979 resultados para Dell, Richard


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Il pirofosfato di vanadile VPP è il catalizzatore utilizzato per l’ossidazione di n-butano ad anidride maleica AM. Durante reazione, il VPP subisce delle modifiche strutturali, soprattutto nella parte superficiale, cataliticamente attiva. Queste modifiche sono funzione della composizione della fase gas e delle caratteristiche del catalizzatore, in particolare del rapporto P/V. Mediante prove di reattività in condizioni stazionarie e non-stazionarie, condotte in cella ambientale accoppiata ad uno spettrofotometro Raman, si è arrivati a capire quali fasi e in che condizioni queste si sviluppano sulla superficie del VPP. Si è inoltre capito che la fase selettiva nel prodotto desiderato, AM, è costituita da δ-VOPO4. Non è ancora noto con esattezza perché questo composto offra le prestazioni migliori; si ipotizza che ciò sia dovuto alla capacità di dare luogo a cicli redox tra V5+ e V4+ con cinetiche veloci, grazie al fatto che ha similarità strutturali con il VPP. La formazione di questa fase avviene più facilmente in presenza di un eccesso di P. Oltre al P, un altro fattore che influisce sulle prestazioni catalitiche è la presenza di elementi promotori. Tra questi, il Nb è uno dei più importanti, come dimostato dalle prove di reattività condotte in miscela butano-aria, utilizzando catalizzatori promossi con diversi quantitativi di Nb. In questo modo si è capito che alle basse temperature occorre un catalizzatore con una maggiore quantità di Nb (per esempio, rapporto V/Nb=46) per favorire la formazione della fase δ-VOPO4; mentre alle alte temperature, sono sufficienti piccole quantità di elemento promotore, in quanto indipendentemente dal rapporto P/V la fase predominante è δ-VOPO4. Una quantità elevata di Nb ha implicazioni negative sulla selettività, sia alle alte che alle basse temperature di reazione, perché favorisce la formazione di una superficie catalitica troppo ossidata. L’obiettivo del mio lavoro di tesi è stato quello di dimostrare una correlazione tra l’effetto del Nb e la formazione della fase δ-VOPO4. Per farlo, si è deciso di partire da VOPO4•2H2O (VPD) promosso con diversi quantitativi di Nb. Infatti, com’era già stato dimostrato in precedenza, il VPD che si forma in ambiente di reazione per ossidazione superficiale del VPP dà luogo a disidratazione a δ-VOPO4. Le trasformazioni del VPD promosso con Nb sono state monitorate utilizzando la spettroscopia Raman. Le prove condotte hanno confermato che l’addizione di Nb al VPP favorisce la formazione del composto desiderato; tuttavia, la medesima trasformazione non è stata osservata partendo dal composto VPD contenente Nb.

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Oxidative DNA damages determine the activation of cell repair processes. These processes originate repair products, including the most studied one, 8-hydroxy-2’-deoxyguanosine (8-OH-dG). Several analytical techniques have been applied to measure urinary 8-OH-dG, but a discrepancy in basal urinary 8-OH-dG levels has been noted when comparing chromatographic techniques with immunoenzymatic assays (ELISA). Our laboratory has developed a fully validated, liquid chromatography-tandem mass spectrometry method presenting high sensitivity and specificity, which has participated in an inter-laboratory validation of assays for the measurement of urinary 8-OH-dG (ESCULA project). Mass Spectrometric techniques showed more accuracy and specificity than immunoenzymatic methods. Human spot urine samples were analyzed in order to investigate the possibility to correct urinary lesion measurements for creatinine and to evaluate the intra- and inter-day variability of 8-OH-dG excretion in urine. Our results confirm the opportunity to delve into these issues. Finally, we measured urinary 8-OH-dG in workers exposed to antineoplastic drugs and in a group of unexposed subjects to evaluate the relationship between occupational exposure and oxidative damage related to the internal dose. We found higher levels of 8-OH-dG in exposed nurses, but, as compared to the non-exposed subjects, the difference was not statistically significant, probably do to the very low level of exposure. The scientific literature is rapidly developing on the topic of DNA damage and related repair capacity. Nevertheless, further studies are needed to achieve a better understanding of the sources of DNA lesions in urine and their significance, both in clinical and occupational medicine.

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The Ph.D. dissertation analyses the reasons for which political actors (governments, legislatures and political parties) decide consciously to give away a source of power by increasing the political significance of the courts. It focuses on a single case of particular significance: the passage of the Constitutional Reform Act 2005 in the United Kingdom. This Act has deeply changed the governance and the organization of the English judicial system, has provided a much clearer separation of powers and a stronger independence of the judiciary from the executive and the legislative. What’s more, this strengthening of the judicial independence has been decided in a period in which the political role of the English judges was evidently increasing. I argue that the reform can be interpreted as a «paradigm shift» (Hall 1993), that has changed the way in which the judicial power is considered. The most diffused conceptions in the sub-system of the English judicial policies are shifted, and a new paradigm has become dominant. The new paradigm includes: (i) stronger separation of powers, (ii) collective (as well as individual) conception of the independence of the judiciary, (iii) reduction of the political accountability of the judges, (iv) formalization of the guarantees of judicial independence, (v) principle-driven (instead of pragmatic) approach to the reforms, and (vi) transformation of a non-codified constitution in a codified one. Judicialization through political decisions represent an important, but not fully explored, field of research. The literature, in particular, has focused on factors unable to explain the English case: the competitiveness of the party system (Ramseyer 1994), the political uncertainty at the time of constitutional design (Ginsburg 2003), the cultural divisions within the polity (Hirschl 2004), federal institutions and division of powers (Shapiro 2002). All these contributes link the decision to enhance the political relevance of the judges to some kind of diffusion of political power. In the contemporary England, characterized by a relative high concentration of power in the government, the reasons for such a reform should be located elsewhere. I argue that the Constitutional Reform Act 2005 can be interpreted as a result of three different kinds of reasons: (i) the social and demographical transformations of the English judiciary, which have made inefficient most of the precedent mechanism of governance, (ii) the role played by the judges in the policy process and (iii) the cognitive and normative influences originated from the European context, as a consequence of the membership of the United Kingdom to the European Union and the Council of Europe. My thesis is that only a full analysis of all these three aspects can explain the decision to reform the judicial system and the content of the Constitutional Reform Act 2005. Only the cultural influences come from the European legal complex, above all, can explain the paradigm shift previously described.

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Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.

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L’area di progetto, sulla quale convergono parti costruite in tempi e modalità diverse, si confronta con limiti importanti rispetto ai quali il progetto viene declinato in modi differenti: la via Emilia, la ferrovia, l’intervento Gregotti, sull’area dell’ex Zuccherificio, il lungo Savio e la vicinanza con lo svincolo della secante; tramite il progetto si vuole disegnare un ingresso per la città di Cesena, ridefinendone i margini e un fronte per la ferrovia e per la strada. L’intento è di lavorare a un progetto a scala urbana, capace di confrontarsi con la città e di instaurare con essa un rapporto di complementarietà e integrazione. La particolare articolazione dell’area ha comportato uno studio preciso della geometria che regolasse il disegno planimetrico, in modo da chiarire le relazioni fra i diversi edifici e fra essi e gli spazi vuoti; tentando di definire un sistema di gerarchie e allineamenti chiaro e riconoscibile. La rete dei percorsi che collega i nuovi spazi, alcuni pubblici altri privati, tenta di ristabilire quel sistema di relazioni e di riprodurre quella complessità che sono l’elemento fondante della città. L’intero progetto è trattato in modo unitario, perciò se da un lato il campus è un sistema autonomo, con funzioni proprie, allo stesso tempo si relaziona a tutto il resto grazie al parco e ai percorsi accompagnati dal sistema dei portici; si crea in tal modo uno spazio articolato che concilia al suo interno l’elemento naturale, l’urbanizzazione residenziale e gli edifici dell’università; in modo che diventi un complesso riconoscibile e allo stesso tempo integrato nella città e fruibile dai cittadini.

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Biomasses and their possible use as energy resource are of great interest today, and the general problem of energy resources as well. In the present study the key questions of the convenience, from both energy and economy standpoints, have been addressed without any bias: the problem has been handled starting from “philosophical” bases disregarding any pre-settled ideology or political trend, but simply using mathematical approaches as logical tools for defining balances in a right way. In this context quantitative indexes such as LCA and EROEI have been widely used, together with multicriteria methods (such as ELECTRE) as decision supporting tools. This approach permits to remove mythologies, such as the unrealistic concept of clean energy, or the strange idea of biomasses as a magic to solve every thing in the field of the energy. As a consequence the present study aims to find any relevant aspect potentially useful for the society, looking at any possible source of energy without prejudices but without unrealistic expectations too. For what concerns biomasses, we studied in great details four very different cases of study, in order to have a scenario as various as much we can. A relevant result is the need to use biomasses together with other more efficient sources, especially recovering by-products from silviculture activities: but attention should be paid to the transportation and environmental costs. Another relevant result is the very difficult possibility of reliable evaluation of dedicated cultures as sources for “biomasses for energy”: the problem has to be carefully evaluated case-by-case, because what seems useful in a context, becomes totally disruptive in another one. In any case the concept itself of convenience is not well defined at a level of macrosystem: it seems more appropriate to limit this very concept at a level of microsystem, considering that what sounds fine in a limited well defined microsystem may cause great damage in another slightly different, or even very similar, microsystem. This approach seems the right way to solve the controversy about the concept of convenience.

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Background: Almost 10-15% of patients with active Ulcerative Colitis are refractory to conventional therapy. Infliximab is a treatment of proven efficacy in this group of patients. Aims: To evaluate the role of Inliximab in inducing and maintaining remission in patients with chronically active moderate-severe Ulcerative Colitis. Materials and methods: 53 patients were enrolled, 47 patients entered the study and were treated with a dose of 5 mg/kg. The remission was evaluated through endoscopy and clinical criteria. (Mayo Score). The primary endpoint were clinical and endoscopic remission in moderate-severe Ulcerative Colitis refractory to standard therapy, the secondary out point was the maintenance of remission in the long period. Results: 47 patients started the study, 43 completed the study, 4 dropped out for worsening disease or adverse events; 27 patients were treated with 3 infusions, 9 patients with 4 infusions, 7 patients with > o = 5 infusions. 34 /47 patients (72.3%) were responders 12 (25.5%) improved their symptoms, 22 ( 46.8%) were in remission after the treatment. Among the responders, 21/34 (61.8%) stopped the steroid therapy after 3 infusions, the others reduced the dose or maintained just topic therapy. 13/47 patients (27.7%) were non responders (p <0.001). After 3 months all 22 patients which had reached remission maintained low Mayo Score; 10/12 (83.3%) patients with clinical response maintained their low score, 2 relapsed . Conclusions: Infliximab is a valid therapy for the treatment of Ulcerative Colitis and can avoid surgery in selected patients.

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