998 resultados para Zanini, Mário, 1907-1971 - Pintor


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"Cornstalk disease" is the name given to the cause or causes of death of cattle allowed to run in fields of standing cornstalks from which the ears have been gathered. It is probable that "many different maladies have been included under this name." In Nebraska, however, there is such a similarity in the symptoms reported by the farmers that it seems probable that the great majority of the losses attributed to cornstalk disease are really due to some common cause. As to the exact nature of this cause nothing is known. However, various theories have been advanced, and methods of prevention or treatment based upon these theories have been described.

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Depois das "palavras em liberdade" de Pauliceia desvairada, Mário de Andrade inaugurou, nos anos de 1920, uma nova fase de sua obra literária, que correspondia a uma reorientação do próprio Modernismo brasileiro: a busca da "contribuição milionária de todos os erros" (Oswald de Andrade, "Manifesto Pau Brasil"). Contra as regras da gramática e do discurso letrado, procurava-se imitar a "língua errada do povo". No caso de Mário de Andrade, o desejo de estilizar a fala popular resultou no projeto da Gramatiquinha da Língua Brasileira, que tinha no chamado dialeto caipira uma de suas inspirações. O diálogo com a cultura caipira ocorre em momentos centrais da sua produção literária: Macunaíma, Clã do jabuti, Os contos de Belazarte. Estudando a pintura de Tarsila do Amaral, Mário dirá que a sua brasilidade consiste no "caipirismo" das cores e das formas; algo que também se aplica, e mais radicalmente, à literatura cada vez mais enraizada de Mário de Andrade, na qual os "erros" de linguagem e a presença de personagens caipiras ou selvagens figuram o deslocamento do Brasil e o do próprio escritor em relação ao processo de modernização.

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The prehistoric cemetery of Barshalder is located along the main road on the boundary between Grötlingbo and Fide parishes, near the southern end of the island of Gotland in the Baltic Sea. The cemetery was used from c. AD 1-1100. The level of publication in Swedish archaeology of the first millennium AD is low compared to, for instance, the British and German examples. Gotland’s rich Iron Age cemeteries have long been intensively excavated, but few have received monographic treatment. This publication is intended to begin filling this gap and to raise the empirical level of the field. It also aims to make explicit and test the often somewhat intuitively conceived results of much previous research. The analyses deal mainly with the Migration (AD 375–540), Vendel (AD 520–790) and Late Viking (AD 1000–1150) Periods. The following lines of inquiry have been prioritised. 1. Landscape history, i.e. placing the cemetery in a landscape-historical context. (Vol. 1, section 2.2.6) 2. Migration Period typochronology, i.e. the study of change in the grave goods. (Vol. 2, chapter 2) 3. Social roles: gender, age and status. (Vol. 2, chapter 3) 4. Religious identity in the 11th century, i.e. the study of religious indicators in mortuary customs and grave goods, with particular emphasis on the relationship between Scandinavian paganism and Christianity.. (Vol. 2, chapter 4) Barshalder is found to have functioned as a central cemetery for the surrounding area, located on peripheral land far away from contemporary settlement, yet placed on a main road along the coast for maximum visibility and possibly near a harbour. Computer supported correspondence analysis and seriation are used to study the gender attributes among the grave goods and the chronology of the burials. New methodology is developed to distinguish gender-neutral attributes from transgressed gender attributes. Sub-gender grouping due to age and status is explored. An independent modern chronology system with rigorous type definitions is established for the Migration Period of Gotland. Recently published chronology systems for the Vendel and Viking Periods are critically reviewed, tested and modified to produce more solid models. Social stratification is studied through burial wealth with a quantitative method, and the results are tested through juxtaposition with several other data types. The Late Viking Period graves of the late 10th and 11th centuries are studied in relation to the contemporary Christian graves at the churchyards. They are found to be symbolically soft-spoken and unobtrusive, with all pagan attributes kept apart from the body in a space between the feet of the deceased and the end of the over-long inhumation trench. A small number of pagan reactionary graves with more forceful symbolism are however also identified. The distribution of different 11th century cemetery types across the island is used to interpret the period’s confessional geography, the scale of social organisation and the degree of allegiance to western and eastern Christianity. 11th century society on Gotland is found to have been characterised by religious tolerance, by an absence of central organisation and by slow piecemeal Christianisation.

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La ricerca ha bene analizzato lo stretto rapporto che si instaura fra le Avanguardie Storiche e le tecnologie più innovative dei primi anni del Novecento. Con il Futurismo (argomento trattato nel primo anno di ricerca di dottorato) e, in seguito, con il Dadaismo (principale soggetto di studio del secondo anno di ricerca), la candidata sottolinea i rapporti fra le avanguardie artistiche e la neonata tecnica cinematografica (1895). Il primo capitolo si concentra sugli enormi cambiamenti, sia materiali sia culturali, vissuti dalla nuova società di inizio Novecento. I principali concetti analizzati sono: i molteplici sviluppi tecnologici, la disputa teorica sul cinematografo che, tra il 1905 e il 1907, acquista maggiore rilevanza e la nuova “visione” della realtà. In particolare modo nel primo capitolo si affronta anche il dibattito culturale di fine Ottocento che contribuirà alle avanguardistiche affermazioni futuriste. L’idea di confrontare, in perfetta omologia, la nuova “visione” del cinema e le più importanti scoperte materiali del tempo è un interessante apporto a tutta la ricerca dove l’utilizzo del mezzo cinematografico diventa un mezzo perfetto per analizzare i flussi temporali, non più diacronici bensì sincronici dei fenomeni artistici. Inoltre, si sottolinea come la crescente convergenza fra differenti forme artistiche e il cinema d’avanguardia diventino uno strumento culturale capace di aprire nuovi universi e prospettive. E’ con il Futurismo che si inizia a parlare di contaminazioni fra differenti mezzi di espressione non necessariamente legati alla “rappresentazione” pittorica o scultorea. E’ invece il movimento Dadaista a sviluppare il discorso iniziato dai Futuristi e a concretizzare il binomio arte/cinema al fine di condividere il tempo della registrazione filmica e l’intenzione artistica degli autori presi in esame. Una parte importante del lavoro è stata l’analisi e lo studio dei materiali filmici recuperati sia in ambito futurista sia in ambito dadaista. La stesura di un approfondito indice ragionato ha permesso importanti chiarimenti sull’argomento trattato. La ricerca predisposta dalla candidata si è avvalsa di strumenti metodologici differenti con l’intento di far emergere il complesso degli interventi dei principali artisti operanti all’interno dei due movimenti presi in esame, tracciandone le omologie con le principali innovazioni tecnologiche.

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Ferrara è tra le città con le quali Piero Bottoni (1903-1973) ha istaurato un rapporto proficuo e duraturo che gli permise di elaborare molti progetti e che fu costante lungo quasi tutta la parabola professionale dell’autore milanese. Giunto nella città estense nei primi anni Trenta, vi lavorò nei tre decenni successivi elaborando progetti che spaziavano dalla scala dell’arredamento d’interni fino a quella urbana; i diciannove progetti studiati, tutti situati all’interno del centro storico della città, hanno come tema comune la relazione tra nuova architettura e città esistente. Osservando un ampio spettro di interventi che abbracciava la progettazione sull'esistente come quella del nuovo, Bottoni propone una visione dell'architettura senza suddivisioni disciplinari intendendo il restauro e la costruzione del nuovo come parti di un processo progettuale unitario. Sullo sfondo di questa vicenda, la cultura ferrarese tra le due guerre e nel Dopoguerra si caratterizza per il continuo tentativo di rendere attuale la propria storia rinascimentale effettuando operazioni di riscoperta che con continuità, a discapito dei cambiamenti politici, contraddistinguono le esperienze culturali condotte nel corso del Novecento. Con la contemporanea presenza durante gli anni Cinquanta e Sessanta di Bottoni, Zevi, Pane, Michelucci, Piccinato, Samonà, Bassani e Ragghianti, tutti impegnati nella costruzione dell’immagine storiografica della Ferrara rinascimentale, i caratteri di questa stagione culturale si fondono con i temi centrali del dibattito architettonico italiano e con quello per la salvaguardia dei centri storici. L’analisi dell’opera ferrarese di Piero Bottoni è così l’occasione per mostrare da un lato un carattere peculiare della sua architettura e, dall’altro, di studiare un contesto cultuale provinciale al fine di mostrare i punti di contatto tra le personalità presenti a Ferrara in quegli anni, di osservarne le reciproche influenze e di distinguere gli scambi avvenuti tra i principali centri della cultura architettonica italiana e un ambito geografico solo apparentemente secondario.