964 resultados para Philip, Sachem of the Wampanoags, d. 1676


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This study tested whether chronic systemic administration of 5-aminoimidazole-4-carboxamide-1-β-D-ribofuranoside (AICAR) could attenuate hyperphagia, reduce lean and fat mass losses, and improve whole-body energy homeostasis in insulin-deficient rats. Male Wistar rats were first rendered diabetic through streptozotocin (STZ) administration and then intraperitoneally injected with AICAR for 7 consecutive days. Food and water intake, ambulatory activity, and energy expenditure were assessed at the end of the AICAR-treatment period. Blood was collected for circulating leptin measurement and the hypothalami were extracted for the determination of suppressor of cytokine signaling 3 (SOCS3) content, as well as the content and phosphorylation of AMP-kinase (AMPK), acetyl-CoA carboxylase (ACC), and the signal transducer and activator of transcription 3 (STAT3). Rats were thoroughly dissected for adiposity and lean body mass (LBM) determinations. In non-diabetic rats, despite reducing adiposity, AICAR increased (∼1.7-fold) circulating leptin and reduced hypothalamic SOCS3 content and food intake by 67% and 25%, respectively. The anorexic effect of AICAR was lost in diabetic rats, even though hypothalamic AMPK and ACC phosphorylation markedly decreased in these animals. Importantly, hypothalamic SOCS3 and STAT3 levels remained elevated and reduced, respectively, after treatment of insulin-deficient rats with AICAR. Diabetic rats were lethargic and displayed marked losses of fat and LBM. AICAR treatment increased ambulatory activity and whole-body energy expenditure while also attenuating diabetes-induced fat and LBM losses. In conclusion, AICAR did not reverse hyperphagia, but it promoted anti-catabolic effects on skeletal muscle and fat, enhanced spontaneous physical activity, and improved the ability of rats to cope with the diabetes-induced dysfunctional alterations in glucose metabolism and whole-body energy homeostasis.

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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere dinteresse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare danca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

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The standard model (SM) of particle physics is a theory, describing three out of four fundamental forces. In this model the Cabibbo-Kobayashi-Maskawa (CKM) matrix describes the transformation between the mass and weak eigenstates of quarks. The matrix properties can be visualized as triangles in the complex plane. A precise measurement of all triangle parameters can be used to verify the validity of the SM. The least precisely measured parameter of the triangle is related to the CKM element |Vtd|, accessible through the mixing frequency (oscillation) of neutral B mesons, where mixing is the transition of a neutral meson into its anti-particle and vice versa. It is possible to calculate the CKM element |Vtd| and a related element |Vts| by measuring the mass differences Dmd (Dms ) between neutral Bd and bar{Bd} (Bs and bar{Bs}) meson mass eigenstates. This measurement is accomplished by tagging the initial and final state of decaying B mesons and determining their lifetime. Currently the Fermilab Tevatron Collider (providing pbar{p} collisions at sqrt{s}=1.96 TeV) is the only place, where Bs oscillations can be studied. The first selection of the "golden", fully hadronic decay mode Bs->Ds pi(phi pi)X at D is presented in this thesis. All data, taken between April 2002 and August 2007 with the D detector, corresponding to an integrated luminosity of int{L}dt=2.8/fb is used. The oscillation frequency Dms and the ratio |Vtd|/|Vts| are determined as Dms = (16.6 +0.5-0.4(stat) +0.4-0.3(sys)) 1/ps, |Vtd|/|Vts| = 0.213 +0.004-0.003(exp)pm 0.008(theor). These results are consistent with the standard model expectations and no evidence for new physics is observable.

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The European Community has stressed the importance of achieving a common understanding to deal with the environmental noise through community actions of the Member States. This implies the use of harmonized indicators and specific information regarding the values of indicators, the exceedance of limits and the number of people and dwellings exposed to noise. The D.Lgs. 149/2005 in compliance with the European Directive 2002/49/EC defines methodologies, noise indicators and types of outputs required. In this dissertation the work done for the noise mapping of highly trafficked roads of the Province of Bologna will be reported. The study accounts for the environmental noise generated by the road infrastructure outside the urban agglomeration of Bologna. Roads characterized by an annual traffic greater than three millions of vehicles will be considered. The process of data collection and validation will be reported, as long as the implementation of the calculation method in the software and the procedure to create and calibrate the calculation model. Results will be provided as required by the legislation, in forms of maps and tables. Moreover results regarding each road section accounted will be combined to gain a general understanding of the situation of the overall studied area. Although the understanding of the noise levels and the number of people exposed is paramount, it is not sufficient to develop strategies of noise abatement interventions. Thus a further step will be addressed: the creation of priority maps as the basis of action plans for organizing and prioritizing solutions for noise reduction and abatement. Noise reduction measures are reported in a qualitative way in the annex and constitute a preliminary research.

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Molecular dynamics (MD) simulations have been used to study the dynamical and time-averaged characteristics of the DNA triple helix d(T)10âd(A)10âd(T)10. The structures sampled during the trajectory resemble closely the B-type model for the DNA triplex proposed on the basis of NMR data, although there are some subtle differences. Alternative P- and A-type conformations for the triplex, suggested from X-ray experiments, are not predicted to contribute significantly to the structure of the DNA triplex in solution. Comparison with the best available experimental data supports the correctnes of the MD-generated structures. The analysis of the collected data gives a detailed picture of the characteristics of triple-helix DNA. A new and interesting pattern of hydration, specific for triplex DNA, is an important observation. The results suggest that molecular dynamics can be useful for the study of novel nucleic acid structures.

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Bovine herpesvirus 1 (BoHV-1) and BoHV-5 are closely related pathogens of cattle, but only BoHV-5 is considered a neuropathogen. We engineered intertypic gD exchange mutants with BoHV-1 and BoHV-5 backbones in order to address their in vitro and in vivo host ranges, with particular interest in invasion of the brain. The new viruses replicated in cell culture with similar dynamics and to titers comparable to those of their wild-type parents. However, gD of BoHV-5 (gD5) was able to interact with a surprisingly broad range of nectins. In vivo, gD5 provided a virulent phenotype to BoHV-1 in AR129 mice, featuring a high incidence of neurological symptoms and early onset of disease. However, only virus with the BoHV-5 backbone, independent of the gD type, was detected in the brain by immunohistology. Thus, gD of BoHV-5 confers an extended cellular host range to BoHV-1 and may be considered a virulence factor but does not contribute to the invasion of the brain.

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Calretinin (CR) and calbindin D-28k (CB) are cytosolic EF-hand Ca(2+)-binding proteins and function as Ca(2+) buffers affecting the spatiotemporal aspects of Ca(2+) transients and possibly also as Ca(2+) sensors modulating signaling cascades. In the adult hippocampal circuitry, CR and CB are expressed in specific principal neurons and subsets of interneurons. In addition, CR is transiently expressed within the neurogenic dentate gyrus (DG) niche. CR and CB expression during adult neurogenesis mark critical transition stages, onset of differentiation for CR, and the switch to adult-like connectivity for CB. Absence of either protein during these stages in null-mutant mice may have functional consequences and contribute to some aspects of the identified phenotypes. We report the impact of CR- and CB-deficiency on the proliferation and differentiation of progenitor cells within the subgranular zone (SGZ) neurogenic niche of the DG. Effects were evaluated (1) two and four weeks postnatally, during the transition period of the proliferative matrix to the adult state, and (2) in adult animals (3 months) to trace possible permanent changes in adult neurogenesis. The absence of CB from differentiated DG granule cells has no retrograde effect on the proliferative activity of progenitor cells, nor affects survival or migration/differentiation of newborn neurons in the adult DG including the SGZ. On the contrary, lack of CR from immature early postmitotic granule cells causes an early loss in proliferative capacity of the SGZ that is maintained into adult age, when it has a further impact on the migration/survival of newborn granule cells. The transient CR expression at the onset of adult neurogenesis differentiation may thus have two functions: (1) to serve as a self-maintenance signal for the pool of cells at the same stage of neurogenesis contributing to their survival/differentiation, and (2) it may contribute to retrograde signaling required for maintenance of the progenitor pool.

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Dmitry Korobov. Social Stratification of the Alans of the North Caucasus (4th-9th Centuries A.D.) There were two stages to this project: studies of the differences between local groups of catacomb cemeteries in the North Caucasus, and an analysis of social ranks among the Alans on the basis of the large cemeteries. The first stage involved a cluster analysis of 100 cemeteries on the basis of the variables of longitude and latitude, which made it possible to identify 11 local groups of cemeteries. This was followed by a study of the difference between burial rites charcterising flat graves and barrow burials and between catacombs of different periods within these two main groups. Korobov then looked at the difference between the catacombs of various local groups. The second step was an investigation of the social structure of the Alanic tribes. Here Korobov first selected gender-specific grave goods of adult burials on the basis of large cemeteries, and compared single male and female burials on the basis of the associated grave goods. He then used a cluster analysis to draw up a subdivision of male and female burials according to their grave goods, and interpreted the results obtained with the help of ethnographic and written sources.

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