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Resumo:
Le conseguenze del management algoritmico sui lavoratori sono note tra gli studiosi, ma poche ricerche indagano le possibilità di agency, soprattutto a livello individuale, nella gig-economy. A partire dalla quotidianità del lavoro, l’obiettivo è analizzare le forme di agency esercitate dai platform workers nel settore della logistica dell'ultimo miglio. La ricerca si basa su un'etnografia multi-situata condotta in due paesi molto distanti e riguardante due diversi servizi urbani di piattaforma: il food-delivery in Italia (Bologna, Torino) e il ride-hailing in Argentina (Buenos Aires). Nonostante le differenze, il lavoro di campo ha mostrato diverse continuità tra i contesti geografici. Innanzitutto, le tecnologie digitali giocano un ruolo ambivalente nell'ambiente di lavoro: se la tecnologia è usata dalle aziende per disciplinare il lavoro, costituisce però anche uno strumento che può essere impiegato a vantaggio dei lavoratori. Sia nel ride-hailing che nelle piattaforme di food-delivery, infatti, i lavoratori esprimono la loro agency condividendo pratiche di rimaneggiamento e tattiche per aggirare il despotismo algoritmico. In secondo luogo, la ricerca ha portato alla luce una gran varietà di attività economiche sviluppate ai margini dell'economia di piattaforma. In entrambi i casi le piattaforme intersecano vivacemente le economie informali urbane e alimentano circuiti informali di lavoro, come evidenziato dall'elevata presenza di scambi illeciti: ad esempio, vendita di account, hacking-bots, caporalato digitale. Tutt'altro che avviare un processo di formalizzazione, quindi, la piattaforma sussume e riproduce l’insieme di condizioni produttive e riproduttive dell'informalità (viração), offrendo impieghi intermittenti e insicuri a una massa di lavoratori-usa-e-getta disponibile al sottoimpiego. In conclusione, le piattaforme vengono definite come infrastrutture barocche, intendendo con il barocco tanto la natura ibrida dell'azione che mescola forme di neoliberismo-dal-basso con pratiche di solidarietà tra pari, quanto la progressiva ristrutturazione dei processi di accumulazione all’insegna di una rinnovata interdipendenza tra formale e informale nelle infrastrutture del «mondo a domicilio».
Resumo:
The current climate crisis requires a comprehensive understanding of biodiversity to acknowledge how ecosystems’ responses to anthropogenic disturbances may result in feedback that can either mitigate or exacerbate global warming. Although ecosystems are dynamic and macroecological patterns change drastically in response to disturbance, dynamic macroecology has received insufficient attention and theoretical formalisation. In this context, the maximum entropy principle (MaxEnt) could provide an effective inference procedure to study ecosystems. Since the improper usage of entropy outside its scope often leads to misconceptions, the opening chapter will clarify its meaning by following its evolution from classical thermodynamics to information theory. The second chapter introduces the study of ecosystems from a physicist’s viewpoint. In particular, the MaxEnt Theory of Ecology (METE) will be the cornerstone of the discussion. METE predicts the shapes of macroecological metrics in relatively static ecosystems using constraints imposed by static state variables. However, in disturbed ecosystems with macroscale state variables that change rapidly over time, its predictions tend to fail. In the final chapter, DynaMETE is therefore presented as an extension of METE from static to dynamic. By predicting how macroecological patterns are likely to change in response to perturbations, DynaMETE can contribute to a better understanding of disturbed ecosystems’ fate and the improvement of conservation and management of carbon sinks, like forests. Targeted strategies in ecosystem management are now indispensable to enhance the interdependence of human well-being and the health of ecosystems, thus avoiding climate change tipping points.