997 resultados para Pinus pinaster forest


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An experimental and Finite Element study was performed on the bending behaviour of wood beams of the Pinus Pinaster species repaired with adhesively-bonded carbon–epoxy patches, after sustaining damage by cross-grain failure. This damage is characterized by crack growth at a small angle to the beams longitudinal axis, due to misalignment between the wood fibres and the beam axis. Cross-grain failure can occur in large-scale in a wood member when trees that have grown spirally or with a pronounced taper are cut for lumber. Three patch lengths were tested. The simulations include the possibility of cohesive fracture of the adhesive layer, failure within the wood beam in two propagation planes and patch interlaminar failure, by the use of cohesive zone modelling. The respective cohesive properties were estimated either by an inverse method or from the literature. The comparison with the tests allowed the validation of the proposed methodology, opening a good perspective for the reduction of costs in the design stages of these repairs due to extensive experimentation.

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Little is known about the traditional coffee cultivation systems in Central Aceh, Indonesia, where coffee production is a major source of income for local Gayo people. Based on field observations and farmer interviews, 14 representative agroforestry coffee plantations of different age classes (60-70 years, 30-40 years, and 20 years) as well as seven adjacent grassland and native forest sites were selected for this study, and soil and coffee leaf samples collected for nutrient analysis. Significant differences in soil and coffee leaf parameters were found between former native forest and Sumatran pine (Pinus merkusii) forest as previous land cover indicating the importance of the land use history for today’s coffee cultivation. Soil pH as well as exchangeable Na and Ca concentrations were significantly lower on coffee plantations compared to grassland and forest sites. Soil C, N, plant available P, exchangeable K, and Mg concentrations showed no consistent differences between land use groups. Nitrogen (N), phosphorus (P), and potassium (K) concentrations of coffee leaves were in the sufficiency range, whereas zinc (Zn) contents were found to be consistently below the sufficiency threshold and significantly lower in coffee plantations of previous pine forest cover compared to those of previous native forest cover. While the results of this study provided insights into the nutrient status of coffee plantations in Central Aceh, the heterogeneity of site conditions, limited sampling size, and scarcity of reliable data about the land use history and initial soil conditions of sampled sites preclude more definitive conclusions about the sustainability of the studied systems.

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Aims Current estimates of soil organic carbon (SOC) are based largely on surficial measurements to depths of 0.3 to 1 m. Many of the world’s soils greatly exceed 1 m depth and there are numerous reports of biological activity to depths of many metres. Although SOC storage to depths of up to 8 m has been previously reported, the extent to which SOC is stored at deeper depths in soil profiles is currently unknown. This paper aims to provide the first detailed analysis of these previously unreported stores of SOC. Methods Soils from five sites in the deeply weathered regolith in the Yilgarn Craton of south-western Australia were sampled and analysed for total organic carbon by combustion chromatography. These soils ranged between 5 and 38 m (mean 21 m) depth to bedrock and had been either recently reforested with Pinus pinaster or were under agriculture. Sites had a mean annual rainfall of between 399 and 583 mm yr−1. Results The mean SOC concentration across all sites was 2.30 ± 0.26 % (s.e.), 0.41 ± 0.05 % and 0.23 ± 0.04 % in the surface 0.1, 0.1–0.5 and 0.5 to 1.0 m increments, respectively. The mean value between 1 and 5 m was 0.12 ± 0.01 %, whereas between 5 and 35 m the values decreased from 0.04 ± 0.002 % to 0.03 ± 0.003 %. Mean SOC mass densities for each of the five locations varied from 21.8–37.5 kg C m−2, and were in toto two to five times greater than would be reported with sampling to a depth of 0.5 m. Conclusions This finding may have major implications for estimates of global carbon storage and modelling of the potential global impacts of climate change and land-use change on carbon cycles. The paper demonstrates the need for a reassessment of the current arbitrary shallow soil sampling depths for assessing carbon stocks, a revision of global SOC estimates and elucidation of the composition and fate of deep carbon in response to land use and climate change

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Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.

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A new sedimentary sequence from Lago di Venere on Pantelleria Island, located in the Strait of Sicily between Tunisia and Sicily was recovered. The lake is located in the coastal infra-Mediterranean vegetation belt at 2 m a.s.l. Pollen, charcoal and sedimentological analyses are used to explore linkages among vegetation, fire and climate at a decadal scale over the past 1200 years. A dry period from ad 800 to 1000 that corresponds to the ‘Medieval Warm Period’ (WMP) is inferred from sedimentological analysis. The high content of carbonate recorded in this period suggests a dry phase, when the ratio of evaporation/precipitation was high. During this period the island was dominated by thermophilous and drought-tolerant taxa, such as Quercus ilex, Olea, Pistacia and Juniperus. A marked shift in the sediment properties is recorded at ad 1000, when carbonate content became very low suggesting wetter conditions until ad 1850–1900. Broadly, this period coincides with the ‘Little Ice Age’ (LIA), which was characterized by wetter and colder conditions in Europe. During this time rather mesic conifers (i.e. Pinus pinaster), shrubs and herbs (e.g. Erica arborea and Selaginella denticulata) expanded, whereas more drought-adapted species (e.g. Q. ilex) declined. Charcoal data suggest enhanced fire activity during the LIA probably as a consequence of anthropogenic burning and/or more flammable fuel (e.g. resinous Pinus biomass). The last century was characterized by a shift to high carbonate content, indicating a change towards drier conditions, and re-expansion of Q. ilex and Olea. The post-LIA warming is in agreement with historical documents and meteorological time series. Vegetation dynamics were co-determined by agricultural activities on the island. Anthropogenic indicators (e.g. Cerealia-type, Sporormiella) reveal the importance of crops and grazing on the island. Our pollen data suggest that extensive logging caused the local extinction of deciduous Quercus pubescens around ad1750.

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La provincia de Mendoza, ubicada en el centro-oeste de la Argentina, tiene una extensión de 150 830 km2. Prácticamente todas las actividades agropecuarias y forestales están concentradas en el 3 % de su territorio que es posible irrigar. Al oeste, en el límite con Chile, está la cadena montañosa que forma parte de la región fitogeográfica del Desierto Andino que se extiende por más de 500 km, con un ancho promedio de 100 km. El objetivo del trabajo fue introducir algunas especies de coníferas y evaluar su comportamiento en dicha región fitogeográfica, con la finalidad de lograr un aprovechamiento forestal, proteger el suelo contra la erosión hídrica y/o eólica, modificar el paisaje y desarrollar áreas de explotación turística. Las especies seleccionadas en esta primera etapa fueron: Cedrus deodara, Cupressus arizonica, Cupressus macrocarpa, Juniperus virginiana, Pinus griffithii, Pinus halepensis, Pinus nigra, Pinus pinaster, Pinus pinea y Pinus radiata. Las experiencias se llevaron a cabo en dossitios, separados por más de 150 km, y situados a 1 050 y 2 000 msnm, respectivamente. Se tomaron datos de supervivencia, altura y diámetro de los individuos, y se efectuaron observaciones sobre su hábito de crecimiento y condiciones fitosanitarias. Las principales conclusiones fueron las siguientes: 1. Todas las especies mostraron buen estado fitosanitario sin haberse detectado ninguna plaga o enfermedad de importancia. 2. El hábito de crecimiento fue el correspondiente a cada especie; sólo hubo fustes bifurcados en algunos individuos de Pinus pinea. 3. Las especies que evidenciaron mayor aptitud fueron: Juniperus virginiana, Cupressus arizonica, Pinus pinea, Pinus pinaster y Cupressus macrocarpa.

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