1000 resultados para 340 Diritto
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1. VIOLENZA FRA EGUALI: DAL BULLYNG TRADIZIONALE AL CIBERBULLYNG. 1.1 Concezione e caratteristiche del ciberbullying. 1.2.- Concorrenza di fenomeni di bullying tradizionali e cyberbullying. 1.3 Cifre allarmanti del cyberbullyng. 2. CYBERBULLISMO E RESPONSABILITÀ PENALE DEL DELINQUENTE GIOVANILE. 2.1.- Cyberbullismo: Regolazione prevista dal Codice penale spagnolo. 2.2. Responsabilità penale dei minori secondo l'età e le misure adottate (LORPM). 3. REGIMI LEGALI CHE REGOLANO LA RESPONSABILITÀ CIVILE PER DANNI DERIVANTI DAL CYBERBULLISMO. 3.1. Il terzo sistema di responsabilità civile che introduce la LORPM. 3.2 Il ciberbullyng e la responsabilità civile nella giurisdizione penale dei minori sotto l`articolo 61,3 LORPM. 1.
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I sistemi fiscali contemporanei applicano l’imposizione diretta a persone fisiche e persone giuridiche. In ciascuno Stato tuttavia una varietà di figure intermedie, definibili non- corporate-entities, sono dotate di gradi diversi di soggettività di diritto. Fra queste rientrano le partnership. Con l’obiettivo di ricondurre la fiscalità delle partnership all’interno del regime domestico generale previsto per persone fisiche o giuridiche, ogni Stato impiega proprie regole di caratterizzazione fiscale delle partnership. Di conseguenza, ciascuno Stato può considerare le partnership fiscalmente opache o trasparenti. Ciò vale sia per le partnership domestiche che per quelle estere. Quando l’attività di una partnership domestica presenta elementi di internazionalità, gli approcci domestici di caratterizzazione fiscale interferiscono spesso con quelli adottati da altri Stati. Tali inevitabili conflitti producono un alto rischio di doppia imposizione o doppia non imposizione dei redditi internazionali. La soluzione di tale genere di problemi non trova sistematica considerazione né nei Trattati fiscali, né nei Trattati UE così come interpretati dalla CGUE. Essa resta affidata all’autonoma iniziativa di ciascuno Stato. Questo studio esamina l’imposizione diretta delle partnerships internazionali che presentino un qualche collegamento con il sistema fiscale italiano. Esso inoltre propone una comparazione con altri sistemi fiscali selezionati sulla base di alcuni criteri. La comparazione mira alla individuazione dei problemi scaturenti dalla simultanea applicazione della tassazione italiana ed estera, considerando il ruolo spesso modesto dei Trattati fiscali. Ove un Trattato includa clausole specifiche per le partnership, ne viene esaminato l’effetto. Se i Paesi considerati sono Stati membri UE, i risultati dell’analisi sono esaminati rispetto alla normativa europea, con particolare riguardo ai profili di compatibilità con le libertà del Trattato UE e con i relativi orientamenti della CGUE.
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La presente tesi affronta l’evoluzione dei rapporti tra costituzionalismo democratico e diritto sovranazionale in Europa. L’ipotesi della ricerca si basa sull’idea che l’aumentare sempre più incessante negli ultimi decenni di conflitti costituzionali tra i due ordinamenti sia dovuto ad una loro differenza di fondo, di cui una parte importante è rappresentata dall’assenza della questione sociale nel diritto sovranazionale. Il primo capitolo si occupa di analizzare le principali teorie giuridiche che hanno fornito l’habitus teorico per leggere il processo di integrazione, giustificando l’adozione di una lettura delle dinamiche ordinamentali attraverso il prisma dei conflitti e della costituzione materiale. Nel secondo capitolo si volge lo sguardo all’analisi del diritto giurisprudenziale, suddiviso in due blocchi: un primo in cui – dopo aver approfondito alcuni capisaldi del diritto sovranazionale – si confrontano i due sistemi, in maniera statica, su alcuni temi (principio di non discriminazione, libertà di impresa e il bilanciamento con interessi collettivi, i diritti di pressione democratica, ecc.) per mettere in luce i diversi approcci; un secondo blocco in cui, invece, si studiano, in maniera più dinamica, le diverse perturbazioni che hanno interessato i rapporti tra ordinamenti, di cui una prima si è sviluppata sul rispetto dei diritti fondamentali da parte del diritto sovranazionale, mentre una seconda, ancora in corso, si concentra sul discorso sull’identità costituzionale. Nel terzo capitolo, in chiusura, si prova a sviluppare – sulla base delle risultanze del dibattito teorico e dell’analisi giurisprudenziale – una proposta finale che cerchi di unire la questione sociale e il discorso sull’identità costituzionale nel diritto pubblico europeo, che abbia alla sua base un nuovo e più centrale ruolo che dovranno svolgere le Corti costituzionali nello sviluppo delle dinamiche ordinamentali, al fine di far emergere alcuni conflitti di valore assenti nello spazio pubblico europeo.
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Il presente lavoro intende indagare la formulazione di nozioni autonome di diritto europeo nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto elaborate dalla Corte di giustizia. Più specificamente si intende proporre una tassonomia convenzionale delle nozioni autonome, utile alla loro sistematizzazione e miglior comprensione, fondata sulla distinzione fondamentale tra nozioni autonome e nozioni proprie. A questo scopo il lavoro propone un’ampia analisi delle nozioni nella giurisprudenza europea che vengono distinte a seconda che l’obiettivo finale dell’autonomia sia quello di limitare la discrezionalità applicativa degli Stati relativamente a ipotesi derogatorie, nel caso delle nozioni autonome in senso stretto; oppure che l’obiettivo ultimo sia quello di meglio definire l’ambito di applicazione di nozioni fondamentali nella struttura dell’imposta, nel caso delle nozioni proprie. Lo scopo del lavoro è dimostrare che la definizione funzionalistica risponde a obiettivi diversi, accomunati dal fatto di far valere comunque il primato dell'ordinamento europeo. L’analisi e la sistematizzazione proposte possono essere uno strumento utile nell’attuazione, interpretazione e applicazione delle nozioni. In questo senso, il lavoro esamina anche esempi tratti dalle esperienze nazionali che dimostrino, da un lato, che gli interventi della Corte relativi alle nozioni influenzano gli ordinamenti nazionali; dall’altro, che permangono ancora disallineamenti. L’analisi della giurisprudenza europea e dei regimi nazionali, infine, vuole dimostrare che l’elaborazione di nozioni autonome si inserisce nel processo verso un’armonizzazione sempre più incisiva in ambito IVA, di cui è protagonista la Corte di giustizia. Questo processo, cui l’elaborazione di un “tessuto concettuale europeo” contribuisce, comporta una limitazione della discrezionalità degli Stati, e quindi del principio di attribuzione, in nome dell’efficacia e della primazia del diritto europeo.
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Già ad uno sguardo esterno la normativa chiamata a disciplinare la condizione giuridica delle chiese cattoliche nel nostro Paese appare caratterizzata da un elevato grado di complessità: impressione che trova conferma sia con riferimento al diritto canonico, nella cui prospettiva le disposizioni appositamente dedicate ai 'loca sacra' dal Codex Iuris Canonici richiedono di essere affiancate dalle indicazioni provenienti – ai rispettivi, differenti livelli – tanto dalla Conferenza Episcopale Italiana quanto dai dicasteri della Curia romana; sia nell'ottica dell'ordinamento italiano, che agli 'edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico' riserva un'attenzione specifica, emergente nella legislazione unilaterale così come in quella pattizia. A fronte di una simile eterogeneità, sono d’altra parte note le problematiche che il tempo presente pone innanzi alle esigenze di una corretta amministrazione del patrimonio ecclesiastico – spesso pure dotato di un inestimabile valore storico-artistico –, le quali si riversano sulla preservazione stessa di tali immobili. Prendendo le mosse da questi presupposti, la trattazione si propone di effettuare una lettura sistematica delle diverse fasi in cui si articola il 'ciclo vitale' di un'ipotetica chiesa cattolica, così da ricostruire organicamente e criticamente quel quadro complessivo che permetta di formulare le soluzioni più appropriate per rispondere a questioni risalenti e sfide inedite. È quindi con questo intento che, una volta definito esattamente il concetto di chiesa-edificio, vengono ripercorsi i momenti in cui si sviluppa, anche giuridicamente, la sua esistenza: dalla pianificazione al finanziamento delle nuove costruzioni, con una speciale attenzione all'apporto che può essere offerto da parte della CEI; dagli utilizzi ammessi nel diritto canonico alle tutele garantite da parte statale; dalle misure di salvaguardia ai criteri per la loro adeguata gestione, comprendenti tanto i profili relativi alla conservazione quanto quelli riguardanti la valorizzazione; dalle implicazioni di un'eventuale riduzione a uso profano fino ai requisiti dettati per la nuova destinazione dell'immobile.
"Tradizione romanistica" e principi generali del diritto: Il dibattito italiano tra Otto e Novecento
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Il presente lavoro verte sul ruolo svolto dal diritto romano e – più in generale – dalla “tradizione romanistica” all'interno del sistema giuridico nazionale posteriore alla codificazione civile del 1865. L'attenzione è rivolta principalmente all'art. 3 delle Disposizioni preliminari del Codice del 1865 con il suo riferimento ai 'principi generali del diritto' e, dunque, all'analogia iuris. La prima parte dello studio si concentra sull'analisi di alcune voci della scienza giuridica italiana tra Otto e Novecento, nei loro diversi approcci – laddove riscontrabili – rispetto allo studio e al recupero (in chiave moderna) del diritto romano. La seconda parte è invece dedicata all'esame della prassi giudiziaria e, più specificamente, delle Corti di Cassazione. In questa fase si persegue un duplice obiettivo: da un lato, verificare se, ed eventualmente in che misura, il diritto romano possa ancora svolgere un ruolo nella (moderna) giurisprudenza di legittimità; dall'altro, valutare la concreta possibilità, prospettata da una parte della scienza giuridica, di ricorrere in Cassazione per impugnare una sentenza asseritamente contraria ai principi generali del diritto sanciti dall'art. 3 co. 2 delle Preleggi. L'analisi prende dunque le mosse dal contenuto delle singole decisioni della Cassazione, per poi passare all'esegesi dei frammenti di volta in volta richiamati; infine, si concluderà con un'operazione di sintesi volta a valutare, per ciascun caso, la coerenza (giuridica) del ragionamento analogico.
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Lo sviluppo della tesi intende analizzare tre tematiche che si ritengono essere cruciali nel ruolo che il diritto penale può avere per tutelare l’ambiente: in primo luogo la focalizzazione delle responsabilità in materia ambientale, tanto della persona fisica quanto della persona giuridica/ente in cui è maturata la violazione, sia essa meramente contravvenzionale, quanto delittuosa, di pericolo o di danno. In secondo luogo la prevenzione: strutturare sistemi organizzati per cogliere allerte e strutturare metodi organizzati di gestione del rischio-reato è la risposta cui l’ordinamento tende per anticipare la commissione di fattispecie dotate di potenzialità dannose a diffusività esponenziale, anche per il tramite di ipotesi di reati presupposto “sentinella”, idonei a far eventualmente scattare strumenti di prevenzione di reati più gravi, cui le stesse sono, nella prassi, prodromiche. Da ultimo, la riparazione: l’analisi delle tendenze legislative e, conseguentemente, dottrinali e giurisprudenziali di spazi per percorsi condivisi di riparazione del danno cagionato all’ambiente da parte tanto di persone fisiche quanto (e soprattutto, nell’intendimento del presente lavoro) da parte degli enti, strutture collettive che, ove organizzate, costituiscono le prime realtà a presidio tanto della prevenzione, quanto della riparazione dell’eventuale danno cagionato all’ambiente e spesso verificatosi nell’ambito della propria attività produttiva, ove lo scopo della massimizzazione del profitto deve necessariamente fare i conti, al giorno d’oggi, con la sostenibilità ambientale.
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Il presente elaborato si propone di esaminare il tema del fine vita, con specifico riferimento al suicidio assistito e all’eutanasia. Dopo aver evidenziato la netta distinzione tra rifiuto/rinuncia del trattamento sanitario anche salva vita, aiuto al suicidio ed eutanasia, ci si sofferma, in primo luogo, sull’analisi della legge n. 219/2017, rubricata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, che riconosce la massima ampiezza all’autodeterminazione terapeutica nell’ambito della relazione medico-paziente. In secondo luogo, si esamina il tema del suicidio assistito, soffermandosi sulle pronunce della giurisprudenza costituzionale e di merito. Successivamente, in una prospettiva comparata, viene fornita un’ampia analisi delle discipline della morte medicalmente assistita attualmente vigente in diversi ordinamenti. Infine, si esamina il tema dell’eutanasia, in particolare concentrandosi sulla donazione di organi post eutanasia, sul rischio della slippery slope e sulla necessità di tutelare i soggetti vulnerabili.
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Questo studio si concentra su tre direttrici fondamentali: la monomania religiosa, la medicina legale e il diritto penale nell'Italia postunitaria. Nell’ambito di un contesto temporale ben definito, i cui estremi cronologici coincidono con l’Unificazione italiana (1861) e con i primi anni del XX secolo, si sono approfondite le numerose implicazioni mediche e giuridiche della malattia mentale nella forma di monomania religiosa. In particolare, prendendo spunto da una serie di condotte criminali frutto di suggestione religiosa o di deliri ascetici in soggetti diagnosticati come ‛monomani’, si sono indagati i risvolti giuridico-processuali di alcune vicende fortemente rappresentative di tali percorsi. L'ampia documentazione d'archivio recuperata consente di verificare l'orientamento della magistratura all'indomani dell'entrata in vigore del Codice penale per il Regno d'Italia (1889). Nei casi esaminati, alla diagnosi di alienazione mentale degli imputati seguiva la dichiarazione di non imputabilità e l'affidamento degli stessi all'Autorità amministrativa che ne disponeva il ricovero in manicomio.
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La presente ricerca prende avvio dalla ricostruzione della biografia di Giovanni Giacomo Leonardi (1498-1562), pesarese, architetto militare, ambasciatore e cavaliere al servizio dei duchi d’Urbino Francesco Maria I (1490-1538) e Guidobaldo II (1514-1574) della Rovere. Attraverso lo spoglio delle fonti tra Pesaro, Firenze e Venezia, se ne è fornita una collocazione nel panorama politico-culturale dell’Italia cinquecentesca, al fine di evidenziare l’importanza del suo trattato in trentadue libri, intitolato "Il Principe Cavalliero", dedicato ai precetti dell’arte militare, diplomatica e cavalleresca necessari a formare il perfetto principe del tardo Rinascimento. Dell’opera, rimasta inedita, sono state trascritte e studiate le parti dedicate alla scienza dell’onore e all’arte dell’ambasceria, al fine di dimostrare come i dettami della ‘religione di cavalleria’ influenzassero ogni ambito delle relazioni tra gentiluomini, comprese quelle interstatuali.
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La tesi ha ad oggetto la tutela dell’ambiente e il ruolo svolto dal diritto privato. In particolare, si affrontano gli aspetti che caratterizzano il danno all’ambiente e, ancor più nel dettaglio, si fa emergere la dimensione plurioffensiva. Si risolvono alcuni nodi e alcune problematiche che si manifestano in relazione alla legittimazione ad agire per danno all’ambiente e, di conseguenza, si focalizza l’attenzione sull’individuazione delle situazioni giuridiche soggettive ad esso correlate: termini come diritto soggettivo, interessi collettivi, interessi diffusi, legittimazione soggettiva e legittimazione oggettiva costituiscono il leitmotiv dell’indagine. Al fine di poter inquadrare sistematicamente il tema ambientale nella sfera del diritto privato, si analizzano i fondamenti del costituzionalismo e del diritto privato moderno, le ragioni dell’esistenza della dicotomia pubblico-privato e della separazione di interessi ad essa corrispondente. Quest’indagine, contenuta nel primo capitolo della tesi, è necessaria per cogliere le motivazioni della tendenziale estromissione (soprattutto nell’ambito delle categorie civilistiche) degli interessi superindividuali, degli interessi collettivi e dei corpi intermedi che ne sono portatori. Nel secondo capitolo si ripercorre, nell’intervallo temporale che va dagli anni ’70 sino alla fine degli anni ’90, l’evoluzione normativa e le principali teorie relative al danno all’ambiente. L’analisi di questi stessi temi, nel periodo intercorrente tra l’inizio del nuovo Millennio e i giorni nostri, è oggetto di indagine anche del terzo ed ultimo capitolo, in cui l’attenzione si sposta inevitabilmente sulla legislazione europea e sulla tutela multilivello dei diritti. Nelle conclusioni del lavoro, infine, ci si interroga sulla funzione giudiziaria e sulla separazione dei poteri nella gestione del problema ambientale, nonché sulla valenza attuale dei diritti soggettivi e dei diritti fondamentali dell’uomo nel costituzionalismo democratico. In questa sede, si illustra e si propone una dimensione istituzionale del diritto soggettivo, declinato in termini di partecipazione democratica.
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La ricerca si prefigge di indagare sulla donna che commette reato nel corso dell’intera esperienza giuridica romana. Attraverso l’analisi delle fonti, con speciale riferimento a quelle letterarie, vengono analizzati i singoli illeciti in cui la donna stessa poteva assumere la qualifica di soggetto attivo, che danno luogo a un nutrito catalogo di fattispecie attinenti alla sfera sessuale, per quanto non manchino casi di maiestas e, più in generale, di cospirazione contro il principe. Nella presente ricerca si tenta dunque di investigare, proprio a partire dalla peculiare condizione riconosciuta alla donna all’interno della società romana, la sua dimensione ‘pubblica’, che sarebbe stata lesa con la commissione dell’illecito giacché la rea, in questo modo, avrebbe sovente compromesso un valore superindividuale, ossia la pudicitia. È proprio la lesione di siffatto principio, tale da assumere un ruolo centrale nel quadro dell’etica sessuale degli antichi romani, a giustificare la repressione degli illeciti femminili nella forma del crimen: non deve dunque meravigliare che la mulier, venuta meno all’onore familiare, sia sanzionata pubblicamente, potendosi intendere i reati dalla stessa commessi alla stregua di ‘attentati alla res publica’.
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La tesi indaga l’applicazione del principio di autonomia del diritto UE nella giurisprudenza della Corte di giustizia. In particolare, il lavoro mira ad analizzare le modalità attraverso cui il principio viene adoperato come parametro di compatibilità, ai fini dello scrutinio della Corte, in quei casi riguardanti il rapporto tra giurisdizioni di diritto internazionale e diritto dell’Unione. Una volta delineato il contesto teorico di partenza, concernente il significato dell’autonomia del diritto UE all’interno del “quadro costituzionale” dell’Unione, si passa all’analisi, caso per caso, della prassi giurisprudenziale, al fine di individuare ed estrapolare gli elementi costanti nei casi. La disamina svolta parte da pronunce celebri, tra cui il parere 1/91, Kadi e il parere 2/13, in cui il principio nasce e si sviluppa. Successivamente, si passa alle pronunce più recenti, componenti la c.d. saga Achmea, riguardante la compatibilità con il principio di autonomia dei meccanismi ISDS. I risultati raccolti nell’analisi vengono sintetizzati in modo da ricostruire un test di compatibilità unitario e astratto, composto da tre elementi. Si arriva così, per via induttiva, all’elaborazione di un modello idoneo a spiegare le modalità di applicazione del principio di autonomia come parametro di compatibilità. Sulla scorta di ciò vengono formulate considerazioni e riflessioni concernenti le principali implicazioni per l’ordinamento UE e per i suoi attori, che derivano dal principio di autonomia e dal suo utilizzo giurisprudenziale. Infine, si prende in considerazione una visione del principio di autonomia alternativa a quella emersa nel corso della trattazione e se ne valuta il potenziale impatto sulla concezione e sull’applicazione del principio stesso.