1000 resultados para Effetti Relativistici in Astrofisica


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Partendo dal campione di AGN presente nella survey di XMM-COSMOS, abbiamo cercato la sua controparte ottica nel database DR10 della Sloan Digital Sky Survey (SDSS), ed il match ha portato ad una selezione di 200 oggetti, tra cui stelle, galassie e quasar. A partire da questo campione, abbiamo selezionato tutti gli oggetti con un redshift z<0.86 per limitare l’analisi agli AGN di tipo 2, quindi siamo giunti alla selezione finale di un campione di 30 sorgenti. L’analisi spettrale è stata fatta tramite il task SPECFIT, presente in IRAF. Abbiamo creato due tipi di modelli: nel primo abbiamo considerato un’unica componente per ogni riga di emissione, nel secondo invece è stata introdotta un’ulteriore com- ponente limitando la FWHM della prima ad un valore inferiore a 500 km\s. Le righe di emissione di cui abbiamo creato un modello sono le seguenti: Hβ, [NII]λλ 6548,6581, Hα, [SII]λλ 6716,6731 e [OIII]λλ 4959,5007. Nei modelli costruiti abbiamo tenuto conto della fisica atomica per quel che riguarda i rapporti dei flussi teorici dei doppietti dell’azoto e dell’ossigeno, fissandoli a 1:3 per entrambi; nel caso del modello ad una componente abbiamo fissato le FWHM delle righe di emissione; mentre nel caso a due componenti abbiamo fissato le FWHM delle componenti strette e larghe, separatamente. Tenendo conto del chi-quadro ottenuto da ogni fit e dei residui, è stato possibile scegliere tra i due modelli per ogni sorgente. Considerato che la nostra attenzione è focalizzata sulla cinematica dell’ossigeno, abbiamo preso in considerazione solo le sorgenti i cui spettri mostravano la riga suddetta, cioè 25 oggetti. Su questa riga è stata fatta un’analisi non parametrica in modo da utilizzare il metodo proposto da Harrison et al. (2014) per caratterizzare il profilo di riga. Sono state determinate quantità utili come il 2 e il 98 percentili, corrispondenti alle velocità massime proiettate del flusso di materia, e l’ampiezza di riga contenente l’80% dell’emissione. Per indagare sull’eventuale ruolo che ha l’AGN nel guidare questi flussi di materia verso l’esterno, abbiamo calcolato la massa del gas ionizzato presente nel flusso e il tasso di energia cinetica, tenendo conto solo delle componenti larghe della riga di [OIII] λ5007. Per la caratterizzazione energetica abbiamo considerato l’approccio di Cano-Diaz et al (2012) e di Heckman (1990) in modo da poter ottenere un limite inferiore e superiore della potenza cinetica, adottando una media geometrica tra questi due come valore indicativo dell’energetica coinvolta. Confrontando la potenza del flusso di gas con la luminosità bolometrica dell’AGN, si è trovato che l’energia cinetica del flusso di gas è circa lo 0.3-30% della luminosità dell’AGN, consistente con i modelli che considerano l’AGN come principale responsabile nel guidare questi flussi di gas.

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In questo lavoro è stata svolta l'analisi chimica differenziale di 22 sistemi binari monitorati nel corso della survey SARG. L'obiettivo è determinare eventuali differenze di abbondanza e porre limiti osservativi a uno degli scenari attualmente accreditato come responsabile del legame tra metallicità della stella e presenza di pianeti giganti.

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Uno dei più importanti campi di ricerca che coinvolge gli astrofisici è la comprensione della Struttura a Grande Scala dell'universo. I principi della Formazione delle Strutture sono ormai ben saldi, e costituiscono la base del cosiddetto "Modello Cosmologico Standard". Fino agli inizi degli anni 2000, la teoria che spiegava con successo le proprietà statistiche dell'universo era la cosiddetta "Teoria Perturbativa Standard". Attraverso simulazioni numeriche e osservazioni di qualità migliore, si è evidenziato il limite di quest'ultima teoria nel descrivere il comportamento dello spettro di potenza su scale oltre il regime lineare. Ciò spinse i teorici a trovare un nuovo approccio perturbativo, in grado di estendere la validità dei risultati analitici. In questa Tesi si discutono le teorie "Renormalized Perturbation Theory"e"Multipoint Propagator". Queste nuove teorie perturbative sono la base teorica del codice BisTeCca, un codice numerico originale che permette il calcolo dello spettro di potenza a 2 loop e del bispettro a 1 loop in ordine perturbativo. Come esempio applicativo, abbiamo utilizzato BisTeCca per l'analisi dei bispettri in modelli di universo oltre la cosmologia standard LambdaCDM, introducendo una componente di neutrini massicci. Si mostrano infine gli effetti su spettro di potenza e bispettro, ottenuti col nostro codice BisTeCca, e si confrontano modelli di universo con diverse masse di neutrini.

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Gli ammassi di galassie sono le strutture gravitazionalmente legate con le più profonde buche di potenziale, pertanto è previsto che questi contengano una frazione di barioni non molto diversa da quella cosmologica. Con l’introduzione di modelli sempre più accurati di fisica barionica all’interno di simulazioni idrodinamiche è stato possibile predire la percentuale cosmica di barioni presente negli ammassi di galassie. Unendo questi modelli previsionali con misure della frazione di gas in ammassi e informazioni sulla densità di barioni dell’Universo si può ottenere una stima della densità di materia cosmica Ωm. L'obiettivo di questo lavoro di Tesi è la stima di Ωm a partire dalla frazione di gas osservata in questi sistemi. Questo lavoro era stato già fatto in precedenza, ma tenendo in considerazione solo gli ammassi più massivi e dinamicamente rilassati. Usando parametri che caratterizzano la morfologia della distribuzione di brillanza superficiale nei raggi X, abbiamo classificato i nostri oggetti come rilassati o disturbati, laddove presentassero evidenze di recenti attività di interazione. Abbiamo dunque valutato l’impatto degli oggetti disturbati sulla stima del parametro cosmologico Ωm, computando il Chi2 tra la frazione di massa barionica nell’Universo e quella da noi ricavata. Infine abbiamo investigato una relazione tra il valore della frazione di gas degli ammassi rilassati e quello dei disturbati, in modo da correggere quindi questi ultimi, riportandoli nei dintorni del valore medio per i rilassati e usarli per ampliare il campione e porre un vincolo più stringente su Ωm. Anche con il limitato campione a nostra disposizione, è stato possibile porre un vincolo più stretto su Ωm, utilizzando un maggior numero di oggetti e riducendo così l’errore statistico.

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In this Thesis work we have studied the properties of high-redshift galaxy clusters through the X-ray emission from their intracluster gas. In particular, we have focused on the relation between concentration and mass that is related to the density of the universe at the formation time of the clusters and therefore, it is a powerful cosmological probe. Concentration is expected to be a decreasing function of mass but a complete characterization of this relation has not been reached yet. We have analysed 22 clusters observed withe the Chandra satellite at high redshift and we have investigated the concentration-mass relation.

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Gli ammassi di galassie sono gli oggetti gravitazionalmente legati più grandi dell’Universo. Questi emettono principalmente in banda X tramite bremsstrahlung. Una frazione mostra anche emissione radio diffusa da parte di elettroni relativistici che spiraleggiano nel campo magnetico. Si possono classificare tre tipi di emissione: alon, relitti e mini-aloni radio (MH). I MH sono sorgenti radio su scale di ≥ 200 – 500 kpc, osservate al centro di ammassi caratterizzati dalla presenze di cool-core (CC). L’origine dei MH non è ancora chiara. Gli elettroni relativistici che emettono in banda radio hanno tempi di vita radiativi di molto inferiori a quelli necessari per diffondere sulle scale dell’emissione diffusa. Quindi non sono semplicemente iniettati dalle galassie presenti negli ammassi ed è necessario un meccanismo di accelerazione “in-situ” nell’ICM. I MH testimoniano la presenza di meccanismi che canalizzano parte del budget energetico disponibile nei CC nell’ICM.Quindi lo studio è importante per comprendere la fisica dell’ICM e l’interazione fra le componenti non termiche e termiche. I MH si formano attraverso la riaccelerazione delle particelle relativistiche ad opera della turbolenza del gas. L’origine di questa turbolenza tuttavia non è ancora ben compresa. Gli ammassi CC sono caratterizzati da un picco della brillanza X nelle regioni centrali e da un drop della temperatura verso il centro accompagnata da aumento della densità del gas. Si ritiene che questo sia dovuto al raffreddamento del gas che quindi fluisce nelle zone centrali. Recenti osservazioni in X risultan inconsistenti con il modello classico di CF, suggerendo la presenza di una sorgente di riscaldamento del gas su scale del core degli ammassi. Recentemente Zhuravleva (2014) hanno mostrato che il riscaldamento dovuto alla turbolenza prodotta dall'AGN centrale è in grado di bilanciare il processo di raffreddamento. Abbiamo assunto che la turbolenza responsabile del riscaldamento del gas è anche responsabile dell’accelerazione delle particelle nei MH. Nell’ambito di questo scenario ci si aspetta una correlazione tra la potenza del cooling flow, PCF, che è una misura del tasso di energia emessa dal gas che raffredda nei CC, e la luminosità radio, che è una frazione dell’energia della turbolenza che è canalizzata nell’accelerazione delle particelle. In questo lavoro di tesi abbiamo utilizzato il più grande campione disponibile di MH, allo scopo di studiare la connessione fra le proprietà dei MH e quelle del gas termico nei core degli ammassi che li ospitano. Abbiamo analizzato i dati di 21 ammassi e ricavato i parametri fisici all’interno del raggio di cooling e del MH. Abbiamo ricavato la correlazione fra luminosità radio, e PCF. Abbiamo trovato che le due quantità correlano in modo quasi-lineare confermando i risultati precedenti. Tale correlazione suggerisce uno stretto legame fra le proprietà del gas nei CC e l’origine dei MH.

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I Nuclei Galattici Attivi (AGN) sono sorgenti luminose e compatte alimentate dall'accrescimento di materia sul buco nero supermassiccio al centro di una galassia. Una frazione di AGN, detta "radio-loud", emette fortemente nel radio grazie a getti relativistici accelerati dal buco nero. I Misaligned AGN (MAGN) sono sorgenti radio-loud il cui getto non è allineato con la nostra linea di vista (radiogalassie e SSRQ). La grande maggioranza delle sorgenti extragalattiche osservate in banda gamma sono blazar, mentre, in particolare in banda TeV, abbiamo solo 4 MAGN osservati. Lo scopo di questa tesi è valutare l'impatto del Cherenkov Telescope Array (CTA), il nuovo strumento TeV, sugli studi di MAGN. Dopo aver studiato le proprietà dei 4 MAGN TeV usando dati MeV-GeV dal telescopio Fermi e dati TeV dalla letteratura, abbiamo assunto come candidati TeV i MAGN osservati da Fermi. Abbiamo quindi simulato 50 ore di osservazioni CTA per ogni sorgente e calcolato la loro significatività. Assumendo una estrapolazione diretta dello spettro Fermi, prevediamo la scoperta di 9 nuovi MAGN TeV con il CTA, tutte sorgenti locali di tipo FR I. Applicando un cutoff esponenziale a 100 GeV, come forma spettrale più realistica secondo i dati osservativi, prevediamo la scoperta di 2-3 nuovi MAGN TeV. Per quanto riguarda l'analisi spettrale con il CTA, secondo i nostri studi sarà possibile ottenere uno spettro per 5 nuove sorgenti con tempi osservativi dell'ordine di 250 ore. In entrambi i casi, i candidati migliori risultano essere sempre sorgenti locali (z<0.1) e con spettro Fermi piatto (Gamma<2.2). La migliore strategia osservativa per ottenere questi risultati non corrisponde con i piani attuali per il CTA che prevedono una survey non puntata, in quanto queste sorgenti sono deboli, e necessitano di lunghe osservazioni puntate per essere rilevate (almeno 50 ore per studi di flusso integrato e 250 per studi spettrali).

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Radio relics are diffuse synchrotron sources generally located in the peripheries of galaxy clusters in merging state. According to the current leading scenario, relics trace gigantic cosmological shock waves that cross the intra-cluster medium where particle acceleration occurs. The relic/shock connection is supported by several observational facts, including the spatial coincidence between relics and shocks found in the X-rays. Under the assumptions that particles are accelerated at the shock front and are subsequently deposited and then age downstream of the shock, Markevitch et al. (2005) proposed a method to constrain the magnetic field strength in radio relics. Measuring the thickness of radio relics at different frequencies allows to derive combined constraints on the velocity of the downstream flow and on the magnetic field, which in turns determines particle aging. We elaborate this idea to infer first constraints on magnetic fields in cluster outskirts. We consider three models of particle aging and develop a geometric model to take into account the contribution to the relic transverse size due to the projection of the shock-surface on the plane of the sky. We selected three well studied radio relics in the clusters A 521, CIZA J2242.8+5301 and 1RXS J0603.3+4214. These relics have been chosen primarily because they are almost seen edge-on and because the Mach number of the shock that is associated with these relics is measured by X-ray observations, thus allowing to break the degeneracy between magnetic field and downstream velocity in the method. For the first two clusters, our method is consistent with a pure radiative aging model allowing us to derive constraints on the relics magnetic field strength. In the case of 1RXS J0603.3+4214 we find that particle life-times are consistent with a pure radiative aging model under some conditions, however we also collect evidences for downstream particle re-acceleration in the relic W-region and for a magnetic field decaying downstream in its E-region. Our estimates of the magnetic field strength in the relics in A 521 and CIZA J2242.8+5301 provide unique information on the field properties in cluster outskirts. The constraints derived for these relics, together with the lower limits to the magnetic field that we derived from the lack of inverse Compton X-ray emission from the sources, have been combined with the constraints from Faraday rotation studies of the Coma cluster. Overall results suggest that the spatial profile of the magnetic field energy density is broader than that of the thermal gas, implying that the ε_th /ε_B ratio decreases with cluster radius. Alternatively, radio relics could trace dynamically active regions where the magnetic field strength is biased high with respect to the average value in the cluster volume.

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I materiali fotocatalitici, se opportunamente irradiati con luce di una opportuna lunghezza d'onda, consentono un maggior abbattimento delle sostanze organiche e inorganiche nocive con le quali vengono a contatto. Essi sono in grado inoltre grazie alla loro spiccata idrofilia di conservare inalterato nel tempo il loro aspetto estetico. Il connubio ingegneria e chimica ha creato dunque materiali fotocatalitici contenenti al loro interno particelle di TiO2, il principale fotocatalizzatore in commercio, che, applicati in ambiti urbani ed edilizi come rivestimenti, pitture, rimescolato in pasta di malte o masselli autobloccanti, pitture o piastrelle antisettiche e vetri autopulenti, possono generare effetti positivi in termini sia di antinquinamento che di antibattericità. La tesi parte dalla descrizione delle reazioni chimiche che stanno alla base della fotocatalisi e prosegue descrivendo il fotocatalizzatore più attivo ed efficace fino ad ora scoperto, il TiO2. Nella seconda parte della tesi si citano le principali aziende italiane e mondiali che si sono impegnate nella produzione di materiali fotocatalitici, riportando le loro opere e i loro prodotti. Nella parte terza si vogliono invece fornire le informazioni generali attualmente conosciute sulla minaccia alla salute che può costituire l'utilizzo di materiali nanometrici come il TiO2. Nella parte quarta invece si risponde alle ancora frequenti domande riguardanti l'efficacia del TiO2 nelle applicazioni reali al variare del materiale di supporto, la sua efficacia nel lungo termine, il reale effetto autopulente nell'ambiente reale e nel suo impatto sull'ambiente. Si riportano i risultati di laboratorio riguardanti l'efficacia fotocatalitica in termini di degradazione di tinte e di angolo di contatto, direttamente applicati alla realtà delle costruzioni: su supporti diversi in termini di permeabilità e idrorepellenza, è stata applicata una sospensione acquosa fotocatalitica applicata sia a pennello che tramite getto spray HVLP. Alcuni campioni sono poi stati dilavati simulando l'azione atmosferica di weathering dell'area bolognese.

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La presenza di residui dei farmaci ad uso umano e veterinario nelle acque superficiali è in costante aumento a causa del loro elevato consumo. L’impatto ambientale dei prodotti farmaceutici è riconosciuto in tutto il mondo ma attualmente ancora non sono presenti degli Standard di qualità ambientale per queste sostanze in ambiente acquatico. L’agenzia europea per i farmaci (EMEA) ha introdotto delle linee guida per la valutazione del rischio ambientale per tutti i nuovi farmaci prima di provvedere alla registrazione, ma in nessun caso la loro autorizzazione in commercio è vietata. Una volta assunti, i farmaci sono escreti dagli organismi in forma nativa o come metaboliti, e attraverso gli scarichi urbani raggiungono i depuratori che li rimuovono solo in parte. Di conseguenza, i residui dei farmaci vengono ritrovati nei fiumi, nei laghi, fino alle acque marine costiere. Anche se presenti a basse concentrazioni (ng-μg/L) nelle acque superficiali, i farmaci possono provocare effetti avversi negli organismi acquatici. Queste specie rappresentano involontari bersagli. Tuttavia molti di essi possiedono molecole target simili a quelle dell’uomo, con i quali i farmaci interagiscono per indurre gli effetti terapeutici; in questo caso i farmaci ambientali possono causare effetti specifici ma indesiderati sulla fisiologia degli animali acquatici. Le interazioni possono essere anche non specifiche perché dovute agli effetti collaterali dei farmaci, ad esempio effetti ossidativi, con potenziali conseguenze negative su vertebrati ed invertebrati. In questo lavoro sono stati valutati i potenziali effetti indotti nelle larve di orata da quattro classi di farmaci ovvero: carbamazepina (antiepilettico), ibuprofene (antinfiammatorio non steroideo), caffeina (stimolante) e novobiocina (antibiotico). In particolare, in questo lavoro si è valutato inizialmente il tasso di sopravvivenza delle larve di orata esposte ai farmaci, per verificare se l’esposizione determinasse effetti di tossicità acuta; successivamente si è passati alla valutazione di due biomarker : il danno al DNA e la perossidazione lipidica per verificare la presenza di effetti tossici sub-letali. Le larve sono state esposte per 96 ore alle concentrazioni di 0.1, 1 (MEC), 10 e 50 µg/L (>MEC) di carbamazepina e novobiocina, a 0.1, 5 (MEC),10 e 50 µg/L (> MEC) di ibuprofene ed a 0.1, 5 (MEC),15 e 50 µg/L (> MEC) di caffeina, rappresentative delle concentrazioni riscontrate in ambiente acquatico e al di sopra di quest’ultimo. L’analisi dei dati sulla sopravvivenza ha dimostrato che la carbamazepina, l’ibuprofene, la novobiocina e la caffeina non hanno effetti significativi alle concentrazioni testate. La valutazione dei biomarker ha evidenziato un generale decremento significativo dei livelli di danno primario al DNA e per la perossidazione lipidica è stato generalmente osservato un decremento alle dosi dei farmaci più basse, seguito da un aumento a quelle più elevate. Nell’insieme i dati indicano che alle concentrazioni testate, i farmaci carbamazepina, caffeina, ibuprofene e novobiocina non hanno prodotto alterazioni attribuibili alla comparsa di effetti avversi nelle larve di S. aurata dopo 96 ore di esposizione.

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Gli ammassi globulari rappresentano i laboratori ideali nei quali studiare la dinamica di sistemi ad N-corpi ed i suoi effetti sull’evoluzione stellare. Infatti, gli ammassi globulari sono gli unici sistemi astrofisici che, entro il tempo scala dell’età dell’Universo, sperimentano quasi tutti i processi di dinamica stellare noti. Questo lavoro di tesi si inserisce in un progetto a lungo termine volto a fornire una dettagliata caratterizzazione delle proprietà dinamiche degli ammassi globulari galattici. In questa ricerca, strumenti di fondamentale importanza sono il profilo di dispersione di velocità del sistema e la sua curva di rotazione. Per determinare le componenti radiali di questi profili cinematici in ammassi globulari galattici è necessario misurare la velocità lungo la linea di vista di un ampio campione di stelle membre, a differenti distanze dal centro. Seguendo un approccio multi-strumentale, è possibile campionare l’intera estensione radiale dell’ammasso utilizzando spettrografi multi-oggetto ad alta risoluzione spettrale nelle regioni intermedie/esterne, e spettrografi IFU con ottiche adattive per le regioni centrali (pochi secondi d’arco dal centro). Questo lavoro di tesi è volto a determinare il profilo di dispersione di velocità dell’ammasso globulare 47 Tucanae, campionando un’estensione radiale compresa tra circa 20'' e 13' dal centro. Per questo scopo sono state misurate le velocità radiali di circa un migliaio di stelle nella direzione di 47 Tucanae, utilizzando spettri ad alta risoluzione ottenuti con lo spettrografo multi-oggetto FLAMES montato al Very Large Telescope dell’ESO. Le velocità radiali sono state misurate utilizzando la tecnica di cross-correlazione tra gli spettri osservati e appropriati spettri teorici, e sono state ottenute accuratezze inferiori a 0.5km/s. Il campione così ottenuto (complementare a quello raccolto con strumenti IFU nelle regioni centrali) è fondamentale per costruire il profilo di dispersione di velocità dell’ammasso e la sua eventuale curva di rotazione. Questi dati, combinati col profilo di densità dell’ammasso precedentemente determinato, permetteranno di vincolare opportunamente modelli teorici come quelli di King (1966) o di Wilson (1975), e di arrivare così alla prima solida determinazione dei parametri strutturali e dinamici (raggi di core e di metà massa, tempo di rilassamento, parametro collisionale, etc.) e della massa totale e distribuzione di massa del sistema.

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Le Blue Straggler Stars (BSS) sono la popolazione di oggetti esotici piu' comune e numerosa negli ammassi globulari. Nel diagramma colore-magnitudine le BSS definiscono una sequenza più brillante e blu del punto di turn-off della Sequenza Principale, simulando una popolazione più giovane delle stelle dell'ammasso.  Osservazioni hanno dimostrato che le BSS hanno una massa significativamente più grande (1.2-1.7 Msun) di quella delle stelle di un ammasso globulare. Per questa proprietà, la distribuzione radiale delle BSS e' un utile strumento per tracciare empiricamente lo stato di evoluzione dinamica degli ammassi stellari. Il lavoro di tesi si è concentrato sullo studio della popolazione di BSS di due ammassi globulari della Grande Nube di Magellano: NGC2257 e NGC1754. Applicando metodi di indagine già usati per sistemi stellari della Via Lattea, abbiamo derivato le eta' dinamiche di questi due sistemi e le abbiamo confrontate con stime teoriche.

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L'accurata determinazione dei parametri che costituiscono un modello cosmologico è fondamentale per caratterizzare correttamente l'evoluzione globale dell'universo e per spiegare le sue caratteristiche locali. Per quanto riguarda questo lavoro di Tesi abbiamo studiato l'efficienza di un particolare metodo per la stima del parametro di densità della materia detto test di Alcock-Paczynski. Con tale metodo si studiando le distorsioni geometriche che un’errata assunzione dei parametri cosmologici introduce nella funzione di correlazione a due punti bidimensionale. Abbiamo applicato il test a diversi cataloghi prodotti dalla simulazione Magneticum. In particolare abbiamo studiato come l'efficienza del metodo nel riconoscere il corretto valore del parametro di densità dipenda dal tipo di tracciante considerato, dal redshift d'osservazione e dai metodi di modelizzazione delle distorsioni dovute alla dinamica degli oggetti osservati. Si è potuto osservare come l’efficienza del metodo dipenda dalla densità d’oggetti contenuti nel catalogo (rendendo le galassie il tracciante migliore su cui applicare il test) e dall’ampiezza dell’effetto di distorsione geometrica, massimo per redshift vicini a 1. Abbiamo verificato che considerare come indipendenti le misure effettuate sui cataloghi a diversi redshift migliora l’identificazione del corretto valore del parametro di densità. Nella combinazione delle diverse misure, inoltre, si nota che i contributi meno significativi vengono dai redshift estremi dell’intervallo considerato, ma i singoli risultati, per quanto incerti, non intaccano il risultato finale. Infine si è osservato come ridurre il numero di parametri liberi attraverso i quali si introducono nei modelli le distorsioni dinamiche, in particolar modo gli effetti di distorsione a piccole scale, migliora sensibilmente l’efficacia del metodo.

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The width of the 21 cm line (HI) emitted by spiral galaxies depends on the physical processes that release energy in the Interstellar Medium (ISM). This quantity is called velocity dispersion (σ) and it is proportional first of all to the thermal kinetic energy of the gas. The accepted theoretical picture predicts that the neutral hydrogen component (HI) exists in the ISM in two stable phases: a cold one (CNM, with σ~0.8 km/s) and a warm one (WNM, with σ~8 km/s). However, this is called into question by the observation that the HI gas has usually larger velocity dispersions. This suggests the presence of turbulence in the ISM, although the energy sources remain unknown. In this thesis we want to shed new light on this topic. We have studied the HI line emission of two nearby galaxies: NGC6946 and M101. For the latter we used new deep observations obtained with the Westerbork radio interferometer. Through a gaussian fitting procedure, we produced dispersion maps of the two galaxies. For both of them, we compared the σ values measured in the spiral arms with those in the interarms. In NGC6946 we found that, in both arms and interarms, σ grows with the column density, while we obtained the opposite for M 101. Using a statistical analysis we did not find a significant difference between arm and interarm dispersion distributions. Producing star formation rate density maps (SFRD) of the galaxies, we studied their global and local relations with the HI kinetic energy, as inferred from the measured dispersions. For NGC6946 we obtained a good log-log correlation, in agreement with a simple model of supernova feedback driven turbulence. This shows that in this galaxy turbulent motions are mainly induced by the stellar activity. For M 101 we did not find an analogous correlation, since the gas kinetic energy appears constant with the SFRD. We think that this may indicate that in this galaxy turbulence is driven also by accretion of extragalactic material.

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Feedback from the most massive components of a young stellar cluster deeply affects the surrounding ISM driving an expanding over-pressured hot gas cavity in it. In spiral galaxies these structures may have sufficient energy to break the disk and eject large amount of material into the halo. The cycling of this gas, which eventually will fall back onto the disk, is known as galactic fountains. We aim at better understanding the dynamics of such fountain flow in a Galactic context, frame the problem in a more dynamic environment possibly learning about its connection and regulation to the local driving mechanism and understand its role as a metal diffusion channel. The interaction of the fountain with a hot corona is hereby analyzed, trying to understand the properties and evolution of the extraplanar material. We perform high resolution hydrodynamical simulations with the moving-mesh code AREPO to model the multi-phase ISM of a Milky Way type galaxy. A non-equilibrium chemical network is included to self consistently follow the evolution of the main coolants of the ISM. Spiral arm perturbations in the potential are considered so that large molecular gas structures are able to dynamically form here, self shielded from the interstellar radiation field. We model the effect of SN feedback from a new-born stellar cluster inside such a giant molecular cloud, as the driving force of the fountain. Passive Lagrangian tracer particles are used in conjunction to the SN energy deposition to model and study diffusion of freshly synthesized metals. We find that both interactions with hot coronal gas and local ISM properties and motions are equally important in shaping the fountain. We notice a bimodal morphology where most of the ejected gas is in a cold $10^4$ K clumpy state while the majority of the affected volume is occupied by a hot diffuse medium. While only about 20\% of the produced metals stay local, most of them quickly diffuse through this hot regime to great scales.