727 resultados para Non bis in idem - Colombia


Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

La termografia è un metodo d’indagine ampiamente utilizzato nei test diagnostici non distruttivi, in quanto risulta una tecnica d’indagine completamente non invasiva, ripetibile nel tempo e applicabile in diversi settori. Attraverso tale tecnica è possibile individuare difetti superficiali e sub–superficiali, o possibili anomalie, mediante la rappresentazione della distribuzione superficiale di temperatura dell’oggetto o dell’impianto indagato. Vengono presentati i risultati di una campagna sperimentale di rilevamenti termici, volta a stabilire i miglioramenti introdotti da tecniche innovative di acquisizione termografica, quali ad esempio la super-risoluzione, valutando un caso di studio di tipo industriale. Si è effettuato un confronto tra gli scatti registrati, per riuscire a individuare e apprezzare le eventuali differenze tra le diverse modalità di acquisizione adottate. L’analisi dei risultati mostra inoltre come l’utilizzo dei dispositivi di acquisizione termografica in modalità super-resolution sia possibile anche su cavalletto.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

La risonanza magnetica cardiaca è una tecnica di imaging non invasiva, in quanto non necessita l’uso di radiazioni ionizzanti, caratterizzata da un’elevata risoluzione spaziale e che permette acquisizioni in 4-D senza vincoli di orientazione. Grazie a queste peculiarità, la metodica della risonanza magnetica ha mostrato la sua superiorità nei confronti delle altre tecniche diagnostiche ed è riconosciuta come il gold standard per lo studio della fisiologia e fisiopatologia della pompa cardiaca. Nonostante la potenza di questi vantaggi, esistono ancora varie problematiche che, se superate, potrebbero probabilmente migliorare ulteriormente la qualità delle indagini diagnostiche. I software attualmente utilizzati nella pratica clinica per le misure del volume e della massa ventricolare richiedono un tracciamento manuale dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio per ciascuna fetta, per ogni frame temporale del ciclo cardiaco. Analogamente avviene per il tracciamento dei contorni del tessuto non vitale. In questo modo l’analisi è spesso qualitativa. Di fatti, la necessità dell’intervento attivo dell’operatore rende questa procedura soggettiva e dipendente dall’esperienza, provocando un’elevata variabilità e difficile ripetibilità delle misure intra e inter operatore, oltre ad essere estremamente dispendiosa in termini di tempo, a causa dell’elevato numero di immagini da analizzare. La disponibilità di una tecnica affidabile per il tracciamento automatico dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio consente di superare queste limitazioni ed aumentare l’accuratezza e la ripetibilità delle misure di interesse clinico, quali dimensione, massa e curve di volume ventricolari. Lo scopo di questa tesi è di sviluppare e validare una tecnica di segmentazione automatica che consenta l’identificazione e la quantificazione di cicatrici nel miocardio, a seguito di infarto cardiaco. Il lavoro è composto da due tappe principali. Inizialmente, è presentato un metodo innovativo che permette, in via totalmente automatica, di tracciare in modo accurato e rapido i contorni dell’endocardio e dell’epicardio nel corso dell’intero ciclo cardiaco. Successivamente, l’informazione sulla morfologia cardiaca ricavata nella prima fase è utilizzata per circoscrivere il miocardio e quantificare la transmuralità dell’infarto presente in pazienti ischemici.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

I prioni, privi di acidi nucleici, esistono come ceppi e possono mutare, in particolare quando attraversano una barriera di specie. Numerosi studi convergono sulla conclusione che le caratteristiche ceppo-specifiche siano inscritte nella conformazione della PrPSc, con la variabilità di ceppo associata a varianti conformazionali della PrPSc. In questo studio ci siamo avvalsi del PMCA, tecnica che riproduce in vitro molti aspetti della biologia dei prioni, per mettere a punto condizioni sperimentali di replicazione che permettessero di osservare fenomeni di mutazione e selezione, onde investigare i meccanismi molecolari e di popolazione alla base della mutabilità dei prioni. In condizioni di replicazione eterologa, che mima la trasmissione tra diverse specie, è stato inizialmente possibile identificare un mutante difettivo della scrapie, caratterizzato da una diversa conformazione della PrPSc e capace di replicare in vitro ma non più in vivo. Le condizioni in cui tale mutante è emerso hanno permesso di sviluppare ulteriori ipotesi di lavoro, basate sul concetto della quasi-specie. Impartendo diversi regimi di replicazione e seguendo l’evoluzione di due ceppi, è stato possibile evidenziare fenomeni di mutazione anche in condizioni di replicazione omologa, in assenza di forti pressioni selettive. In entrambi i ceppi sono emerse varianti conformazionali di PrPSc durante passaggi replicativi ad ampia popolazione, mentre le popolazioni sottoposte a ripetuti colli di bottiglia hanno mostrato un rapido declino del tasso di replicazione. Sono stati infine investigati l’efficacia e il potenziale mutageno di molecole anti-prioniche, ottenendo importanti risultati preliminari sull’efficacia di molecole che legano la PrPC. Questi risultati evidenziano come la mutabilità sia una caratteristica intrinseca dei prioni e supportano l’idea che i prioni siano molto variabili, similmente alle quasi-specie virali, e perciò adattabili e proni a fenomeni di mutazione e selezione. Tali conclusioni hanno impatto su problematiche sanitarie quali lo studio del potenziale zoonotico e i fenomeni di farmaco-resistenza dei prioni.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

The Standard Model of particle physics was developed to describe the fundamental particles, which form matter, and their interactions via the strong, electromagnetic and weak force. Although most measurements are described with high accuracy, some observations indicate that the Standard Model is incomplete. Numerous extensions were developed to solve these limitations. Several of these extensions predict heavy resonances, so-called Z' bosons, that can decay into an electron positron pair. The particle accelerator Large Hadron Collider (LHC) at CERN in Switzerland was built to collide protons at unprecedented center-of-mass energies, namely 7 TeV in 2011. With the data set recorded in 2011 by the ATLAS detector, a large multi-purpose detector located at the LHC, the electron positron pair mass spectrum was measured up to high masses in the TeV range. The properties of electrons and the probability that other particles are mis-identified as electrons were studied in detail. Using the obtained information, a sophisticated Standard Model expectation was derived with data-driven methods and Monte Carlo simulations. In the comparison of the measurement with the expectation, no significant deviations from the Standard Model expectations were observed. Therefore exclusion limits for several Standard Model extensions were calculated. For example, Sequential Standard Model (SSM) Z' bosons with masses below 2.10 TeV were excluded with 95% Confidence Level (C.L.).

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Partendo dal campione di AGN presente nella survey di XMM-COSMOS, abbiamo cercato la sua controparte ottica nel database DR10 della Sloan Digital Sky Survey (SDSS), ed il match ha portato ad una selezione di 200 oggetti, tra cui stelle, galassie e quasar. A partire da questo campione, abbiamo selezionato tutti gli oggetti con un redshift z<0.86 per limitare l’analisi agli AGN di tipo 2, quindi siamo giunti alla selezione finale di un campione di 30 sorgenti. L’analisi spettrale è stata fatta tramite il task SPECFIT, presente in IRAF. Abbiamo creato due tipi di modelli: nel primo abbiamo considerato un’unica componente per ogni riga di emissione, nel secondo invece è stata introdotta un’ulteriore com- ponente limitando la FWHM della prima ad un valore inferiore a 500 km\s. Le righe di emissione di cui abbiamo creato un modello sono le seguenti: Hβ, [NII]λλ 6548,6581, Hα, [SII]λλ 6716,6731 e [OIII]λλ 4959,5007. Nei modelli costruiti abbiamo tenuto conto della fisica atomica per quel che riguarda i rapporti dei flussi teorici dei doppietti dell’azoto e dell’ossigeno, fissandoli a 1:3 per entrambi; nel caso del modello ad una componente abbiamo fissato le FWHM delle righe di emissione; mentre nel caso a due componenti abbiamo fissato le FWHM delle componenti strette e larghe, separatamente. Tenendo conto del chi-quadro ottenuto da ogni fit e dei residui, è stato possibile scegliere tra i due modelli per ogni sorgente. Considerato che la nostra attenzione è focalizzata sulla cinematica dell’ossigeno, abbiamo preso in considerazione solo le sorgenti i cui spettri mostravano la riga suddetta, cioè 25 oggetti. Su questa riga è stata fatta un’analisi non parametrica in modo da utilizzare il metodo proposto da Harrison et al. (2014) per caratterizzare il profilo di riga. Sono state determinate quantità utili come il 2 e il 98 percentili, corrispondenti alle velocità massime proiettate del flusso di materia, e l’ampiezza di riga contenente l’80% dell’emissione. Per indagare sull’eventuale ruolo che ha l’AGN nel guidare questi flussi di materia verso l’esterno, abbiamo calcolato la massa del gas ionizzato presente nel flusso e il tasso di energia cinetica, tenendo conto solo delle componenti larghe della riga di [OIII] λ5007. Per la caratterizzazione energetica abbiamo considerato l’approccio di Cano-Diaz et al (2012) e di Heckman (1990) in modo da poter ottenere un limite inferiore e superiore della potenza cinetica, adottando una media geometrica tra questi due come valore indicativo dell’energetica coinvolta. Confrontando la potenza del flusso di gas con la luminosità bolometrica dell’AGN, si è trovato che l’energia cinetica del flusso di gas è circa lo 0.3-30% della luminosità dell’AGN, consistente con i modelli che considerano l’AGN come principale responsabile nel guidare questi flussi di gas.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

In dieser Arbeit wurde zunächst ein humanisiertes Mausmodell entwickelt für die Analyse von humanen DCs in vivo. Darüber hinaus wurden erste Versuche mit Nanopartikelbeladenen DCs durchgeführt, mit der Intention, durch diese Kombination humane DCs zu untersuchen. Es wurden immunsupprimierte NOD/LtSz-scid IL2R (NSG) Mäuse verwendet und mit humanen CD34+ PBSCs transplantiert. Es wurden insgesamt 14 Modelle getestet, mit einer durchschnittlichen Humanisierungsrate von 76 %. In allen Modellen konnten ab Woche sechs nach Transplantation humane CD45+ Zellen sowie humane Bund NK-Zellen und CD14+ Monozyten gefunden werden. Darüber hinaus waren myeloide DC-Vorläuferzellen, konventionelle HLA DR CD11c DCs (cDCs) und plasmazytoide DCs (pDCs) vorhanden. Humane T-Zellen konnten nicht vor Woche 18 nach Transplantation beobachtet werden. Neben der Rekonstitution humaner DCs in peripheren Organen, wurde ebenfalls nach gewebsständigen DCs, insbesondere den Langerhans Zellen (LCs) der Epidermis geschaut. Waren humane LC vorhanden, konnten diese ab Woche zwölf nach Transplantation in der murinen Epidermis detektiert werden. Diese waren konstant bis in Woche 30 nach Transplantation nachweisbar. In Hinblick auf die Etablierung der DCs in diesem humanisierten Mausmodells wurden verschiedene Einflussgrößen getestet. IL-7 führte zu keiner veränderten Hämatopoese, wohingegen Flt3L zu einer Zunahme von CD14+ Monozyten und cDCs führte. Darüber hinaus konnte eine drastische Abnahmernhumaner B-Zellen beobachtet werden. Es zeigte sich, dass der Zeitpunkt der Flt3LrnApplikation einen entscheidenen Faktor für den Effekt von Flt3L auf die Rekonstitution humaner Zellen darstellt. Für die in dieser Arbeit durchgeführten funktionellen in vivo Studien, wurden humanisierten Mäusen alloreaktive CD8+ T-Zellen appliziert. Somit sollte die Funktionalität der rekonstituierten humanen APCs getestet werden. Es wurde deutlich, dass Monozyten und DCs ihre Funktionalität erst ab Woche 14 nach Transplantation zu entwickeln schienen,rnwohingegen B-Zellen bereits zu früheren Zeitpunkten als Zielzellen für die alloreaktiven T-Zellen dienten. Dies wurde durch den Rückgang der jeweiligen Zellen nach Applikation der T-Zellen sichtbar. Zu erwähnen ist, dass das Anwachsen einer humanen Hämatopoese stark spenderabhängig ist und somit keine allgemeingültigen Aussagen hinsichtlich der in vivo Funktion getroffen werden können. Um im Gewebe verbliebende APCs zu manipulieren gibt es verschiedene Möglichkeiten. Im Rahmen dieser Arbeit wurden auf Polystyren-basierende Nanopartikel getestet. Die verwendeten Partikel hatten eine Größe von 80 bis 160 nm und waren unfunktionalisiert oder mit Amino- bzw. Carboxy-Gruppen versehen. Zusätzlich wurden die Partikel mit BODIPY (Durchflusszytometrie und kLSM-Messungen), einem Infrarotnahem Farbstoff IR 780 (BFI-Messungen) und Platin (in vivo Messungen) beladen. Der Carboxy-funktionalisierte Partikel zeigte den geringsten Einfluss auf die Vitalität von humanen DCs, wohingegen der Amino-funktionalisierte Partikel bei steigender Konzentration toxisch wirkte. Bei unfunktionalisierten Partikeln stieg die Toxizität bei zunehmender Konzentration. Hinsichtlich der Expression diverser DC spezifischer Oberflächenmoleküle nach Beladung mit Nanopartikeln zeigte sich, dass allein der unfunktionalisierte, mit Lutensol AT50 hergestellte Partikel zu einer leichten Hochregulation von MHC-Klasse-II Molekülen führte. Die Expression von CD86 wurde im Gegenzug nur durch die Beladung mit den Amino-, bzw. Carboxy funktionalisierten Partikeln und dem unfunktionalisierten, mit SDS hergestellten Partikel leicht gesteigert. Trotz der teilweise leicht veränderten Expression von Oberflächenmarkern, konnte mit Hilfe von IFN-g ELISpots keine Beeinflussungrnder Funktion als APCs von Nanopartikel-beladenen DCs beobachtet werden. In den in vivo Untersuchungen zeigten alle vier Partikel eine konstante Zirkulation imrnOrganismus und konnten bis 96 h nach Applikation nachgewiesen werden. Alle Partikel konnten primär in der Leber detektiert werden, wobei der unfunktionalisierte, mit Lutensol AT50 hergestelle Partikel das weiteste Verbreitungsmuster zeigte. Erste Versuche im humanisierten Mausmodell zeigten keine Beeinflussung der Verteilung und Kinetik von Nanopartikeln durch die humane Hämatopoese. Mit dem in dieser Arbeit etablierten humanisierten Mausmodell ist es möglich, die Entwicklung, Differenzierung, Aktivierung und Funktionalität humaner DCs in vivo zu untersuchen. Darüber hinaus kann das gezielte Adressieren von DCs in vivo analysiert werden, was sowohl die Möglichkeit der Manipulation von DCs zur Vermeidung einer akuten GvHD bietet als auch Verwendung in anderen DC-vermittelten Therapien (z.B.Vakzinationsstudien) findet.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

In questo lavoro di tesi si è applicato dei materiali a base di ossido di grafene in ambito catalitico ed elettrochimico, dopo uno studio iniziale delle proprietà del materiale di partenza tramite XRD, ATR, Raman e SEM-EDS e la sua evoluzione durante processi di riduzione per ottimizzare il suo utilizzo. In particolare è stato depositato l’ossido di grafene su delle sfere di Al2O3 (γ-Al2O3 e α-Al2O3) per preparare dei catalizzatori eterogenei per la produzione di 2,5-biidrossimetilfurano (BHMF) tramite idrogenazione del 5-idrossimetilfurfurale (HMF). Le prestazioni del catalizzatore costituito di sfere di γ-Al2O3 ricoperte di GO sono state paragonate alle prestazioni di un sistema analogo ma contenente anche Pt 1%wt coimpregnato e alle performance della sospensione di GO non supportata. In ambito elettrochimico è stato preparato ed ottimizzato un sensore a base di ossido di grafene per determinare la concentrazione del glucosio, fondamentale per i soggetti diabetici. Nell’intenzione di ampliare le condizioni di impiego rispetto ai biosensori, sono stati studiati elettrodi modificati con ossido di grafene e composti tipo idrotalciti, i quali operano in ambiente basico sfruttando il fenomeno di scavenging del Ni.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Graphene nanoribbons (GNRs), which are defined as nanometer-wide strips of graphene, are attracting an increasing attention as one on the most promising materials for future nanoelectronics. Unlike zero-bandgap graphene that cannot be switched off in transistors, GNRs possess open bandgaps that critically depend on their width and edge structures. GNRs were predominantly prepared through “top-down” methods such as “cutting” of graphene and “unzipping” of carbon nanotubes, but these methods cannot precisely control the structure of the resulting GNRs. In contrast, “bottom-up” chemical synthetic approach enables fabrication of structurally defined and uniform GNRs from tailor-made polyphenylene precursors. Nevertheless, width and length of the GNRs obtainable by this method were considerably limited. In this study, lateral as well as longitudinal extensions of the GNRs were achieved while preserving the high structural definition, based on the bottom-up solution synthesis. Initially, wider (~2 nm) GNRs were synthesized by using laterally expanded monomers through AA-type Yamamoto polymerization, which proved more efficient than the conventional A2B2-type Suzuki polymerization. The wider GNRs showed broad absorption profile extending to the near-infrared region with a low optical bandgap of 1.12 eV, which indicated a potential of such GNRs for the application in photovoltaic cells. Next, high longitudinal extension of narrow (~1 nm) GNRs over 600 nm was accomplished based on AB-type Diels–Alder polymerization, which provided corresponding polyphenylene precursors with the weight-average molecular weight of larger than 600,000 g/mol. Bulky alkyl chains densely installed on the peripheral positions of these GNRs enhanced their liquid-phase processability, which allowed their formation of highly ordered self-assembled monolayers. Furthermore, non-contact time-resolved terahertz spectroscopy measurements demonstrated high charge-carrier mobility within individual GNRs. Remarkably, lateral extension of the AB-type monomer enabled the fabrication of wider (~2 nm) and long (>100 nm) GNRs through the Diels–Alder polymerization. Such longitudinally extended and structurally well-defined GNRs are expected to allow the fabrication of single-ribbon transistors for the fundamental studies on the electronic properties of the GNRs as well as contribute to the development of future electronic devices.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Con l’incremento della popolazione mondiale e la conseguente crescita del fabbisogno di energia dovuta a nuovi lavori e sempre più macchinari in circolazione, è insorta l'esigenza di produrre più energia elettrica. A partire dagli anni ’50 numerosi scienziati hanno analizzato il problema energetico e sono giunti alla conclusione che fonti di energia come petrolio, carbone e gas non erano in grado di soddisfare il bisogno umano sul lungo termine e si è quindi passati alla ricerca di altre fonti di energia come il nucleare. Oggi, grazie ad un progetto ed uno studio di circa 50 anni fa – finalizzato alla alimentazione di satelliti geostazionari - , si sta sempre di più affermando la scelta del fotovoltaico, in quanto rappresenta un’energia pulita e facilmente utilizzabile anche nei luoghi dove non è possibile avere un allaccio alla normale rete elettrica. La ricerca di questo nuovo metodo di produrre energia, che tratta la conversione di luce solare in energia elettrica, si è evoluta, differenziando materiali e metodi di fabbricazione delle celle fotovoltaiche, e quindi anche dei moduli fotovoltaici. Con la crescente produzione di apparati elettronici si è arrivati però ad avere un nuovo problema: il consumo sempre maggiore di silicio con un conseguente aumento di prezzo. Negli ultimi anni il prezzo del silicio è significativamente aumentato e questo va a pesare sull’economia del pannello fotovoltaico, dato che questo materiale incide per il 40-50% sul costo di produzione. Per questo motivo si sono voluti trovare altri materiali e metodi in grado di sostituire il silicio per la costruzione di pannelli fotovoltaici, con il seguire di nuovi studi su materiali e metodi di fabbricazione delle celle. Ma data la conoscenza e lo studio dovuto ai vari utilizzi nell’elettronica del silicio, si è anche studiato un metodo per ottenere una riduzione del silicio utilizzato, creando wafer in silicio sempre più sottili, cercando di abbassare il rapporto costo-watt , in grado di abbassare i costi di produzione e vendita.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Das Lichtsammlerprotein (light harvesting chlorophyll a/b-binding protein, LHCP) ist das Apoprotein des Haupt-Lichtsammelkomplexes (LHCII) und stellt das häufigste Membranprotein der Erde dar. Nicht nur aufgrund seiner Abundanz, sondern auch wegen seiner speziellen Translokation als stark hydrophobes Membranprotein durch hauptsächlich wässrige Milieus von cytosolischen Ribosomen bis in die Thylakoidmembran der Chloroplasten ist der Biogeneseweg dieses Proteins von besonderem Interesse. LHCP ist kernkodiert und wird nach seinem Import in Chloroplasten als Transitkomplex mit dem stromalen Signalerkennungsprotein (cpSRP) zur Thylakoide geleitet. Der cpSRP-Komplex besteht aus dem cpSRP43 mit Chaperonfunktion für das LHCP sowie dem Co-Chaperon cpSRP54, welches eine entscheidende Rolle in der stromalen Zielführung des Transitkomplexes spielt. Sowohl die Proteinkonformation des LHCP während seiner Biogenese als auch der in vivo Faltungsablauf während der Thylakoidinsertion sind noch völlig unklar. Mithilfe der Elektronen-paramagnetischen Resonanz (EPR-)Spektroskopie sollte in dieser Arbeit der Faltungszustand des LHCP im Transitkomplex mit dem cpSRP oder in Teilkomplexen davon ermittelt werden.rnKopplungen von cpSRP43 und LHCP bestätigten, dass das Chaperon als Minimaleinheit zur quantitativen Solubilisierung des Membranproteins genügt. Gelfiltrationschromatographische (GFC-) Untersuchungen solcher Komplexe wiesen jedoch mit einem apparenten MW von ≥ 600 kDa ein sehr hochmolekulares Laufverhalten auf. Variierende Proteinstöchiometrien im Komplex zeigten in densitometrischen Auswertungen eine undefinierte Aggregation. Zusätze von Agenzien zur Vermeidung unspezifischer Wechselwirkungen wie z.B. Detergentien oder auch Salzzugabe zeigten keinen Einfluss auf die Aggregate. Volllängen-Transitkomplexe dagegen wiesen trotz unterschiedlichem Angebot von Einzelproteinen reproduzierbar definierte Stöchiometrien auf. Diese zeigten eine LHCP:cpSRP43-Stöchiometrie von 1,25. Dennoch hatten diese Komplexe mit einem apparenten MW von > 300 kDa einen mindestens dimeren Assemblierungsgrad. Eine Voraussetzung für eindeutige EPR-spektroskopische Distanzmessungen zwischen definierten Positionen im LHCP ist jedoch dessen monomolekularisiertes Vorliegen im Chaperonkomplex. Die Darstellung von ternären Transitkomplexen mit einem zu erwartenden apparenten MW von ~175 kDa war auch durch Zusatz verschiedener Proteinaggregationshemmer nicht möglich. Transitkomplexe mit einer verkürzten Version des cpSRP54 zeigten schließlich eine definierte 1:1-Komplexstöchiometrie bei gleichzeitiger polydisperser Komplexzusammensetzung. Es konnten ~60% dieser sogenannten 54M-Transitkomplexe nach GFC-Daten und densitometrischer Auswertung als potentiell ternär eingeschätzt werden. Darüber hinaus gelang es solche Ansätze durch GFC-Fraktionierung zusätzlich von oligomerisierten Spezies aufzureinigen. Dennoch zeigten die Präparate vor GFC-Fraktionierung ein (noch) zu hohes Aggregationssignal im Hintergrund und nach Fraktionierung ein zu schwaches Signal, um eine eindeutige Aussage der EPR-Daten zuzulassen. Dennoch bietet dieses ausgearbeitete Komplexbildungsprotoll in Verbindung mit der Verwendung von verkürztem cpSRP54 eine solide Basis, um weitere Versuche zu EPR-Messungen an cpSRP-gebundenem LHCP durchzuführen. rn

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Bei der vorliegenden Arbeit handelt es sich um ein Überblickswerk zum Christusbild, dem Aussehen Christi in der deutschen Bildkunst des 19. Jahrhunderts und dessen Wandlungen. Grundlage der Arbeit bildet eine von der Autorin zusammengetragene Materialsammlung und deren Auswertung, basierend auf der Kenntnis von Originalen sowie der Sichtung von Literatur (insbesondere von Lexika, Museums- und Ausstellungskatalogen, Werkverzeichnissen sowie maßgeblichen deutschen Kunstzeitschriften des 19. Jahrhunderts). Das hieraus resultierende systematische Bildverzeichnis umfasst 1.914 Werke in Form von Staffeleibildern, Druckgraphik, wandgebundenen Gemälden (und auch Skulpturen); davon sind 729 mit Abbildungen in der Arbeit dokumentiert. In alphabetischer Reihenfolge abgefasst, enthält das Verzeichnis zu jedem Eintrag Kurzinformationen zu Werk und Künstler, sowie Literatur- und ggf. Abbildungsnachweise. Auf dieser Basis geht die Untersuchung über den bisher relativ kleinen Kreis einschlägig bekannter Christusbilder weit hinaus und gibt erstmals einen umfassenden und für das 19. Jahrhundert repräsentativen Überblick.rnDer auf dieses Material gestützte Hauptteil befasst sich mit der eingehenden Betrachtung der „Grundtypen“ des Christusbildes, womit das Aussehen Christi (Physiognomie, Gesamtgestalt, Gewandung, Habitus und Gestik) gemeint ist. Schwerpunkte der Arbeit bilden zunächst das an der Renaissance (insbesondere an Raffael) orientierte „milde“ Christusbild des Klassizismus und die „inniglich-schöne“ Idealgestalt der Romantik (variiert auch mit altdeutschen Elementen), aus der schließlich das bis in die Gegenwart verwendete, kitschig-süßliche Devotionalienbild resultierte. Eine historisierende, ethnologische Rekonstruktion eines „jüdischen“ Jesus, erschien besonders in der „Orientmalerei“ seit den vierziger Jahren des 19. Jahrhunderts. Die Ablehnung und Abgrenzung der Orientmalerei führte zu einer „historischen Reformationsmalerei“ mit altdeutschen Elementen und auch teilweise zu einer Tendenz der „Germanisierung“ des Bildes Jesu mit genrehaften Zügen. Zum Jahrhundertende hin wurden außerdem vielfältige Versuche beobachtet, den Gottmenschen Jesus in „zeitgenössischem“ Aussehen volksnah in die Gegenwart der Gläubigen einzubinden. Im Symbolismus traten hingegen heroisierende Tendenzen auf bis hin zu einer „Entwirklichung“ der Gestalt Christi. Zusammenfassende Beobachtungen zu den häufig verwendeten und „beliebten“ Themen der Christusdarstellung im 19. Jahrhundert runden die Arbeit ab, in der eine bislang ungekannte Differenzierung und Vielfalt der Darstellungsmöglichkeiten Christi in der religiösen Kunst des 19. Jahrhunderts aufgezeigt werden konnte.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Numerosi lavori apparsi sulla letteratura scientifica negli ultimi decenni hanno evidenziato come, dall’inizio del XX secolo, la temperatura media globale sia aumentata. Tale fenomeno si è fatto più evidente dagli anni ’80, infatti ognuno degli ultimi tre decenni risulta più caldo dei precedenti. L’Europa e l’area mediterranea sono fra le regioni in cui il riscaldamento risulta più marcato, soprattutto per le temperature massime (dal 1951 sono cresciute di +0.39 °C per decennio) che hanno mostrato trend maggiori delle minime. Questo comportamento è stato osservato anche a scala nazionale (+0.25°C/dec per le massime e +0.20°C/dec per le minime). Accanto all’aumento dei valori medi è stato osservato un aumento (diminuzione) degli eventi di caldo (freddo) estremo, studiati attraverso la definizione di alcuni indici basati sui percentili delle distribuzioni. Resta aperto il dibattito su quali siano le cause delle variazioni negli eventi estremi: se le variazioni siano da attribuire unicamente ad un cambiamento nei valori medi, quindi ad uno shift rigido della distribuzione, o se parte del segnale sia dovuto ad una variazione nella forma della stessa, con un conseguente cambiamento nella variabilità. In questo contesto si inserisce la presente tesi con l’obiettivo di studiare l’andamento delle temperature giornaliere sul Trentino-Alto-Adige a partire dal 1926, ricercando cambiamenti nella media e negli eventi estremi in due fasce altimetriche. I valori medi delle temperature massime e minime hanno mostrato un evidente riscaldamento sull’intero periodo specialmente per le massime a bassa quota (`0.13 ̆ 0.03 °C/dec), con valori più alti per la primavera (`0.22 ̆ 0.05 °C/dec) e l’estate (`0.17 ̆ 0.05 °C/dec). Questi trends sono maggiori dopo il 1980 e non significativi in precedenza. L’andamento del numero di giorni con temperature al di sopra e al di sotto delle soglie dei percentili più estremi (stimate sull’intero periodo) indica un chiaro aumento degli estremi caldi, con valori più alti per le massime ad alta quota ( fino a +26.8% per il 99-esimo percentile) e una diminuzione degli estremi freddi (fino a -8.5% per il primo percentile delle minime a bassa quota). Inoltre, stimando anno per anno le soglie di un set di percentili e confrontando i loro trend con quelli della mediana, si è osservato, unicamente per le massime, un trend non uniforme verso temperature più alte, con i percentili più bassi (alti) caratterizzati da trend inferiori (superiori) rispetto a quello della mediana, suggerendo un allargamento della PDF.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

In questo elaborato di tesi, viene progettata ed implementata una soluzione per gestire il processo di handover in ambiente Android. Tale proposta, è costituita da un algoritmo in grado di gestire automaticamente le interfacce di connessione dei dispostivi, in relazione alle preferenze e agli spostamenti effettuati dall'utente. Le prove sperimentali effettuate, confermano che tale proposta è una buona base per risolvere il problema dell'handover e si presta bene a cooperare con altri protocolli quali ABPS (Always Best Packet Switching). Inoltre l'applicazione si presta bene ad un semplice utilizzo e può essere impiegata anche come servizio eseguito in background, non richiedendo frequenti interazioni da parte dell'utente. Oltre all'algoritmo citato in precedenza, sono stati proposti altri dettagli implementativi, non presenti in letteratura. In particolare, vengono modificate alcune impostazioni di sistema, accedendo agli opportuni file, in modo tale che Android gestisca correttamente le scansioni delle interfacce e la loro attivazione/disattivazione.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Questa tesi, nata all'interno del progetto "LANGUAGE TOOLKIT: Le lingue straniere al servizio dell'internazionalizzazione d'impresa", ha come oggetto la traduzione funzionale dall'italiano all'inglese dei tre testi proposti e redatti dall'azienda cesenate Bloomfield Srl: la lettera di presentazione aziendale, il sito web e il company profile. I testi si rivolgono ad un pubblico non esperto in materia che desidera ampliare le proprie conoscenze in merito alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie rinnovabili per il risparmio energetico, con particolare riguardo a quelle fotovoltaiche. Questo lavoro parte dal presupposto che l'analisi testuale dei testi di partenza sia una fase propedeutica imprescindibile per la traduzione degli stessi: dopo aver presentato una panoramica generale sulle fonti rinnovabili e l'energia solare, sono stati esaminati infatti i tre testi italiani e i fattori linguistici ed extralinguistici di maggior rilievo. Successivamente, la tesi si focalizza sul commento alla traduzione: dopo aver illustrato l'approccio familiarizzante, ovvero la macrostrategia traduttiva adottata, sono stati analizzati i livelli testuale, morfosintattico e lessicale. E' stata effettuata, inoltre, un'analisi approfondita degli aspetti terminologici relativi alle fonti di energia rinnovabili: in particolare, sono state esaminate le modalità d'impiego dei termini specialistici nei testi divulgativi e la loro frequenza. Infine, la tesi approfondisce il tema della traduzione come atto comunicativo interculturale, presentando e analizzando gli aspetti culturospecifici che in fase traduttiva sono spesso causa di dubbi e difficoltà.

Relevância:

100.00% 100.00%

Publicador:

Resumo:

Il presente elaborato si pone l’obiettivo di determinare se il genere del discorso di conferenza non accademica coincida con il genere del discorso di conferenza accademica, nello specifico per quanto riguarda le loro introduzioni. La prima parte della tesi si concentra sulle basi teoriche. In primo luogo è stata sviluppata una panoramica della letteratura esistente riguardo ai discorsi di conferenza accademica, dalla quale si è poi ristretto il campo sugli studi che hanno preso in esame solo la loro introduzione. Alla luce dell’assenza di pubblicazioni sulle conferenze non accademiche, e di conseguenza anche sui loro discorsi, si è cercato di definire il genere del discorso di conferenza non accademica, applicando il concetto di ‘comunità discorsiva’ sia ai discorsi di conferenza accademica sia a quelli di conferenza non accademica. Una volta stabilito che il contesto non accademico differisce da quello accademico, si è passati a definire l’introduzione dei discorsi di conferenza non accademica in quanto genere. Nella seconda parte dell’elaborato è stata svolta l’analisi di cinque case study, ovvero della trascrizione delle introduzioni di cinque discorsi di conferenza non accademica. A queste è stato applicato il modello di mosse retoriche delle introduzioni dei discorsi di conferenza accademica elaborato da Rowley-Jolivet e Carter-Thomas, per determinare se fosse valido anche per le introduzioni dei discorsi di conferenza non accademica. Una volta scoperto che non lo è, e che quindi le introduzioni dei discorsi di conferenza non accademica e quelle dei discorsi di conferenza accademica sono due 'sotto-generi' diversi, è stato proposto un nuovo modello di mosse retoriche. Infine sono stati avanzati dei suggerimenti riguardo all’applicabilità del suddetto modello, non solo in altri studi nel campo dell’analisi di genere, ma anche nel settore dell’interpretazione simultanea, con particolare riferimento alla preparazione dell’interprete e alla strategia di anticipazione.