The exhumation was mainly accommodated by a west-dipping low-angle detachment (the Simplon Fault Zone) which is located just 8 km to the west of the tunnel. However, along the section itself several faults related to two principal phases both with important dip-slip kinematics have been detected. Cooling rates derived from our thermocronological data vary from about 10 °C/Ma at about 10 Ma to about 35 °C/Ma in the last 5 Ma. Such increase in the cooling rate corresponds to the most important climatic change recorded in the northern hemisphere in the last 10 Ma, i.e. the shift to wetter conditions at the end of the Messinian salinity crisis and the inception of glacial cycles in the northern hemisphere. In addition, (U-Th)/He and fission-track age patterns lack of important correlation with the topography suggesting that the present-day relief morphology is the result of recent erosional dynamics. More in details, the (U-Th)/He tunnel ages show an impressive uniformity at 2 Ma, whereas cooling rates calculated at 1 Ma increase towards the two major valleys. This indicates a focusing of erosive processes in the valleys which led to the shaping of present-day topography. Structural analysis documents the presence of two phases of brittle deformation postdating the metamorphic phases in the area. The first one is directly related to the last phase of activity along the Simplon Fault Zone and is characterized by extension towards SO and vertical shortening. The young one is characterized by extension towards NO and horizontal shortening in a along the NE-SO direction. Structures related to the first phase of brittle deformation generate important variations in the older ages' dataset, until 3 Ma, suggesting that tectonics controlled rocks exhumation up to that age. Structures related to the second phase generate some variations also in the younger age dataset, highlighting the activity of faults bordering the massif and suggesting a continuous activity also after 2 Ma. However, most of (U-Th)/He tunnel ages, varying slightly around 2 Ma, document that the Simplon area has experienced primarily erosional exhumation in this time span. In conclusion, all our data suggest that in the central Italian Alps the climatic signal gradually overrode the tectonic effects after about 5 Ma, as a consequence of the climatic instability started at end of Messinian salinity crisis and improved by the onset of glaciations in the northern hemisphere.

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Il mondo dei buoni sconto, in seguito alla recessione che si è verificata tra il 2009 e il 2011, ha vissuto una vertiginosa crescita che lo ha riportato agli apici della sua storia. Tutto il mondo è tornato a parlarne quotidianamente, numerosissime società hanno investito capitali per sfruttare il momento propizio e l’innovazione tecnologica ne ha favorito nuove espressioni. Vivo a stretto contatto con una delle tante società che credono in questo mercato e intendono farne parte. Ho vissuto la nascita di un nuovo progetto di livello nazionale, ho avuto la fortuna di poter osservare da vicino i movimenti della società, le decisioni e i progetti. In vista di un 2011 all’insegna dei buoni sconto, la tesi nasce per fare il punto della situazione in un mercato molto ampio e complesso, in rapida evoluzione, per capirne i principali attori e per studiarne le dinamiche. Vuole fare chiarezza sull’attività della società e studiarne i possibili sviluppi futuri imperniati sull’uso delle tecnologie più evolute.