593 resultados para biogas, FORSU, trattamenti enzimatici
Resumo:
Acknowledgements We are grateful to the United Kingdom Economic and Social Research Council Nexus Network for funding this work.
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Acknowledgements We are grateful to the United Kingdom Economic and Social Research Council Nexus Network for funding this work.
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Gas-to-liquid processes are generally used to convert natural gas or other gaseous hydrocarbons into liquid fuels via an intermediate syngas stream. This includes the production of liquid fuels from biomass-derived sources such as biogas. For example, the dry reforming of methane is done by reacting CH4 and CO2, the two main components of natural biogas, into more valuable products, i.e., CO and H2. Nickel containing perovskite type catalysts can promote this reaction, yielding good conversions and selectivities; however, they are prone to coke laydown under certain operating conditions. We investigated the addition of high oxygen mobility dopants such as CeO2, ZrO2, or YSZ to reduce carbon laydown, particularly using reaction conditions that normally result in rapid coking. While doping with YSZ, YDC, GDC, and SDC did not result in any improvement, we show that a Ni perovskite catalyst (Na0.5La0.5Ni0.3Al0.7O2.5) doped with 80.9 ZrO2 15.2 CeO2 gave the lowest amount of carbon formation at 800 °C and activity was maintained over the operating time.
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Energy policies around the world are mandating for a progressive increase in renewable energy production. Extensive grassland areas with low productivity and land use limitations have become target areas for sustainable energy production to avoid competition with food production on the limited available arable land resources and minimize further conversion of grassland into intensively managed energy cropping systems or abandonment. However, the high spatio-temporal variability in botanical composition and biochemical parameters is detrimental to reliable assessment of biomass yield and quality regarding anaerobic digestion. In an approach to assess the performance for predicting biomass using a multi-sensor combination including NIRS, ultra-sonic distance measurements and LAI-2000, biweekly sensor measurements were taken on a pure stand of reed canary grass (Phalaris aruninacea), a legume grass mixture and a diversity mixture with thirty-six species in an experimental extensive two cut management system. Different combinations of the sensor response values were used in multiple regression analysis to improve biomass predictions compared to exclusive sensors. Wavelength bands for sensor specific NDVI-type vegetation indices were selected from the hyperspectral data and evaluated for the biomass prediction as exclusive indices and in combination with LAI and ultra-sonic distance measurements. Ultrasonic sward height was the best to predict biomass in single sensor approaches (R² 0.73 – 0.76). The addition of LAI-2000 improved the prediction performance by up to 30% while NIRS barely improved the prediction performance. In an approach to evaluate broad based prediction of biochemical parameters relevant for anaerobic digestion using hyperspectral NIRS, spectroscopic measurements were taken on biomass from the Jena-Experiment plots in 2008 and 2009. Measurements were conducted on different conditions of the biomass including standing sward, hay and silage and different spectroscopic devices to simulate different preparation and measurement conditions along the process chain for biogas production. Best prediction results were acquired for all constituents at laboratory measurement conditions with dried and ground samples on a bench-top NIRS system (RPD > 3) with a coefficient of determination R2 < 0.9. The same biomass was further used in batch fermentation to analyse the impact of species richness and functional group composition on methane yields using whole crop digestion and pressfluid derived by the Integrated generation of solid Fuel and Biogas from Biomass (IFBB) procedure. Although species richness and functional group composition were largely insignificant, the presence of grasses and legumes in the mixtures were most determining factors influencing methane yields in whole crop digestion. High lignocellulose content and a high C/N ratio in grasses may have reduced the digestibility in the first cut material, excess nitrogen may have inhibited methane production in second cut legumes, while batch experiments proved superior specific methane yields of IFBB press fluids and showed that detrimental effects of the parent material were reduced by the technical treatment
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In anni recenti il potenziale degradativo dei lieviti nelle bevande ha assunto un’importanza crescente a causa degli importanti danni economici ad essi associati e i produttori sono sempre più attenti a queste problematiche, anche in relazione alla tendenza di ridurre i trattamenti termici, in una strategia di risparmio energetico e di riduzione del danno termico organolettico. L’obiettivo dell’elaborato è stato quello di testare la termoresistenza di diversi ceppi di lieviti che possono costituire un rischio per bevande di fantasia: sette appartenenti alla specie Saccharomyces cerevisiae, tre Zygosaccharomyces, un ceppo di Saccharomycodes ludwigii, uno di Schizosaccharomyces pombe e uno di Kluyveromyces marxianus. Le prove di termoresistenza sono state condotte in vitro utilizzando terreno di coltura impiegando temperature di 55°C, 60°C e 65°C e i dati sono stati modellati con l’equazione di Weibull per ottenere le curve di morte termica dei diversi ceppi. Questo modello permette di tenere conto dell’approccio vitalistico dell’interazione tra temperatura e cellula e descrive l’inattivazione microbica come risultato del fallimento delle cellule nel contrastare le condizioni ostili dovute all’alta temperatura. I risultati hanno dimostrato che i ceppi erano caratterizzati da termoresistenza molto variabile. In generale, tra le specie non Saccharomyces, i più resistenti erano K. marxianus e Sch. Pombe mentre tra i Saccharomyces il più resistente era il ceppo SPA, isolato in uno stabilimento di bevande e responsabile di un incidente industriale che ha portato all’alterazione di oltre 500000 bottiglie di bibite gassate. Questo screening preliminare per la valutazione della termoresistenza ad un potenziale trattamento industriale ha permesso di individuare i lieviti più resistenti che saranno poi oggetto di un successivo studio in cui verranno tenuti presenti altri fattori tecnologici e di prodotto per poi potersi muovere in un ambiente industriale.
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La citofluorimetria è una tecnica applicata per misurare le caratteristiche fisiche, morfologiche e fisiologiche di cellule microbiche ed ha il pregio di generare un dato per ogni singola particella (cellula) analizzata. Poiché è noto che l’assenza di sviluppo in piastra non implica necessariamente l’assenza di forme microbiche vitali, questa tecnica ha un grande potenziale nello studio dei trattamenti termici che mirano alla stabilizzazione ed alla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari. Infatti, nel contesto industriale la tendenza è quella di ridurre l’entità di questi trattamenti (tempi/temperature). Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo di composti d’aroma, la cui attività antimicrobica è ben documentata, poiché il trattamento termico, incrementando la tensione di vapore di queste sostanze, ne potenzia l’attività antimicrobica. Questa tesi è incentrata su due aspetti: da una parte, l’effetto dell’esposizione di L. monocytogenes a diverse concentrazioni di timolo e carvacrolo (terpenoidi prevalenti in oli essenziali di Labiatae tra cui timo e origano), dall’altra la valutazione degli effetti di trattamenti termici subletali (45, 50, 55°C), anche in presenza di composti d’aroma, sulla disattivazione e sul successivo recupero di L. monocytogenes. I risultati hanno confermato la forte sinergia tra trattamento termico e presenza di sostanze terpeniche. È stato inoltre dimostrato che la presenza di tali composti incide drasticamente sulle potenzialità di recupero degli eventuali sopravvissuti dopo il trattamento termico. I risultati a volte discordanti tra l’analisi citofluorimetrica (focalizzata sull’integrità della membrana) e i conteggi in piastra hanno evidenziato come i due approcci debbano essere utilizzanti in modo complementare. L’utilizzo di altri coloranti legati ad altre funzioni biologiche e metaboliche permetterà l’ottenimento di informazioni aggiuntive circa la risposta fisiologica di questo microrganismo.
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Negli ultimi anni, è aumentato notevolmente l'interesse per piante e prodotti vegetali, e composti da essi derivati od estratti, in alternativa ai conservanti chimici per prevenire o ritardare lo sviluppo microbico negli alimenti. Questo deriva dalla percezione negativa, ormai diffusa a livello pubblico, nei confronti di sostanze di sintesi che sono ampiamente utilizzate come conservanti nell’industria alimentare. Sono stati effettuati diversi studi sull’attività antimicrobica di questi composti negli alimenti, anche se il loro utilizzo a livello industriale è limitato. Ciò dipende dalla difficile standardizzazione di queste sostanze, dovuta alla variabilità della matrice alimentare che ne può alterarne l’attività antimicrobica. In questa sperimentazione si sono utilizzati l’olio essenziale di Sateureja montana e l’estratto di Cotinus coggygria e sono state fatte delle prove preliminari, determinandone le componenti volatili tramite gas-cromatografia abbinata a microestrazione in fase solida. Sono stati selezionati un ceppo di Listeria monocytogenes (Scott A) e uno di Saccharomyces cerevisiae (SPA), e sono stati utilizzati per realizzare curve di morte termica in sistema modello e in sistema reale. Dai risultati ottenuti si può affermare che Satureja montana e Cotinus coggygria possono essere presi in considerazione come antimicrobici naturali da impiegare per la stabilizzazione di alimenti, nonché per ridurre l’entità dei trattamenti termici atti a salvaguardare le proprietà nutrizionali ed organolettiche di alimenti, come ad esempio succhi di frutta, garantendone la sicurezza e qualità microbiologica.
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In questo elaborato è stato discusso il tema della depurazione delle acque reflue, in particolar modo il sistema SBR. L'SBR (Sequencing Batch Reactors) è un sistema di impianti di depurazione composto da una vasca di raccolta del liquame e una o più vasche in parallelo, i reattori, che consistono nel vero e proprio cure dell'impianto. Di fatto le fasi del processo depurativo restano immutate rispetto ad un impianto tradizionale, ma l'SBR introduce come nuovo parametro dimensionale il tempo. infatti, tutti i trattamenti depurativi sono svolti sequenzialmente nel reattore. Un programma gestisce le varie fasi del trattamento esclusivamente sulla base della loro durata (stabilita relativamente alla natura del refluo e quindi ai trattamenti da svolgere in maniera più o meno intensiva). Questa caratteristica rende l'intero impianto molto versatile nel caso di variazioni dei dati in ingresso. Per questo motivo gli impianti SBR sono ottimi per la piccola media impresa, in quanto sono facilmente adattabili alle variazioni stagionali di produzione. Sono inoltre possibili realizzazioni di impianti per il trattamento di ingenti portate, o elevate concentrazioni, ponendo più reattori in parallelo alimentati dalle stessa vasca di accumulo. In questo modo è possibile svolgere un maggiore numero di cicli depurativi al giorno e quindi rispettare i valori normativi in uscita dell'impianto. In conclusione questa tipologia d'impianto presenta notevoli vantaggi fra i quali anche quello di avere bassi costi operativi. La motivazione di ciò sta nel fatto che l'impianto lavora solo se ha effettivamente una portata, per cui se non vi è presenza di refluo il reattore non lavora e quindi non comporta costi.